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Autore: Bianca Wolfe    20/11/2011    6 recensioni
Logan Lerman
All I've known, all I've done, all I've felt was leading to this.
Madeline Hofstadter è piena di complessi e paure, eppure vuol diventare un'attrice. Ma la strada è più ardua del previsto, soprattutto quando la passione ci si mette di mezzo.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 2
Then I will carry you in that day

 

 

 

 

 

 

 

Come si può capire in che modo una giornata possa iniziare nel peggiore dei modi? Ecco a voi alcune delle ragioni più diffuse in tutta la popolazione mondiale: numero uno, una catastrofe di proporzioni apocalittiche – esempi lampanti sono tsunami, terremoti di magnitudo undici o attentati terroristici; numero due, quella serie di sfortunati eventi che riescono a stravolgere la nostra routine mattutina – figuriamoci quella del resto della giornata –, tramutando la nostra vita ordinaria a straordinaria almeno per un giorno; numero tre, il malfunzionamento del proprio telefono cellulare – motivo assai futile, ma capace di rovinarci una giornata; numero quattro, l’estrema convinzione che la propria vita faccia schifo.
            Riguardo quest’ultimo punto, vorrei soffermarmi. Perché, bene o male, il conseguente rammarico alle prime tre motivazioni è giustificato. La quarta, invece, è un qualcosa di psicologico da dover analizzare. Prima di tutto, perché una persona deve pensare che la propria vita sia un re-cesso e che non valga la pena di essere vissuta appieno? Basandomi sull’esperienza personale, risponderei che il tutto si basa sulle proprie capacità. Non tanto quelle che si basano sui cosiddetti talenti, ma più quelle riguardanti la sfera sociale: quei modi sfacciati che ti permettono di importi su altri, di far ascoltare alla gente le tue idee. Quei modi che riescono a strapparti da bocca la frase: “Eccomi, sono qui!”.
            Ecco di cosa mancavo, io. Ecco perché mi ostinavo a dire che tutto ciò che facevo non era nulla, in confronto a ciò che facevano gli altri. Apri gli occhi, Madeline, diceva una voce nella mia povera testa bacata. Dove mai finirai, di questo passo? Non lo so, non prevedo il futuro, era la mia sarcastica risposta. Eppure la mia coscienza mi avvertiva, cercava di dirmi che non sarebbe andata poi così bene, che a un certo punto mi sarei stancata di quel mio “buttarmi giù”.
            In particolare, una mattina mi sembrò la peggiore di tutte. Pensandoci adesso, mi viene da ridere, pensando che fossi una sciocca a preoccuparmi per così poco. Cosa accadde? A parte la mia solita depressione da “sono una buona a nulla”, quel giorno ebbi il mio primo bel litigio con la mia auto, proprio davanti al portone di casa. Una Mini un po’ vecchiotta, ma che mi aveva portato nei luoghi più disparati di Los Angeles per tre mesi interi da quando avevo preso la patente. Aggiungeteci che stavo andando al lavoro e avrete creato la mia catastrofe.
            Praticamente sarei arrivata in ritardo, avrei preso un rimprovero – cosa che per me era inaccettabile – e avrei dovuto fare un turno in più per farmi perdonare dal capo. Tutto questo mentre Valerie se la sarebbe sghignazzata come meglio poteva. Si presagiva, quindi, una pessima giornata? Sì. Se non fosse arrivato il mio salvatore.
            Non credo nei casi, che si sappia, ma non mi sarei mai aspetta che la persona che si fermò con la sua lussuosa macchina proprio accanto alla mia fosse proprio quella che pochi giorni prima era riuscita a farmi ammutolire. Insomma, in diciotto anni della mia vita come abitante della città che ospitava Hollywood, non avevo mai incontrato qualche personaggio famoso – incredibile, ma vero. E adesso mi ritrovavo a incontrare lo stesso attore a distanza di un breve arco di tempo.
            « Serve un passaggio? » mi chiese dopo aver abbassato il finestrino completamente nero.
            In un primo momento non lo riconobbi, presa com’ero a maledire il motore della Mini; infatti riuscì a rispondere con un: « Sì, grazie, sarebbe il massimo! ». Ma poi incrociai il suo sguardo e non feci a meno di arrossire. Logan Lerman, ecco chi era, gentile come sempre.
            « Per fortuna hai risposto! » esclamò con un sorriso. « Su, sali in macchina. Devi andare a lavoro, giusto? ».
            Annuii e, dopo aver raccattato tutta la mia roba, salii su quella macchina di cui non ricordo nemmeno quale fosse il modello. Intanto presi il cellulare, evitando accuratamente i suoi occhi, e chiamai mio cugino Harry, un meccanico, perché andasse a controllare la macchina – e forse anche aggiustarmela. Una volta finita la chiamata, nell’abitacolo calò il silenzio, un silenzio imbarazzante.
            Logan guidava con naturalezza, lo sguardo fisso sulla strada, mentre io sedevo rigida accanto a lui, abbracciandomi la borsa. Non mi era mai importato dei personaggi famosi, e mi ero sempre detta che, semmai ne avessi incontrato qualcuno, sarei stata calma come al solito, ma con lui era diverso: sembravo non essere all’altezza di sedere accanto a lui, non mi ritenevo alla sua portata. Calmati, diceva la parte razionale del mio cervello. È un ragazzo normale, proprio come te – per quanto tu possa essere normale. Grazie per l’incoraggiamento, coscienza.
