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Autore: Dejanira    12/11/2011    1 recensioni
"What if nothing exists and we're all in somebody's dream?" (Woody Allen)
L’estate in cui Rose decide di andare dai Malfoy, per le vacanze, si stupisce nel trovare sepolto nella biblioteca di casa un libriccino senza nome che sembra nascondere più sottotrame e segreti di una qualunque altra storia.
Il giorno in cui Hermione, con un tremendo sbaglio, danneggia in maniera irreparabile se stessa e la sua vecchia vita, comprende che non le sarà più possibile andare avanti senza l’aiuto di due persone improbabili.
Pansy e Draco si ritroveranno così costretti a dispiegare una pericolosa ragnatela di disperazione, morte e pazzia, nel tentativo di riportare a casa qualcuno considerato perso da ormai troppo tempo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pansy Parkinson, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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I

I

 

 

 

Sette anni dopo

 

 

 

- Salazar, non riesco ancora a crederci! –

Rose Weasley, in piedi e con il naso schiacciato contro il finestrino del treno, si voltò a fissare le facce deludenti dei suoi compagni di viaggio.

Scorpius Malfoy non faceva che giocherellare con un pezzo di carta staccato dall’edizione del Profeta di quella mattina, nel tentativo di creare qualcosa che ricordasse vagamente un cigno.

Albus Potter teneva il mento appoggiato al dorso della mano, con lo sguardo perso oltre le colline e il vento.

Disgustata da quell’overdose di noia, Rose tornò a sedersi accanto a Scorpius, incredula di non essere riuscita a trasmettere agli altri due nemmeno una briciola del suo entusiasmo.

- Beh, non siete contenti? – domandò allora, puntando gli occhi ora su uno, ora sull’altro. Visto che nessuno dei due la degnò di grande considerazione, tolse di mano a Scorpius il suo deforme cigno di carta, stizzita. Poi lo osservò con aria di sfida.

- Di tornare a casa mia per le vacanze estive, come ogni anno? – ribatté incolore Malfoy. – Sì, certo. –

Al sbuffò. Rose incrociò le braccia al petto, affatto soddisfatta.

- No, di tornare a casa tua per le vacanze estive con noi – sottolineò, enfatizzando l’ultima parte. – Questo non capita ogni anno. –

- Già – Scorpius si riprese il suo dubbio cigno, dispiegandolo e ricominciando daccapo. – Mio padre farà i salti di gioia. –

A quell’uscita, perfino Albus si riscosse. – Pensavo avesse detto che andava bene – osservò, guardando cautamente verso Rose, che adesso aveva abbassato e il finestrino e si era sporta fuori, con la testa rossa tutta scarmigliata per il vento.

- Sì, sì, l’ha detto – confermò il ragazzo. – Ah, ma non è per quello che credi. E’ che a lui non piace avere ospiti. –

- Tuo padre è un uomo molto affascinante – intervenne Rose, voltandosi di nuovo verso Scorpius e cercando di individuare in lui le somiglianze col Malfoy che aveva visto per la prima volta a undici anni a King’s Cross.

- Sì, Rose, me l’hai detto qualcosa come un miliardo di volte. Adesso, cortesemente, potresti abbassare il finestrino e metterti composta, mentre ti scopi mentalmente mio padre? Grazie. –

La Weasley storse le labbra in una smorfia, roteando di nascosto gli occhi. Tornò a sedersi ma non chiuse il finestrino.

- Sei odioso – borbottò. – E… volgare. –

- Irritante – aggiunse Scorpius, piegando e ripiegando il suo cigno.

- Fastidioso – convenne Rose con fervore.

- Egoista e presuntuoso. –

- Esatto. –

- Un bastardo. –

- Un vero pezzo di merda. –

- La piantate? – li interruppe Al, scocciato.

Rose e Scorpius tacquero, ma non finirono di lanciarsi occhiate d’intesa; era divertente far imbestialire Albus, lui era così permaloso.

Passò il carrello con i dolci, ma non acquistarono nulla, Rose perché facevano ingrassare, Albus perché a lui non piacevano e Scorpius perché era troppo preso dal suo origami.

- Spero che giocheremo a Quidditch – commentò Rose.

- Fai schifo a Quidditch, cugina – obiettò Al.

- Appunto per questo. Ho l’occasione di giocare mentre nessuno mi vede. Ti pare che mi metterei mai in ridicolo di fronte a tutta la scuola? – Rose lo guardò come se fosse ovvio. – E spero che mi farai vedere la biblioteca di tua madre! – esclamò, questa volta rivolta unicamente a Malfoy.

- E’ una casa, non un parco giochi. Ti diverti con poco, eh? –

- Con poco? – Rose tergiversò. – Tua madre è finita sul Profeta per essersi accaparrata l’unico, vero manoscritto originale di ‘Babbani Che Sanno Troppo’! –

- Che roba è? – chiese Albus. – Sembra il titolo di una raccolta di racconti su malavitosi. –

- E’ un testo fondamentale, invece, ha rappresentato una svolta nel modo di intendere i rapporti tra Mondo Magico e… -

- Rose, taglia – la interruppe Al. In cambio, Rose lo fulminò con un’occhiataccia che non avrebbe fatto piacere a nessuno ricevere.

