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Autore: Medea00    11/11/2011    12 recensioni
Tratto dal capitolo uno:
“Rachel!” Sbottò Kurt, una volta che era riuscita ad acciuffarla. “Ti vuoi calmare!? Sembri una teenager ad un concerto di Justin Bieber!”
“O Kurt ad una svendita di Prada.” Sussurrò Blaine con un sorrisetto che fu subito eliminato dalla faccia della terra tramite un’occhiata omicida del marito.
“Kurt, Blaine, è...mi dispiace tanto, ho provato a fermarla, ma io...”
“Come?” Adesso anche Blaine si era fatto serio, avvicinandosi alla ragazza.
“Io...è fuggita..”
I due ragazzi, cominciando ad intuire il soggetto del problema, sbiancarono di colpo.
“Un momento...” Blaine cercò disperatamente di ottenere una smentita alle sue terribili supposizioni. “Chi è che sarebbe fuggito?”
“Ma come chi!? Vostra figlia!”
Elizabeth Hummel-Anderson.
La loro unica, preziosissima figlia.
Fuggita.

-- Future-fic; Daddy!Klaine + a little Finchel; Raccolta
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I traumi della vita


 


Kurt controllò per l’ennesima volta i posti dei loro biglietti, poi si guardò un’ultima volta, con il suo completo nuovo nero Givenchy e la sua cravatta di seta, e infine si sedette soddisfatto sul divanetto della sala.
Lizzy saltò in braccio al padre, avvolgendo le braccia intorno al suo collo, e lui ricambiò l’abbraccio –approfittandone per sistemare il vestitino che, altrimenti, si sarebbe stropicciato-.
“Papà sei bellissimo stasera!”
“Ma io sono sempre bellissimo” ribattè il ragazzo, soffermandosi ad ammirare il viso radioso di sua figlia. “E tu, essendo mia figlia, hai ereditato i miei geni e quindi sei inevitabilmente bellissima.”
Sorrise soddisfatta e poi saltò giù per andare da Blaine, intento ad aggiustarsi il nodo della cravatta. Era concentrato davanti allo specchio, i capelli ovviamente incollati con il gel –Kurt avrebbe maledetto fino alla fine dei suoi giorni l’inventore di quel coso- e i suoi grandi, limpidi occhi nocciola fissi davanti a sè; quando quegli stessi occhi si posarono su quelli di Elizabeth, illuminandosi di colpo, rivolgendogli un sorriso tenero e sincero, Kurt si ritrovò a sorridere di rimando immergendosi in tutto l’amore incondizionato che provava per entrambi.
“Daddy! Sbrigati!”
“Ho quasi finito. Ringrazia il cielo che non avrai mai bisogno di fare un nodo alla cravatta.”
“E perchè?”
“Perchè sei una femminuccia, Lizzy.”
“E allora?”
“E allora le femminucce non mettono cravatte.”
La bambina rimase paralizzata: per lei era una rivelazione fondamentale, come se le avessero detto che i Barbapapà non esistevano o che non sarebbe mai potuta andare a trovare il Fauno di Narnia. Lei adorava le cravatte, pensava che fossero incredibilmente belle –anche se, effettivamente, inutili: che senso aveva appendersi una cosa al collo?-, poi erano molto morbide, e più di una volta si era ritrovata ad accarezzare per ore il fresco tessuto di seta, o ad ammirare tutti i moltissimi colori che variavano di volta in volta. E ora, suo padre le aveva appena detto che non avrebbe mai potuto essere come lui, e che non avrebbe mai potuto imparare a farsi bella e mettersi una cravatta; ok, quest’ultima cosa sembrava un’impresa piuttosto difficile, Papà le aveva detto che era cento volte più difficile di imparare il nodo per i lacci delle scarpe, ma insomma, lei aveva quasi imparato ad allacciarsele da sola!
