CAPITOLO XIII (C)
Pov Bill
....
...
Finì di sistemare la valigia per il breve soggiorno ad Amburgo e fui raggiunto da mio fratello.
-Andiamo?- domandò sbrigativo, sapevo una volta finita la terapia avrei dovuto ripagare tutto quello che stava facendo per me, non mi lasciava un secondo.
Al mio fianco, sempre.
Tom
poteva apparire duro, perché era un indubbio playboy,
sembrava senza cuore, sbruffone. E lo era, inutile nasconderlo, ma
oltre a questo c’era di più, tanto. Avrebbe potuto
approfittare della mia permanenza alla clinica per prendersi una pausa,
non gliel’avrei negato; invece scelse di stare con me,
sopportando le mie crisi depressive e i miei numerosi lamenti.
Tom era dolce, questo suo lato lo faceva trasparire molto lentamente e
con pochissime persone, ossia la band e la nostra famiglia. Era restio
a coccole o dimostrazioni d’affetto, ma era stato il primo ad
abbracciarmi una volta uscito piangente dal palco, senza voce.
Era la mia coscienza, tutto
ciò che ero io e tutto quello che scorreva nelle mie vene.
Continuava
a fissarmi in attesa di un mio cenno, presi il cellulare e affermai di
voler andare da Mel prima.
-Oddio, ti ha proprio bruciato il cervello eh? Donne!-
commentò ridacchiando.
“Idiota! Mi ha
preso il cuore, altro che bruciato il cervello”
digitai io, sorridendo dolce.
-Niente da fare, ormai ti ho perso! Dai su sbrighiamoci, non vuoi
perdere l’aereo vero?-
Negai e, dopo aver preso la valigia, mi diressi verso la camera della
mia ragazza; bussai e, senza attendere risposta, entrai. La vidi
lì, seduta sul letto con lo sguardo leggermente perso. Si
illuminò vedendomi, e il suo viso si colorò di un
tenerissimo rosa, imbarazzata probabilmente
dall’abbigliamento: indossava una camicia da notte che
metteva in evidenza le sue lunghe e gambe magre, apprezzate logicamente
da me.
-Bill,
che ci fai qui?- il tono era tra lo stupito e l’imbarazzato.
“Vado in
aeroporto, volevo passare a salutarti” scrissi e
mostrai la mia risposta. Arricciò gli angoli in della bocca
all’insù e soffiò un oh sorpreso,
scendendo dal materasso e posizionandosi fra le mie braccia. Alzai lo
sguardo sul suo, vidi i suoi occhi azzurri brillare. Ricordo che, il
giorno in cui la incontrai, erano spenti, malinconici. Ora invece,
grazie a me, splendevano di emozioni nuove. L’avvolsi con le
braccia e sentì le sue labbra poggiarsi leggere sul mio
collo, facendomi rabbrividire. Erano sensazioni nuove anche per me, ero
già stato innamorato in passato, ma da quando avevo
incontrato Mel, le vecchie storie mi sembravano banali, vuote.
Ciò che provavo verso Mel era forte, vero, puro.
Era amore.
Ricambiava,
ne ero certo; come ero certo di tutte le sue paure e della sua
confusione. Il suo problema era che pensava troppo agli altri, si
comportava così affinché nessuno si sentisse
ferito a causa di un suo atteggiamento, metteva sempre le mani davanti.
Aveva la leucemia, lo sapevo, non mi interessava. Volevo vivere ogni
momento con lei al meglio, sapevo si era già prefissata il
percorso della nostra storia, sapevo l’avrebbe fatta finire,
cercavo di pensarci il meno possibile, nutrivo la speranza di farle
cambiare idea. Doveva cambiarla, perché non
l’avrei abbandonata facilmente, no.
Il mio flusso di pensieri fu interrotto dalle sue labbra che andarono a
posarsi sulle mie, coinvolte in un bacio passionale, dolce e lento.
Riuscivo a sentire i battiti irregolari del suo cuore, che spingeva
addosso al mio petto. La sentivo fremere, la sentivo tremare.
-Bill
per favore, dobbiamo andare! Hai tempo per queste cose quando
torniamo!- a interromperci arrivò il mio caro fratello, che
si guadagnò un’occhiataccia per
quell’uscita.
-Tom, perché devi sempre rompere le scatole?-
sbuffò la mia ragazza seccata, staccandosi leggermente da
me. Seguì un battibecco fra i due, che culminò
con un cuscino in faccia del rasta, tra le mie risate e quelle di Mel.