- E’ un testo da collezionisti. Se non sbaglio, la madre di Scorpius se l’è conteso con Philbert Deverill – spiegò, saccente.

- E chi cazzo sarebbe? –

- Un pezzo grosso del Quidditch, genio – replicò Rose.

- Sì, bah, può darsi – sbadigliò Scorpius, per nulla interessato a quella diatriba tra cugini.

- Comunque sia – Rose zittì con un gesto stizzito della mano qualunque replica da parte di Al. – Mi farai vedere la biblioteca di tua madre, vero? Cioè, non mi aspetto mica che mi faccia toccare quei libri, capisco che sono pezzi di valore inestimabile e… -

Scorpius fece spallucce. – Sarà felice di farteli vedere. Non aspetta altro che qualcuno con cui vantarsi di quanto sia immensamente più ricca e fortunata di te a potersi permettere una collezione del genere. –

- Oh – Rose parve sorpresa, non del tutto sicura che l’informazione appena ricevuta fosse motivo di esultanza. – Ehm… perfetto. –

Il treno fischiò. Rose tornò a guardare fuori dal finestrino, dove si delineava un paesaggio di alberi e colline, e un cielo terso di come non se ne vedeva da settimane a Londra. Provò quasi un senso di vertigine nel pensare che avrebbe trascorso il mese successivo così, con Al e Scorpius, a battibeccare e prendersi in giro, lontano dalla rumorosa casa dei nonni, la Tana, e da suo padre, che era sempre così serio… E dire che una volta aiutava lo zio George a gestire il negozio di scherzi.

Forse sbagliava, ad andare via per l’estate. Non era mai stata tanto a lungo lontana da casa – tranne che per la scuola, ovviamente – e forse, beh, forse suo padre aveva bisogno di compagnia, no? Certo, c’era pur sempre Hugo, però…

- Quando diavolo arriva questo treno? – si lamentò Albus. – La locomotiva di Stephenson era più veloce. –

- Siamo nervosi oggi, eh, Albie? – lo stuzzicò Scorpius, guadagnandosi l’ennesima occhiata truce. – Hai bisogno di una ragazza, amico mio. –

- Di una ragazza molto paziente – precisò Rose.

- Con due gambe molto lunghe e due… -

- Non mi interessano le ragazze – sbottò Al, interrompendo sul nascere il turpiloquio di Malfoy.

- Nel senso che sei gay? – domandò educatamente e angelicamente Scorpius.

Rose ridacchiò. Al lo fulminò con uno sguardo. – No. Nel senso che le ragazze sono tutte stupide oche schizzate. –

Scorpius valutò la frase. – Concordo sullo ‘schizzate’. –

- Ti saltano addosso. Ti si appiccicano contro. Sbavano, guaiscono, leccano… -

- Al, quello è il rottweiler della prozia Muriel – lo corresse Rose, perplessa, tirando fuori dalla borsa un quaderno di appunti e una penna, materiale indispensabile per una futura scrittrice di successo quale lei era.

- Sì, lo spunto l’ho preso da lì – ironizzò il cugino, con noncuranza, facendo storcere il naso a Rose. – Stando seri… non credo che lo sopporterei. –

- Cosa? – s’informò Rose, seriamente interessata a quel tripudio di misoginia.

- Avere qualcuno che ti controlli, che ti sbirci la posta, che voglia sapere dove sei stato e con chi, che gridi al tradimento non appena saluti un altro essere respirante di sesso femminile. Non ho bisogno di una ragazzina che si atteggi a madre di stampo ottocentesco. –

- Che bizzarra visione del mondo – commentò Scorpius. – Ehi, finalmente è venuto fuori un cigno. –

- Sembra un rospo – lo contraddisse Rose, ignorando la delusione dell’amico. – Al, le ragazze non sono tutte così. –

- Lascialo perdere, Rose – intervenne Malfoy, gettando il fallito tentativo di cigno nel contenitore per rifiuti del treno. – Gli ho presentato mia cugina e neanche lei gli è piaciuta. –

- Beh, lei è una un po’… uhm, troppo facile – disse Rose, tentando di essere delicata.

- E’ una troia – disse tranquillo Albus. Poi, come se gli fosse sorto il dubbio di essere stato un pelino scortese, aggiunse: - Oh, senza offesa. –

- Naturalmente, amico – minimizzò Scorpius, per nulla toccato.

- Forse non hai trovato quella giusta – suggerì Rose.

- Mi hai sentito, Rosie? – Albus sogghignò. – Non mi interessa trovare quella giusta. Mi va benissimo così, una volta che le lasci ti additano come stronzo, ci pensano una settimana e poi finisce lì, ti lasciano in pace. L’importante è piantare bene i paletti fin dall’inizio. –

Eccola lì, espressa in tutto il candido splendore di diciassettenne bastardo e scanzonato, la teoria di Albus Potter sull’amore.

