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Autore: unleashedliebe    29/11/2011    5 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XIII (C)


Pov Bill

....
...

Finì di sistemare la valigia per il breve soggiorno ad Amburgo e fui raggiunto da mio fratello.

-Andiamo?- domandò sbrigativo, sapevo una volta finita la terapia avrei dovuto ripagare tutto quello che stava facendo per me, non mi lasciava un secondo.

Al mio fianco, sempre.

Tom poteva apparire duro, perché era un indubbio playboy, sembrava senza cuore, sbruffone. E lo era, inutile nasconderlo, ma oltre a questo c’era di più, tanto. Avrebbe potuto approfittare della mia permanenza alla clinica per prendersi una pausa, non gliel’avrei negato; invece scelse di stare con me, sopportando le mie crisi depressive e i miei numerosi lamenti.
Tom era dolce, questo suo lato lo faceva trasparire molto lentamente e con pochissime persone, ossia la band e la nostra famiglia. Era restio a coccole o dimostrazioni d’affetto, ma era stato il primo ad abbracciarmi una volta uscito piangente dal palco, senza voce.
Era la mia coscienza, tutto ciò che ero io e tutto quello che scorreva nelle mie vene.

Continuava a fissarmi in attesa di un mio cenno, presi il cellulare e affermai di voler andare da Mel prima.
-Oddio, ti ha proprio bruciato il cervello eh? Donne!- commentò ridacchiando.
Idiota! Mi ha preso il cuore, altro che bruciato il cervello” digitai io, sorridendo dolce.
-Niente da fare, ormai ti ho perso! Dai su sbrighiamoci, non vuoi perdere l’aereo vero?-
Negai e, dopo aver preso la valigia, mi diressi verso la camera della mia ragazza; bussai e, senza attendere risposta, entrai. La vidi lì, seduta sul letto con lo sguardo leggermente perso. Si illuminò vedendomi, e il suo viso si colorò di un tenerissimo rosa, imbarazzata probabilmente dall’abbigliamento: indossava una camicia da notte che metteva in evidenza le sue lunghe e gambe magre, apprezzate logicamente da me.

-Bill, che ci fai qui?- il tono era tra lo stupito e l’imbarazzato.
Vado in aeroporto, volevo passare a salutarti” scrissi e mostrai la mia risposta. Arricciò gli angoli in della bocca all’insù e soffiò un oh sorpreso, scendendo dal materasso e posizionandosi fra le mie braccia. Alzai lo sguardo sul suo, vidi i suoi occhi azzurri brillare. Ricordo che, il giorno in cui la incontrai, erano spenti, malinconici. Ora invece, grazie a me, splendevano di emozioni nuove. L’avvolsi con le braccia e sentì le sue labbra poggiarsi leggere sul mio collo, facendomi rabbrividire. Erano sensazioni nuove anche per me, ero già stato innamorato in passato, ma da quando avevo incontrato Mel, le vecchie storie mi sembravano banali, vuote. Ciò che provavo verso Mel era forte, vero, puro.

Era amore.

Ricambiava, ne ero certo; come ero certo di tutte le sue paure e della sua confusione. Il suo problema era che pensava troppo agli altri, si comportava così affinché nessuno si sentisse ferito a causa di un suo atteggiamento, metteva sempre le mani davanti.
Aveva la leucemia, lo sapevo, non mi interessava. Volevo vivere ogni momento con lei al meglio, sapevo si era già prefissata il percorso della nostra storia, sapevo l’avrebbe fatta finire, cercavo di pensarci il meno possibile, nutrivo la speranza di farle cambiare idea. Doveva cambiarla, perché non l’avrei abbandonata facilmente, no.
Il mio flusso di pensieri fu interrotto dalle sue labbra che andarono a posarsi sulle mie, coinvolte in un bacio passionale, dolce e lento. Riuscivo a sentire i battiti irregolari del suo cuore, che spingeva addosso al mio petto. La sentivo fremere, la sentivo tremare.