Purtroppo però aveva ragione, dovevamo andare. Dispiaciuta
mi lasciò un altro bacio, sussurrando che le sarei mancato.
Avrei voluto rispondere “tu
di più”, le parole però
non potevano uscire, maledetta gola. Mi limitava troppo, non potevo
sussurrarle ciò che avrei voluto, tutte le parole dolci che
si meritava.
La strinsi leggermente prima di uscire dalla stanza, osservando il suo
sguardo già triste.
Sospirai, si era impossessata del mio cuore. Lei e le sue mille
insicurezze, lei e le sue mille paranoie, lei e i suoi sorrisi, lei e
la leggerezza con cui affrontava la sua malattia, lei che ascoltava
musica classica e non i Tokio Hotel.
Lei, semplicemente lei, Liebe.
Lo dicevano tutti, io ero Bill Kaulitz: avrei potuto avere qualsiasi ragazza, sarebbe bastata un’occhiata per far cadere ai miei piedi una fan, ma non era quello che volevo. Mi definivano tutti anormale, in fondo era vero: a diciotto anni un adolescente dovrebbe andare a scuola, studiare, uscire con gli amici e divertirsi con tante ragazze diverse. Io preferivo la musica, l’adrenalina che solo un concerto mi dava, passavo tutto il tempo con la mia band e ciò mi bastava, inutile circondarsi di persone che volevano conoscerti per la tua fame. Sognavo l’amore io, non sesso. Volevo una persona che amasse me e non il mio personaggio, con cui poter parlare senza svenimenti o urla.
Mel era tutto questo. Mel era tutto.
-Fratellino,
non riesci a smettere di pensare a lei un secondo eh?-
esordì Tom ironico. Lo guardai interrogativo.
-Ti conosco da.. tanto: hai gli occhi che ti luccicano e ti succede
quando i tuoi pensieri ruotano attorno a una certa tedesca dagli occhi
azzurri- si spiegò con tono affettuoso, facendomi sorridere.
Mi conosceva, già.
Scosse la testa divertito, mentre montavamo in macchina per raggiungere
l’aeroporto. Il viaggio per arrivare ad Amburgo sarebbe stato
breve, anche perché l’avremmo raggiunto con
l’aereo privato. Il mio pensiero vagò subito su
Mel, già la immaginavo giù di morale,
perciò le scrissi un messaggio;
“Buonanotte
piccola Mel, sogni d’oro.
Mi manchi già.
Sei Sacra”
Ormai
avevo associato la canzone “Heilig” a lei, sapevo
avrebbe colto l’allusione a quando le avevo detto poche righe
del testo tempo prima.
-Togliti quel sorriso ebete dalla faccia, sei fastidioso-
esclamò il mio gemello, una volta seduti e in volo.
“Smettila, sei
solo invidioso! Perché tu sei ancora triste e solo!”
scrissi.
-Triste e solo? Ti sembro triste e solo?- alzò un
sopracciglio scettico, -Preferisco godermi la vita io,
c’è tempo per accasarsi, sto bene così-
sorrise maliziosamente, fu il mio turno di scuotere la testa.
Eravamo opposti in questo aspetto, lui non cercava l’amore,
io sì. Una delle mie paure più grande
era rimanere solo, nonostante sapevo fosse impossibile, avrei
sempre avuto qualcuno al mio fianco, lui, Tom.
Il forte legame “gemellare” non era
un’invenzione pubblicitaria come molti sostenevano, era vero.
Come le storie della nostra infanzia, delle prese in giro per via del
mio look e le botte prese per questo, e le volte in cui il rasta
interveniva per proteggermi, picchiando a sua volta. Sempre
inseparabili, la gente faceva fatica a riconoscerci, tanto eravamo
uguali. Poi sono cominciati i cambiamenti, io verso il trucco e lo
stile “androgino” e lui verso stile
“rapper”.
Dentro però sempre noi, quei due scapestrati costretti a
frequentare classi diverse perché assieme facevano troppa
confusione, quelli a cui non servivano parole per comunicare. Uno
sguardo diceva tutto.
Guardavo distrattamente giù dal finestrino, tutte le luci e i movimenti della città notturna, chissà quando sarei tornato a vivere la vita di prima.. le terapie andavano bene, tutto procedeva senza complicazioni, ciò significava la mia voce sarebbe tornata quella di una volta. Il mio sogno sarebbe continuato, avrei solcato ancora palchi di tutta Europa e, chissà.. un giorno magari avrei alloggiato con i ragazzi di un hotel a Tokyo. Chissà..
