XXXIV CAPITOLO
Chiusi la conversazione con Soph e per la rabbia gettai il
telefono contro la parete, di fronte. L’apparecchio si frantumò in mille pezzi
per poi cadere a terra.
Ma non bastò perchè ero ancora arrabbiatissimo.
Mi alzai velocemente avvicinandomi ad un tavolino basso, sopra
vi era un piccolo vaso colmo di fiori freschi, e con un gesto rabbioso della
mano lo scaraventai a terra. Questo si infranse a terra e schizzò acqua
ovunque.
Mi avvicinai alla finestra e con un gesto di stizza mi presi
la testa fra le mani. Detestavo litigare con lei. Sentire le sue parole e le
sue urla mi aveva sorpreso ma anche fatto infuriare di più.
Presi in mano il cellulare e stavo per richiamarla quando
ricevetti una chiamata e cominciò a squillare.
“Gerard, amico mio. Come va?”
“Ciao Jared” mi avvicinai di nuovo alla finestra e scostai le
tende con un gesto secco
“Che voce tetra ... problemi in paradiso?”
Jared era un buon amico. Conosceva Soph e, nonostante non ci
vedessimo molto spesso, parlavamo parecchio. Così, forse per sfogarmi o forse
per avere un consiglio, gli raccontai tutto. L’intera conversazione.
“Merda, mi spiace Gerard“
“Già”
Parlare con lui era confortante perchè qualsiasi cosa
dicessi, su qualunque argomento, non giudicava mai. Tendeva ad esprimere la sua
opinione senza criticare, analizzando il problema in maniera razionale.
“Non so proprio cosa dire. Perché fa così? Non capisco”
“A chi lo dici. Non riesco a capire perché faccia tutte queste
storie. Non lo so proprio”
Avevo smesso di passeggiare per la stanza.
“Beh, sai cosa ti ci vuole? Devi uscire anzi dobbiamo uscire!”
“No, Jared non me la sento. Non stasera” risposi scuotendo la
testa
“Oh andiamo, non fare il guastafeste! Usciamo e andiamo a
bere qualcosa in qualche locale”
Il suo tono era allegro ma anche pressante. Sapevo che quando
faceva così non c’era modo di dissuaderlo. Perciò tentennai ancora un po’
finchè non mi convinse definitivamente.
“Bravo, così si fa. Vedrai che domani avrai le idee più
chiare sul da farsi. Ci vediamo tra un’ora al tuo albergo. A dopo”
Ero a New York da un paio di giorni. Le riprese sarebbero
iniziate solo fra qualche giorno, ma avevo preferito partire in anticipo. Senza
Soph, quella casa era troppo silenziosa e la cosa mi angosciava più del dovuto.
Forse uscire e svagarmi un po’ mi avrebbe fatto bene. Mi
avrebbe aiutato a schiarirmi le idee.
Il mio pensiero tornò a lei. Mettere fine in maniera così brusca
alla conversazione era stata un’esigenza. Non avrei sopportato di litigare con
lei ancora per molto.
La
chiamerò domani, le chiederò scusa e sistemeremo la faccenda. La amo così
tanto. Non voglio lasciare che questa cosa ci allontani. Che ci possa separare.
Non lo permetterò.
Scossi la testa e mi fiondai in bagno per una doccia veloce.
Jared aveva la dannata abitudine ad essere puntuale.
Scesi nella hall in jeans e camicia nera.
“Dove siamo diretti?”
“Non lontano. Ti porto in un localino da sballo, vedrai!”
rispose sorridendo.
Non disse nient’altro. Dopo dieci minuti eravamo davanti al
locale.
Aprì
gli occhi lentamente. Un rumore continuo e assordante mi aveva svegliato. Mi
sentivo la testa pesante. Le tende non erano tirate e la luce mi colpiva gli
occhi. Alzai le braccia per cercare di coprirmi dal sole. Mi girai e caddi
pesantemente per terra.
Rumore,
ancora quel rumore. Come un battito. Un continuo, incessante battito. Riecheggiava
per tutta la stanza, non mi dava pace.
