Capitolo XXIV
Se avesse potuto, in quel momento l’avrebbe stretta a sé.
Avrebbe voluto lasciare andare quelle spalle e stringerla al suo petto, quello
stesso petto al quale le mani di Maya erano
aggrappate. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarle la fronte, asciugarle con
dolcezza le lacrime che le scorrevano inesorabili lungo il volto. Le avrebbe
voluto baciare le palpebre, sfiorare gli zigomi con le labbra e spostarsi sino
all’orecchio per sussurrarle che andava tutto bene, che sarebbe potuta stare con lui per sempre d’ora in avanti,
perché questo era ciò che lui più voleva al mondo.
Se solo avesse potuto…
Chiuse gli occhi un istante, nel tentativo di
riprendere il controllo di sé e poi, con fermezza, allontanò la
ragazza.
– Come vuoi, ragazzina - rispose rapidamente, cercando di mostrarsi
freddo e scostante.
Si voltò a osservare il cartellone degli orari.
Non
riusciva a guardarle viso: se l'avesse fatto, se avesse incontrato i suoi occhi
lucidi e tristi, se si fosse abbandonato anche un solo istante a quel viso,
ogni maschera sarebbe caduta per sempre. L'affarista senza scrupoli, Masumi
Hayami sarebbe per sempre scomparso.
Cielo!
Quanto desiderava porre fine a questa farsa!
Era
estenuante, faticoso e doloroso.
Avrebbe
voluto abbracciare quell'angolo di paradiso racchiuso in di
quel corpo così minuto e lasciarsi andare per una buona volta ad un
attimo di vera, autentica felicità.
Un attimo.
Perché, al momento, non sarebbe potuto essere nient'altro.
Solo un
attimo rubato, una parentesi che avrebbe reso ancor più insopportabile
tornare alla solita farsa.
Ed anche a
lei, avrebbe donato solo un attimo, per farla ripiombare in quell'inferno in
cui lui l'aveva costretta.
No. Desiderava
donarle un'infinità di attimi, che non sarebbe loro bastata una vita
intera.
Anche con il rischio di perderla nel frattempo.
Ripensò
a quanto appena accaduto: c'era mancato poco, pochissimo.
Sospirò.
– Anche perché ci vorrà un po' prima del prossimo treno.
–aggiunse un po’ più composto.
Tornò a osservare la ragazza: i capelli scomposti e bagnati, gli occhi
ancora lucidi per le lacrime, il corpo minuto stretto in quegli indumenti fradici e le mani aggrappate alla tracolla della sacca,
quella stessa sacca le aveva regalato in qualità di ammiratore, di papà
gambalunga.
Ancora una volta dovette farsi forza per resistere.
- Prima di muoverci, però, - riprese a parlarle - sarebbe
meglio che indossassi qualcosa di asciutto. – puntò lo sguardo
sulla sacca da pattinaggio – Non hai nulla che
faccia al caso lì dentro? -
Le ci volle un po' per comprendere quanto il signor Hayami le stesse chiedendo.
Stava ancora cercando di domare le due emozioni contrastanti che avevano preso
possesso del suo corpo: la felicità del fatto che lui avesse accettato
di stare ancora un po' con lei e il dolore di essere stata allontanata
così crudelmente.
Mani ingiuste! Spietate!
Seguì lo sguardo dell’uomo sino alla sacca.
– Ah! Qualcosa per cambiarmi… - ripetè
tra sé e sé, poi al signor Hayami – Si… Si! Ho gli
abiti delle prove! Dovrebbero andare bene… no? -
Masumi le sorrise rapidamente.
- E allora faresti meglio a cambiarti in fretta, prima di prenderti un
raffreddore invece che startene lì imbambolata. –
- C-come? Non sono affatto
imbambolata! – esclamò offesa voltandosi e allontanandosi in
direzione dei bagni.
La guardò allontanarsi sino a sparire dietro la porta a spinta.
Sospirò stanco, lasciandosi sedere su una panchina: non era facile
mantenere la maschera dell’affarista senza scrupoli, non
era affatto facile.
Si odiava per questo: doverle continuare a mentire, a spronarla a quel modo.
Sapeva che le sue battute pungenti la ferivano
Pregò che un giorno potesse perdonarlo.
Perdonarlo…
C'era
tanto, in effetti per il quale avrebbe dovuto farsi
perdonare: il suo atteggiamento, il suo comportamento, tutte le sofferenze che
in passato le aveva causato e che, temeva, le avrebbe ancora causato.
