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Autore: adamantina    18/11/2011    1 recensioni
Sono passati tre anni da quando Vanessa, Damien, Lily, Charlotte, Blake, Arthur e Jonathan si sono separati con l’intenzione di tornare alla loro vita normale. Ma cosa significa normale per chi è dotato di poteri che potrebbero cambiare il mondo? Blake non si è arreso e continua a lottare. Ma anche chi ha da tempo rinunciato a combattere per un mondo più giusto dovrà tornare in campo quando le persone a lui più care saranno minacciate …
«Non puoi biasimarci per averne voluto restare fuori, Blake. Quello che tu stai facendo è fingere di essere ancora al Queen Victoria’s, e ti rifiuti di andare avanti con la tua vita. […]»
«Stavo cercando di impedire un omicidio!»
«Sei un idealista» taglio corto, incrociando le braccia. «Ammettilo, lo sei sempre stato. E credo che il tuo vero scopo sia riportare Lily sulla retta via. Ammettilo, ancora ci speri […].»
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Queen Victoria's College'
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~LOSING THE LAST HOPE~

 

[Jonathan]

 

Le parole di Charlotte mi rimbombano nella mente mentre cammino nervosamente avanti e indietro di fronte alla porta del laboratorio.
La responsabilità che mi chiedono di accollarmi è pesante, un fardello che non voglio portare. Eppure, ogni volta che mi sono quasi deciso a ribellarmi e ho le parole “non voglio farlo” sulla punta della lingua, mi basta guardare Arthur per decidere di tacere. È seduto a terra, la schiena appoggiata al muro, immobile.
So cosa pensa di questa lunga attesa: ogni minuto che passa può fare la differenza per Damien.
Poi la porta si apre, Charlotte esce e io non ho più occasione di ritirarmi.
 
«La buona notizia è che sono riuscita a rendere sterile la stanza più piccola del laboratorio. Beh, quasi –ma abbastanza perché sia sicuro operare. Quella cattiva è che non sono riuscita a trovare dell’anestetico. C’è della morfina, ma è davvero poca.»
«Non importa» taglia corto Arthur. «Facciamolo lo stesso.»
«D’accordo. Useremo quel poco che c’è e … »
«No. Voglio che la tieni per Damien» dice lui con fermezza.
«Ci sono più probabilità che Damien perda conoscenza durante l’operazione» obietta Charlotte, ragionevole. «In poco tempo non ne avrà bisogno.»
«Ha già sofferto abbastanza. Tienila per lui.»
«Come preferisci» cede lei. «Ma questo vuol dire che tu resterai cosciente. E serve che tu sia perfettamente immobile. Il prelievo di midollo è un’operazione estremamente delicata. Un errore potrebbe compromettere la spina dorsale.»
Deglutisco. Avrei preferito non saperlo.
«Resterò fermo.»
«Sii realistico» sbotta Charlotte. «Farà male. Non riuscirai a rimanere immobile.»
«E allora cosa proponi, piccolo genio
«Dobbiamo immobilizzarti.»
«Ammettilo, Charlotte» brontola Arthur «Non aspettavi altro, vero?»
 
Ed ecco come sono arrivato qui, in questa stanzetta soffocante, le luci al neon accecanti, con Arthur disteso prono sul tavolo, polsi e caviglie legati.
«Non posso, Charlotte» mormoro, il cuore in gola.
«Devi» taglia corto lei. «Vado in laboratorio a prendere quello che serve.»
Resto da solo con Arthur. Il silenzio è assordante. Lui muove la testa per lanciarmi un’occhiata.
«Mi fido di te, Jon» dice.
«Non ne sembri tanto convinto.»
«Non lo sono. Lo dicevo sperando di rassicurarti.»
«Non preoccuparti. Potrei farlo ad occhi chiusi.»
«Ti prego, evitalo.»
Sorrido appena, teso.
«Potresti fingere che al posto mio ci sia Damien con un frustino in mano» scherzo.
«Oh, Dio. Ho cambiato idea. Dì a Charlotte di usare la mano sinistra.»
Lei rientra con degli strumenti che appoggia su un ripiano.
«Ok, si comincia.»
 
Non posso descriverlo con frasi compiute. Ci sono solo lunghi momenti di buio, di cieca obbedienza e di fortissima concentrazione, inframmezzati da pochi istanti di atroce consapevolezza di quello che sta succedendo.
La sensazione strana del bisturi in mano.
Il brivido gelido mentre la lama taglia la pelle.
Le grida soffocate di Arthur.
Il suo corpo che si tende e si irrigidisce per il dolore.
La voce calma e irremovibile di Charlotte.
E quando, finalmente, ho applicato anche l’ultimo punto per chiudere la ferita, le parole “bene, hai finito”.
Appoggio con cautela gli strumenti sul ripiano.
La mia mente è ancora vuota.
«Arthur?» chiede Charlotte, tesa.
Lui non risponde.
«Credo che abbia perso i sensi» commenta Charlie.
«Io ci sono vicino» replico debolmente, uscendo dalla stanza e assaporando una boccata d’aria fresca.
«Sei stato bravissimo» mi elogia lei. «Che ne dici di andare a vedere come sta Damien? Io resto qua con Arthur.»
«Va bene» accetto subito, allontanandomi.
Ancora non mi permetto di pensare e mi limito a salire le scale in una sorta di trance.
Apro la porta della nostra stanza e trovo Lily addormentata su uno dei letti.
«Come sta Arthur?» è la prima cosa che chiede Damien, in ansia.
«Bene, credo» replico, sedendomi accanto a lui.
«E tu? Sembri un fantasma.»
«Insomma.»
«Sei stato coraggioso.»
«Avrei potuto sbagliare e … »
«Ma non l’hai fatto.»
«Immagino di no.»
Il silenzio dura un solo secondo: poi un urlo lo spezza.
È un urlo feroce, di dolore, e sveglia immediatamente Lily.
«Cosa … ?»
Ci precipitiamo su per le scale perché, stranamente, è da lì che sembra provenire il suono.
Una porta è aperta. Faccio un passo avanti e la scena che mi si presenta davanti mi lascia senza fiato per lo stupore.
In una stanza non dissimile da quella da cui sono da poco uscito, con un tavolo operatorio improvvisato e qualche strumento medico, un uomo in un camice sterile guarda un secondo uomo, disteso sul tavolo –e questo secondo uomo è Ivan Vahel.
 