- Wow – commentò Scorpius.

- Sei un idiota – decretò Rose nauseata. – E io vado a prendere un po’ d’aria – disse, alzandosi e sistemandosi le pieghe della gonna, studiatamente accorciata. – Con tutto questo maschilismo non si respira. –

Sbatté la porta dello scompartimento con eccessiva energia, avanzando un po’ nel corridoio. Si mise di fronte a un finestrino e guardò fuori.

Ancora una volta, il pensiero andò a suo padre. Pensò che si sarebbe sentito solo. Che non sarebbe dovuta andare, decisamente. Che le aveva dato il permesso di passare le vacanze dai Malfoy con troppa facilità, con troppa… rassegnazione.

Niente contava più per lui.

Dopo diversi minuti, venti o giù di lì, il treno frenò. Albus richiamò Rose nello scompartimento per prendere le sue cose, e lei sul momento si stupì che fosse trascorso tutto quel tempo quando a lei erano parsi appena pochi istanti.

- Viene a prenderci Richard a King’s Cross – disse Scorpius, mentre tirava giù anche il bagaglio di Rose.

- Richard? – chiese Rose confusa.

- Sarebbe il maggiordomo – la informò Al.

- Non è il maggiordomo – disse invece Scorpius. – Era il mio insegnante privato prima di Hogwarts. –

- E come mai ti sta ancora dietro? – chiese Rose, mentre tutti e tre si mettevano in file con gli altri ragazzi per scendere dal treno.

- Perché adesso gli fa da maggiordomo – insistette Al.

Scorpius ci rinunciò.

Dopo averci riflettuto un momento, a Rose venne un’altra domanda. – Avevi un insegnante privato? –

Scorpius si strinse nelle spalle, a lui non sembrava così strano. Tra le famiglie Purosangue era prassi comune che i figli venissero istruiti da un maestro assunto privatamente prima di ricevere la lettera per Hogwarts. Certo, c’erano degli istituti che preparavano i giovani maghi alla scuola vera e propria, ma i suoi erano così tradizionalisti.

Scoprirono che Richard era un signore anziano, alto, distinto e di corporatura sottile. Li accolse con saluti cerimoniosi, e con un fluido movimento della bacchetta fece sparire i bauli da viaggio di tutti e tre; li avrebbero ritrovati a Malfoy Manor direttamente nelle loro stanze, spiegò.

- Sembra uscito da un film sui vampiri – sussurrò Rose ad Albus, che ridacchiò.

Andarono alla fermata della Metropolvere di King’s Cross – perché ovviamente sarebbe stato da barbari materializzarsi nel salotto di casa Malfoy mentre il signore leggeva il giornale e la signora sorseggiava il suo tè, senza contare le innumerevoli barriere che proteggevano le mura – e a turno entrarono nel camino dissolvendosi in un fascio di fiamme verdi.

Arrivarono in un salone grande, con un lungo tavolo al centro. La stanza era illuminata flebilmente da poche candele, sulle pareti i busti di alcuni maghi e streghe con abiti e acconciature d’altri tempi scrutavano i nuovi arrivati dall’alto delle loro cornici in oro intarsiate di zaffiri.

Rose sentì su di sé gli occhi chiari di una strega con un sontuoso vestito dorato e una parrucca sfarzosa sul capo, e anche per i giorni successivi le parve di avere quello sguardo di ferro sempre puntato sulla schiena.

Richard disse che il signor Malfoy non era in casa, e che avrebbe annunciato il loro arrivo alla signora Malfoy, che al momento era in compagnia di un’amica nella sala da tè.

- Credevo che voi Purosangue usaste gli Elfi Domestici – osservò Rose, una volta che Richard fu sparito oltre la porta, nel lungo corridoio di cui, da lì, lei non riusciva a scorgere la fine.

- Oh, no, mia madre non vuole – disse Scorpius.

Rose era sinceramente sorpresa. Forse la signora Malfoy non era la donna altera e fredda che aveva immaginato.

- Anche mia madre diceva che non era giusto che gli Elfi venissero schiavizzati in questo modo – mormorò.

Scorpius rise. – Che hai capito? A mia madre fanno soltanto ribrezzo, non li vuole a vista in giro per casa perché li trova disgustosi. Ne avremo cinque o sei in cucina. –

Okay, era peggio che altera e fredda.

Richard tornò e disse che la signora era pronta a riceverli.

Albus, Rose e Scorpius percorsero allora quel corridoio in cui prima Richard era sparito. La luce filtrava appena attraverso le tende spesse e pesanti, e un riverbero dorato si rifletteva sul pavimento; oltre il vetro, intravide appena che il sole stava tramontando.

La sala da tè era una sala grande due volte il salone principale della casa di Rose, e per quel che capì non era neanche il più grande e bello del maniero. Rose lo trovò comunque gradevole, seppure quel gusto non si confacesse molto ai suoi gusti personali, che le facevano prediligere camere anche più piccole purché molto luminose e piene di fiori.