Per
quanto eccitante fosse questa prospettiva, ora c’era un
aspetto che mi inquietava, Mel: ero consapevole non avrebbe accettato
di vivere il mio sogno con me, non avrebbe accettato che io viaggiassi
per il mondo con il pensiero rivolto a lei, rinchiusa il quella clinica.
Scossi la testa, inutile farsi problemi prima del tempo, ci avrei
pensato poi.
....
...
* * *
.......
-Signori
Kaulitz, siete arrivati. La vostra guardia del corpo vi attende il
pista- annunciò l’hostess.
Annuimmo contemporaneamente, stiracchiandoci e portandoci
giù con le valigie. Salutai il federe Saki, pronto ad
attenderci e trasportarci a casa Trümper. In poco tempo
arrivammo e fummo accolti da nostra madre e Gordon, felici di vederci.
Simone si rivelò apprensiva come sempre, riempiendoci di
domande, quel periodo non era facile neanche per lei.
-Ragazzi, le vostre camere sono pronte. Restate solo due notti giusto?-
domandò la mamma.
-Si, perché tuo figlio non riesce a stare troppo lontano
d..- tirai una gomitata sul suo fianco, interrompendolo prima che
dicesse qualcosa di troppo compromettente, anche se era troppo tardi:
lo sguardo della donna si era già fatto attento e curioso,
chiedeva spiegazioni.
-Ah, Bill si è innamorato- esclamò, spalancai gli
occhi: cretino, non poteva farsi i fatti suoi?
-Cosa? E perché non ci hai detto nulla?- domandò
inquisitoria, scossi le spalle.
“Niente
domande, sono stanco. Neanche domani mattina, perché ho la
visita. Ah, neanche il pomeriggio, perché vado a casa di
Andreas, quanto mi dispiace! Notte Mutti” la
vidi leggere il messaggio insoddisfatta, non le diedi tempo di
replicare e filai in camera mia, rimasta immutata: nonostante il
trasferimento da Magdeburgo, avevo riportato tutte le cose come nella
vecchia camera. C’erano i poster di Nena e dei Placebo appesi
alla parete, il copriletto nero, tutti i trucchi sulla scrivania, fogli
sparsi dappertutto. Serviva per farmi mantenere i piedi per
terra, ricordarmi che, nonostante capitava di dormire in suite
elegantissime, ero pur sempre un adolescente disordinato. Sorrisi
leggendo le bozze di vecchie canzoni sull’album aperto sopra
la scrivania. Misi velocemente il pigiama, stendendomi a letto e
addormentandomi velocemente, mi aspettava una mattinata intensa.
....
...
* * *
....
...
-Smettila
di muoverti così Bill, mi fai agitare!- borbottò
Tom, un’ora prima eravamo arrivati nello studio medico del
dottor Merken, il quale aveva terminato il controllo e doveva dare i
risultati da un momento all’altro.
Inutile dire quanto fossi in ansia: quando potevo tornare a parlare?
Teoricamente i giorni “silenziosi” si erano
conclusi, non ce la facevo più a tacere, soprattutto
poiché ero un logorroico nato.
Paura, terrore, panico.
-Okay
ho capito, non la pianti- sbuffò arrendendosi.
Continuai a picchiettare il dito nervosamente sulla sedia,
finché il dottore non arrivò con i risultati.
-Allora Bill, ho qua i risultati degli esami- alzai gli occhi al cielo,
lo sapevo, volevo altre risposte!
-Oh scusa, immagino voglia che passi subito al dunque, beh..
è tutto perfetto! La sua gola è tornata come
prima, non dovreste avere difficoltà a parlare-
Spalancai la bocca stupito, stessa reazione ebbe mio fratello.
-Vuol dire che, può tornare a parlare? Così,
semplicemente?- domandò leggendomi nel pensiero.
-Sì, ovviamente deve limitarsi, perché
è ancora tutto da tenere sotto controllo, ma sostanzialmente
può tornare a parlare come prima. Per quanto riguarda il
canto invece, il discorso è un po’ più
complicato, la riabilitazione sarà più lunga
soprattutto perché deve prestare attenzione a come usa la
voce, basteranno tre settimane e potrà tornare a la
superstar di prima- concluse il dottore sorridendo.
Ero.. al settimo cielo. Sentivo che tutto stava tornando a posto, ce la
potevo fare.
Rimasi in silenzio, temevo di parlare, temevo cambiamenti, anche se mi
era stato assicurato non ce ne sarebbero stati.
Deglutì e, dopo troppo
tempo, udì la mia voce.