E così Blaine la guardò, incerto sul ridere o continuare a traumatizzarla con quelle informazioni, ma alla fine si limitò ad accovacciarsi verso di lei accarezzandole gentilmente una guancia; la bimba mise il broncio, ma di fronte a quello sguardo perso e a quelle dita che la cullavano dolcemente si limitò a sbuffare in modo teatrale, forse anche troppo, vista la piccola giravolta che fece su se stessa prima di correre in cameretta: sul serio, come faceva ad aver ereditato tutte quelle piccole cose di Kurt?
Blaine fissò la porta socchiusa con stupore, e poi decise di restare in quel piacevole dubbio –ogni tanto pensava che Kurt le desse qualche consiglio, una sorta di ripetizioni sull’essere incredibilmente adorabile- finendo di sistemarsi la cravatta.
Kurt emise un sospiro che assomigliava molto ad un gemito: più che altro, era un mix di tante cose, e una, in particolare, riguardava il bellissimo fondoschiena del marito, del quale aveva una perfetta visuale, e che in quel completo risaltava ancora di più.
Blaine dapprima assunse un’aria confusa, ma subito dopo intuì i suoi pensieri e sul suo volto si dipinse un sorriso, che non aveva niente della dolcezza di poco fa; infatti, con tono provocatoriamente basso, e sensuale, si avvicinò di qualche passo a suo marito, e sussurrò “visto qualcosa di tuo gusto?”
Kurt scoppiò in una leggera risata prima di alzarsi in piedi e ricambiare la cortesia: “sì, in effetti questo abito è davvero splendido” rispose, facendo scaturire una risata anche da parte di Blaine “devo farti i complimenti per la scelta”.
“Infatti me l’hai comprato tu.” Ribattè, e detto quello lo afferrò per i fianchi e si soffermò ad ispirare profondamente il suo profumo.
“Oh Kurt, facciamola finita: mandiamo a monte lo spettacolo di Broadway e trasciniamo Lizzy a casa di Rachel. Non diceva di voler fare la babysitter a tempo pieno?”
Kurt ci mise qualche secondo di più a formulare qualche frase, dal momento che il suo collo stava venendo baciato e succhiato con una minuziosità alquanto eccitante. Alla fine, stupendosi lui stesso, si ritrovò a dire: “vorresti ripudiare Chicago per una notte con tuo marito?”
“Ripudierei anche New York per una notte con mio marito. Non abbiamo un momento di intimità da mesi...”
“Blaine, l’abbiamo fatto due settimane fa.” Bisbigliò, non facendosi sentire dalla bambina.
“Appunto, che ti dicevo? Mesi.”
Il castano ridacchiò, ma smise tutto d’un colpo non appena sentì la bocca calda del marito indugiare sulle sue labbra fresche.
In effetti era passato tanto, troppo tempo.
Ok, Kurt non avrebbe mai ammesso a se stesso che, se fosse dipeso da lui, sarebbe stato a letto con Blaine per tipo 36 ore su 24; anzi, poteva anche averlo ammesso a se stesso, e magari qualche volta gli era scappato detto perfino di fronte al marito, ma di sicuro quei maledetti ormoni e impegni coniugali non gli avrebbero fatto ripudiale il musical, l’arte, la sua fonte di vita.
Ma in quello stesso momento Blaine si era fatto più vicino ed aveva passato delicatamente una mano sul suo collo e beh, effettivamente, la sua vera fonte di vita era proprio davanti ai suoi occhi.
“Ripensandoci…” sussurrò, facendo fibrillare Blaine di emozione “in teoria passo gran parte della giornata a teatro, quindi, è legittimo che mi prenda una sorta di pausa”.
“Assolutamente legittimo”, annuì, “anzi, sai che ti dico? E’ quasi doveroso. Frequenti più il teatro che tuo marito, non è legale.”
Risero ancora una volta e indugiarono ad osservarsi dritto negli occhi, fronte contro fronte. Inevitabilmente, appena sentirono il rumore di passetti avvicinarsi alla porta, si scambiarono un sorriso sghembo e pensarono immediatamente alla stessa cosa.
“Dopotutto, Rachel e Finn amano Broadway.”
 
 



