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Autore: Querthe    23/07/2006    2 recensioni
Una sorta di nuova serie che sta a cavallo fra la quarta e la quinta, con nuovi personaggi e nuovi nemici.
Sailor Dark creata da: Alessandro Garlaschi.
Sailor Sun e Sailor X create da: Tiziana Modotti.
Per ora ho finito il 1° episodio (cap 1-10), il 2° (cap 11-24), il 3° (cap 25-32) e il 4° (cap 33-40), mentre il 5° è in progress.
Tra il 3° e il 4° episodio è posizionato il racconto "Sailor Moon e la regina dei demoni - Una strana ragazza."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny , Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La madre di Usagi non credeva a quello che stava facendo, ma le prove che le erano state mostrate erano inconfutabili. Proprio l’aspetto inconfondibile di sua figlia, i suoi lunghi codini biondi l’avevano tradita durante la sua malefatta.
- Ma perché? Mi vuoi dire perché? - le chiese mentre viaggiavano lentamente nel traffico di Tokio.
- Mamma, te l’ho detto. Non so di cosa stai parlando… - le rispose quasi piagnucolando la giovane, che si era stupita di vedere alla porta dell’aula, poco dopo l’inizio della seconda ora di lezione, sua madre, lo sguardo accigliato e gli occhi di chi, lo sapeva bene, si stava trattenendo dal piangere per il dispiacere. - Non ho fatto nulla. Tu mi hai visto rientrare…
- Ma ho visto anche il video della sorveglianza. E… - sospirò, come per trovare il coraggio di dire qualcosa che le pesava come del piombo sul cuore. - e ho trovato delle bombolette nella tua stanza. Perché Usagi? Perché?
La bionda non rispose, abbassò solo la testa, capendo dal tragitto quale sarebbe stata la destinazione finale.
- Non lo so, mamma, non lo so.
- Capisco se tu fossi stata una ragazzina, una ribelle come certe figlie delle mie amiche, ma sei sempre stata a modo, non ti sei mai comportata male. E ora, tutto ad un tratto litighi con una bambina al parco e imbratti le vetrine del locale dove vai ogni giorno a bere qualcosa con le tue amiche. Non riesco a capirlo, e tuo padre nemmeno.
- E’ impossibile che sia stata io… - pensò la ragazza, guardando distrattamente fuori dalla finestra. - Sono tornata a casa appena finita la riunione e mi sono addormentata subito. Non ho sentito nemmeno Chibiusa infilarsi nel letto o Luna rientrare questa mattina da tanto ero stanca. Non è possibile che sia diventata sonnambula, soprattutto che mi sia messa a rovinare le vetrine del bar. Mi viene in mente solo una cosa, ma è così folle che non è possibile sia vera. No, è impossibile, impossibile… - continuava a ripetersi.
La macchina si arrestò nei pressi del negozio. Ad Usagi mancò il fiato a vedere lo stato in cui si erano ridotti i vetri che davano luce al locale. Ampie macchie di vernice nera, alcune messe a casaccio, altre a mimare fiori o stelle o nuvolette, come nel disegno di un bambino piccolo, imbrattavano sia le vetrine che i muri che le univano, rovinando pesantemente l’estetica. Il proprietario era sulla porta di ingresso, le braccia incrociate e la spalla destra appoggiata allo stipite dell’entrata. Si mise dritto vedendo scendere dall’automobile la madre di Usagi, ma le braccia rimasero incrociate, lo sguardo duro.
- Signora…
- Non so come scusarmi per quello che ha fatto mia figlia. Lei continua a negare, ma il filmato che lei mi ha mostrato… - si dovette fermare, rossa in volto per la vergogna. - Io mi scuso.
- Le scuse le accetto da lei, ma le voglio anche da Usagi. - si voltò ad osservare la ragazza, che se ne stava immobile accanto alla madre, lo sguardo sbarrato allo scempio provocato dalla vernice. - Non riuscirò mai a capire perché lo hai fatto…
- Ma io…
- Usagi Tsukino! Non approfittare della sua gentilezza. - urlò sua madre. - Ha voluto chiamare me e non la polizia, e mi ha proposto anche un’idea che permetterà a entrambi di avere un guadagno.
La bionda spostò lo sguardo, ora attento, sul volto della madre, quindi lo mosse sull’uomo che la stava osservando.
- Cosa sarebbe questa soluzione? - chiese incerta, presagendo grossi guai.
- Fortunatamente il danno è solo estetico, per cui con un buon detergente e una mano di pittura tutto tornerà come nuovo. Tu dovrai fare il lavoro, e lo farai solo durante l’orario di apertura, così che tutti i clienti vedranno che cosa stai facendo, e se me lo chiederanno o te lo chiederanno, dovrai dire anche perché lo stai facendo.