-Tomi..- soffiai piano, voltandomi verso il mio gemello che mi guardava
con sguardo dolce e felice.
-Grazie dottore- dissi poi rivolto a lui, mi sembrava così
strano l’effetto del mio chiacchiericcio, me n’ero
quasi disabituato. La voce era roca, tentennante.. ma c’era.
-Di niente, è il mio lavoro. Ora spedirò tutte le
documentazioni alla clinica di Colonia, potete andare-
Ci
congedammo e, una volta fuori, espirai rumorosamente, mi sentivo
leggero.
-Oddio, non ci credo- dissi entusiasta, abbracciando istintivamente mio
fratello, che ricambiò la stretta sorridendo.
-Te l’avevo promesso, vedi? È andato tutto bene!
Così dovrò tornare a sopportare Bill in versione
logorroica!-
-Piantala! Ammetti ti sono mancato!- si grattò
l’orecchio, e annuì imbarazzato, distaccandosi
dall’abbraccio.
-Grazie Tomi, so che.. sono stato un peso ultimamente- affermai, mentre
mi guardava interrogativo, -Sono stato terribilmente rompi scatole, e
volevo solamente ringraziarti per essermi stavo vicino ancora una
volta-
Mi prese la mano, guardandomi dritto negli occhi.
-Tu
sei mio fratello, non pensare neanche a ringraziarmi. Avresti fatto lo
stesso- affermò con tono dolce, non potei che annuire.
-E ora basta, altrimenti piangi e ti si scioglie il trucco!-
affermò ridendo, lo seguì a ruota.
-Dai andiamo, Andreas ci sta aspettando- sorrisi io.
Andreas
era l’unico amico che avevo al di fuori della band, fin dai
tempi del ginnasio. Aveva accettato la mia
“stranezza” e era rimasto affianco a Tom e me anche
dopo il successo dei Tokio Hotel, nonostante la fama i rapporti non si
erano allentati, riuscivamo a vederci spesso anche perché,
anche lui, era in viaggio grazie alla sua carriera da modello.
Raggiungemmo la sua casa in poco tempo, e già lo trovammo
sulla porta ad accoglierci.
-Salve forestieri! Come va?- esclamò salutando e invitandoci
ad entrare.
-Bene!- risposi io, lui davanti a me si blocca e inevitabilmente gli
sbattei contro, facendolo cadere.
-Ma che cavolo, Andi sta attento!- affermai aiutandolo a tirarsi su.
Nel frattempo continuava a guardarmi sorpreso.
-Aspetta,
mi devo essere perso qualcosa. Ma tu, sbaglio o eri muto?- mi
fissò sospettoso, facendo scoppiare a ridere Tom.
-Hai presente la visita di stamani? Ecco, posso parlare, senti? Sto
parlando!- risposi con tono ovvio.
-Quanto mi era mancato il tuo umorismo caro cantante da strapazzo!-
-Lo so, lo so! Scommetto che hai passato tutto questo tempo a ascoltare
nostri cd perché il suo della mia voce ti mancava troppo!-
ridacchiammo.
-Beh ragazzi, ora ci sediamo, prendo le birre e ci aggiorniamo!-
sparì in cucina e tornò poco dopo con in mano due
lattine di birra, era quello lo stile delle nostre riunioni.
-Allora, novità? Un uccellino con i rasta mi ha detto che
qualcuno si è innamorato..- ammiccò verso di me.
-Si ho la ragazza, è Mel- sbuffai non volendo subire un
interrogatorio.
-Quella Mel, quella di cui mi hai scritto trentamila volte?-
annuì.
-Mh.. sono felice per te, da come me l’hai descritta non
posso che esserlo!- sorrise, insieme a Tom.
-Beh, tu invece che ci racconti? Qualche aneddoto divertente di qualche
sfilata?
Annuì pensieroso, pronto ad aggiornarci con qualche chicca.
Passammo
tre ore in questo modo, a rivangare i vecchi tempi e a ridere per delle
cretinate, ci voleva una serata del genere.
Per fortuna quando tornai a casa i nostri genitori erano già
andati a letto, così che non subì un altro
interrogatorio da parte di mia madre, quando voleva sapere qualcosa era
terribilmente insistente e cocciuta, avevo preso da lei.
Anche la mattina lo stesso, più che altro fu talmente felice
di sentirmi parlare che momentaneamente si dimenticò di
ciò. Con mio immenso dispiacere.
-Non ridere, tanto mamma se ne ricorderà e ti
riempirà di chiamate dopo, è capace di
raggiungerci in Colonia- disse mio fratello una volta saliti
nell’aereo.