“Kurt? Blaine?”
“Lizzy!”
“Sul serio, le vostre entrate a sorpresa non sono più delle entrate a sorpresa.”
La bimba saltò verso Finn, che la prese al volo facendola volteggiare. Rachel era nel suo classico pigiama con le renne e aveva i capelli legati in un modo decisamente fuori dal comune; Kurt stava ancora cercando di decidere quale parte del suo aspetto fosse la più sconcertante, quando Blaine, con un enorme sorriso, le porse tre biglietti.
“Chicago. Broadway. Posti centrali, platea con libretto incluso. Passiamo a prendere Elizabeth alle undici, e se comincia ad urlare agli attori voi ditele soltanto che Babbo Natale non dà i regali alle bambine che strillano. Grazie mille Rachel, sei un vero tesoro! E grazie anche a te Finn, divertitevi!”
“Lo faremo amico! Ci vediamo dopo lo spettacolo.”
Non aveva nemmeno fatto in tempo a dire “a”: Blaine aveva preso Kurt per mano e aveva salutato la figlia con un bacio sulla guancia, per poi dileguarsi in mezzo ai negozi ed alle macchine della Grande Mela.
Fu solo qualche secondo; poi si scaraventò contro il fidanzato, cominciando ad indicare la porta e assumendo un’aria scandalizzata.
“Ci hanno SCARICATO loro figlia! Ti rendi conto!? Ce l’hanno praticamente tirata addosso, e tu tutto quello che hai fatto è stato fare un bel sorrisone e augurargli buona serata!?”
“Oh, andiamo, di che ti lamenti? Era una vita che sognavamo una serata da sola con Lizzy, non è vero piccola?”
“Zio Finn! Zia Rachel! Andiamo a Broadway?”
Rachel si ritrovò a sorridere contro la sua stessa volontà: quella bambina sapeva a malapena la sua data di nascita ma conosceva a memoria i nomi di tutti i teatri in città.
“Va bene. Ma lo faccio SOLO per i posti in platea. Kurt me la pagherà.”
“Certo, come no.” In verità, moriva dalla voglia di passare del tempo da sola con la sua nipotina acquisita, ma ormai non poteva più darlo a vedere perché altrimenti, come direbbe lei, avrebbe rovinato la suspance teatrale da lei stessa creata.
Rachel era così: di giorno in giorno sempre più immersa in quel mondo magico, sempre più speciale.
Parlando di magie, in una manciata di minuti era cambiata e pronta per uscire, con appena un filo di matita ed un vestito piuttosto elegante; tutto merito degli stilisti che, ad ogni prima, le regalavano abiti firmati che Kurt puntualmente si ritrovava ad invidiare, e odiava la sua amica perché, “Dio Rachel, hai il Paradiso Terrestre nel tuo armadio e tu nemmeno te ne rendi conto!” E Rachel, in risposta, afferrava una sciarpa a caso della sua preziosissima collezione e gliela tirava addosso, scatenando l’ira, poi l’emozione, infine l’amore quasi carnale… verso la sciarpa, ovvio.
Rachel non era ancora abituata a tutta quella faccenda: Broadway, il successo. Era incredibilmente fiera di sé ma, allo stesso tempo, si sentiva ancora quella ragazzina di Lima che sognava Barbra Streisand e scriveva canzoni su quanto fosse disperatamente una figlia unica e non potesse condividere i suoi CD di Cher, oppure, su un cerchietto; no, quest’ultima parte non era mai esistita, la aveva rimossa dal proprio cervello e se avesse potuto avrebbe fatto altrettanto con Finn; magari, avrebbe usato uno di quei spara-cosi di quel film di alieni che gli piacevano tanto.
Ma adesso era lì: nel bel mezzo di New York, fermata da giornalisti di ogni sorta che la tartassavano di domande e la riempivano di fotografie. Lo amava, ovviamente; si sentiva mortificata quando qualche giornalista le photoshoppava il naso, ma a parte quello era tutto fantastico.
