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Autore: Maricuz_M    12/11/2011    11 recensioni
Ilaria, una semplice ragazza di diciassette anni che, come la maggior parte dei suoi coetanei, usa spesso i social network. Facebook per gli amici, Twitter per sfogarsi.
Negli ultimi giorni estivi “fa conoscenza” con Anonymous. Entrambi sono all’oscuro dell’identità dell’altro.
Il nuovo anno scolastico non si apre nel migliore dei modi per Ilaria, costretta ad avere a che fare con Gabriele, trasferitosi da poco nella sua stessa città.
*Dal capitolo 2:
Per un secondo, incrociando quello sguardo color ghiaccio e quel volto di rara bellezza, mi dimenticai dell’istinto omicida dentro di me.
Non poteva essere vero. Era troppo bello per essere vero. Non poteva esistere un essere mortale così divino. Chi era la madre? Chi il padre? Dovevo assolutamente stringere loro la mano, avevano fatto un lavoro eccellente.
Si schiarì la voce “Posso passare o vuoi contemplarmi per altri dieci minuti?”
Mi pentii di aver sfornato così tanti complimenti tutti in una volta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3


No, non iniziava per niente bene quell’anno scolastico. Ma andiamo per ordine.
Prima di tutto, mi aveva svegliato mio padre. Non ho mai capito il perché, ma se usavo mia madre come sveglia, era molto meno traumatico il tutto.
“ILARIA! SVEGLIA CHE FAI TARDI!”
Ecco, no. Forse sbagliava l’approccio, ma alle sette di mattina, non si può gridare a quel modo per far cominciare ad una persona la sua giornata.
I minuti a seguire furono tranquilli: mi vestii, mi lavai, feci quello che dovevo fare insomma. Secondo intoppo: colazione.
Mia madre –buona sveglia, ma il suo zampino da qualche parte ci andava lo stesso- aveva dimenticato di comprare i cereali quando due giorni prima era andata a fare la spesa. Io sono molto selettiva per quanto riguarda il cibo. Non avevo la forza di arrabbiarmi, di urlare o mettermi a piangere, per cui mi limitai a prendere qualcos’altro di indefinito. Dieci minuti dopo non ricordavo più cosa avevo ingurgitato. Comunque, non era il massimo.
Dopo essermi nutrita, misi il mio leggerissimo zaino in spalla e seguii mio padre fuori, alla macchina. Era come una tradizione ormai, il primo giorno era lui ad accompagnarmi, sia a scuola che a casa. L’autobus l’avrei preso tutti i giorni a seguire.
Arrivata accanto all’auto, aprii la portiera e trascurando il pericolo feci per entrare e sedermi, ma poco prima di toccare il sedile con il mio caro sedere, battei la testa. Non so se vi è mai capitato, ma vi coglie completamente alla sprovvista e vi rincoglionite in modo esagerato.
“Porca troia.”
“Ilaria.”
“Ho battuto la testa!” mi giustificai accarezzandomi con una mano e chiudendo lo sportello con l’altra.
“Anche da piccola. Guarda come sei ridotta.”
Ringhiai e non risposi, ci mancava solo che mio padre mi prendesse per il culo.
Il viaggio filò liscio per fortuna, non c’era troppo traffico, quindi dodici minuti dopo –avevo cronometrato- salutavo con un bacio sulla guancia il mio caro paparino e scendevo da quell’affare che mi aveva spaccato in due la scatola cranica.
Entrai nell’edificio, controllai la postazione della mia classe –che cambiava ogni anno- e iniziai a salire le scale. Sbuffai. Secondo piano, ottimo. Ginnastica alle otto, mi sarei tenuta in forma.
Finita la parte dedicata alla salita, cominciai a camminare per il corridoio.
Presi un respiro profondo e alla quarta porta a destra entrai.
Andrea e Cosimo –il secchione un po’ timido- erano gli unici presenti. Poggiai lo zaino su un banco e trotterellai verso Toletti, che allargò le braccia per abbracciarmi.
Come già vi avevo accennato, non era un brutto ragazzo. Moro, abbastanza alto, occhi nocciola, naso dritto, barba sempre fatta –stava meglio senza, infatti-. E poi era una bellissima persona.
“Ila!” disse mentre mi stringeva.
“Andre! Mi sei mancato!”
“Anche tu.” Rise e mi lasciò libera. Guardai Cosimo, che se ne stava seduto composto su una sedia con le cuffie all’orecchie, e lo salutai con un gesto della mano e un sorriso, ricambiati da un cenno della testa.
“Siamo solo noi?” domandai.
“Cloe, Jessica e Claudia sono andate a fare un giro.” Feci una smorfia. Il solo sentire il loro nome mi dava fastidio. Oche.
“Quello nuovo non si è fatto ancora vedere?” non ero ironica, davvero.
“Quello nuovo? C’è uno nuovo?”