- E’ uno scherzo, vero?
- No. L’alternativa è che io denunci il fatto alla polizia e mostri il video della sorveglianza. Cosa decidi, teppistella?
Usagi ebbe un fremito di rabbia nel sentirsi apostrofare con quell’aggettivo, ma strinse solo un attimo gli occhi, respirò e annuì lentamente.
- Va bene. Quando inizio?
- Ora. D’accordo con tuo padre salterai la lezione per oggi, e ogni pomeriggio fino alle sei verrai qui fino quando non avrai finito. Nel bagagliaio dell’auto ho già caricato il necessario, come vestiti da buttare, dei guanti e del detergente per vetri. Vai a prenderli intanto che finisco di parlare con lui.
- Non ci credo. Combattere contro tutti i mostri del Negaverso mi avrebbe fatto meno male… - pensò mentre calde lacrime si fermavano ai bordi degli occhi, incerte se bagnare o meno le guance. - Come farò ad affrontare la vergogna? Tutti i miei amici, mezza Tokio viene qui ogni giorno, e io ci impiegherò almeno una settimana lavorando solo il pomeriggio. Non avrò più il coraggio di uscire di casa quando avrò terminato.
Silenziosamente, il cuore pesante come piombo, Usagi spostò le due borse di materiale dentro il negozio, dove sfruttò il camerino in cui si cambiavano anche le cameriere per indossare una sua vecchia tuta da ginnastica, delle scarpe ormai quasi sfondate e un vecchio fazzoletto per proteggersi alla peggio i capelli.
- Non certo elegante, ma sicuramente funzionale… - commentò con un sorriso acido il proprietario. - Inizia dalla porta di ingresso, così quando al pomeriggio arriveranno le tue amiche e gli altri sarà già pulita e non darai fastidio ai clienti. Ah, tua madre ti aspetta a casa questa sera alle sei per la cena e i compiti.
Lei non parlò, prese risoluta il flacone di detergente, infilò le mani nei gialli guanti da cucina di una misura troppo grande e iniziò a strofinare il vetro con un panno, vedendo che il colore nero si staccava lentamente, formando aloni che avrebbero solo allungato il suo lavoro. Il panno si bagnò di una lacrima, quindi di due, ma Usagi non si arrese, continuando a strofinare ad occhi chiusi e ad impedirsi di scoppiare a piangere cadendo in ginocchio.
- Meglio del circo… - mormorò entusiasta Kaori, che aveva seguito l’evolversi della vicenda fin dalla mattina presto, appostata vicino al locale per godersi le reazioni del gestore. Dietro l’angolo dove era nascosta con lei, lo sguardo un po’ triste, Paula era ancora costretta nel corpo di Usagi.
- Tu immaginavi davvero che sarebbe finita così?
- No! - rispose ridacchiando la ragazza dai capelli neri. - Non credevo che la faccenda avrebbe preso una piega tanto felice. Usagi, quella piccola intrigante, sarà ridicolizzata da tutti, e come minimo fuggirà in un altro stato quando avrà finito. Pensavo che sarebbe stato necessario il tuo intervento ancora questa sera, ma vedo che ormai è inutile. Hai fatto un lavoro davvero eccezionale, Paula.
- Grazie… - mormorò. - Però non riesco ad essere felice. Poverina…
- Per favore. Se dici certe cose, e in più con la faccia di quella là, mi viene voglia di picchiarti.
- Tentaci, tentaci… - la sfidò lei mettendosi in una posa simile a quella di un pugile. - Ora devo solo starmene tranquilla una mezza giornata ancora e poi finalmente potrò tornare la cara e vecchia Paula.
- Soprattutto vecchia…
La bionda tirò fuori la lingua e si voltò falsamente offesa, coprendo la sua tristezza con i soliti atteggiamenti goliardici.
- Ti preferivo quando non avevi senso dell’umorismo.
Kaori non la stava ascoltando, troppo impegnata ad osservare gli sforzi della giovane, che già iniziava a sudare sotto il caldo sole che stava scaldando la città, e fu solo dopo molto tempo e varie lamentele da parte di Paula che Kaori si mosse, dirigendosi al suo appartamento.
- Io vado all’università. Tu stattene qui buona buona finché non potrai tornare normale, poi raggiungimi.
- Ma sono almeno cinque ore. Cosa faccio nel frattempo? Non hai nemmeno un film decente, e a quest’ora non trasmettono nulla di interessante alla televisione.
Uno dei demoniaci servitori di Kaori afferrò con il piccolo artiglio l’orlo della gonna della bionda come per osservarla meglio.