            Trovai il coraggio di voltarmi e di dire, con voce riconoscente e timida: « Grazie per il passaggio. Molti non si sarebbero nemmeno fermati ».
            « Figurati » rispose, mentre il sorriso riappariva sul suo volto « Mi sembrava di averti riconosciuta. E poi, eri in difficoltà: e io non mi tiro mai indietro quando si tratta di aiutare un’amica ».
            Amica? « Ma se non mi conosci nemmeno… ».
            « Imparerò. Intanto so già che ti chiami Madeline Hofstadter, ma preferisci essere chiamata Maddie, hai diciotto anni, lavori in una caffetteria, ma vorresti fare l’attrice e hai un’automobile che non funziona ». Ogni tanto, mentre compilava quella lista, mi lanciava uno sguardo per vedere quale fosse la mia espressione.
            Ovviamente, ero molto confusa sul fatto che volesse conoscermi, ma anche divertita, tant’è che risi, appena ebbe finito. « Beh, è già molto per un novellino ».
            « Lo credo anch’io! E, a proposito, posso farti una domanda? ».
            A questo punto, entrai in iperventilazione senza riuscire a controllarmi. « Certo ».
            « Beh… Vivi a Los Angeles, sei un’attrice e hai studiato per diventarlo. Perché non hai mai fatto un’audizione? ».
            Eccola, la domanda che temevo. Ogni persona nuova che conoscevo finiva per chiedermi la fatidica domanda. La seconda domanda che mi ponevo da sola, adesso, era: posso espormi del tutto a uno sconosciuto di cui, seppure sia famoso, non conosco le vere intenzioni? Posso dirgli chi sono realmente? Ovvero Maddie, la ragazzina spaventata del mondo? Chiunque sano di mente e non in preda a un attacco di fan-girling avrebbe detto no. Ma io non ero una sana di mente – ma non ero nemmeno sua fan –, quindi gli risposi in tutta sincerità, parlandogli della mia paura di sbagliare, di essere respinta, che i miei sogni rimanessero in un cassetto e neanche integri come erano prima che fossi buttata giù.
            Logan ascoltò in silenzio e, intanto, mentre parlavo, eravamo anche giunti a destinazione e aveva spento il motore, ma mi lasciò parlare fino alla fine. « Secondo me » disse quindi « dovresti darti una possibilità ». Parlò con tono pacato, come se le sue parole fossero le più naturali di questo mondo. Ma mi aveva sentito?
            « Sì, certo. E come? » replicai con una risatina sarcastica, incrociando le braccia e sprofondando nel sedile.
            « Credo che tu abbia sentito parlare del nuovo film che dovrò girare. Cercano ancora attori per delle parti di secondo piano: è pur sempre un inizio! Perché non ci provi? ».
            Lo guardai come se fosse impazzito, allora aggiunse: « Domani alle quattro di pomeriggio iniziano i provini. È l’ultimo giorno disponibile. E dato che la tua macchina non funziona, ti accompagnerò io, così potrò anche controllarti ».
            Non riuscii a non nascondere un sorriso. Quel ragazzo era davvero incredibile: sapeva essere dolce e impacciato, ma anche determinato e serio. Chissà cos’altro nascondeva… Sospirai. « D’accordo. Ma solo perché mi hai accompagnato fino a lavoro ».
            « Bene. A domani, allora. Verrò a prenderti alle tre in punto » mi salutò soddisfatto, mentre io abbandonavo l’abitacolo. Lo salutai con la mano e, dopo aver chiuso la portiera, entrai nel bar con un sorriso ebete stampato in faccia che Valerie non poté non notare.
            Subito mi chiese: « Quella non era assolutamente la tua auto. Chi era? Era un ragazzo? Era carino? » iniziò a tartassarmi, ma non mi diede il minimo fastidio. Anzi!
            « Non ci crederesti mai » commentai, mentre mi spogliavo del cappotto e indossavo il grembiule.
            « Mettimi alla prova, no? » sembrava eccitata. Dopotutto, non era cosa di tutti i giorni che venissi accompagnata a lavoro. La mia routine era così abitudinaria che anche la mia migliore amica l’aveva assimilata, tanto da ricordarsela a memoria.
            « Beh, era un ragazzo e sì, era carino » risposi quindi alle sue domande. « E tu lo conosci bene! ».
            Fu allora che Valerie sgranò gli occhi. « E chi sarebbe? ».
            Borbottai, senza farmi capire. Ovviamente, lei mi guardò male e io dovetti risponderle con più chiarezza. « Logan Lerman » dissi a bassa voce. Ciò che avvenne dopo – l’esplosione emotiva di Valerie, intendo – potete benissimo immaginarlo. Dovetti spiegarle che non era come pensava lei, che non m’interessava (o almeno così credevo al tempo) e che l’unico motivo per cui mi aveva accompagnata era la sua innata gentilezza. Inutile dire che iniziò a crearsi dei film pazzeschi, manco fosse lei la protagonista delle sue storie. Ma, dopotutto, era anche per questo che Valerie era Valerie, e io l’adoravo per come era.
 