-Bill per favore, dobbiamo andare! Hai tempo per queste cose quando torniamo!- a interromperci arrivò il mio caro fratello, che si guadagnò un’occhiataccia per quell’uscita.
-Tom, perché devi sempre rompere le scatole?- sbuffò la mia ragazza seccata, staccandosi leggermente da me. Seguì un battibecco fra i due, che culminò con un cuscino in faccia del rasta, tra le mie risate e quelle di Mel. Purtroppo però aveva ragione, dovevamo andare. Dispiaciuta mi lasciò un altro bacio, sussurrando che le sarei mancato. Avrei voluto rispondere “tu di più”, le parole però non potevano uscire, maledetta gola. Mi limitava troppo, non potevo sussurrarle ciò che avrei voluto, tutte le parole dolci che si meritava.
La strinsi leggermente prima di uscire dalla stanza, osservando il suo sguardo già triste.
Sospirai, si era impossessata del mio cuore. Lei e le sue mille insicurezze, lei e le sue mille paranoie, lei e i suoi sorrisi, lei e la leggerezza con cui affrontava la sua malattia, lei che ascoltava musica classica e non i Tokio Hotel.

Lei, semplicemente lei, Liebe.

Lo dicevano tutti, io ero Bill Kaulitz: avrei potuto avere qualsiasi ragazza, sarebbe bastata un’occhiata per far cadere ai miei piedi una fan, ma non era quello che volevo. Mi definivano tutti anormale, in fondo era vero: a diciotto anni un adolescente dovrebbe andare a scuola, studiare, uscire con gli amici e divertirsi con tante ragazze diverse. Io preferivo la musica, l’adrenalina che solo un concerto mi dava, passavo tutto il tempo con la mia band e ciò mi bastava, inutile circondarsi di persone che volevano conoscerti per la tua fame. Sognavo l’amore io, non sesso. Volevo una persona che amasse me e non il mio personaggio, con cui poter parlare senza svenimenti o urla.

Mel era tutto questo. Mel era tutto.

-Fratellino, non riesci a smettere di pensare a lei un secondo eh?- esordì Tom ironico. Lo guardai interrogativo.
-Ti conosco da.. tanto: hai gli occhi che ti luccicano e ti succede quando i tuoi pensieri ruotano attorno a una certa tedesca dagli occhi azzurri- si spiegò con tono affettuoso, facendomi sorridere. Mi conosceva, già.
Scosse la testa divertito, mentre montavamo in macchina per raggiungere l’aeroporto. Il viaggio per arrivare ad Amburgo sarebbe stato breve, anche perché l’avremmo raggiunto con l’aereo privato. Il mio pensiero vagò subito su Mel, già la immaginavo giù di morale, perciò le scrissi un messaggio;

“Buonanotte piccola Mel, sogni d’oro.
Mi manchi già.
Sei Sacra”

Ormai avevo associato la canzone “Heilig” a lei, sapevo avrebbe colto l’allusione a quando le avevo detto poche righe del testo tempo prima.
-Togliti quel sorriso ebete dalla faccia, sei fastidioso- esclamò il mio gemello, una volta seduti e in volo.
“Smettila, sei solo invidioso! Perché tu sei ancora triste e solo!” scrissi.
-Triste e solo? Ti sembro triste e solo?- alzò un sopracciglio scettico, -Preferisco godermi la vita io, c’è tempo per accasarsi, sto bene così- sorrise maliziosamente, fu il mio turno di scuotere la testa.
Eravamo opposti in questo aspetto, lui non cercava l’amore, io sì. Una delle mie paure più grande era  rimanere solo, nonostante sapevo fosse impossibile, avrei sempre avuto qualcuno al mio fianco, lui, Tom.
Il forte legame “gemellare” non era un’invenzione pubblicitaria come molti sostenevano, era vero. Come le storie della nostra infanzia, delle prese in giro per via del mio look e le botte prese per questo, e le volte in cui il rasta interveniva per proteggermi, picchiando a sua volta. Sempre inseparabili, la gente faceva fatica a riconoscerci, tanto eravamo uguali. Poi sono cominciati i cambiamenti, io verso il trucco e lo stile “androgino” e lui verso stile “rapper”.
Dentro però sempre noi, quei due scapestrati costretti a frequentare classi diverse perché assieme facevano troppa confusione, quelli a cui non servivano parole per comunicare. Uno sguardo diceva tutto.

 

Guardavo distrattamente giù dal finestrino, tutte le luci e i movimenti della città notturna, chissà quando sarei tornato a vivere la vita di prima.. le terapie andavano bene, tutto procedeva senza complicazioni, ciò significava la mia voce sarebbe tornata quella di una volta. Il mio sogno sarebbe continuato, avrei solcato ancora palchi di tutta Europa e, chissà.. un giorno magari avrei alloggiato con i ragazzi di un hotel a Tokyo. Chissà..

