Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: adamantina    27/11/2011    2 recensioni
Sono passati tre anni da quando Vanessa, Damien, Lily, Charlotte, Blake, Arthur e Jonathan si sono separati con l’intenzione di tornare alla loro vita normale. Ma cosa significa normale per chi è dotato di poteri che potrebbero cambiare il mondo? Blake non si è arreso e continua a lottare. Ma anche chi ha da tempo rinunciato a combattere per un mondo più giusto dovrà tornare in campo quando le persone a lui più care saranno minacciate …
«Non puoi biasimarci per averne voluto restare fuori, Blake. Quello che tu stai facendo è fingere di essere ancora al Queen Victoria’s, e ti rifiuti di andare avanti con la tua vita. […]»
«Stavo cercando di impedire un omicidio!»
«Sei un idealista» taglio corto, incrociando le braccia. «Ammettilo, lo sei sempre stato. E credo che il tuo vero scopo sia riportare Lily sulla retta via. Ammettilo, ancora ci speri […].»
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Queen Victoria's College'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~THE GREATEST MISTAKE~

 

[Charlotte]

 

Il sorriso che mi aleggia ancora sulle labbra dopo il bacio con Jonathan sparisce non appena rientro nella sala comune.
Faccio per parlare, ma Arthur si mette l’indice sulla bocca per farmi segno di tacere. Damien si è addormentato sulla poltrona.
Arthur si alza ed esce con me dalla sala, faticando a camminare, ancora provato dall’operazione. Saliamo le scale fino alla camera dei ragazzi.
«Allora, cosa vuoi?» chiede bruscamente dopo aver chiuso la porta dietro di sé.
«Mi dispiace» dico d’un fiato.
«E perché mai?»
«Io … pensavo che avrebbe funzionato.»
«Sembra che anche miss Perfezione possa sbagliare, quindi.»
«Non è colpa mia, Arthur» dico, le parole rassicuranti di Jonathan ancora nelle orecchie. «Ho fatto tutto il possibile.»
«Una decina di lauree, chissà quanti master, un quoziente intellettivo di oltre duecento punti» sibila, riuscendo in qualche modo a far suonare il tutto come un insulto, «Ed è questo il tuo “tutto il possibile”?»
«Io … »
«Siamo venuti da te perché pensavamo che fossi l’unica in grado di fare qualcosa. Forse se fossimo andati da qualcun altro … »
«Non è colpa mia!» insisto.
«E di chi, allora?»
«Sei stato tu a trasmettergliela» ringhio, vendicativa, desiderando solo che smetta di incolparmi. «L’hai detto tu stesso, non siamo negli anni Sessanta. Avevi il dovere di sapere come … »
«Non osare dare la colpa a me!» urla Arthur. «Io sono stato l’unico che non lo ha abbandonato!»
«Ti sbagli» lo contraddico, con rabbia sempre più bruciante. «Tu non hai mosso un dito. Non hai fatto altro che pretendere che io trovassi una cura, quando è ovvio che non esiste!»
«Io lo amo!»
«E io sono sua amica! Se ci fosse una minima possibilità … »
«L’idea dell’invulnerabilità è stata mia.»
«Sì, e non ha funzionato!»
«Ma tu pensavi il contrario! Fino a pochi minuti fa … anzi, l’avresti fatto, e lui sarebbe morto
«Tanto morirà comunque!»
Non so da dove mi siano uscite queste parole fredde e disinteressate –non sono io, è che Arthur è l’unico che ha il potere di darmi sui nervi in questo modo.
Tutto quello che so è che, un istante dopo, la mia schiena preme contro il muro e Arthur mi sta baciando.
Non ha nulla a che fare con i baci delicati di Jonathan.
È l’equivalente uno schiaffo in pieno viso, ma so già che dopo farà più male.
È odio, è rabbia, è disperazione –e li sento bruciarmi nelle vene mentre ricambio il bacio e mi aggrappo ad Arthur.
Vorrei poter dire che ci fermiamo subito e ci rendiamo conto dell’errore –ma mentirei.
Non ci fermiamo. Le nostre mani lottano per toccare quanto più possibile dell’altro, e non c’è l’ombra di un pensiero razionale in questo.
Odio. Rabbia. Disperazione.
I suoi capelli sotto le mie dita che li tirano forte.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Lo strappo di una cucitura della mia maglietta per la foga con cui me la toglie.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Il cigolio delle molle del materasso quando, senza sapere come, la mia schiena affonda su di esso.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Le lacrime sul suo viso, o forse sul mio, chissà chi le ha piante. Tanto è lo stesso.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Il suono quasi ridicolo di una zip abbassata.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Un morso sul collo, più violento di quanto mi aspettassi, che mi provoca un gemito involontario.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Le mie dita che si aggrappano alla sua schiena –la cicatrice fresca dell’operazione che avrebbe dovuto salvare Damien.
Damien.
Odio. Rabbia. Disperazione.
 
