11. L’ultimo caso. Un epilogo.
“Nessun
rimpianto.”
Holmes
fissava quelle due parole, mentre una sola pagina era rimasta tra le sue mani.
L’ultima. L’ultima di quella cartella che, per ore, gli aveva tenuto il
pensiero lontano dal freddo, dall’odore acre e dal silenzio presenti nella
camera.
Continuò
a fissare il foglio, con la mente –forse per la prima volta in vita sua-
davvero vuota. Non c’era niente nella sua soffitta-cervello che ora gli
servisse, nessuna nozione imparata durante gli anni pareva essere utilizzabile
in quel contesto.
Aggrottò
le sopracciglia e protese il capo verso foglio, combattendo il desiderio di
voltare la testa e chiedere.
Da quando è diventato
così apertamente sentimentale, Dottore?
Perché non mi aveva
mai accennato nulla su questa cartella, amico mio? Perché l’ha nascosta,
Watson? Non mi pare ci sia niente di così segreto.
Perché non mi hai
detto niente ieri sera? Perché ti sei chiuso a chiave?
Perché, dopo tanti
anni di lavoro di squadra, hai voluto fare tutto da solo?Perché non mi hai
permesso di aiutarti?
Volevi nasconderti? Da
chi? Dalla morte o da me?
Holmes
deglutì piano, senza fare alcun rumore, e guardò quelle parole.
“Nessun
rimpianto.”
Nessuno.
Alzò
gli occhi al soffitto e un rantolo gli ruppe la gola, fondendosi in un sospiro
carico.
-Io…-
disse, ma si arrestò subito, la sua voce tremava.
Abbassò
lo sguardo ancora una volta, e fissò il pavimento.
Le
mani sempre strette, rigide, intorno a quella pagina. Unica ma tangibile, vera
e talmente familiare che…
Le
labbra gli tremarono e la presa aumentò.
Calma,
s’impose Holmes, dopotutto non era niente di più che il ciclo della vita.
Quante
volte avevano rischiato la morte in modi ben più atroci? Dove era il problema?
Si nasce e si muore, sono due delle poche certezze che gli uomini possiedono, e
su ciò non aveva alcun dubbio. Eppure non riusciva a sollevare gli occhi.
Non
riusciva a richiudere l’otre in cui era solito relegare ogni tipo di
sentimentalismo, ogni tipo di emozione pericolosa. Ora il coperchio pareva
disperso, e sentiva risalire lungo lo stomaco tutte quelle sensazioni represse.
Irrigidì
la mascella e di scatto puntò lo sguardo sul letto al suo fianco.
Watson
aveva un sorriso sereno sul viso, come se neppure la morte avesse avuto cuore
di strapparglielo, e Holmes si stupì di come, nonostante il pallore spettrale,
la rigidità e l’odore sgradevole aggredissero i suoi sensi, riuscisse ad essere
confortato a tale visione.
Il
suo viso si addolcì appena, mentre la bocca si stendeva in una sottile linea
morbida.
John Hamish Watson.
Il
suo ultimo caso.
Il
mistero celato in quella semplice, comune, figura che nessuno conosceva quanto
lui.
Era
il suo coinquilino, era il suo Boswell, era l’unico che l’aveva accettato,
seguito, sostenuto.
Holmes
sbuffò leggermente, divertito. Ancora non riusciva a capire come avesse fatto
Watson a sopportarlo per tutto quel tempo. A volte Holmes si sarebbe soppresso
da solo. L’unica volta in cui ricordava di aver visto il Dottore realmente
arrabbiato era stato il giorno del suo ritorno, dopo l’accaduto di Reichenbach.
Il
detective si portò istintivamente un dito sotto il mento, dove sentì la leggera
increspatura della cicatrice causata dalla fede del dottore, quando questo
l’aveva colpito con un pugno in quella particolare occasione.
Non
poté trattenere un sorriso e allungò la propria mano a stringere quella
dell’amico. Notò che non era molto più fredda della propria e sogghignò al
ricordo dello sguardo di rimprovero di Watson quando si ostinava a non mettersi
i guanti durante la stagione invernale.
-Mi verrebbe quasi da
pensare che lo faccia per puro dispetto nei miei confronti.-
-Penserebbe bene,
amico mio.-
Ora
non avrebbe più potuto farlo e questo turbava Holmes. Ma perché?