Per quanto eccitante fosse questa prospettiva, ora c’era un aspetto che mi inquietava, Mel: ero consapevole non avrebbe accettato di vivere il mio sogno con me, non avrebbe accettato che io viaggiassi per il mondo con il pensiero rivolto a lei, rinchiusa il quella clinica.
Scossi la testa, inutile farsi problemi prima del tempo, ci avrei pensato poi.

....

...

* * * 

....

...

-Signori Kaulitz, siete arrivati. La vostra guardia del corpo vi attende il pista- annunciò l’hostess.
Annuimmo contemporaneamente, stiracchiandoci e portandoci giù con le valigie. Salutai il federe Saki, pronto ad attenderci e trasportarci a casa Trümper. In poco tempo arrivammo e fummo accolti da nostra madre e Gordon, felici di vederci. Simone si rivelò apprensiva come sempre, riempiendoci di domande, quel periodo non era facile neanche per lei.
-Ragazzi, le vostre camere sono pronte. Restate solo due notti giusto?- domandò la mamma.
-Si, perché tuo figlio non riesce a stare troppo lontano d..- tirai una gomitata sul suo fianco, interrompendolo prima che dicesse qualcosa di troppo compromettente, anche se era troppo tardi: lo sguardo della donna si era già fatto attento e curioso, chiedeva spiegazioni.
-Ah, Bill si è innamorato- esclamò, spalancai gli occhi: cretino, non poteva farsi i fatti suoi?
-Cosa? E perché non ci hai detto nulla?- domandò inquisitoria, scossi le spalle.
Niente domande, sono stanco. Neanche domani mattina, perché ho la visita. Ah, neanche il pomeriggio, perché vado a casa di Andreas, quanto mi dispiace! Notte Mutti” la vidi leggere il messaggio insoddisfatta, non le diedi tempo di replicare e filai in camera mia, rimasta immutata: nonostante il trasferimento da Magdeburgo, avevo riportato tutte le cose come nella vecchia camera. C’erano i poster di Nena e dei Placebo appesi alla parete, il copriletto nero, tutti i trucchi sulla scrivania, fogli sparsi dappertutto.  Serviva per farmi mantenere i piedi per terra, ricordarmi che, nonostante capitava di dormire in suite elegantissime, ero pur sempre un adolescente disordinato. Sorrisi leggendo le bozze di vecchie canzoni sull’album aperto sopra la scrivania. Misi velocemente il pigiama, stendendomi a letto e addormentandomi velocemente, mi aspettava una mattinata intensa.

....

...

* * * 

....

...

-Smettila di muoverti così Bill, mi fai agitare!- borbottò Tom, un’ora prima eravamo arrivati nello studio medico del dottor Merken, il quale aveva terminato il controllo e doveva dare i risultati da un momento all’altro.
Inutile dire quanto fossi in ansia: quando potevo tornare a parlare? Teoricamente i giorni “silenziosi” si erano conclusi, non ce la facevo più a tacere, soprattutto poiché ero un logorroico nato.

Paura, terrore, panico.

-Okay ho capito, non la pianti- sbuffò arrendendosi.
Continuai a picchiettare il dito nervosamente sulla sedia, finché il dottore non arrivò con i risultati.
-Allora Bill, ho qua i risultati degli esami- alzai gli occhi al cielo, lo sapevo, volevo altre risposte!
-Oh scusa, immagino voglia che passi subito al dunque, beh.. è tutto perfetto! La sua gola è tornata come prima, non dovreste avere difficoltà a parlare-
Spalancai la bocca stupito, stessa reazione ebbe mio fratello.
-Vuol dire che, può tornare a parlare? Così, semplicemente?- domandò leggendomi nel pensiero.
-Sì, ovviamente deve limitarsi, perché è ancora tutto da tenere sotto controllo, ma sostanzialmente può tornare a parlare come prima. Per quanto riguarda il canto invece, il discorso è un po’ più complicato, la riabilitazione sarà più lunga soprattutto perché deve prestare attenzione a come usa la voce, basteranno tre settimane e potrà tornare a la superstar di prima- concluse il dottore sorridendo.
Ero.. al settimo cielo. Sentivo che tutto stava tornando a posto, ce la potevo fare.
Rimasi in silenzio, temevo di parlare, temevo cambiamenti, anche se mi era stato assicurato non ce ne sarebbero stati.
Deglutì e, dopo troppo tempo, udì la mia voce.
-Tomi..- soffiai piano, voltandomi verso il mio gemello che mi guardava con sguardo dolce e felice.
-Grazie dottore- dissi poi rivolto a lui, mi sembrava così strano l’effetto del mio chiacchiericcio, me n’ero quasi disabituato. La voce era roca, tentennante.. ma c’era.
-Di niente, è il mio lavoro. Ora spedirò tutte le documentazioni alla clinica di Colonia, potete andare-