Meglio non pensarci in quel momento. Non sarebbe servito.
Gli avrebbe solo ricordato quanto fosse difficile e aveva altro a cui pensare, altro che desiderava fare con tutto se
stesso: farla stare bene, aiutarla, esserle accanto… almeno per questa
sera.
Doveva trovare un luogo che le permettesse di distrarsi, un luogo in cui
potesse rilassarsi, qualcosa che potesse esserle familiare…
tanto quanto il palcoscenico… un po’ meno del palcoscenico, forse.
Sorrise: ebbe un’idea.
Si alzò, tirando fuori il cellulare dal taschino della giacca.
- Hijiri! Sono io. – disse al telefono –
Ho bisogno che tu faccia una cosa per me adesso… -
Una quindicina di
minuti dopo Maya uscì dalla toilette, guardandosi attorno
un po’ spaesata in cerca del signor Hayami.
Indossava un paio di leggins neri e una felpa
rosa fragola che le cadeva morbida sui fianchi.I capelli non erano più sciolti ma legati in
un’alta coda di cavallo, mentre dalla fronte scendevano due ciocche
libere di delinearle i contorni del viso.
Stringeva con una mano la tracolla della sacca, guardandosi attorno in
cerca dell’uomo.
Incrociatone lo sguardo, gli sorrise sinceramente, avvicinandosi.
Masumi la osservava in silenzio: un sorriso così sincero, così
solare… era davvero per lui?
Non appena Maya lo raggiunse cominciò a
parlarle:
– Hai fatto in fretta ragazzina! –
esclamò e, senza darle modo di controbattere - Allora, hai idea di cosa
fare? -
– Io… - rispose timidamente la ragazza - Francamente... io.... ecco... – chinò il capo imbarazzata.
Masumi finse di sospirare rassegnato.
In realtà il fatto che la ragazza non sapesse cosa fare tornava del
tutto a suo vantaggio
– Meglio così, – disse voltandosi a osservare il tabellone
degli orari – seguimi. – aggiunse
guardandola dritto in volto un solo attimo prima di darle le spalle e
cominciare a incamminarsi.
Maya lo seguì verso l’uscita. Camminava barcollando,
tenendo con entrambe le mani la tracolla della sacca
che le pendeva lungo la spalla destra.
Masumi, che la vedeva barcollare con la coda dell’occhio si fermò,
voltandosi istintivamente.
– Ahu! - disse la ragazza toccandosi il
naso che aveva appena sbattuto sul suo petto – Mi... mi scusi... -
arrossì.
– Dalla a me... - disse il signor Hayami.
- Mh? -
- La sacca che ti porti dietro. – riprese – Deve essere pesante per
farti barcollare mentre cammini. -
- Ma… -
- Insisto. – la interruppe – Non vorrei
che raccontassi in giro che il giovane presidente della Daito
è così scortese da non alleggerire una ragazzina come te. –
- Le
ripeto, signor Hayami, - riprese Maya indispettita – che non sono una ragazzina.
Me la posso cavare benissimo da sola. – aggiunse avanzando sino a superandolo.
- Permettimi di dissentire, ragazzina: – la fermò Masumi
afferrando la tracolla della sacca al suo passare–
andandomi a finire di sopra hai appena dimostrato il contrario. -
La ragazza arrossì per la rabbia.
Non sapeva più come controbattere.
Sospirò rassegnata.
- Come vuole. - e
aggiunse ancora indispettita, - Ma… non provi a lamentarsi se le pesa o
se le fa male la schiena! – esclamò trionfante concludendo
con una smorfia.
Masumi rise.
Era sempre la stessa in fondo: la sua ragazzina impertinente.
La pioggia si era già arrestata.
Le strade erano ancora deserte e silenziose e l’odore dell’asfalto
bagnato impregnava l’atmosfera tutt’intorno.
Maya si guardò attorno alla ricerca di qualcosa.
– Cerchi qualcosa, ragazzina? – le chiese il signor Hayami.