La mattina seguente passò lentamente. Molto lentamente, nell’attesa delle tre del pomeriggio. Passai la maggior parte del tempo, a lavoro, a pensare a cosa avrei dovuto indossare per l’audizione. Dovevo essere elegante? Casual? Una via di mezzo? Sospirai più e più volte, mentre Valerie cercava di aiutarmi, passando mentalmente in rassegna del mio armadio.
            Arrivarono le tre che ero in preda all’ansia. Un’audizione… Come facevo a crederci? Non sapevo nemmeno come sarebbe andata, cosa mi avrebbero potuto porre, che battute mi avrebbero fatto leggere.
            Aspettavo Logan davanti al portone. Per fortuna aveva una buona memoria, perché alle tre in punto fu lì, con la sua solita auto lussuosa. Entrai in macchina, salutandolo, e il mio timore doveva essere evidente perché, per tutto il tragitto verso gli studi cinematografici in cui si sarebbero tenuti i provini, tentò invano di tranquillizzarmi. Quando arrivammo, mi misi in fila, mentre tutte le altre ragazze gridavano e si emozionavano alla vista del famoso Logan Lerman. Incredibile come, in quel connubio di grida, io fossi l’unica persona agitata non perché lui fosse lì, ma per l’audizione. Una ragazza, dietro di me, aveva addirittura l’aria annoiata! Ma come fa?, mi chiesi ingenuamente.


Non ricordo quanto tempo aspettai, ma comunque non sembrò passare mai, e quando fu il mio turno, entrai nella sala e mi sentii avvampare. La pressione saliva a ogni passo, e sapevo che ero diventata rossa come un peperone. Respira, Madeline. Respira, mi ripetevo, ma non serviva a nulla. Salutai tutta la “giuria” cordialmente, e loro mi risposero allo stesso modo.
            Nessuno mi guardò in faccia per due minuti buoni, finché un uomo che stava leggendo delle carte alzò lo sguardo – forse era uno dei produttori. « Nome? » mi chiese.
            « Madeline Hofstadter » dissi con voce fortunatamente calma. In fin dei conti, ero una brava attrice.
            L’uomo sorrise. Evidentemente, aveva capito che, seppure ostentassi naturalezza e tranquillità al di fuori, al di dentro tremavo tutta. « Ed è qui perché? ».
            Onestamente? Mi ero aspettata di tutto, ma quella domanda proprio no. Rimasi in religioso silenzio per almeno cinque minuti, cercando di pensare a una risposta soddisfacente, piena di concetti e significati così da impressionarli. Ma il mio cuore diceva tutt’altro e parlò da solo. « So di non essere la migliore tra le attrici. So che probabilmente avrete già preso la vostra decisione, che avrete già scelto chi farà parte di questa produzione. Eppure io sono qui, per provare a realizzare un sogno » avrei voluto aggiungere un “Adesso tocca a voi”, ma non volevo sembrare troppo impertinente, perciò aspettai che mi ponessero un’altra domanda.
            Adesso non era solo il produttore, a sorridere, ma anche tutte le altre persone presenti nella stanza. « Bene, continuiamo ».


Rimasi in quella stanza più di chiunque altro, quel giorno. Che fosse un segno? Quando uscii, ero soddisfatta di me. Incredibile come mi sentissi leggera e… Forte.
            Trovai Logan ad aspettarmi in un angolo, per non farsi vedere dalle fan scatenate. « Come è andata? » mi chiese. Aveva un tono diverso, come se fosse consapevole di qualche cosa.
            « Hanno detto che mi avrebbero fatto sapere » risposi, e ci avviammo verso la macchina.
            Era strano da pensare, ma sembrava che io e Logan stessimo, pian piano, diventando amici per davvero. Si stava instaurando un rapporto di confidenza, e non ero più tanto agitata quando ero in sua compagnia. Il tutto in meno di tre giorni! Stavo facendo passi da gigante. Ben fatto, Madeline, diceva la solita voce nella mia testolina. Grazie, voce.










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Note dell'autrice:
So che sta accadendo tutto troppo in fretta tra Madeline e Logan. Per questo chiedo venia, ma se non fosse così ci sarebbero tanti di quei capitoli inutili e noiosi che voi vi stanchereste subito di questa fan fiction, e io non voglio che sia così. Dopotutto, è un qualcosa di fittizio no - anche se è un vero e proprio peccato. çwç
Comunque, spero che non vi stia deludendo, e che siate ancora curiose di sapere cosa accadrà più in là, seppure adesso il tutto sembri piuttosto ordinari.
Baci, Sara <3
   
 
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