Era
questo che si domandava.
Perché essere tanto
turbati per un processo naturale che si sa dover avvenire a breve? Avevano una certa
età e certe cose succedevano.
Perché essere turbati
dalla solitudine?
Per molti anni erano stati separati, senza neanche sentirsi, e Holmes era ormai
abituato a sopravvivere da solo.
Perché Watson?
I
suoi occhi grigi cercarono risposta in quelli azzurri di Watson, ma non li
trovarono, ormai chiusi ermeticamente.
Holmes
sentiva quella domanda agitarsi nella sua mente, febbrilmente alla ricerca di
una soluzione, ma non l’avrebbe trovata e lui lo sapeva.
Strinse
la mano del suo amico più forte e schiuse le labbra in un sorrisino.
-Siamo
alle solite, Watson. Sei riuscito ancora una volta a farmela sotto il naso, non
sono riuscito a risolvere il tuo caso e dubito che ci riuscirò.-
Sentì
il mento tremare leggermente e per una volta non combatté contro quella
sensazione.
-Però
devi concedermi il ritrovamento della cartella. Ah, lascia che ti faccia i
complimenti per il titolo, veramente originale!, non sarei mai arrivato a
intuire il contenuto di essa.-
Quasi
lo sentì borbottare che, se non gli andava bene, poteva provare scriversele da
solo e ridacchiò mentre la vista si faceva leggermente appannata.
-Non
te la prendere così, amico mio, e togli quella espressione infastidita dal tuo
volto.-
E
lo vide, lo vide nella propria mente mentre faceva schioccare la lingua contro
il palato e si voltava di spalle con finta indifferenza, per poi sedersi sulla
poltrona.
Sentì
i passi del passato incrociarsi con quelli del presente.
-Neanche
con un piccolo incentivo? Nemmeno se ti suono qualcosa?-
Holmes
si voltò verso il letto, con aspettativa.
A
quel punto Watson avrebbe dovuto irrigidirsi leggermente, di piacere e
sorpresa, e poi fare un mugolio che in teoria avrebbe dovuto essere
completamente disinteressato, ma che il detective sapeva essere compiaciuto.
E
invece tutto rimase statico, immobile.
Holmes
deglutì sorridendo forzatamente ed aprì la porta, voltandosi verso il letto.
-Torno
subito, aspetta qui.-
Come se potesse
scappare,
si ritrovò a pensare e abbassò lo sguardo, cercando di ignorare il bisogno
impellente di accasciarsi sul pavimento.
Non
alzò lo sguardo neanche una volta durante il tragitto, preso dalla irrazionale paura
che, se si fosse soffermato troppo, non avrebbe più trovato Watson al suo
ritorno, e deciso arrivò alla custodia dello Stradivari. La prese e
nervosamente tornò indietro. Si rilassò leggermente solo dopo aver chiuso di
nuovo la porta alle sue spalle. Senza pensare, la bloccò con un tavolino sul
quale vergò velocemente una breve lettera.
Solo
allora si voltò, agitando la custodia in aria, come a giustificarsi.
-Visto?
Eccomi qui.-
Si
sedette nuovamente sulla sedia al bordo del letto ed aprì il fodero, rimuovendo
poi delicatamente la coperta di velluto che avvolgeva lo strumento.
Con
mani tremanti sollevò il violino e lo imbracciò, appoggiandoci sopra il mento.
L’archetto si mosse nell’aria adagiandosi sulle corde, immobile.
Dentro
la sua mente c’era il vuoto, nessuna idea, nessuna soluzione.
Nervoso,
si schiarì la voce e lanciò un occhiata veloce a Watson.
-Ti
dispiace se improvviso?-
L’odore
acre gli aggredì le narici e Holmes ebbe la sua risposta.
E
sì, Holmes si aspettava silenzio da parte di Watson, quello che solo lui era
capace di ricreare, ma quello non era silenzio.
E quello non era
Watson.
Irrigidì
le spalle e strinse il violino. Non vedeva altra soluzione, non c’era altra
soluzione.
Chiuse
gli occhi e si lasciò andare, per la
prima e unica volta.
-É tempo di volare,
Watson.-
Fly
Any moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday.