– Non sono una ragazzina! – protestò - Quante volte glielo
devo ripetere? - poi con un pizzico di imbarazzo
guardò in basso e rispose – Cercavo... la sua auto... -
- La mia… auto? – non aveva ancora pensato a come spiegarle
che la sua auto fosse davanti lo Shuttle X –
Dimentichi che sono entrato in questa stazione venendo a piedi con te? –
cercò un attimo di divagare - Quando sono sceso
ero in compagnia della signorina Mizuki, –
disse cercando di mantenere la calma – le ho dato istruzioni di lasciarla
davanti allo Shuttle X, che è qui vicino, se non erro, e di prendere un
taxi per tornare in ufficio a preparare alcune cartelle per domattina. Presumo
che Mizuki abbia seguito perfettamente le mie
istruzioni.- aggiunse, sperando di essere stato convincente.
- Deve ritornare a lavoro? – gli chiese Maya tristemente.
Si sentiva in colpa, non voleva pesargli se aveva del lavoro da sbrigare entro
il giorno dopo.
Masumi le sorrise.
- Affatto. - le
rispose sereno – Andiamo? –
Maya sorrise e poi annuì in silenzio.
Si riteneva fortunata a potergli stare a fianco quella
sera.
Avanzarono silenziosamente, il signor Hayami avanti, Maya immediatamente
dietro, finchè non si ritrovano davanti
l'uscita del parco.
Masumi diede un’ occhiata di sfuggita alla
ragazza , ma lei aveva lo sguardo chino sul terreno. Non sapeva se tagliare per
il parco oppure procedere lungo la strada.
- Preferisci tagliare per il parco? – chiese direttamente l’uomo
cercando di mantenere un certo distacco nella voce – Dovremmo arrivare
prima allo Shuttle X. –
La guardava.
Per quanto lei non lo sapesse, egli era ben consapevole di quanto era accaduto
prima in quel parco e sapeva anche che Maya avrebbe preferito evitare di
incontrare nuovamente Sakurakoji in quel momento. In
cuor suo sperava che, se anche fosse accaduto, la sua presenza avrebbe loro evitato di ripetere quanto era accaduto.
Non era solo questo.
Per quanto volesse evitare alla ragazzina ulteriori
sofferenze desiderava vedere come si sarebbe comportata con lui al suo fianco
e, se fosse stato necessario, voleva esserle utile.
Maya esitò nel rispondergli.
Temeva di incontrare Sakurakoji.
Si chiese
che idea si sarebbe fatta di lei il signor Hayami, assistendo a una scena
simile.
Probabilmente non avrebbe avuto alcun effetto, forse sarebbe rimasto deluso o forse...
Impossibile.
Quello che il suo cuore aveva appena sperato era solo un sogno, un sogno impossibile.
Erano
già trascorsi parecchi minuti e sicuramente Sakurakoji
era già andato via.
Il parco
era grande: bastava prendere un sentiero diverso.
- Nessun problema – rispose Maya cercando di sembrare serena.
Masumi entrò nel parco e si avvicinò al punto in cui
sboccavano i vari sentieri.
Senza neppure rendersene conto Maya, nel timore che l’uomo
imboccasse proprio quel viottolo, gli si avvicinò ancora più fino
a stargli dietro a pochissimi centimetri.
Ad un tratto, mentre si avviavano verso
l’inizio dei tre viottoli l'uomo si sentì tirare la camicia da
dietro.
Maya in silenzio aveva allungato il braccio destro e con l’indice e il
pollice della mano aveva afferrato un lembo della camicia dell’uomo:
temeva davvero di incontrare Sakurakoji.
Sentendosi tirare la camicia Masumi osservò Maya con la coda
dell’occhio: la ragazza guardava con terrore l'inizio di quel viottolo.
Il signor Hayami comprese: sorrise e ne imboccò un altro.
Maya continuò a tenersi aggrappata alla camicia del signor Hayami
durante tutto il tragitto.
Non sapeva se era quel gesto, quel suo dipendere da lui come aveva sempre fatto
inconsapevolmente, o l'aver imboccato un altro vialetto, ma pian piano si
sentì leggermente rassicurata.
Mentre avanzavano poteva sentire spandersi
nell'aria l'odore delle foglie e del terreno dopo un leggero acquazzone.
La sua mente prese a riflettere su quegli odori.
Anche la Dea Scarlatta, dopo la pioggia, li percepiva. Quali sensazioni
avvertiva?
Era come immergersi nella natura: un ritorno alle origini, alla madre terra.
Era questo l'odore della madre terra, l'odore del
cuore della Dea Scarlatta.
Raggiunta l'uscita dall'altro lato del parco, Maya era ancora aggrappata
alla sua camicia.
Non le disse nulla.