Questa stanza era un poco più illuminata e calda di quella dove avevano sostato prima; non c’erano i ricchi ritratti dell’altra sala (cosa di cui Rose fu grandemente compiaciuta), ma librerie ricolme di volumi dalle rilegature eleganti, e qualche quadro raffigurante nature morte o paesaggi, soggetti comunque non opprimenti come quei ritratti vittoriani. Al centro della sala, un tavolino circolare, riccamente apparecchiato. Una teiera in argento ancora fumante levitava in aria, facendosi strada tra i lunghi steli di fresie, e in tutta la stanza c’era un vago sentore di vaniglia. Sedute al tavolo, c’erano la signora Malfoy con un’altra strega carina dai capelli scuri che Rose non conosceva.

- Ehi, ciao Pansy – salutò Scorpius, decisamente meno formale di Richard, in un modo che per un attimo Rose pensò stonasse perfino là dentro. – Mamma, Albus lo conosci già. Lei invece è Rose. Te ne ho parlato diverse volte. –

- Buonasera – disse Albus, che era uno che si impressionava molto difficilmente.

Rose balbettò a sua volta qualcosa che ricordò un “Buonasera” o un “Piacere, signora Malfoy”, ma fu talmente indecisa fino all’ultimo su cosa dire che alla fine, facendo un miscuglio di entrambe le cose, mise insieme qualcosa di incomprensibile.

Tanto Asteria Malfoy non ci avrebbe fatto caso comunque. Era molto bella e sembrava molto giovane, forse più di quello che era realmente. Aveva un collo alto, lineamenti gentili, capelli biondissimi, giusto un punto più scuri di quelli di Scorpius, raccolti in alto in un’acconciatura sobria ma elegante, e occhi azzurri e intelligenti.

L’altra strega, che sembrava avere più o meno la stessa età di Asteria, era pallida e gracile, e Rose ebbe lì per lì l’impressione che fosse una persona pericolosa. Senza nessun motivo; solo una sensazione.

- Albus, Albus – sospirò Asteria, alzandosi per venire incontro ai tre ragazzi. Rose l’aveva immaginata più alta, e a dire il vero anche un po’ più minacciosa; invece sembrava una ragazzina. Salutò prima suo figlio con un bacio sulla guancia, poi andò da Al, che con un fare goffo ma non impacciato, una combinazione possibile solo per lui, le strinse la mano. – Sei sempre il benvenuto qui, lo sai. –

- Sì, signora Malfoy – replicò lui. Scorpius, da dietro, pareva seccato, come può esserlo un bambino ansioso di mostrare all’amico la sua collezione di soldatini. Il che probabilmente era vero, solo che al posto dei soldatini Scorpius aveva una bottiglia di bourbon nascosta sotto il letto.

- E così tu sei la famosa Rose Weasley – disse Asteria, e Rose si accorse che era lei a profumare di vaniglia.

- Scorpius mi ha parlato della sua collezione di libri rari – buttò lì la ragazza, dicendo la prima cosa che le passò per la testa, e che in effetti era anche la prima cosa a cui aveva pensato quando Scorpius l’aveva invitata da lui per quell’estate. Ebbe il dubbio di essere stata troppo affrettata o scortese, e invece gli occhi di Asteria si illuminarono.

- Oh, sì, ho qualche pezzo d’antiquariato, nulla di più – cinguettò Asteria, col tono più falsamente modesto che Rose avesse mai sentito.

- E sono sicuro che avrai tutto il tempo per mostrargliela, domani – si intromise Scorpius, tirando Rose per un braccio. – Noi andiamo. Con permesso, mamma – continuò, frettoloso. – Ciao, Pansy – disse poi all’altra strega, che ricambiò con una sorta di sorriso e un cenno di mano.

E poi Scorpius li spinse entrambi verso la sua stanza.

 

-

 

 

Non era una bottiglia di bourbon che Scorpius aveva tanta fretta di mostrare loro, ma due bottiglie di bourbon, una di assenzio e una di vermut.

Quella prima serata la passarono così, seduti a gambe incrociate sul pavimento della stanza di Scorpius, a sorseggiare bicchierini con le guance rosse senza sentire il freddo.

- Quando torna a casa tuo padre? – chiese Rose, le ginocchia al petto e la schiena poggiata contro il materasso. In un sorso buttò giù quel po’ di vermut rimastole nel bicchiere.

- E’ molto impegnato – rispose lui. – Ma ti consiglio di aspettare che mia madre sia via per agire: va a trovare la zia Daphne tutti i venerdì mattina, se vuoi attingere da queste scorte per far ubriacare mio padre e sedurlo fai pure, ne abbiamo per un mese. –

Rose rise, declinando l’offerta di Al che stava per versarle qualcos’altro nel bicchiere.

- Hai detto che fa il Guaritore, no? – chiese ancora Rose.

- Sì, una specie. –

- Il fascino del camice bianco, eh? – Albus le diede una gomitata. – Bevici su e non pensarci, cugina. –

Alla fine non riuscì a dire di no al secondo bicchiere. E neanche al terzo e a tutti quelli che vennero dopo e di cui ormai non teneva più nemmeno il conto.