Ci congedammo e, una volta fuori, espirai rumorosamente, mi sentivo leggero.
-Oddio, non ci credo- dissi entusiasta, abbracciando istintivamente mio fratello, che ricambiò la stretta sorridendo.
-Te l’avevo promesso, vedi? È andato tutto bene! Così dovrò tornare a sopportare Bill in versione logorroica!-
-Piantala! Ammetti ti sono mancato!- si grattò l’orecchio, e annuì imbarazzato, distaccandosi dall’abbraccio.
-Grazie Tomi, so che.. sono stato un peso ultimamente- affermai, mentre mi guardava interrogativo, -Sono stato terribilmente rompi scatole, e volevo solamente ringraziarti per essermi stavo vicino ancora una volta-  

Mi prese la mano, guardandomi dritto negli occhi.

-Tu sei mio fratello, non pensare neanche a ringraziarmi. Avresti fatto lo stesso- affermò con tono dolce, non potei che annuire.
-E ora basta, altrimenti piangi e ti si scioglie il trucco!- affermò ridendo, lo seguì a ruota.
-Dai andiamo, Andreas ci sta aspettando- sorrisi io.

Andreas era l’unico amico che avevo al di fuori della band, fin dai tempi del ginnasio. Aveva accettato la mia “stranezza” e era rimasto affianco a Tom e me anche dopo il successo dei Tokio Hotel, nonostante la fama i rapporti non si erano allentati, riuscivamo a vederci spesso anche perché, anche lui, era in viaggio grazie alla sua carriera da modello. Raggiungemmo la sua casa in poco tempo, e già lo trovammo sulla porta ad accoglierci.
-Salve forestieri! Come va?- esclamò salutando e invitandoci ad entrare.
-Bene!- risposi io, lui davanti a me si blocca e inevitabilmente gli sbattei contro, facendolo cadere.
-Ma che cavolo, Andi sta attento!- affermai aiutandolo a tirarsi su.

Nel frattempo continuava a guardarmi sorpreso.

-Aspetta, mi devo essere perso qualcosa. Ma tu, sbaglio o eri muto?- mi fissò sospettoso, facendo scoppiare a ridere Tom.
-Hai presente la visita di stamani? Ecco, posso parlare, senti? Sto parlando!- risposi con tono ovvio.
-Quanto mi era mancato il tuo umorismo caro cantante da strapazzo!-
-Lo so, lo so! Scommetto che hai passato tutto questo tempo a ascoltare nostri cd perché il suo della mia voce ti mancava troppo!- ridacchiammo.
-Beh ragazzi, ora ci sediamo, prendo le birre e ci aggiorniamo!- sparì in cucina e tornò poco dopo con in mano due lattine di birra, era quello lo stile delle nostre riunioni.
-Allora, novità? Un uccellino con i rasta mi ha detto che qualcuno si è innamorato..- ammiccò verso di me.
-Si ho la ragazza, è Mel- sbuffai non volendo subire un interrogatorio.
-Quella Mel, quella di cui mi hai scritto trentamila volte?- annuì.
-Mh.. sono felice per te, da come me l’hai descritta non posso che esserlo!- sorrise, insieme a Tom.
-Beh, tu invece che ci racconti? Qualche aneddoto divertente di qualche sfilata?
Annuì pensieroso, pronto ad aggiornarci con qualche chicca.

Passammo tre ore in questo modo, a rivangare i vecchi tempi e a ridere per delle cretinate, ci voleva una serata del genere.
Per fortuna quando tornai a casa i nostri genitori erano già andati a letto, così che non subì un altro interrogatorio da parte di mia madre, quando voleva sapere qualcosa era terribilmente insistente e cocciuta, avevo preso da lei.   
Anche la mattina lo stesso, più che altro fu talmente felice di sentirmi parlare che momentaneamente si dimenticò di ciò. Con mio immenso dispiacere.
-Non ridere, tanto mamma se ne ricorderà e ti riempirà di chiamate dopo, è capace di raggiungerci in Colonia- disse mio fratello una volta saliti nell’aereo.
-Piantala! Sai quanto sa essere asfissiante la mamma quando si mette d’impegno!-

Scoppiò a ridere, avevamo avuto entrambi brutte esperienze a causa dell’essere impicciona di Simone.   