Il tocco della mano della sua ragazzina, l'avvertire
come lei cercasse rifugio, protezione, in lui attraverso quella piccola mano
stretta, era importante per Masumi,
davvero importante.
Ben presto si trovarono di fronte lo Shuttle X,
a pochi metri dall'automobile.
Solo allora il signor Hayami si fermò improvvisamente e mettendosi una
mano in tasca volse leggermente il capo a guardare la ragazza.
– Ti piace così tanto? - disse
sorridendo con una certa malizia.
– Eh? - Chiese Maya che non capiva a cosa si riferisse l'uomo
perplessa.
– La mia camicia... - riprese l'uomo – ti piace così
tanto? È dall'ingresso al parco che la stringi... -
Solo allora Maya si rese conto di avere ancora la camicia tra le dita
della mano destra.
Arrossì violentemente, tolse la mano, guardò per un brave istante il signor Hayami che la osservava con aria
divertita e diventò ancora più rossa.
– M…mi scusi! - disse portandosi entrambe le mani alle
guance e chinando il capo nel tentativo di nascondere lo stato di forte
imbarazzo in cui si trovava.
Masumi rise divertito:
– Oh non preoccuparti... provvederò personalmente a farla lavare e
impacchettare per recapitarla al tuo indirizzo! - disse allegramente.
– Non sia mai! - disse Maya pronta a rimbrottare – Non vorrei privarla di una delle poche camicie che la rende
più umano a vedersi! - riprese malignamente.
– Oh cielo! - riprese l'uomo capendo il senso della battuta –
Sembro davvero così poco 'umano'? -
– Tolga il sembro... aggiunga gelido e
otterrà una perfetta descrizione di sé! -
Masumi tacque. No nsapeva
come e se rispondere.
In fondo quella che per la ragazza era solo una frecciata, era vera: lui
appariva alla gente come il gelido affarista senza scrupoli. Ma
sentirla da Maya era quasi... spietato.
– Mi auguro di aver modo di dimostrati che non sono esattamente come mi
hai descritto ragazzina – commentò serio.
Maya capì di aver urtato i suoi sentimenti.
– No... ecco... io... non volevo dire... - cercò di riprendersi
– Oh non ti preoccupare... sono in parecchi ad
avere questa impressione di me – aggiunse l'uomo serenamente.
Non voleva che Maya si pentisse di quello che aveva detto.
In fondo, era colpa sua: era lui che si era sempre comportato in quel modo, che
si comportava così.
Non si era mai preoccupato di dare un'impressione diversa.
Solo adesso per lui era diverso.
L'opinione di Maya, quella ragazzina contava. Contava... e molto.
Aprì lo sportello dell'auto e la fece accomodare, poi si mise al
posto guida e richiuse il suo sportello.
Prima di mettere in moto si voltò a guardarla.
– Pensi ancora di non voler essere accompagnata a casa? - le chiese
gravemente
Maya stette in silenzio qualche istante.
Tanti pensieri le affollavano la mente: tutto quello che le era accaduto, Sakurakoji, la sua
dichiarazione, la sua reazione, l'aver incontrato per caso il signor Hayami.
Il signor Hayami... il
suo donatore di rose, l'uomo che amava.
Amore, ecco
ciò che era, anche se l'aveva compreso troppo tardi.
Presto si sarebbe sposato. E allora probabilmente non avrebbe più avuto
la possibilità di trascorrere qualche istante sola
con lui come in quel momento.
Strinse pugni sulle ginocchia e senza voltarsi a guardarlo rispose:
– Si, non posso tornare a casa adesso, non
voglio... - poi esitando e a voce bassa proseguì – io...
voglio stare ancora un po' di tempo con lei... -
Non ne guardò il viso, probabilmente per nascondere l'imbarazzo,
sicuramente perché, se per un attimo ne avesse incrociato lo sguardo,
non sarebbe stata in grado di finire quella frase.
Quella frase...
A sentirla il cuore di Masumi Hayami sobbalzò.
Oh quanto avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, risponderle che anche lui
voleva stare con lei!
Ma che senso avrebbe avuto una tale reazione in quel
momento?
Maya ancora non sapeva e parlarle di questo proprio in quell'istante non
sarebbe stato opportuno.
Doveva attendere. Dovevano entrambi.
Fece finta di ignorare l'ultima frase della ragazza, mise in moto:
– Come preferisci – disse.
Partì.
Continua…