Quando
riaprì nuovamente gli occhi, vidi che ero ai piedi del letto. Mi sollevai un
poco e mi guardai attorno. Ero nella mia stanza, al mio hotel.
Mi
alzai a fatica. Le gambe mi cedettero. Riprovai e aggrappandomi al letto riuscì
ad alzarmi in piedi. Avevo ancora le idee confuse. L’unica cosa che ricordavo
era che la sera prima io e Jared avevamo fatto un po’ di baldoria, avevamo
bevuto e parlato.
Il
rumore non era cessato e mi dava alla testa. Era assordante.
Riuscì
a capire da dove proveniva solo in quel momento quando sentì anche una voce.
Era una voce femminile e proveniva dalla porta.
Qualcuno
stava bussando.
Arrancai
fino alla porta e a fatica riuscì ad aprirla. Pochi secondi dopo un uragano mi
investì.
Susy.
Entrò
come una furia e, chiusa la porta, cominciò ad urlarmi addosso.
“Susy,
ti prego parla piano. Ho un mal di testa cane” ero seduto ai piedi del letto e
mi tenevo la testa fra le mani
“Ci
avrei giurato” rispose acida.
Si
avvicinò alla finestra e chiuse le tende. Poi poggiata la borsetta sul tavolino
ne tirò fuori una scatolina. Si avvicinò al frigobar e prese una bottiglietta
d’acqua.
“Bevi”
disse con tono che non ammetteva repliche
“Cos’è?”
domandai intontito avvicinando il naso al bicchiere per sentirne l’odore
“Ti
aiuterà a stare meglio”
Bevvi
tutto d’un sorso. Aveva un sapore orrendo.
“Allora,
idiota che non sei altro … raccontami … che cazzo hai combinato ieri sera?”
chiese senza preamboli
Alzai
un sopracciglio e la guardai seccato.
Lei
imperterrita mi fissava con sguardo di rimprovero, come una madre che pesca il
proprio bambino a fare qualche marachella.
“Io
e Jared siamo usciti. Siamo andati in un locale qui vicino”
Lei
sospirò.
Momento … momento … momento …
“Come
sai di ieri sera?”
Il
mal di testa non era ancora passato.
“In
realtà lo sanno tutti. Tutta la città sa cosa hai fatto ieri sera … anzi tutto
lo Stato!“
Non
ci capivo niente.
“Ma
cosa dici, Susy? Tutto lo stato? Non capisco … senti ho mal di testa. Non
riesco a connettere … potremmo parlarne più tardi?”
Avevo
bisogno di riposo. Infatti dopo appena pochi secondi mi lasciai cadere sul
letto a peso morto.
“Non
credo sia il caso di rimandare, Gerard. E’ su tutti i giornali” esclamò
lanciandomi addosso un paio di giornali
“Aprili”
m’incitò con decisione
Dopo
qualche secondo mi poggiai alle braccia e preso in mano il primo giornale vi
posai lo sguardo sopra.
Ero in copertina. La foto mi ritraeva tra le braccia di una donna,
una donna decisamente poco vestita. Il mio sguardo era vuoto. Annebbiato dall’alcool sicuramente.
Le mie mani erano su di lei, la mia bocca sulla sua. La foto non
era la sola. Sembrava un intero servizio con varie didascalie e accompagnato da
un lungo articolo.
Non
mi soffermai a leggerlo. Alzai lo sguardo su Susy e rimasi in attesa.
Lei
ricambiò il mio sguardo con uno altrettanto strano e, presa una sedia, si
sedette.
“Susy...
che è ‘sta roba?”
Non
ricordavo neppure la donna, non ricordavo di averci parlato. Non ricordavo
nulla. Niente di niente.
“E’
la tua bravata di ieri sera, Gerard. Ecco che cos’è. C’è un altro piccolo
articolo su Jared, ma a quanto pare la star sei tu! Le dichiarazioni che hai
rilasciato li hanno fatti impazzire” Il suo tono era duro e accusatorio
“Dichiarazioni?