- Non disturbarci… - le disse la padrona dandogli una pedata e facendolo scappare dietro il grande letto matrimoniale coperto da lenzuola di raso nero. - Ecco, fai come faccio io quando sono depressa. Li picchio. Tanto non dicono nulla...
- Ma lo sai che sei davvero cattiva?
- Grazie. - Sorrise. - Fa sempre piacere se me lo dicono. Se poi viene da te lo apprezzo ancora di più.
- Sei senza speranza…
- E senza tempo da perdere, o farò ritardo. Sai, credo che questo pomeriggio inviterò Mamoru a prendere un gelato in un certo locale…
- Kaori, non ci credo. Non avrai il coraggio.
-Tu dici? - mormorò falsamente innocente la giovane con un lampo negli occhi e uscì.
- E adesso? - sbuffò sedendosi sul bordo del letto e prendendosi il mento tra le mani.
Lo stesso demone saltellò di nuovo vicino la giovane e ritentò il suo approccio. Lei sollevò lo sguardo, facendolo arretrare tentando di ripararsi con il braccio grigio e ossuto. Non sentendo nessuna reazione da parte della donna, la osservò con timore, vedendo che gli stava sorridendo.
- No male?
- No.
- Io sbagliato?
- Scusa, perché dovresti aver sbagliato? Se non ti picchio non vuol dire certo che hai sbagliato qualche cosa…
- Padrona picchia sempre.
- Kaori è strana, e non è la vostra padrona.
- Lei detto noi schiavi.
- Credo che dovrò spiegarti quattro cose.
- Quattro? Numero troppo grosso.
- Scusa?
- Uno, due, molti, troppi. Me non bravo in matematica.
- Lasciamo perdere. - ridacchiò Paula. - Cosa volevi?
- Bello. Vestito bello. Signora bella. Come padrona.
- Ti ho già detto che non avete una padrona.
- Ma Kaori detto noi essere suoi schiavi qui e in mondo nero.
- Ho già capito come sfruttare il tempo che ho prima di tornare Paula. Chiama un po’ dei tuoi amici, che vi insegno due cose.
- Due le capiamo.
Paula sorrise mentre il demone saltellava lontano, aprendo un varco nero nel muro e sparendo. Lei osservò fuori dalla finestra, i tetti dell’università rossi e vecchi rispetto alla selva di edifici moderni.
- Chissà se è già arrivata quella testa calda? - pensò, mentre Kaori si sedeva vicino a Mamoru, osservata dagli esterrefatti occhi di Yosei e dell’amico.
- Mi ha detto ciao e mi ha anche sorriso… - pensò lei, quasi spaventata, con lo stesso sguardo stranito del ragazzo.
- Kaori, ti senti bene? Come mai oggi niente battibecco con Paula? Sta poco bene?
- No, no… - rispose evasiva lei. - Credo che dovesse concludere alcune cose per i suoi studi, per cui salta la lezione e poi io le presto gli appunti. Mamma che caldo oggi…
- Già…
- Mamoru, posso chiederti una cosa?
- Cosa? - la voce aveva una nota di diffidenza, considerando il carattere della donna.
- Per farmi perdonare delle cattiverie che ho detto su… Usagi, la tua… - si bloccò come se stesse ingoiando un rospo. - fidanzata, posso invitarvi per un gelato riappacificatore al locale che frequenti con le sue amiche?
- Gatta ci cova… - pensò Yosei mentre lui annuiva sorridendo, ma presto i suoi pensieri furono dirottati dalla lezione, finché non giunse il primo pomeriggio e Mamoru la salutò per dirigersi con Kaori alla gelateria. - Non posso seguirli in questa forma, ma credo che potrò comunque spiarli. Temo che quella disgraziata ne stia preparando una delle sue.
La ragazza dai lunghi capelli neri salutò gli altri amici e si diresse risoluta all’uscita, voltò l’angolo dell’edificio, e pochi istanti dopo una gatta dal pelo quasi argenteo e un grosso ciondolo di pietra verde iniziò a correre veloce inseguendo Mamoru e Kaori, per poi superarli saltando da un ramo all’altro degli alberi di una villa vicino alla strada, scavalcando un muretto e finalmente giungendo sul tetto della casa quasi di fronte alla piccola piazza antistante il bar.
- Mamma… - pensò la gatta. - Ecco perché quella megera era tanto ansiosa di spingere Mamoru al locale. Povera Usagi. Non capisco come sia stato possibile che… - Il filo del suo discorso si ruppe vedendo arrivare i suoi due amici, ancora non in vista delle vetrine deturpate dalla vernice, da una parte della strada, e le altre amiche di Usagi dalla parte opposta, anche loro all’oscuro apparentemente di quanto stava facendo la bionda. - Cosa farà Mamoru? Cosa faranno le ragazze?
   
 
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