Qualche minuto dopo.
Riprendiamo fiato, senza osare guardarci negli occhi.
Cosa ci è successo?
La scena, vista razionalmente, è imbarazzante. Il letto sfatto, i volti sudati, i vestiti per terra.
Deglutisco.
Come sono arrivata qui? Io, la razionale, fredda, calcolatrice Charlotte, che non conosce la parola impulsività, come sono finita in questa situazione con una persona che detesto?
La risposta è davanti ai miei occhi, inaccettabile.
Odio. Rabbia. Disperazione.
Lentamente, con la sensazione di nuotare in un mare di gelatina, mi alzo e raccolgo i miei abiti.
Non oso alzare gli occhi su Arthur, che sta facendo lo stesso.
Senza dire una parola, mi rivesto ed esco, rifugiandomi nella vecchia camera delle ragazze, dove ho dormito da quando avevo dieci anni a quando ne avevo diciotto insieme a Vanessa e Lily –una vita intera di scherzi da ragazze, risate e lacrime da adolescenti.
Mi guardo allo specchio.
Sono sempre io, solo un po’ cresciuta, con i capelli arruffati e il viso arrossato.
Eppure è tutto diverso.
Qualcosa è cambiato, e vorrei tornare indietro di un’ora per rimettere le cose a posto.
Solo che stavolta non si può.
 
Mi ricordo dell’appuntamento con Jonathan solo quando ormai è troppo tardi. Mi sembra di muovermi in un sogno. Nulla è reale, niente ha più senso.
Faccio una lunga doccia, mi cambio e scendo le scale.
Vedo Vanessa intenta a chiacchierare a bassa voce con Blake su un divano, ma non mi avvicino.
È la mia migliore amica, e vorrei disperatamente confidarmi con lei –ma è ancora più vicina a Damien, e non posso permettere che lui venga a saperlo.
Esco dalla sala comune e decido di andare verso la biblioteca –quando vivevo qua lo facevo ogni volta che mi sentivo male per qualche motivo.
Trovo Lily seduta su un divanetto con un libro.
Prima ancora di realizzarlo razionalmente –sembra che ormai il mio cervello mi abbia definitivamente abbandonata- sono seduta accanto a lei e sto piangendo.
«Shh … cos’è successo, Charlotte?» mormora lei, accarezzandomi i capelli ancora bagnati. «È per Damien?»
Solo sentirlo nominare mi fa sentire maledettamente in colpa.
«Ho fatto una cazzata» singhiozzo non appena riesco a parlare. «La cosa peggiore che potessi fare.»
«Vedrai che si sistemerà tutto» mi consola lei.
«No» mugolo «Non posso tornare indietro … »
«Cos’hai fatto, Charlie? Qualunque cosa sia, sono sicura che c’è un rimedio.»
«Sono andata a letto con Arthur» sussurro, e dirlo ad alta voce lo rende in qualche modo reale, tanto che esco -con un rumore interiore di vetri infranti, o forse è il mio cuore- dallo stato di trance in cui mi trovavo.
Lily sbarra gli occhi e la sua mano si ferma sui miei capelli.
«Che cosa?!»
«Sono stata così stupida» dico tra le lacrime. «Ero arrabbiata perché continuava a darmi la colpa per Damien … ero fuori di me, e non pensavo lucidamente … nessuno di noi due lo faceva … e un attimo dopo eravamo-» mi interrompo e riprendo a piangere.
«No, non piangere, Charlie. Ok, è stato un errore –ma non è così grave, giusto? L’hai detto tu stessa: eravate sconvolti. Sono cose che capitano.»
«Tu non capisci» mormoro. «Era … era la mia prima volta.»
Lily batte le palpebre.
«Oh» riesce solo a commentare.
«Mi sento così idiota! Sono tra le persone –no, sono la persona più intelligente del pianeta» mi correggo con notevole ma realistica mancanza di modestia «e sono riuscita a fare una cosa così ingenua!»
«Oh, Charlie. Mi dispiace tanto.»
Appoggio la testa sulla sua spalla e continuo a piangere in silenzio.
 