Scorpius aveva detto che poteva prendere il suo gufo per scrivere a suo padre e a suo fratello, se voleva. Così, quando anche Albus fu crollato sul tappeto accanto a una bottiglia quasi vuota e la testa affondata in un cuscino che aveva tirato giù da letto, e Scorpius si fu addormentato con le braccia conserte e il capo in grembo a Rose, lei sentì il bisogno di scrivergli. Con delicatezza, invitò Scorpius a poggiare la testa su un altro cuscino, e accertandosi di non fare troppo rumore mentre rovistava sulla scrivania alla ricerca di un foglio e di una boccetta di inchiostro, prese una penna d’aquila e cominciò a scrivere:

 

Caro papà

 

Si solleticò il mento con la piuma, chiedendosi se quel “caro” non fosse successivo. Quando mai l’aveva chiamato caro papà?

Così cancellò e riscrisse:

 

Ciao papà

 

Ma questa volta le sembrò una cosa troppo fredda, insomma, tutte le lettere cominciano con un “Caro” assolutamente di convenzione, lo sanno tutti, no?

 

Alla fine la lettera risultava più o meno così:

 

Caro papà Ciao papà Caro papà,

il viaggio è andato bene, Al, Scorpius ed io siamo arrivati a King’s Cross in perfetto orario e il maggiordomo di Scorpius è venuto a prenderci alla stazione. Ho conosciuto la signora Malfoy, ha promesso di farmi vedere la sua biblioteca. Prendeva il tè con un’amica quando siamo arrivati, una strega giovane, mi ha fatto una strana impressione, sai, hai presente come nei film che piacciono a Hugo dove lo riconosci subito il cattivo? Ecco, una cosa del genere Ho appena disfatto i bagagli, penso che andremo a letto presto, il viaggio è stato un po’ stancante e Scorpius e Al hanno intenzione di organizzare una partita di Quidditch per domani. Hugo è tornato intero? Fino a ieri c’erano un paio di Corvonero del sesto che ce l’avevano con lui, penso che sia per via di una ragazza. Pensa, Hugo con una ragazza! (Non dirgli ovviamente che te l’ho detto, potrebbe infuriarsi) Digli pure che te l’ho detto io, dimenticavo che qui nel Wiltshire potrà difficilmente prendersela con me.

Salutami gli zii e scrivimi presto.

Rose

 

Ma era pieni di scarabocchi e cancellature, così la piegò in quattro pensando che avrebbe dovuto farne una copia prima di spedirla, l’indomani.

Infine decise che le due di notte erano un’ora abbastanza tarda perché fosse lecito avere sonno, così si distese accanto a Scorpius, curandosi di far sparire le bottiglie, per previdenza, e si addormentò.

 

-

 

La mattina seguente Rose non giocò la partita di Quidditch con Al e Scorpius; e nemmeno quel pomeriggio, quando i due ragazzi proposero una replica per far sì che partecipasse anche lei. Per tutti i giorni a seguire del suo soggiorno a Malfoy Manor, Rose non giocò una sola partita, dal momento che, data la sua proverbiale incompetenza in fatto di pluffe e scope, era particolarmente semplice inventare una scusa per rinchiudersi in camera a scrivere.

Tutto partì dalla colazione. I signori Malfoy, scoprì, si svegliavano molto presto, per cui quando alle otto Albus, Rose e Scorpius furono in piedi, il signor Malfoy era già uscito e Asteria era in giardino a occuparsi delle sue rose.

Così i tre fecero tranquillamente colazione nella sala; Rose fu felice di scoprire che in pieno giorno il maniero non era così tetro come le era apparso la sera prima. Certo, c’erano pur sempre quelle tende pesanti e l’arredamento eccessivo, ma il complesso non era sgradevole e anzi, avendoci fatto l’occhio, Rose constatò che c’erano una certa armonia e buon gusto nella scelta dei quadri e dei soprammobili.

Dopo la colazione, Scorpius disse a Richard di preparare le scope, e un minuto dopo erano in cortile, con il maggiordomo alle calcagna che urlava di fare attenzione con quella pluffa a non prendere le aiuole della padrona.

La padrona in questione, comunque, non sembrava altrettanto preoccupata. Quel mattino Asteria era radiosa, con i capelli sciolti e un leggero abito color panna, un po’ troppo ricco per i gusti di Rose, ma su di lei calzava benissimo. La signora Malfoy venne incontro ai tre ragazzi, con la sua sfilza di cortesi “Buongiorno” e “Proprio un tempo perfetto per una partita, vero?”

- Anche tu giochi, Rose? – chiese poi, prendendo la ragazza in contropiede.

- Io? Beh, non sono molto brava, ma… -

- Pensavo, - cominciò Asteria, prendendo Rose a braccetto e chiarendo agli altri due che per quella mattina la ragazza era praticamente sotto sequestro – che avrebbe potuto farti piacere vedere la biblioteca. Trovo che di mattina sia ancora più bella, la luce batte proprio da quel lato e stare lì è più piacevole. –

- Oh – Rose, per quanto in imbarazzo, era entusiasta. – Certamente, sì. –

- Perfetto! – esclamò Asteria, con un po’ più energia di quella che Rose si sarebbe aspettata dalla signora Malfoy.