Come da copione, un giornalista le fece la domanda riguardo la nascita del suo successo. Si schiarì meglio la voce, mettendosi impercettibilmente in posa; perché lei adorava rispondere a quella domanda.
“Oh, il merito non è tutto mio, davvero. In effetti credo di dover ringraziare Dio. Sì, Dio. Voglio dire, chi altri avrebbe potuto darmi una voce così sensazionale? E’ un dono di natura, non l’ho detto io, mi hanno recensita sul New York Times. Ah lei non ha letto quell’articolo? E mi spiega come fa ancora ad essere un giornalista?”
“Rachel adora scherzare” intervenne Finn, come sempre, prima che il signore fosse seriamente tentato dal lanciarle il taccuino addosso. “Ma in verità si allena ogni giorno e le mie orecchie ve lo possono garantire.”
Ci fu una risata generale; la stampa amava Finn, era un marito esemplare, sempre col sorriso, anche se i più meschini lo avevano simpaticamente denominato “portaborse” (**). In verità, era papabile nell’aria l’amore che collegava i due, e che regalava a Rachel tutta quell’incredibile forza nel cantare.
Ma prima che potessero andarsene –altrimenti sarebbero rimasti lì per ore-, le venne rivolta un’ultima, insolita domanda: “questa è sua figlia?”
Lizzy si affrettò a coprirsi dietro il grande corpo di Finn, intimidita, e quest’ultimo si accertò che i fotografi non si azzardassero a scattarle qualche foto nemmeno con il pensiero; Rachel, sviando appena lo sguardo a terra, scrollò lievemente la testa ed abbozzò un sorriso: “no, è mia nipote.”
“Non sapevo che avesse un fratello!”
“Non ne ho infatti, ma vi assicuro che è come se lo fosse.”
Sia Finn che Rachel sapevano quanto fosse vera quella frase: Kurt era entrato a far parte delle loro vite, ancora prima che se ne accorgessero; certo, l’inizio della sua amicizia con Finn non era stato dei migliori, ma col passare degli anni si erano legati in un modo che soltanto due fratelli potevano avere, e con Rachel aveva condiviso le stesse emozioni, le stesse passioni, così tanto che a volte la ragazza aveva considerato l’idea di sposarlo, lì e subito, perché a volte era davvero perfetto; il problema, però, stava tutto lì: Kurt era perfettamente uguale a lei. Blaine avrebbe trovato molti argomenti con i quali dissentire, ma Rachel ne era fermamente convinta e in cuor suo sapeva che lo fosse anche Kurt; era identico perfino il modo con cui lo negavano, con tono superiore, quasi offeso.
“E’ per questo che non ci sopportiamo mai”, ammise al suo ragazzo una volta spariti i paparazzi. “E poi, la nostra è una sana competizione artistica. Abbiamo fatto una gara a chi vince più Tony entro la fine del mondo, e se i Maya non sbaglieranno ancora una volta, entro il 2032 avrò la mia meritata vittoria!” (*)
Finn ridacchiò, tirando Lizzy verso di sé e la mise sopra le sue spalle; la bambina, in quel momento, vide il mondo.
“Zio Finn, sei alto come un palazzo!”
“Più o meno” ammise, ilare, “e dimmi, com’è il mondo da lassù?”
Fantastico: questo avrebbe detto Lizzy, se solo avesse avuto la forza per esprimerlo. Poté toccare le insegne dei locali, poté ammirare meglio le persone, da laggiù, e i suoi grandi occhi verdi erano incantati, non aveva parole per descrivere quello che stava vivendo; New York era un sogno per degli adulti che di sogni non ne avevano più, per lei, una bambina, ancora piena di fantasie, era come vivere in una delle favole che ascoltava sempre.
 