Non mangio cena e, quando Lily e Vanessa rientrano in camera, fingo di star già dormendo. Loro si danno la buonanotte e in breve crollo anch’io, distrutta.
Mi risveglio presto. Il mio orologio non segna ancora le sette.
Faccio una doccia, mi vesto e scendo.
Appena entrata in cucina per cercare qualcosa che appaghi il mio stomaco brontolante vedo l’ultima persona che avrei voluto incontrare.
Arthur.
Il mio primo istinto è di voltarmi e andare via senza dire una parola, ma il sonno sembra avermi riportato un minimo di raziocinio e decido di comportarmi da persona matura.
Mi avvicino alla dispensa e trovo un pacco ancora sigillato di pane in cassetta. Ne infilo un paio di fette nel tostapane e aspetto in silenzio.
Arthur, che sta bevendo del caffè, non mi guarda quando comincia a parlare.
«Volevo solo che sapessi» esordisce, intento ad osservare il manico della sua tazza, «Che ne parlerò io con Damien. Perciò, se prima di allora potessi … »
«Non lo dirò a nessuno» scatto, irritata dal fatto che il suo solo pensiero sia tenere tutto nascosto –tra l’altro, realizzo, Lily lo sa già.
«Bene.»
Il silenzio adesso è ancora più imbarazzante.
«Charlotte» riprende dopo un po’, ancora evitando di guardarmi, mentre io spalmo della marmellata sul mio pane tostato «Mi dispiace che … insomma, che la tua prima … ecco … sia stata … così
«Te ne sei accorto» dico solo, pacata, come una considerazione indifferente.
«Certo. Ma … troppo tardi, credo.»
La gola chiusa, mi limito ad annuire in silenzio.
«Avrei dovuto pensare un po’ di più» commenta.
Mi arrischio ad alzare lo sguardo.
«Anche io» ammetto con voce debole.
Lui si passa le dita sulle palpebre chiuse.
«Non sto dicendo che non mi sia piaciuto» aggiunge precipitosamente. «È solo che … »
«Damien» concludo per lui con un sorriso amaro. «Ti capisco. Volevo che fosse … doveva essere Jonathan.»
«Possiamo dimenticarcene» suggerisce speranzoso.
«Vorrei che fosse così semplice.»
«Io non so neanche se … » si interrompe e sospira. «Damien è un ragazzo. Dio sa che mi ci è voluto del tempo per accettarlo. E adesso che ero convinto di essere … insomma, come faccio a dirglielo? Se fosse stato un ragazzo, forse –ma con te? Ho paura che pensi che … che io non l’ho mai veramente … »
Smette di parlare e scuote la testa, appoggiando la tazza sul bancone con forza.
«Capirà» sussurro.
Mi guarda inespressivo.
«Credi che io debba dirglielo?» domanda. «A che scopo, Charlotte? Per farlo soffrire negli ultimi giorni ... » la voce gli si spezza.
«È una tua scelta» replico dolcemente, ritrovando il mio consueto ruolo di consigliera. «Ma, se ti interessa la mia opinione, io penso che la sincerità sia la cosa migliore.»
«Ah, sì? Tu lo dirai a Jonathan?» ribatte lui.
Mi coglie impreparata e batto le palpebre, sorpresa. Chissà perché, non riesco mai a fare a lungo la maestrina con lui.
«Io … immagino … »
«Non è così facile.»
«No» concordo con un sospiro.
Ci guardiamo.
«Credo che questa sia la prima volta che non litighiamo quando parliamo» commenta Arthur con l’ombra di un sorriso.
«Sì, lo penso anch’io. Se avessimo saputo prima che bastava andare a letto insieme … »
Gli sfugge un sorriso, ma torna subito serio.
«Allora? Lo dirai a Jonathan?»
«Sì. È giusto che lo sappia.»
Annuisce.
«Ci penserò» promette prima di uscire. «Oh, ciao, Jon.»
Fantastico. E io che pensavo di poter rimandare.
«Charlie» mi saluta freddamente.
«Jon. Mi dispiace non essere venuta ieri. È successa una cosa e … mi è completamente passato di mente.»
La sua espressione si addolcisce.
«Non è un problema. Cos’è successo?»
Mi schiarisco la voce.
«Io … ho litigato con Arthur. Continuava ad incolpare me e poi …» deglutisco a vuoto «Insomma, mi ha … baciata. E … »
«Lui che cosa?!» esplode Jonathan.
«Non … non è che fosse solo lui, Jon. È stato … eravamo sconvolti, tutti e due, e … »
Lui sbarra gli occhi.
«Non avrete …?»
Lascia la frase in sospeso, ma capisco benissimo. Non rispondo, ma credo che la mia espressione sia sufficientemente eloquente.
«Non ci credo» ansima lui. «Non ci credo! Avete fatto sesso!»
Arriccio il naso per il modo rude in cui ha posto l’accusa –non per questo meno vera, certo.
«Ma lui è gay, maledizione!»
La sua reazione non è esattamente quella comprensiva che mi aspettavo.
«Jon, te l’ho detto, non volevamo farlo. È stato tutto un malinteso … »
«Un malinteso? Sei andata a letto con lui dopo che ci eravamo baciati per la prima volta da tre anni!»
«Credimi, quel bacio è stato molto più importante che … »
«Vaffanculo, Charlotte. Tornatene da Arthur, adesso. Anche se a lui non frega niente di te –non più di Damien, sicuramente.»
«Lo so» mormoro, le lacrime agli occhi. «E non importa neanche a me! Eravamo … »
Ma Jonathan esce sbattendo la porta prima che io possa ripetere l’ennesima, inutile giustificazione.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: adamantina