Poco più tardi siamo tutti riuniti nella nostra camera, con Arthur disteso a letto e appena risvegliatosi.
Charlotte, dopo aver parlato sottovoce con il dottore, è venuta a spiegarci cos’è successo.
«Per farla breve, il motivo per cui Vahel ha insistito per tornare qui al Queen Victoria’s è che ha tentato di farsi impiantare i poteri di Arthur.»
«Che cosa?!»
«Aveva detto che non ci sarebbe più riuscito, per le modifiche che avevano fatto all’Area 51 ai suoi geni» obietta Blake.
«Non con il vecchio metodo, quello del sangue. Ma con quello del midollo osseo … »
«Erano compatibili?»
«Secondo il medico, quasi al novantotto percento» ammette Charlotte.
«Ma non ha funzionato.»
«Anzi. C’è stato un violento rigetto.»
Cala un silenzio pesante.
«La loro compatibilità era maggiore della nostra» mormora Damien. «Questo significa che non abbiamo speranze?»
«Sono molto pessimista al riguardo» dice Charlotte a bassa voce.
Vedo Damien chiudere gli occhi allo svanire di quest’ultima speranza che era parsa così realistica e vicina.
«Non possiamo provare comunque?» propone sottovoce.
«Un rigetto come quello di Vahel potrebbe facilmente esserti fatale, viste le tue bassissime difese immunitarie.»
Mi stupisco di Arthur –pensavo che sarebbe scattato e si sarebbe messo ad urlare contro Charlotte. Invece non apre bocca. Allunga la mano verso quella di Damien e la stringe –nient’altro.
«Non può essere che il rigetto di Vahel sia dovuto alle manipolazioni genetiche?» ipotizzo disperatamente.
«È possibile» ammette Charlotte «Ma poco probabile. Le due cose non sono legate.»
Silenzio, ancora. Persino più atroce di prima. Noto il cenno deciso di Charlotte, che indica a tutti noi di andarcene.
Obbediamo, lasciando Arthur e Damien da soli.
Seguo Charlotte fuori, in giardino.
«Mi sento in colpa» sussurra, non appena raggiungiamo una panchina isolata.
«Non devi» replico stancamente. «Hai fatto tutto ciò che potevi.»
«Sono io il medico, qui. Se ci fosse una soluzione e io non ci avessi pensato? Se … »
«Credi che la morte di Jack sia colpa mia?» la interrompo duramente.
«Cosa? No, assolutamente no! È stato Brown che … »
«Io credo che lo sia» proseguo. «Sono stato io a proporgli di venire a Baltimora. È per salvare me che vi ha seguiti fino a New York.»
«Jonathan, tu non c’entri nulla.»
«Se reputi me innocente per quello che è successo a Jack» ribatto «Come puoi incolpare te stessa per quello che sta succedendo a Damien?»
Lei tace e abbassa gli occhi.
«Charlotte» riprendo più gentilmente dopo qualche secondo «Hai già fatto tanto. Mi hai salvato la vita, qualche anno fa, ricordi?»
Lei annuisce.
«Mi sei mancato» mormora. «Anche se questi tre anni mi sono serviti per realizzare i miei sogni … il più grande l’ho dovuto abbandonare.»
Le sue parole mi stupiscono. Non è mai stata tipo da sentimentalismi: razionale, scientifica, talvolta fredda. Eppure l’emozione nella sua voce è evidente.
«Mi sei mancata anche tu. Mi sono chiesto tante volte se fosse il caso di venirti a trovare, ma non ho mai trovato il coraggio. Pensavo che con l’università, e il lavoro … non avessi più bisogno di me.»
«Lo pensavo anch’io, ma mi sbagliavo.»
Ci guardiamo in silenzio.
La prossima mossa è quasi scontata –ma anche difficile. Una parte di me vorrebbe ritrarsi, tornare indietro alla noiosa ma sicura vita normale che stavo sperimentando prima di partire. Una vita senza poteri, senza morte, senza fughe, senza rapimenti. Senza Charlotte.
Ma come potrei tornare a casa?
Come potrei guardare i miei genitori negli occhi dopo quello che è successo a Jack?
Chiudo gli occhi per scacciare l’idea tentatrice. Sono qui con Charlotte, adesso. Sono sue le labbra che premono sulle mie, suo il leggero profumo di cannella, suoi i capelli che mi solleticano il collo.
Pensavo di averla persa.
Ora devo accettare di andare avanti, lasciarmi il passato alle spalle e ricominciare. Non da solo, questa volta.
«Devo tornare dentro» sussurra Charlotte sulle mie labbra.
«Resta ancora un po’.»
«Voglio parlare con Damien. Ci vediamo tra un’ora giù al vecchio salice?»
«D’accordo.»
Mi sorride, mi da un ultimo bacio e si allontana.
Rimasto solo, sorrido a mia volta. Vorrei che fosse ancora qui con me.
Sto facendo la cosa giusta.

 

 

   
 
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