-Piantala! Sai quanto sa essere asfissiante la mamma quando si mette
d’impegno!-
Scoppiò a ridere, avevamo avuto entrambi brutte esperienze a causa dell’essere impicciona di Simone.
-Passando
alle cose serie- ammiccò verso di me, -Cosa farai come Mel?-
Immediatamente nacque un sorriso sul mio viso. –Non so.. le
ho detto saremo usciti per le quattro, ho pensato di andare in camera
sua e farle una sorpresa prima.-
-Okay, che tipo di sorpresa?- domandò maliziosamente.
-Niente di quello che pensi tu!- sbuffai.
-Mh, tanto un giorno succederà..- commentò
allusivo, -Va bene ho capito. Ma almeno dimmi, la sua amica
è bella? Non ho voglia di partecipare a un’uscita
a quattro con una cozza!-
-E’ una bella ragazza, sempre il solito superficiale sei!- mi
lamentai.
-Lasciamo perdere, lasciamo in pace così mi riposo e poi
sono bello e pronto a sopportare l’appuntamento-
Non risposi neanche, gli lasciai un’occhiata scettica mentre
si infilava le cuffiette e si sparava Samy Deluxe al massimo.
Io invece mi lasciai andare ai miei pensieri. Non vedevo l’ora di rivedere la mia Mel, le avevo comprato anche un regalo da Amburgo. Inoltre finalmente potevo evitare di comunicare tramite carta e penna, non mi piaceva un gran che! Mi vibrò il telefono e fui felice di scoprire che, anche lei, mi stava pensando.
“Mi manchi Bill! E non ci siamo visti per solo un giorno. È grave non trovi?”
Grave, già molto grave. Per fortuna ci saremo visti lì a poco.
“Sì.
Mi manchi anche tu piccola. Dai, fra poco ci vediamo (:
Ho una sorpresa per te.”
“Sorpresa? Che sorpresa?”
“Vedrai.. ‘vedrai’.”
....
Riposi
il cellulare in tasca, e finalmente alle tre ritornai in clinica
insieme a Tom.
Lui si diresse in camera mia, mentre io le scrissi un altro messaggio,
chiedendo cosa stesse facendo, rispose era in stanza. Percorsi il
corridoio e mi fermai davanti alla sua porta, telefonandole. Sapevo
aveva il brutto vizio di non vedere mai il mittente e rispondere
subito, così c’era l’effetto sorpresa.
-Pronto?- non risposi, aspettai allontanasse il cellulare per vedere il
mittente della chiamata.
-Bill?- domandò con tono sospettoso.
-Si, sono qui- risposi dolcemente. Sentì solo la chiamata
chiudersi e un rumore di passi provenire dall’interno, mi
allontanai un attimo dalla porta, in tempo per non prenderla in faccia
visto che un secondo dopo Mel era uscita correndo, finendomi addosso.
Finì con la schiena attaccata al muro e con Mel appoggiatami
sopra, che mi fissava stralunata, felice, sorpresa e.. tenera.
Non le lasciai dire niente, mi impossessai delle sue labbra prima che
potesse far uscire una singola sillaba.
-Mi sei mancata- sussurrai soffiandole sulla fronte. Aveva le guance
arrossate e un sorriso splendente.
Era semplicemente bellissima.
-Tu..- iniziò, la bloccai nuovamente.
-Sssh- tornai a baciarla, abbracciandola stretta.
In quel momento, lì con lei, mi sentì a casa.
...
..* * *.
...
...
...
NdA:
Okay, non ho dato segni di vita per tre settimane, ma ora sono qua.
Non sono sparita, sono piena di verifiche, sono una studente-tutor e
per questo motivo a volte rimango a scuola il pomeriggio,
così il tempo per stare al computer diminuisce
drasticamente. Non smetterò di postare questa storia, ci
tengo troppo! Dicembre è un mese davvero impegnativo D:
Spero di uscirne viva! E spero non vi siate dimenticate di questa
fanfiction, nonostante i miei infiniti ritardi!
Ich bin da, lol.
Ora, passando al capitolo, ecco l'atteso pov di Bill :3
La visita è andata bene, ha passato un po' di tempo con la
sua famiglia, è tornata la sua voce, e ora?
....Chissà :3
Ora rispondo alle vostre recensioni (grazie mille a tutte!) e scappo a
studiare inglese (help me!)
Datemi un segno di vita ragazze c.c
Un bacione!
Unleashedliebe