 
“Oh Finn, quel musical è FANTASTICO!”
“Lo so, Rachel…”
“Voglio dire, hai visto la scenografia minimal, la potenza degli attori?!? Ucciderei per fare Roxie Hart, sembra dipinta apposta per me!”
Senza il minimo preavviso cominciò a cantare “Funny Honey” in mezzo alla strada, volteggiando tra un idrante e l’altro, facendo voltare qualche passante, facendo sorridere il suo amato fidanzato. Amava quel lato di Rachel: nemmeno il tempo era riuscito a trasformare la sua euforia.
Nessuno si aspettava, però, che Elizabeth cominciasse ad imitarla e ad accennare qualche nota piuttosto incerta. La cantante, colpita, se non folgorata, si fermò all’unisono e fissò la bimba che ormai era del tutto perplessa; perché non aveva la minima idea di quello che aveva appena scatenato.
 
“Okay Elizabeth, adesso ascoltami bene.”
Erano sedute di fronte al pianoforte, sommerso letteralmente da spartiti di ogni musical e genere; Lizzy si dondolava avanti e indietro, mentre Rachel aveva l’aria di chi aveva appena organizzato un piano di conquista del mondo.
Fece una piccola nota, da cui uscì un suono limpido: “questo è un la. Lo sai fare, un la?”
“Là!” Esclamò, indicando lo Zio Finn che la guardò tutto contento, prima di essere fulminato dalla sua ragazza.
“No, non là, nel senso di indicare qualcuno, ma una nota. Blaine non ti ha mai insegnato a suonare?”
A giudicare dalla sua espressione noncurante, dedusse di no.
“Rachel, ha solo tre anni!” Le fece notare il ragazzo.
“Embè? Io ho vinto la mia prima competizione canora all’età di sei mesi. Le insegnerò a cantare in modo divino, e poi le farò fare un’audizione per il musical Les Miserables (***) dove potrà interpretare una delle bambine. E poi, oh Finn, già ci vedo: noi due, sul Red Carpet, con dei deliziosi vestitini coordinate a dare performance di duetti sulle note di Gispy. E’ perfetto!”
“Non credo che Kurt approverebbe. O almeno, di sicuro si lamenterebbe della parte sui vestiti.”
Si voltò di scatto: “ma da che parte stai, tu?”
“Dalla tua!”
“Davvero? Oh Finn, ti amo così tanto…”
“Zia Rachel!”
“Giusto. Torniamo a noi, Lizzy. Me lo sai fare, un la?”
La bimba, però, si limitò a fissarla incolore continuando a sgambettare contro la parete di legno del pianoforte. Conosceva bene sua nipote: faceva finta di non capire. Sfoggiava il viso più innocente del mondo e si spacciava per una bambina qualsiasi, quando in verità era un vero e proprio genietto del male al pari dei suoi padri e i loro piani diabolici. E Rachel l’avrebbe fatta cantare, altrimenti il suo nome non sarebbe più stato Rachel Maria Berry. Ok, non si era mai chiamata Rachel Maria Berry, ma quando avevano fatto il musical di Westside Story era quasi riuscita ad andare all’anagrafe per registrarlo.
“Lizzy, ecco un mi.”
“Zia Rachel!”
“No, non mi, nel senso di me, io... Ti prego, me la faresti una piccola noticina?”
Niente da fare; Lizzy, semplicemente, aveva impegni più importanti ed equivalevano a ruotare la manopola della sedia per farla alzare su e giù continuamente.
Rachel sbattè la testa contro le note, e questo provocò un miscuglio di suoni gravi che fece scoppiare a ridere la bambina; in risposta, cominciò a martellare tutta la tastiera ridendo a crepapelle ad ogni nuovo suono. Finn sospirò: era così bello vedere Rachel, una vera e propria macchina da guerra, capace di provare una canzone per otto ore di fila, stremata fino al midollo da uno scricciolo di poco più di un metro.
E infondo, sapeva che sarebbe toccato a lui, il compito di aiutarla.
Cercò velocemente su youtube e fece partire All that Jazz; la musica soft e trascinante di Chicago si fece subito largo nella stanza, echeggiò tra le pareti, fece brezza nel cuore della piccola Elizabeth.
Rachel si illuminò di colpo; era come un richiamo della natura, come se fosse un corpo azionato dalla musica. Cominciò a muoversi per tutta la stanza imitando i passi che aveva visto e rivisto decine di volte, cantando con la sua estrema maestria e lasciando impressionato perfino Finn; non si sarebbe mai abituato al suo talento. Ne era a stretto contatto tutti i giorni, ma era semplicemente troppo per essere accettato.
E così, preso dal divertimento, si ritrovò a fare il controcanto alla sua fidanzata che in tutta risposta cominciò a volteggiare contro di lui. Gli mancavano quelle cose: cantare, ballare –o almeno, fingere di saperlo fare-; la sua vita era diventata molto più scura senza il Glee Club. E in quei momenti si ritrovava ad osservare Rachel, la sua ragazza, la donna dei suoi sogni, e si rendeva conto che, la sua vita sarebbe potuta diventare monocromatica, se non ci fosse stato lei ad accenderla.
Perché Rachel era fatta così: era ambiziosa, testarda, incredibilmente orgogliosa, e spesso e volentieri metteva al primo posto l’arte allo stesso fidanzamento, dicendo “non te la prendere Finn, ma è arrivata prima lei di te”; però, allo stesso modo, aveva esultato quando Finn le aveva detto del suo nuovo lavoro, come se si trattasse del suo; aveva pianto quando Elizabeth era venuta al mondo, così piccola e fragile, e fu in quel momento che guardò il suo ragazzo dritto negli occhi, senza bisogno di dire altro: in quello sguardo, si erano sussurrati tutto ciò che era necessario, si erano fatti forza, perché dovevano infonderla a Kurt e Blaine; i loro amici e, ormai, parte della loro famiglia.
E Finn non riusciva ad immaginare un futuro diverso da quello che stava vivendo: assieme alla donna di cui aveva imparato ad amare anche i pregi.
Amò perfino lo sguardo a dir poco scandalizzato che assunse nel momento in cui, senza alcun preavviso o preparazione psicologica, coinvolta dall’allegria della canzone, la piccola Lizzy si librò nell’ultimo acuto finale.
La canzone si era fermata, così come i loro cuori.
Perché Rachel ci provò con tutta se stessa, nel non pensare a quello che stava pensando, e Finn semplicemente sperò di aver avuto un qualche infarto uditivo, o qualcosa di simile.
Lizzy continuava a cantare e a ballare, felice, spensierata.
Fu come se, sulle loro teste, fosse caduto un masso di diecimila tonnellate.
Era, completamente, tragicamente, stonata.
 
