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Autore: Elos    20/11/2011    5 recensioni
- Vieni con me. - gli aveva detto lei. - Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
E il Drago l'aveva saputo anche in quel momento, sì, che lei aveva ragione: solo, era stato troppo vigliacco per poterlo ammettere. [...]

Prima Classificata al concorso "The Indoors Fantasy" indetto da schwarzlight.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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. quattro



Le aveva fatto portar giù un tronco caduto, un po' trascinandolo e un po' facendolo rotolare sulla pietraia scoscesa all'imboccatura della grotta, e l'aveva aiutata a raddrizzarlo contro il fondo della caverna.
- E' tutto lavoro per le braccia. - le aveva detto serafico. La ragazzina era rimasta piegata in due ad ansimare per un bel po', dopo, ma non aveva protestato.
- Ci sono tre cose che sono un bersaglio in tutte le creature. Il petto è un bersaglio, il ventre è un bersaglio, la testa è un bersaglio. Non so bene dove abbiano i genitali gli umani, se dentro o fuori o...
- Cosa sono i genitali?
- Ragazzina, sei stata tu a spiegarmi per cosa i tuoi simili ti comprerebbero. Cos'è, vuoi spingermi ad essere volgare?
- … negli umani sono fuori. Nei Draghi no?
- Non ho intenzione di addentrarmi in questo discorso. Non oggi. Possibilmente mai. Comunque, se sono fuori, anche quelli sono un bersaglio. Un buon bersaglio. La testa è un buon bersaglio, ma è piccolo. Ed è in alto: sei una nanerottola, avrai bisogno di uno sgabello per arrivarci. Il petto è pieno di ottimi bersagli, ma ci sono le costole nel mezzo. Hai mai visto squartare un maiale?
- Sì.
- Bene, allora sai di cosa sto parlando. Resta lo stomaco: nello stomaco ci sono molti, molti organi fragili. Non ci sono costole, niente che possa difenderli. Mira allo stomaco, colpisci forte, e vedrai che il tuo nemico non si rialzerà. Ora, fai una bella croce con una pietra aguzza su quel tronco, lì, all'altezza della pancia. Un po' più in su rispetto alla tua, ragazzina, non troverai mai un avversario alto uno sputo e mezzo.
La spada le faceva tremare le braccia. Le ginocchia le si piegavano sotto il peso, tutta la schiena sembrava curvarsi. Non era precisamente una bambina, ma non era neanche una donna. Non mangiava neanche lontanamente abbastanza da poter mettere su carne sulle ossa.
- Cerca i ratti. - le aveva detto il Drago. - Tutti i ratti che trovi. Raccogli gli scarafaggi. I vermi: anche i vermi sono carne, e se vanno bene per i pesci e le galline andranno bene anche per te.
Le aveva insegnato sotto quali sassi cercare, umidi sassi verdi di muschio pallido dai quali scappavano fuori grossi vermi lunghi e viscidi. Le aveva spiegato che cuocendoli il sapore non migliorava, ma la consistenza sì. La ragazzina aveva vomitato, la prima volta, ma quelli che erano venuti dopo era riuscita a tenerli giù. Lo stomaco aveva smesso di brontolarle per la prima volta da settimane, da mesi: lei se l'era accarezzato con vaga perplessità, sentendolo pieno e satollo e pacifico, e il Drago aveva riso.
- Non è giusto avere sempre fame. - aveva bisbigliato lei un giorno. Aveva preso l'abitudine di riposarsi incuneata tra la zampa del Drago e il suo torace, accoccolata con il capo posato ad un artiglio, perché l'inverno si avvicinava e faceva freddo anche nel fondo nella grotta, anche con il fuoco acceso.
Il Drago era rimasto in silenzio per un lungo istante, prima di replicare quieto:
- Molte cose non sono giuste, ragazzina.