Non ricordo un accidenti di niente. E Jared? Ci hai parlato? Che dichiarazioni
ho fatto?”
La
guardavo in attesa e in preda del panico.
Nel mio lavoro la cattiva pubblicità
può rovinarti. Stroncare la carriera e allontanarti da tutti.
“Ho
cercato Jared al cellulare ma non risponde. Sarà sicuramente nelle tue stesse
condizioni, suppongo. Ma ora dobbiamo preoccuparci solo di te”
Annuì
solamente e la invitai a continuare
“I
paparazzi non si sono limitati a pubblicare gli scatti all’esterno del locale.
Hanno pubblicato anche le foto all’interno. Dici di aver trovato la donna
giusta. La donna della tua vita e che intendi sposarla”
Il
suo tono era serio mentre m’indicava le foto che mi ritraevano imbambolato come
un perfetto idiota appiccicato a questa sconosciuta. Il suo viso mentre
parlava, chiarendomi tutto, recava tracce di palese disgusto.
“Sophie?
Sanno di Sophie?” domandai confuso
“Non
è Sophie la donna a cui ti riferisci, a quanto pare! E’ la tua amica nella
foto” indicò i giornali che avevo ancora in mano, ma che non avevo degnato di
uno sguardo.
Mi
alzai di scatto.
Oh mio Dio… che cazzo era successo?
“Non
mi ricordo nulla Susy. Te lo giuro. Non so neanche chi sia quella donna”
esclamai con le mani tra i capelli
“A
quanto ha dichiarato lei avete fatto sesso all’interno del locale, Gerard”
Quelle
parole ebbero il potere di congelarmi. Freddato all’istante.
Oh mio Dio … Oh
mio Dio … Oh mio Dio … Oh mio Dio …
E’ impossibile!
Assolutamente impossibile!
“Stronzate!
Non posso aver fatto l’amore con quella … manco me la ricordo! E’impossibile!”
“Questa
mattina ho subito chiamato Bob per cercare di arginare la situazione. Dovrebbe richiamarmi
oggi e farmi sapere per il nuovo contratto. Sai come vanno queste cose.
Hollywood ama la pubblicità, ma solo quella che crea lui. Non certo di questo
genere” continuò lei
Ero
immobile. Avevo sentito a malapena le sue parole.
“Non
può essere. E’ impossibile! Io amo Sophie e … e non le farei mai una cosa del
genere!”
Le
parole uscirono dalla mia bocca in deboli frammenti
“Ho
parlato con quella donna, Gerard. Ha confermato tutto! A luci spente, senza
telecamere. Avete fatto sesso. Anche se…” s’interruppe vedendo l’espressione
del mio viso.
Quel
tentennamento mi fece ben sperare.
“Anche
se…?”
“N-non
importa…” rispose alzandosi e raggiungendomi in mezzo alla stanza
“Ti
prego ho bisogno di sapere cosa ti ha detto. E’ impossibile che abbia fatto una
cosa del genere. Me lo ricorderei, accidenti!”
Volevo e dovevo sapere.
“Mi
ha detto che continuavi a chiamarla Sophie”
Le
sue parole mi colpirono in pieno petto. Mi accasciai perché le gambe cedettero e
lei prontamente mi afferrò. Mi aiutò a sedermi e per qualche minuto attese in
silenzio che mi riprendessi.
“Mi
ha detto che nonostante ti ripetesse il suo nome, tu continuavi a chiamarla con
quel nome. La chiamavi Sophie e hai detto di amarla” concluse lei in un
sussurrò.
Mi
veniva da vomitare.
Mi
sentivo male. Malissimo.
Non
era il mal di testa e non c’entrava nulla con la sbornia.
Era
un dolore acuto al petto. Una sensazione di soffocamento. Una sofferenza
atroce. Mi mancava l’aria e faticavo a respirare.
L’avevo tradita… l’avevo tradita con un’altra
donna di cui non ricordavo neppure il nome. Di cui non ricordavo nulla … e di
cui non mi importava assolutamente niente!