Spalancai gli occhi. Lui non lo sapeva? Voglio dire, a me avevano rotto per due settimane per questo arrivo e lui neanche lo sapeva? Ma cosa avevo fatto di male?
“Sì, c’è uno nuovo.”
“Oh, beh.. Immagino arriverà, allora.”
E non successe niente di rilevante, dopo. Arrivarono tutti –tranne questo famoso nuovo arrivo e Mattia l’assenteista- e ci sistemammo nei banchi. Due, ovviamente, erano vuoti. Io mi ero sistemata accanto alla dolce Dafne, mentre Selene si era accomodata accanto ad Andrea. Gianmarco in ultima fila al centro, accanto a Davide –quello svogliato- e Cosimo in prima fila vicino ad una ragazza di nome Chiara. Anche lei molto diligente. Probabilmente si era messa accanto a lui in modo da seguire meglio le lezioni. Sicuramente non l’avrebbe disturbata.
Al suono della campanella, puntuale come sempre, entrò la professoressa Mesti, di italiano, nostra coordinatrice. Quella donna era una pazza, ma non in senso negativo. La materia te la faceva amare e insegnava benissimo. Le piaceva anche parlare con i suoi studenti, ma non per questo si faceva mettere i piedi in testa. Una gran donna.
“Buongiorno ragazzi! Andate bene le vacanze? Perfetto! Sono contenta!” nessuno aveva risposto alla sua domanda, in realtà.
Diede una veloce occhiata alla disposizione dei banchi.
“Archi, alzati.”
“Ma prof, non ho ancora detto una parola!” mi ribellai. Forse durante le lezioni parlavo un po’ troppo, però quella era iniziata da neanche un minuto!
“Meglio evitare!”
“Ma sono cambiata!” tentar non nuoce.
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Vieni qui in un banco di questi due liberi, su.”
Ottimo. Le possibilità erano due: mi sarebbe toccato Mattia e quindi sola per tutto l’anno, o quello nuovo che, per quanto ne sapevo, poteva essere un rompiballe di dimensioni colossali.
Che Dio me la mandi buona. Pensai.
Sospirai e presi la mia roba, dopo aver lanciato uno sguardo sofferente a Dafne, che mi aveva sorriso incoraggiante. Anche lei capiva la gravità della situazione.
La professoressa riprese a parlare mentre raggiungevo il mio banco “Allora, il nuovo arrivato è presente?”
“Sì.” Una voce maschile, proveniente dalla porta, mi fece distogliere lo sguardo puntato sulla sedia dove mi sarei dovuta sistemare.
No.
No, mi rifiuto di crederci.
“Oh! Gabriele, giusto?” chiese, ignara di tutto, la Mesti.
“Gabriele Bonetti, sì. Scusi il ritardo, non trovavo la classe.” Gli occhi ghiaccio, gli stessi che avevo visto –e odiato- solo il giorno prima, stavano guardando la professoressa senza far trasparire alcuna emozione, se non un leggero dispiacere per il minuto di ritardo.
Era alto, bello, con un fisico incredibile e ben proporzionato, capelli lisci, castani e volutamente spettinati. Teneva lo zaino su una spalla con la mano destra e l’altra in tasca. Tipica posa da figo.
“Figurati, la scuola è grande ed è il tuo primo giorno. Siediti pure dove vuoi. C’è un banco libero vicino a Dafne” indicò la mia amica “e a Ilaria” indicò me.
Non doveva farlo.
Gabriele –così si chiamava- puntò i suoi occhi su di me e si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito.
Sperai con tutto il cuore che non scegliesse il banco accanto al mio, che era in prima fila. A sinistra, ma era comunque davanti a qualsiasi professore ci fosse in classe. Quello di Dafne era in terza fila a destra. Un posto molto più confortevole e invitante rispetto al mio!
Vai lì, vai lì, vai lì, vai lì.Cominciai a pensare ripetutamente.
“Vado lì.” EVVIVA!
No, un secondo. Aveva indicato me.
Fanculo.
Strinsi i denti e lo guardai mentre si avvicinava, continuando a fissarmi con un’espressione soddisfatta che avrei preso volentieri a schiaffi. Penso che tra di noi ci sia stato anche qualche fulmine, che nessuno però era in grado di vedere.
“Ciao, tigre.” Sussurrò lui, per non farsi sentire se non da me.
Aguzzai lo sguardo e non risposi, facendolo sghignazzare per chissà cosa. Cosa ci trovava di divertente? Lo avrei bruciato vivo solo con gli occhi, se ne avessi avuto la capacità. C’era poco da ridere!
“Quale posto preferisci?” mi chiese poi, lasciando stare il tono di scherno.
Rimasi un attimo perplessa, poi feci il punto della situazione. Anche io ero in piedi, come lui. Scrollai le spalle senza dire niente e aspettai che dicesse qualcosa lui.
“Per me fa lo stesso.”