In
qualsiasi momento, tutto pu? cambiare
Senti il vento sulle tue spalle
Per un minuto, tutto il mondo pu? attendere
Lascia passare il tuo ieri
Can you hear it calling?
Can you feel it in your soul?
Can you trust this longing?
And take control
Puoi
sentirlo chiamare?
Puoi sentirlo nella tua anima?
Puoi avere fiducia in questo momento?
E prendi il controllo
Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.
Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare
perché è il tuo tempo
tempo di volare
All your worries, leave them somewhere else,
Find a dream you can follow,
Reach for something, when there's nothing left,
And the world's feeling hollow.
Tutte
le tue preoccupazioni, lasciano altro in qualche luogo
Cerca un sogno, lo puoi seguire
Raggiungi qualcosa quando non c'è nient'altro
E il mondo sta sentendo gridare
Can you hear it calling?
Can you feel it in your soul?
Can you trust this longing?
And take control
Puoi sentirlo chiamare?
Puoi sentirlo nella tua anima?
Puoi avere fiducia in questo momento?
E prendi il controllo
Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.
Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare
perché è il tuo tempo
tempo di volare
And we're you're down and feel alone,
And want to run away,
Trust yourself and don't give up,
You know you better than anyone else,
E
quando sei giù e ti senti solo
E vuoi solo scappare
Fidati di te e non cedere
Tu sai di essere migliore degli altri
Any moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday,
In qualsiasi momento, tutto può cambiare
Senti il vento sulle tue spalle
Per un minuto, tutto il mondo può attendere
Lascia andare il tuo ieri
Fly
Open up the part of you that wants to hide away
You can shine,
Forget about the reasons why you can’t in life,
And start to try,
Forget about the reasons why you can't in life,
And start to try, cause it's your time,
Time to fly.
Vola
Apri la parte di te che vuole nascondere la via
E puoi risplendere
Dimenticati dei motivi per cui non puoi in vita
E inizia a provare
Dimenticati
dei motivi per cui non puoi in vita
E
inizia a provare, perchè è il tuo tempo
Tempo di volare
Any moment, everything can change
In
qualsiasi momento, tutto può cambiare
Il
vento soffia, il sole splende e due tombe, ingrigite dal tempo, si ergono nel
fondo di un cimitero di una piccola cittadina del Sussex.
Queste
due, ferme nella loro posizione, vicine, quasi attaccate, affrontano le
intemperie del tempo come i loro proprietari affrontarono anni prima le
intemperie della vita.
Nessuno
conosce l’identità di tali persone a causa dei nomi resi illeggibili dallo
scorrere delle stagioni, ma circola una leggenda tra vecchi e bambini.
***Angolino
della squinternata***
Santo
Graal, l’ho scritto.
Ho
scritto l’epilogo.
Ho
finito Holmes’ Private Life.
(NON
VOGLIOOOOOOOOOO *si attacca a koala alla sua storia*.)
E
dopo questo penoso ma veritiero spettacolo, io sono senza parole, seriamente.
Ho
amato con tutto il mio cuore questa raccolta. La considero quasi la mia
bambina. Il mio inno personale al legame di Holmes Watson. Il manifesto
dell’amore che provo per questi due personaggi. Il mio Canone personale, mi
spiego?
E,
niente, potrei aggiungere fiumi di parole su questo ultimo, minuscolo capitolo,
ma non penso di esserne capace, non ora.
Avviso
solo che la canzone che trovate infondo è di Hilary Duff (residui d’infanzia
<3) e si chiama “Fly”.
E…
no, seriamente, non so cosa dire, cosa fare e come farò senza tale raccolta.
Mi
sembra quasi di chiudere un’era e forse è così.
Ci
tengo però a ringraziare tutti voi, voi che avete letto anche solo un capitolo
di questa storia, perché mi avete spronata a continuare e non abbandonare a se
stessa questa raccoltina che amo con tutto l’affetto che ho nel mio cuore.
E
vorrei ringraziare anche i miei Holmes e Watson, perché mi hanno fatto
divertire, disperare, sognare e incontrare persone straordinarie. E forse mi
hanno anche un po’ fatta crescere.
Non
lo so, sono un po’ confusa in questo momento ^^’’ quindi forse è meglio
chiudere qui.
*prende
un respiro profondo* Sì, chiudo qui.
Addio,
Holmes’ Private Life.