“Eccola qui, la mia principessina!”
“Papà!”
Si gettò alle braccia del padre come se non lo vedesse da una vita; Blaine le baciò soffusamente una guancia, per poi voltarsi sorridente verso Finn e Rachel.
“Allora? Ha fatto la brava?”
“E’ stata un angioletto” rispose il ragazzo “Sul serio, abbiamo passato davvero una bella serata.”
 “Oh, anche noi.” Kurt diede una gomitata a suo marito per la frase appena detta, con quel suo tono soddisfatto e felice da “ho il marito più sexy del mondo”.
Rachel era, incredibilmente, e stranamente, silenziosa. Continuava a fissare il pavimento sotto ai suoi piedi e si stava letteralmente torturando le mani. Kurt inarcò un sopracciglio, cercando di identificare il suo sguardo nascosto dalla frangia. “Che hai, Rachel?”
“Io!? –sobbalzò- N-niente. Perché dovrei aver qualcosa, scusa!?”
“Va tutto bene, anzi, benissimo! Mai stati meglio, lo ripeto.”
Perché Finn era intervenuto, quasi come se la dovesse salvare da qualche catastrofe naturale? Il suo tono di voce, però, uscì fin troppo forzato. I due ragazzi si guardarono perplessi e poi li fissarono con sguardo scettico.
“E’ successo forse qualcosa?”
“Niente di niente.” Risposero in coro.
Okay, ancora più inquietante.
“Sul serio, ragazzi. Di che si tratta?” Quando Blaine assumeva quel tono serio, e quegli occhi così sinceramente preoccupati, nessuno dei presenti era in grado di dirgli una bugia. Forse, era meglio dargli il trauma il più presto possibile, così che potessero riprendersi entro i prossimi…sedici anni, forse?
“Okay, ma promettetemi che non impazzirete.”
I due ragazzi annuirono, il primo scettico, il secondo più convinto.
Finn guardò la sua ragazza: “coraggio Rach, ce la puoi fare. Un bel respiro, e dirlo tutto d’un fiato.”
“OH MIO DIO sei incinta!?”
I loro volti saettarono verso di Blaine; “E’…è bellissimo, Rachel, sono così contento per voi due!”
“Ecco perché sei ingrassata.” Commentò l’altro, con un mezzo sorriso ma un’aria ancora più indecisa “E io che pensavo fosse per colpa di tutti quei cioccolatini che ricevi dai fans…”
“NON SONO INCINTA! E non sono ingrassata! Oddio Finn, sono ingrassata?”
“Rachel, sei bellissima.”
Ci rifletté un attimo su, poi scrollò la testa: “tu sei di parte. Blaine, dì la verità, sono ingrassata?”
“Hem…ecco…io…vado a fare finta di fare una telefonata.”
“Oh, andiamo! Sii uomo e rispondi!”
“Hei, lascia stare mio marito!” Canzonò Kurt “Non è colpa sua se tu non sai affrontare la verità!”
“Ah sì? Beh, se è per questo nemmeno tu!”
Finn, tutto d’un tratto, si ritrovò a trattenere il respiro; e poi, la fatidica rivelazione.
“Da quanto sapevi che Elizabeth non sa cantare?”
Silenzio.
Gli occhi dei due genitori erano semplicemente allibiti. Si incontrarono per un breve istante, perplessi, paralizzati, e poi, semplicemente, si assottigliarono in un moto di pura ilarità mentre le loro bocche si incurvarono attraverso tiepidi sorrisi.
“Oh Rachel, ma che stai dicendo?”
“Sto dicendo che vostra figlia è stonata. Ma non tipo stonata, però con stile. Stonata, come Sugar Motta ai tempi del liceo.”
Di nuovo, quell’imbarazzante silenzio, e quelle espressioni incerte sui volti di Kurt e Blaine.
Il primo le mise una mano sulla spalla: “Ok, sei molto stanca, lo capiamo.”
“Finn, assicurati che si riposi bene, questi sprazzi di allucinazione non sono per niente un buon segno.”
“Amico…è la verità. Voglio dire, Elizabeth è splendida, ma…”
“Ma canta in modo divino!”
“No, un momento.” Adesso quelli a non capire erano Rachel e Finn: “voi…l’avete sentita cantare?”
“Certo che l’abbiamo sentita cantare. Cantiamo praticamente tutti i giorni!”
“Ha una voce bellissima, non trovate?”
…Okay.
Quindi, il trama, effettivamente, non riguardava la scarsa intonazione di Elizabeth, ma l’improvvisa SORDITà dei suoi genitori.
Rachel si trovò la bocca tappata proprio mentre stava per iniziare un lungo e inveente monologo.
“Ma certo ragazzi, noi stavamo scherzando! Sai, così, per ridere…”
“PER PIANGERE!” Mugugnò la ragazza, e Finn la strinse ancora di più a sé.
“Per piangere…di commozione, ovvio. Elizabeth è molto brava.”
Blaine colse subito la palla al balzo: “Oh, ti capisco. Noi ci commuoviamo sempre quando canta For Good.”
Rachel si aggrappò con le unghie al suo fidanzato, perché quello era davvero troppo, non avrebbe tollerato una tale sordità da parte di loro due, anche se si trattava della loro figlia!
“Sì, fantastica. Bene, è stato bello ma noi adesso andiamo. Ciao!”
Ricambiarono il saluto giusto in tempo per ricevere una porta sbattuta quasi in faccia.
Finn lasciò Rachel –praticamente la teneva sollevata a mezz’aria- solo quando fu sicuro che non facesse una fuga dalla finestra per rincorrere i loro amici. Si rassettò i capelli e il vestito, cercando più e più volte di recuperare un certo contegno e non sembrare una a cui avessero appena detto che Justin Bieber era il miglior cantante del mondo.
Kurt e Blaine erano troppo accecati dall’amore per Elizabeth; un giorno, forse, si sarebbero accorti della verità, e probabilmente in quel giorno sarebbe avvenuta un’ascesa anticipata della presunta fine del mondo; però, fintanto che erano felici, e fintanto che a loro stava bene così, era giusto non dire nient’altro.
“Sarà il nostro segreto.” Sussurrò Finn.
“Il nostro segreto.” Confermò Rachel.
Si guardarono negli occhi, un po’ complici, un po’ innamorati, e poi si scambiarono un intenso bacio.
 