Sospirai e mi andai a sedere vicino alla finestra. Il posto più vicino alla cattedra l’avrebbe avuto lui. Almeno una nota positiva in tutto quello che stava accadendo dovevo pur procurarmela!
Ci sistemammo entrambi mentre la prof stava dicendo un qualcosa che, sinceramente, non mi interessava minimamente. Avrei passato minimo cinque ore giornaliere con un ragazzo tanto bello quanto maleducato che non perdeva l’occasione di prendermi per i fondelli –considerate anche che l’avevo visto per 5 minuti neanche, in totale- e che mi chiamava tigre. A me non piaceva quel soprannome. Mi piaceva l’animale, ma non essere chiamata come lui da quel tipo.
Comunque, ero appoggiata con la schiena al davanzale della finestra e avevo il corpo completamente girato dalla sua parte –e di conseguenza, del resto della classe-. Non appena si sedette, si voltò esattamente come me e verso di me.
Eravamo faccia a faccia, a fissarci mentre la Mesti continuava a blaterare.
“Allora, tigre, ti chiami Ilaria se non sbaglio.”
“E tu Gabriele.” Risposi solamente.
Lui sorrise e annuì “Attacchi tutte le persone che non conosci in quel modo?”
“Solo quelle che mi spalmano il gelato addosso e non chiedono scusa.”
“Ah, ecco! A proposito..”
Oh, finalmente! Si sarebbe scusato e io mi sarei comportata amichevolmente con lui, o almeno ci avrei provato. Una possibilità va data a tutti in fondo, e quella mattina, nonostante ne avessi passate di tutti i colori, mi sentivo abbastanza caritatevole da concedergli il mio perdono e la mia amicizia!
“Era buono il gelato. La prossima volta che vai a prenderlo dimmelo che ci organizziamo.” Con un sorrisetto sghembo si girò ed incominciò ad ascoltare la professoressa, mentre io me ne stavo con occhi sbarrati, bocca serrata per non prenderlo a parolacce e incredulità stampata sulla faccia. Voleva la guerra, e guerra avrebbe avuto.
Avemmo due ore di italiano e, successivamente, un’ora di filosofia. Non parlammo mai, se non proprio in quest’ultima lezione nominata.
Si era svolta più o meno così: non appena il professore Mingherlino –di nome e di fatto- disse una delle sue solite uscite, si era voltato verso di me e mi aveva guardato con una faccia tra il perplesso, lo stupito e il divertito, facendomi quasi scoppiare a ridere. Diciamo solo che era un professore molto.. a modo suo. E poi aveva una voce che non si poteva sentire. Così nasale e acuta.. boh.
“Ma lo fa apposta a parlare così?” mi aveva chiesto.
Fatto sta che nella terza ora della giornata, per lui, fu molto difficile rimanere serio.
Arrivò poi l’intervallo. Non appena suonò, mentre prendevo il mio panino, Cloe e le altre due gallinelle si avvicinarono al nostro banco.
“Ehm.. Gabriele giusto?” lo chiamò la capa delle tre, con una voce alquanto.. da oca.
“Sì.” Rispose laconico lui, guardandole quasi infastidito. Questo gli dava un punto, però.
“Io sono Cloe, lei è Jessica e lei Claudia. Volevamo semplicemente dirti che se hai bisogno saremmo felici di aiutarti!”
Si, per la sua masturbazione gli sareste molto utili.
Maledizione, quelle tre mi facevano diventare esageratamente volgare.
Gabriele mi lanciò un’occhiata e subito dopo rispose con un finto sorriso, ma ben mascherato “Oh, beh vi ringrazio! Questa classe è molto ospitale, devo dire. Anche Ilaria mi ha detto la stessa cosa! Non è così?”
Ah. Avevo capito il suo gioco.
“Si, proprio così!” sorrisi anche io, forse anche troppo entusiasta, ma ero abbastanza credibile.
Le tre mi lanciarono un’occhiata sprezzante, poi tornarono a parlare con  il nuovo arrivato “Beh, se lei” e disse lei come se le facesse schifo pronunciare il mio nome “non sapesse come aiutarti.. sai dove trovarci.”
Così dicendo, se ne andarono sculettando come al solito.
Rimanemmo immobili a fissare il punto in cui erano scomparse Cloe, Jessica e Claudia come due statue. Interruppi io quello stato di coma alzandomi e andando dalle mie amiche, ma mi sentii chiamare.
“Ehi tigre.”
Mi voltai con aria scocciata, ma lo ascoltai ugualmente.
“Sappi che io da quelle tre non mi farei aiutare neanche se fossi in fin di vita, quindi tieniti pronta per qualsiasi mia richiesta. D’aiuto e non.”
Alzai un sopracciglio. Quel non mi preoccupava.
“D’aiuto e non..?” domandai, infatti.
La sua risposta: un sorriso malizioso.
Quel ragazzo utilizzava molto il linguaggio del corpo. Ci sarebbe voluto The Mentalist per capirlo completamente. Stizzita, girai i tacchi e seguì Dafne e Selene per il solito giro dell’intervallo.
 