L'autunno era trascorso in una bruma di piogge gelide e cieli grigi, con l'odore delle foglie morte forte nella grotta. Il Drago non riusciva a vedere gli alberi, da lì sotto, né la terra bruna.
Aveva pensato che sarebbe morto di nostalgia, molti e molti anni prima, senza più vento, senza più stagioni, ma poi gli anni erano passati, si erano trasformati in secoli, e il Drago era rimasto vivo. Aveva imparato che non si poteva morire di nostalgia, no. La nostalgia era una gran bastarda: straziava dentro e lacerava l'anima, ma non uccideva.
Un giorno si era sporto verso la ragazzina e le aveva chiesto:
- Che alberi ci sono, lungo la strada che fai per venire qui?
Lei l'aveva guardato con curiosità, prima di scrollare le spalle e rispondere:
- Mele, soprattutto. Ci sono due grossi frutteti tra qui e il villaggio. C'è anche una quercia. L'albero delle nocchie...
- Portami un ramo di quercia, la prossima volta che scendi qui. - le aveva detto il Drago.
Aveva pensato che l'avrebbero picchiata, se le avessero visto rovinare un albero di mele o di nocciole, ma una quercia? A chi importava della quercia? Le querce davano ghiande per i maiali e legna per il fuoco, ma un ramoscello era cosa da poco. Il giorno dopo la ragazzina era scesa con il ramo che le era stato chiesto, e il Drago aveva osservato alla luce del fuoco le foglie brune e croccanti dagli orli frastagliati, le venature brunite. Aveva annusato da vicino la linfa ancora verde. La nostalgia era bruciata dentro di lui come un fuoco freddo: il Drago aveva chiuso gli occhi ed aveva ricordato tutti quei giorni che aveva trascorso volando al di sopra della terra, nel mondo di fuori, tutti quei giorni in cui non aveva realizzato quanto meravigliose e magnifiche e fragili fossero tutte le cose che nella grotta non poteva avere.

Fu tre giorni più tardi della volta del ramo che la ragazzina scese correndo nella grotta, i passi pesanti e il respiro affrettato, trascinandosi dietro una scia di sangue che le colava dalla fronte e un odore strano, appiccicoso, che il Drago stentò a riconoscere.
Aveva gli occhi dilatati, il viso sperso. La gonna lacera aveva un orlo bruciato: era quello l'odore, realizzò il Drago dopo un attimo, fumo, e sangue, un odore dolciastro e colloso che le si era incollato addosso e che si mescolava a quello della confusione.
- Mettiti seduta. - le aveva detto il Drago. - Calmati. Respira.
La ragazzina tirava giù il fiato a grosse boccate: sembrava stordita più che impaurita, e dolorante, infreddolita. Tremava ed era rigida. Il Drago si mosse per avvicinarlesi, cautamente, e le si sedette accanto: si spostò piano per non agitarla, ma la ragazzina – invece che ritrarsi – gli venne incontro e gli si accoccolò accanto.
- Che cos'è successo? - le aveva chiesto. - Cosa c'è che non va?
L'odore appiccicoso che lei aveva addosso sapeva di nausea, sapeva di dolore. Sapeva di cose bruciate. Il Drago aveva allungato la lingua e l'aveva leccata come avrebbe fatto per uno dei suoi cuccioli appena usciti dall'uovo, per pulire e confortare e scaldare. La ragazzina aveva guardato la bava che ora le colava dalle braccia ed aveva fissato il Drago con un'espressione bizzarra: sembrava non saper bene se fosse il caso di essere schifata oppure no.
L'aveva fissato e fissato e fissato e tutto ad un tratto dietro agli occhi della ragazzina qualcosa era sembrato fare clic, come due ruote da mulino che si incastrassero finalmente l'una sull'altra, combaciando.
Aveva aperto bocca e aveva bisbigliato:
- Stanno bruciando tutto. - Aveva la voce rauca, rotta. - Bruciano tutto. I soldati del re stanno bruciando tutto.
Poi, l'attimo dopo:
- Stanno uccidendo tutti.

E:
- Vieni con me. - gli avrebbe detto lei il giorno dopo. - Vieni con me. Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.






Note: C'era in previsione una puntata di SuperQuarT sui draghi, ma facciamo che ve la risparmio. x°°°D

Ne approfitto invece per pubblicizzare Look for Love, di Volpotta, classificatasi prima al concorso Era mio padre - Concorso su Harry Potter e Severus Piton indetto da me e dall'Amata Salice.



Un grazie di cuore a tutti voi.
  
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