***

Angolo di Fra

(*) Perchè, ovviamente, il mondo non finirà nel 2012 e in quel giorno l'erede di Nostradamus ci dirà che era tutta una candid camera.

(**) Okay, in verità questo è un riferimento a Lea Michele. Dai, avete visto il suo ex-fidanzato? Era un portaborse. Le americane lo hanno battezzato in questo modo e io rido ogni volta che ci ripenso. Sono un passo avanti a noi, sul serio.

(***) Anche questo è un riferimento a Lea. Mi hanno detto che ha iniziato la sua carriera a sei anni facendo una bambina di Les Miserables e...beh, sono strabiliata. Ma che ve lo dico a fare? Ormai il talento di quella donna è di fama mondiale.



Buffo.
Ho scritto una OS Finchel, ma in verità la mia mente è totalmente invasa dal Klaine. Ma avevo in mente da un po' questa cosa e beh, l'ho scritta anche per disintossicarmi e cercare di resuscitare.
No, non mi sono ancora ripresa dalla 3x05.
No, il titolo non è SOLTANTO un riferimento al capitolo. Io penso davvero che non mi riprenderò più dopo questa puntata.
E no, il drago Shenron non mi ha ancora resuscitata. Ha detto che c'è traffico ai piani alti, ci sono molte altre Klainer che sono morte come me.
Amiche, amici, cari lettori, siete tutti vivi? State bene? Non so voi, ma io sono in loop.

E beh, se avete qualche briciolo di forza mi farebbe piacere sapere un vostro parere su questa parentesi fincheliana, ma soprattutto, sulla puntata. LA puntata. Ma ripeto, lo capirò se non avrete la forza di farlo. Perchè quella puntata....it took our breath away. Tanto per dire.

Oddio, quella frase. Perchè l'ho scritta?

Muoio.
   
 
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