Albus e Scorpius rimasero inermi a guardare le due streghe allontanarsi, convenendo simultaneamente che non era il caso di sprecarsi a preservare Rose da un tristo destino nel quale si era fiondata da sola.

Fu così che Rose entrò nella biblioteca. Asteria ve l’aveva condotta a suon di vanti e aneddoti su quanto le fosse costato radunare tutti quei sacri volumi fino a raccoglierne un numero tale da potersi definire una collezionista.

Asteria, comprese Rose, amava bandire dalla sua vita tutte le cose brutte, circondandosi solo del meglio che il mondo potesse offrirle. Le piacevano i bei vestiti, i fermagli per capelli appartenuti a streghe celebri o a nobildonne purosangue dell’aristocrazia inglese vittoriana, dipinti e opere degli artisti più acclamati al momento e, infine, vecchi libri abbandonati, scovati nelle biblioteche più lerce di Notturn Alley, nelle bettole decadenti da figlie di negozianti che non avevano la più pallida idea di cosa stringessero tra le mani, da sozzi approfittatori assetati d’oro che erano venuti in possesso di manoscritti autentici rubacchiando qua e là.

Asteria li aveva cercati, inseguiti e ben pagati, e ora vantava una delle biblioteche più ricche della Gran Bretagna; un paio di volte, raccontò, impiegati del Ministero stesso o direttori di Musei avevano reclamato il possesso di alcuni libri o altri oggetti che meritavano di essere esposti in una vetrina luminosa a disposizione della comunità e non di una collezionista privata.

- E’ una tradizione di famiglia, un’abitudine che mi ha trasmesso mio padre – disse Asteria, quando lei e Rose si fermarono di fronte a un portone più ricco e pesante di tutti quelli di fronte ai quali erano passati lungo il tragitto. – Ricordo che una volta, quando ero bambina, Bathilda Bath scrisse una lettera a mio padre per chiedergli di poter consultare alcuni testi nella nostra biblioteca. La invitammo a cena, era una strega così deliziosa… peccato per la fine che ha fatto – sospirò alla fine.

Da un mazzo di chiavi, ne scelse una dorata, tra le più grandi. La infilò nella toppa e girò.

- Ecco qui – disse Asteria, ansiosa di vedere lo stupore sugli occhi di Rose, che la riempiva di orgoglio ogni volta che sapeva di essere invidiata per la sua rarissima collezione.

Rose entrò.

La signora Malfoy aveva avuto ragione a volerla portare lì a quell’ora; dalle finestre altissime entrava la luce del primo mattino, e in controluce, con tutti i granelli di polvere che si levavano a mezz’aria, a Rose sembrò di osservare una vecchia fotografia babbana ingiallita dal tempo. I libri erano ovunque. Si arrivava a un punto in cui gli scaffali non erano più sufficienti, così era stata allestita una parete dove interminabili pile di libri stavano accatastate le une sulle altre. Quelli dovevano essere i testi meno importanti, ipotizzò Rose, perché dal lato opposto vi erano scaffali che arrivavano al soffitto, e libri così vecchi che i titoli e gli autori stampati sulle costole delle copertine erano diventati illeggibili.

- Vai pure dove preferisci, tesoro – la esortò Asteria.

Rose fece scorrere due dita sulle copertine spesse, logore, alcune in pelle, altre rivestite di velluto; alcuni testi non avevano addirittura copertina, solo qualche macchia di chissà cosa e un paio di bruciature.

Erano divisi per sezione, a seconda della materia trattata. C’era anche un reparto riservato ai quotidiani d’epoca, copie del Profeta vecchissime che Rose stava bene attenta a non a sfiorare, temendo che le si sbriciolassero tra le mani. E poi raccolte intere di enciclopedie, perfino schedari con vecchie foto, come poté intuire dalle etichette scritte in una grafia vezzosa e decisa che Rose suppose appartenere ad Asteria Malfoy.

- … oh, e questo l’ho acquistato dalla nipote di Armando Dippet, erano anni che mio padre cercava di ottenerlo senza risultati. Questo invece ha una storia particolare, l’ho preso da un vampiro che si era invaghito di mia sorella Daphne, non puoi immaginare la sua furia quando ha scoperto che mi stavo servendo di lei per mettere le mani su quel libro… ah, questo qui è stato un regalo, lo ricordo benissimo, di Perpetua Fancourt in persona a mio padre… puoi immaginare il valore di questo solo volume, Philbert Deverill mi ha tormentato per anni affinché glielo vendessi...

Asteria continuò a illustrare le storie di tutti quei libri, ma Rose non la ascoltava più.

- Io devo tornare a sbrigare alcune faccende, ma tu resta, se vuoi – le disse la signora Malfoy; Rose stentò a credere alle proprie orecchie. – Queste sono le chiavi, ti chiedo solo di chiudere quando te ne vai – aggiunse, e poggiò il mazzo sopra il tavolo dell’angolo lettura.