-Passando alle cose serie- ammiccò verso di me, -Cosa farai come Mel?-
Immediatamente nacque un sorriso sul mio viso. –Non so.. le ho detto saremo usciti per le quattro, ho pensato di andare in camera sua e farle una sorpresa prima.-
-Okay, che tipo di sorpresa?- domandò maliziosamente.
-Niente di quello che pensi tu!- sbuffai.
-Mh, tanto un giorno succederà..- commentò allusivo, -Va bene ho capito. Ma almeno dimmi, la sua amica è bella? Non ho voglia di partecipare a un’uscita a quattro con una cozza!-
-E’ una bella ragazza, sempre il solito superficiale sei!- mi lamentai.
-Lasciamo perdere, lasciamo in pace così mi riposo e poi sono bello e pronto a sopportare l’appuntamento-
Non risposi neanche, gli lasciai un’occhiata scettica mentre si infilava le cuffiette e si sparava Samy Deluxe al massimo.

Io invece mi lasciai andare ai miei pensieri. Non vedevo l’ora di rivedere la mia Mel, le avevo comprato anche un regalo da Amburgo. Inoltre finalmente potevo evitare di comunicare tramite carta e penna, non mi piaceva un gran che! Mi vibrò il telefono e fui felice di scoprire che, anche lei, mi stava pensando.

“Mi manchi Bill! E non ci siamo visti per solo un giorno. È grave non trovi?”

Grave, già molto grave. Per fortuna ci saremo visti lì a poco.

“Sì. Mi manchi anche tu piccola. Dai, fra poco ci vediamo (:
Ho una sorpresa per te.”

“Sorpresa? Che sorpresa?”

“Vedrai.. ‘vedrai’.”

....


Riposi il cellulare in tasca, e finalmente alle tre ritornai in clinica insieme a Tom.
Lui si diresse in camera mia, mentre io le scrissi un altro messaggio, chiedendo cosa stesse facendo, rispose era in stanza. Percorsi il corridoio e mi fermai davanti alla sua porta, telefonandole. Sapevo aveva il brutto vizio di non vedere mai il mittente e rispondere subito, così c’era l’effetto sorpresa.
-Pronto?- non risposi, aspettai allontanasse il cellulare per vedere il mittente della chiamata.
-Bill?- domandò  con tono sospettoso.
-Si, sono qui- risposi dolcemente. Sentì solo la chiamata chiudersi e un rumore di passi provenire dall’interno, mi allontanai un attimo dalla porta, in tempo per non prenderla in faccia visto che un secondo dopo Mel era uscita correndo, finendomi addosso.
Finì con la schiena attaccata al muro e con Mel appoggiatami sopra, che mi fissava stralunata, felice, sorpresa e.. tenera.  
Non le lasciai dire niente, mi impossessai delle sue labbra prima che potesse far uscire una singola sillaba.
-Mi sei mancata- sussurrai soffiandole sulla fronte. Aveva le guance arrossate e un sorriso splendente.
Era semplicemente  bellissima.
-Tu..- iniziò, la bloccai nuovamente.
-Sssh- tornai a baciarla, abbracciandola stretta.

In quel momento, lì con lei, mi sentì a casa.

...

......

..* * *.

...

...

...

NdA:  Okay, non ho dato segni di vita per tre settimane, ma ora sono qua.
Non sono sparita, sono piena di verifiche, sono una studente-tutor e per questo motivo a volte rimango a scuola il pomeriggio, così il tempo per stare al computer diminuisce drasticamente. Non smetterò di postare questa storia, ci tengo troppo! Dicembre è un mese davvero impegnativo D:
Spero di uscirne viva! E spero non vi siate dimenticate di questa fanfiction, nonostante i miei infiniti ritardi!
Ich bin da, lol.
Ora, passando al capitolo, ecco l'atteso pov di Bill :3
La visita è andata bene, ha passato un po' di tempo con la sua famiglia, è tornata la sua voce, e ora?
                       ....Chissà :3
Ora rispondo alle vostre recensioni (grazie mille a tutte!) e scappo a studiare inglese (help me!)
Datemi un segno di vita ragazze c.c
Un bacione!
Unleashedliebe

   
 
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