Fanfic su artisti musicali > All Time Low
Segui la storia  |       
Autore: SkeSmartMistake    22/11/2011    2 recensioni
A volte abbiamo bisogno di vedere quelle persone ci regalano emozioni con le loro canzoni, con la loro musica, un po' più vicini a noi. Sentiamo quasi la necessità di renderli più umani, più fragili, più comuni. Ispirandoci ai testi delle canzoni,fantastichiamo sulle loro possibili vite e ci ritroviamo nelle loro forze, paure, gioie e debolezze. Io ho iniziato così. Con quattro ragazzi del Maryland che ogni giorno mi regalano una vagonata di sorrisi. Io ho iniziato con gli All Time Low.
Ma loro? Loro come vivono la loro vita, dietro i palchi e le prove? Ecco uno spaccato della loro probabile vita quotidiana che si nasconde dietro ognuna delle loro canzoni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Allora è così che ci si sentiva a casa.

I mobili lindi e intaccati sempre al loro posto, il mio amato divano di pelle, la mia  ricca dispensa, il frigo che avevo gentilmente chiesto ai miei di riempire prima del mio ritorno e i miei due cani che con sguardo languido mi chiedevano una carezza.

Mi mancava la mia casa, capita così spesso che in tour non ritorni a Baltimora per mesi.

Mi chinai su Sebastian che mi stava attaccato alle caviglie e gli diedi  un colpetto sulla testa a mo’ di coccola. Lui se ne andò felice zampettando verso la ciotola.

*BRRR BRRR*

Tirai fuori il telefono dalla tasca e guardai bene il mittente.

LISA.

La mia indesiderata numero uno.

 Da quella volta nel backstage sembrava che tra noi fosse tornato tutto come prima, ma questo solo perché ci sentivamo solo per telefono e via messaggi, e come spesso mi dicono sono bravo con le parole io.

Fingevo piuttosto bene di amarla ancora come un tempo.

“Amore sto arrivando da te, ti porto il milkshake gigante che ti piace tanto J “

Sospirai  e buttai il telefono sul divano.

Peyton  mi guardò perplesso.

Questa casa era troppo vuota per i miei gusti.

Mancavano i ragazzi, mancava la musica, l’allegria del passato, mancava il movimento che quando sei un ragazzino riesci sempre ad avere. Mancava quel particolare, quei dettagli che mi infondevano felicità.

Volevo tornare diciassettenne,  ai tempi in cui le azioni erano dettate dalle emozioni e non da doveri e responsabilità.

Mi affacciai alla finestra cercando di osservare oltre il mio vialetto, l’infinito sembrava accarezzare Baltimora con una linea delicata.

Eppure un tempo amavo quel paese, non fraintendetemi, lo amo ancora, è solo che l’ansia e le preoccupazioni avevano reso il mio soggiorno  a Baltimora più deprimente del solito.

Qualcuno bussò alla porta proprio mentre cercavo di arrivare ad una conclusione logica dei miei pensieri.

Sapevo già chi fosse perciò presi coraggio, finsi un sorriso ipocrita, e aprii la porta internamente insoddisfatto nel vedere che era Lei, Lisa e che non fosse nessun’altro di più interessante.

-Amoreeee!- Esclamò saltandomi addosso come una sanguisuga.

Rimasi impassibile conscio che avrei semplicemente dovuto ricambiare per non destare sospetti, e così feci.

Chiusi gli occhi della razionalità e lasciai che tutto avvenisse per uno strano piano del destino.

Quando arrivò il tramonto ero già in macchina sulla strada per Mission,  ero in viaggio da un po’ ormai e sarei dovuto arrivare a momenti.

Vedevo le macchine sfrecciarmi davanti come ricordi inafferrabili, cercai di raggiungerle, di superarle, ma mi sentivo debole come si mancasse qualcosa, quella carica, quello sprint che solo sul palco riuscivo a raggiungere.

Arrivato al luogo di incontro, feci un bel respiro e uscii dalla macchina cercando di risultare il più sereno possibile.

Ma sono pessimo in queste cose, sono particolarmente facile da interpretare, quasi come un libro per bambini.

-Alla buon ora marpione!- Mi urlò Vinny dallo stand allestito al fondo della sala.

-Le sarai mancato molto…- Disse con una sottile ironia Rian mentre avvitava meglio una vite sotto il rullante.