- Oh, mille grazie, signora Malfoy! – esclamò Rose, adorante. – Lo farò sicuramente! –

Asteria le rivolse un sorriso, l’unico sorriso vagamente gentile che le avesse rivolto dal loro arrivo, e poi se ne andò in un fruscio di seta bianca e in una ventata di vaniglia.

Rimasta da sola, Rose avrebbe tanto voluto saltellare dalla gioia, se solo non fosse stato terribilmente fuori luogo. Asteria le aveva chiarito prima che poteva consultare tutti i libri che voleva, a patto che li trattasse con cura – cosa di cui la donna non dubitava – e che li riponesse al loro posto prima di andarsene. Così Rose cominciò a girovagare tra gli scaffali, trovando perfino il manoscritto originale di ‘Babbani Che Sanno Troppo’, di cui aveva parlato a Scorpius e Al sul treno.

Lo sfogliò con cura, come se stesse maneggiando una bomba a mano, accarezzandone la copertina e le pagine che profumano di quell’odore che solo i libri vecchi, passati di mano in mano e poi lasciati a marcire in qualche libreria polverosa, possono avere.

Lo riposò al suo posto poco dopo, però, perché non se la sentiva di avere su di sé la responsabilità di un testo tanto importante.

Riprese la sua esplorazione, questa volta nella sezione di Pozioni che, immaginò Rose, doveva essere tanto cara al signor Malfoy. Scorpius le aveva accennato qualche volta alla bravura di suo padre in quella disciplina, abilità che purtroppo Scorpius non sembrava aver ereditato.

Si sentì attratta da quella sezione; non poté fare a meno di sfiorare ogni singolo libro poggiato su quello scaffale, di intuirne la pesantezza e l’odore. Il solo pensiero che il padre di Scorpius utilizzasse quegli stessi libri le creava quell’effetto? Possibile?

La sua eccitazione aumentò man mano che avanzava. Oh, no, non c’entrava nulla. Era molto di più.

Rose aveva sentito parlare di libri maledetti confiscati dal Ministero, come quello della vecchina di Bath costretta a camminare con gli occhi sempre puntati sulle righe di quella storia, con innumerevoli disagi. Tuttavia, l’ipotesi che la signora Malfoy fosse riuscita ad appropriarsi perfino di libri confiscati dal Ministero le parve un po’ improbabile. Certo, i Malfoy erano noti per i loro mezzucci non proprio legali con i quali riuscivano a ottenere tutto quello che volevano, però…

La sua attenzione venne attratta interamente da un insignificante e vecchio quaderno accanto a un testo paurosamente voluminoso e accuratamente rivestito, accanto al quale sfigurava decisamente. Eppure Rose lo prese. Era un quaderno semplicissimo, di come ne avrebbe potuti acquistare in quantità industriali al Ghirigoro, con una copertina marrone in pelle e le bordature colorate d’oro. Era rovinata in più punti, e né da un lato né dall’altro vi era scritto alcunché, cosa che insospettì Rose, abituata alla calligrafia spigolosa con cui Asteria etichettava ogni suo pezzo.

Che fosse un quaderno di annotazioni del signor Malfoy? Era plausibile.

Meno plausibile era però l’interesse di Rose per quel libriccino, che superava quello per qualunque altro libro nella biblioteca. Senza pensarci, lo aprì. Il primo foglio era bianco, nel secondo una mano incerta aveva scritto con sbafi e macchie d’inchiostro:

 

Senza titolo

di Mirage Greenhorn

 

Rose aggrottò le sopracciglia.

Era una specie di romanzo, scritto a mano dalla stessa mano incerta e tremante del titolo. Tuttavia, nonostante la calligrafia disordinata, non c’erano cancellature di alcun tipo. Spesso tra un paragrafo e l’altro vi erano spazi vuoti più ampi degli altri, a volte vi erano addirittura intere pagine vuote tra uno scritto e l’altro. Facendo scorrere velocemente le pagine, si accorse che il libro terminava a metà; e che la storia doveva essere lasciata incompleta, perché l’ultima frase diceva:

 

Non ricordava quando avesse stretto l’ultima volta la mano di un uomo; aveva immaginato fosse più fredda, il che era insolito considerato che

 

E la storia terminava lì. Rose chiuse il quaderno, provando una strana forza nello stringerlo tra le dita.

Che il signor Malfoy si fosse messo a scrivere romanzi, le sembrava una cosa assai strana. Non aveva l’aria di uno scrittore.

Più probabile era l’idea che l’autrice fosse Asteria, ma la sua grafia non corrispondeva affatto a quella disordinata del racconto.

Oppure ancora – ed era l’ipotesi più naturale, Rose non comprese perché aveva dato a primo impatto per scontato che l’autore fosse qualcuno di familiare – era semplicemente uno dei tanti testi da collezionista di Asteria, lasciato incompleto dallo scrittore originale.

