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Autore: FairySweet    05/12/2011    2 recensioni
E se sono fragile come il cristallo la colpa è solo tua, tua e di quel maledetto sorriso che mi hai costretto ad amare ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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respira con lei
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Non l’aveva più toccata, da quando erano tornati a casa, quella bambina era territorio inesplorato, qualcosa oltre il quale si trovava la morte e non voleva avere niente a che fare con la morte, non ora che poteva tenersi stretto almeno un po’ quegli occhi chiari troppo deboli  per piangere.

Era incazzato da morire con la vita, arrabbiato e deluso, stanco di vedere quel sorriso diventare sempre più debole.
Lisa viveva a mille e non era la frenesia di quegli ultimi mesi, lei l’aveva sempre fatto ma vederla ora era ancora più devastante.
Essere madre voleva dire splendere più forte del sole, soffriva ogni volta che la vedeva giocare assieme a Rachel, ogni volta che Kate si aggrappava alle sue mani e poi il suo sorriso, le sue labbra che si posavano dolcemente su quelle della bambina, soffriva nel vederla tremare leggermente ogni volta che doveva scendere le scale o restare troppo tempo in piedi.
Non era questo il futuro che aveva immaginato, non era così che dovevano andare le cose, come avrebbe fatto ad andare avanti? Rachel avrebbe ricordato per sempre la sua mamma e Kate, a due mesi si è troppo piccoli per comprendere, forse questo era un bene, forse, non tutto poteva essere sbagliato e contorto, se Kate non si fosse ricordata niente della sua mamma allora non avrebbe fatto domande e non lo avrebbe costretto a mascherare la realtà.
Dio come avrebbe voluto essere al posto suo, come avrebbe desiderato sostituirsi a lei, evitarle  tutto quel dolore, in fondo, lui la sua vita l’aveva vissuta, non aveva mai rinunciato a niente, stronzo ed egoista aveva ferito persone, abbandonato rapporti e giocato con la vita dei pazienti ma lei, lei non meritava tutto questo, Lisa non meritava di morire.
Era quel Dio che lui rinnegava a divertirsi così? Era Lui a toglierle il fiato ogni volta che si alzava troppo velocemente? Era Lui a svegliarla nel cuore della notte costringendola a respirare? Dio si divertiva a strapparla dalle sue braccia? Era una punizione? Voleva punirlo? Lisa non c’entrava niente con tutto questo, lui avrebbe dovuto soffrire, lui si sarebbe dovuto addormentare la notte con la paura di non svegliarsi e lui, avrebbe dovuto guardare negli occhi le bambine e trattenere le lacrime, lui e non Lisa.
Perché strappare a lei quello che di più bello aveva al mondo? Per punire lui? Lo aspettava, se Dio l’avesse guarita era pronto a prendere su di sé tutta la Sua rabbia e a sopportarla fino a quando, stanco e distrutto, la morte non l’avesse raccolto e trascinato lontano, non aveva paura, ma quel Dio che lui odiava non lo ascoltava, rifiutava le sue suppliche torturandolo giorno dopo giorno con quel maledetto sorriso e quegli occhi troppo stanchi per trasmettere calore.
La osservava diventare sempre più fragile, nascosto dietro ad un sorriso la vedeva vacillare, stringere con forza la mano sul bordo del tavolo o chiudere gli occhi qualche secondo pregando che quel mal di testa la lasciasse in pace qualche secondo.
Continuava a ripetere che tutto sarebbe andato bene, che le cose si sarebbero sistemate e che la morte non era poi così brutta, che forse, se il suo Dio aveva scelto questo c’era una spiegazione, un motivo anche stupido che potesse giustificare tutto quel dolore.
Non pretendeva di comprenderlo, non ci provava nemmeno ma la notte, quando non riusciva a dormire la sentiva piangere, singhiozzi talmente leggeri da confondersi con il silenzio eppure, in quei sospiri di cristallo poteva leggere ogni cosa, ogni più stupido pensiero, Lisa era terrorizzata dal poter in qualche modo ferire le sue bambine, terrorizzata dal poter rimanere impressa troppo a lungo nelle loro memorie e chiedeva al cielo solo un altro po’ di tempo per poterle salutare, per poter dire loro quanto le amava.
Era questo a torturarla, un distacco improvviso, un distacco violento e crudele che non aveva scelto lei ma che non poteva controllare, Dio come la conosceva bene, dietro a quei finti sorrisi c’era un modno intero di perché e nessuna risposta.
Perché mi hai fatto conoscere Kate? Perché me l’hai lasciata stringere tra le braccia? Non sarebbe stato tutto più semplice lasciarla quando ancora non capiva? Perché devo vederla crescere? Ti prego non lasciare che mi vedano morire, non mi importa quando sarà e come, solo … lascia che le mie bambine abbiano la possibilità di immaginare, di creare un mondo allegro dove gli angeli sono fatti di cristallo e profumano di fragole … e così, ogni giorno che passava si aggiungevano domande a cui lui non poteva rispondere e questo lo massacrava nell’anima.
Per anni l’aveva inseguita, si era divertito a prenderla in giro a farle del male per il puro semplice piacere di vederla soffrire con l’inconscio desiderio di averla solo per sé, anni buttati all’aria e poi quell’ultimo sprazzo di sole, mesi stupendi passati insieme e che ora sembravano solo granelli di sabbia.

 

  
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