Sbuffando, appoggiai lo zaino vicino alla scrivania e mi buttai –letteralmente- sulla sedia. No, era passato solo un giorno, ma avevo già la convinzione che accanto al cafone non sarei mai riuscita ad avere una vita da definire tale.
Senza un motivo valido, andai su Twitter, menzionai Anonymous e scrissi:
 

Caratteracci a scatafascio. Dovevo proprio citarti.

 
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai. Ecco, l’abbiocco pomeridiano tipico del periodo scolastico mi mancava. Quella sensazione di relax che ti spinge a non fare niente.. Pura poesia.
Andai a pranzare, e quando tornai al computer, trovai la risposta dell’anonimo.

 
Stavo per farlo anche io. Mi hai preceduto.


Possibile che ci trovassimo sempre d’accordo su qualsiasi argomento? Magari quel Gabriele fosse stato come Anonymous. Parlarci sarebbe stato molto più facile, interessante e piacevole.
 



Buongiorno carissimi/e (ma suppongo più e).
E questo è il terzo capitolo. Allora, niente. Spero che vi sia piaciuto anche questo (perchè da quello che ho capito i precedenti hanno superato l'esame).
Ringrazio ancora le persone che seguono la fan fic, che la preferiscono o la ricordano e chi perde pure tempo a recensirla, scrivendo bellissime parole che mi danno una soddisfazione enorme! xD Grazie, veramente.
A questo punto.. Non so cosa dire, perfetto.
Vi saluto! Ovviamente se avete domande non preoccupatevi e chiedete, io appena posso vi risponderò! 
Ci "vediamo" tra qualche giorno!

Baci, Mari.
   
 
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