Il nome non le diceva nulla. Ed era abbastanza sicura di non aver mai letto di nessuna Mirage Greenhorn in nessun libro di letteratura, né magica né babbana.

In ogni caso, il libro era nella sezione sbagliata; avrebbe dovuto farlo notare ad Asteria, quello era lo scaffale riservato ai testi di Pozioni.

Eppure, l’ipotesi di riferire le sue osservazioni alla signora Malfoy non le piacque per nulla; anzi, l’idea stessa di abbandonare quel libro la fece sentire male, piena di rimorsi, come se stesse negando un aiuto al suo migliore amico, come se lo stesse lasciando annegare mentre lei osservava la scena dal sicuro pontile di un battello.

Lo prese, lo nascose sotto il maglioncino e incrociò le braccia, in modo che non si vedesse. Fu una sequenza di azioni del tutto naturale, come mettere il dentifricio sullo spazzolino per lavarsi i denti, non dovette neanche pensarci, le raccomandazioni di Asteria riguardo al lasciare ogni cosa al suo posto non la sfiorarono nemmeno.

Prese le chiavi sul tavolo, si assicurò che non ci fossero domestici nel corridoio e, chiudendo a chiave la porta della biblioteca, sgattaiolò via.

 

-

 

Quell’estate aveva deciso di tornare a far visita ai suoi genitori, recitava l’incipit del romanzo. La prima impressione che aveva avuto quando era tornata era che loro ce l’avessero con lei per averli abbandonati, ma conosceva sua madre e sapeva che prima o poi lei l’avrebbe compresa e perdonata. Così, ce la mise tutta per recuperare se stessa.

Rose accese un’altra candela, perché quella che aveva era ormai quasi del tutto consumata. Dopo aver consegnato le chiavi ad Asteria con un sorriso a rallegrarle il viso e un senso di colpa ad attanagliarle lo stomaco, non aveva fatto altro che pensare al romanzo. Il pranzo era stato servito a mezzogiorno, quando il signor Malfoy non era ancora tornato (“Capita spesso che lo veda solo a cena”, aveva detto Scorpius) e di pomeriggio Scorpius aveva insistito per portare lei e Albus nella città vicina, dove aveva alcuni amici e servivano il vino elfico più buono di tutta la contea.

Erano rincasati così tardi che i signori Malfoy erano già andati a dormire, tanto che ad accoglierli fu un Elfo Domestico che prese i loro cappotti e li accompagnò fino alle scale.

Tornata nella sua stanza, Rose si era gettata nella lettura del libro, che aveva nascosto dentro il suo baule da viaggio. L’aveva terminato nel giro di un’ora, era sempre stata una lettrice vorace e comunque lo scrittore non doveva aver fatto molti progressi nella stesura della trama, perché il romanzo sembrava ancora agli inizi e la vicenda non molto sviluppata. Il contesto era in effetti assai vago, e Rose non poteva non stupirsi del fatto di aver trovato quel libro in mezzo alla collezione di Asteria Malfoy.

Non era avvincente, anzi, a tratti perfino noioso; lo stile pareva più quello di un ragazzino spaventato alle prese con un tema scritto di malavoglia, con idee molto confuse come se non sapesse neanche dove dovesse andare a parare. La narrazione era disorganica, lo stile era discontinuo, alcune volte eccessivamente pomposo per quanto era curato, altre volte superficiale e scialbo. Senza contare i frequenti buchi di pagine, lasciati vuoti quasi di proposito, come se l’autore non avesse avuto idea di come riempirli, per questo Rose faticava pure a seguire il filo logico della vicenda.

Eppure non si staccò da quel libro per tutta la notte. Sfogliò le pagine fino a conoscerne a memoria ogni singola orecchietta, certi passaggi, la macchia giallastra sul bordo di pagina tredici, gli schizzi d’inchiostro che a pagina otto non lasciavano capire se la parola scritta fosse “frustrato” o “sfruttato”.

Non si curò dell’ora tarda, dell’alba che cominciava quasi a sorgere e della candela che si era spenta, perciò, quando aprì il cassetto, con il letto ancora composto visto che non si era distesa nemmeno un secondo, quando ne tirò fuori una penna d’aquila e una boccetta di inchiostro, con le palpebre che quasi le si chiudevano per le mancate ore di sonno, quando aprì il quaderno sull’ultima pagina e cominciò a scrivere, si disse che in fondo aveva tutte le buone giustificazioni per non capire cosa stesse facendo.

 

Non ricordava quando avesse stretto l’ultima volta la mano di un uomo; aveva immaginato fosse più fredda, il che era insolito considerato che era luglio inoltrato e che il caldo di quei giorni aveva perfino svuotato le strade e le botteghe del centro…

 

-

 

 

 

 

Inutili considerazioni:

- Onestamente, non ho la più pallida idea del perché Albus sia venuto fuori così stronzo, le dita hanno battuto da sole le sue parole sulla tastiera e io ho eseguito. Fortuna che con la nuova generazione non si può troppo parlare di Out Of Character, per quanto questo Albus sia comunque leggermente OOC rispetto alla mia visione del personaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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