-Almeno te l’ha data? No perché altrimenti è proprio tempo perso.- Mi chiese Jack ridendo di gusto.

Gli diedi le spalle, con le mani gli avvolsi i polsi, e sorridendo agli altri lo spinsi dietro le tende nel backstage.

Mi guardò leggermente stupito.

-E’ inutile che fingi con me idiota, lo so che non sei lo stronzo tutto “tetteeculi” che vuoi far sembrare, piuttosto dimmi come procedono le cose.

Il flebile sorriso che era rimasto sul suo volto si spense lasciando spazio ad una smofia corrucciata.

-Sto imparando a convivere con i sensi di colpa.- Abbozzai un sorriso consolatore

Poi continuò: - E’ un po’ come per i drogati no? Ne vogliono sempre, sempre di più, poi però sanno che fa male, che non è sano e gli tocca nascondersi.

-Brutto, tristissimo paragone amico.- Dissi.

-Che devo dirti l’amore mi ha fatto fuori il senso dell’umorismo. Cazzo è davvero una droga per me.-

Lo guardai in silenzio, parlandogli con gli occhi, esprimendo tutto il mio appoggio, il mio sostegno nei suoi confronti.

-Poi non hai idea di quanto faccia male vederla con Rian, scherzare, ridere con lui addirittura baciarsi. Qualche volta ho l’istinto di mollargli un cazzotto sul naso poi mi rendo conto che non è giusto, che non ne ho il diritto. Perché non sono il suo ragazzo, perché sono io il terzo incomodo, quello di troppo. E fa ancora più male.

Restai a fissare i suoi grandi occhi scuri senza dire una parola.

Sentivo le voci da fuori ridere, scherzare, parlare, e mi rendevo conto che è inutile cercare la perfezione, perché anche nel mucchio di diamanti troverai la merda, o, detto in maniera più delicata: anche se tutto sembra andar bene ognuno di noi ha un cadavere nell’armadio.

E infondo era meglio non sconvolgere definitivamente questo insolito equilibrio. Questa assurda ricerca della felicità, di sentirsi leggeri e senza preoccupazioni perché come dice Weightless: “questo dovrebbe essere abbastanza”.

Guardai il cellulare per un ultima volta quella sera, come sfondo avevo una vecchia foto di noi quattro, allegri, uniti e spensierati.

Io non conoscevo ancora Lisa, e cazzo ridevo, ridevo davvero un po’ di più. 

Era il periodo in cui passavo le miei serate tra prove, pub e night club, roba da adolescenti arrapati in cerca di novità.

Spensi il telefono cercando invano di sedare il flusso di ricordi.

 

*

 

Quando si riaccesero le luci sul palco, afferrai il microfono con decisione e continuai l’ultima canzone con l’ultimo ritornello.

“I’ve got your picture i’m coming with you dear Maria count me in there’s a story on the bottom of this bottle and i’m the pen”

I riflettori si spostarono sul pubblico, un marasma di persone, una folla assatanata, un mucchio di ragazzine urlanti in calore.

 

Guardai meglio cercando di andare oltre i gruppi di ragazzi, cercando di non soffermarmi allo strato superficiale.

Sotto quegli occhioni ricoperti di ombretto ci sono amori, Dietro quei capelli scapestrati paure e sotto quei vestitini cosi  striminziti o appariscenti vi erano emozioni.

 

Ma la mia emozione, sobbalzava a passeggio  con il mio cuore  ad ogni nota, ad ogni parola, ad ogni sguardo.

Quello sguardo che si posò al fondo della sala, poco dopo Vnny.

In linea diretta con me c’era una bellissima ragazza dagli occhi castani, le labbra carnose rosse come fragole, la pelle diafana, e lunghi capelli tendenti al rossiccio che scendevano delicati dulle spalle.

-Grazie a tutti ragazzi.- Dissi al microfono salutando.

Il cuore riprese a battermi a ritmi ai quali non ero più abituato, un sorriso mi esplose gigante sulle labbra.

Gli occhi fissi su quella figura così meravigliosa che sembrava uscita da un sogno, o meglio, uscita dalla mia fervida immaginazione che ogni giorno rubava il suo ricordo alla memoria.

-Bentornata Maria.-  

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > All Time Low / Vai alla pagina dell'autore: SkeSmartMistake