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Autore: Saerith    07/12/2011    10 recensioni
"Occhio per occhio, dente per dente" era in sintesi la logica dietro il codice di Hammurabi. Cosa succederebbe se Sanae iniziasse a ignorare Tsubasa?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Che cazzo ho fatto? Devo essere impazzito, baciarla così e a scuola per giunta, poteva vederci chiunque con il rischio di essere pure sospesi. Possibile che faccio sempre casini?

 

Tsubasa si rigirava sul letto impossibilitato a capacitarsi di quello che aveva combinato. Il suo gesto era stato puro istinto, una mancanza di autocontrollo dovuta alla sua incapacità di gestire la situazione, avrebbe fatto di tutto per fermare Sanae, per riuscire a parlarle, ma con quella trovata era solo riuscito a compromettere ulteriormente la situazione. Ora lei lo odiava, glielo aveva letto in faccia quando gli intimava di non avvicinarsi più a lei. Si toccò la guancia: non provava più dolore, non su quella parte di pelle che era stata colpita. Ma nel profondo, nel suo cuore, qualcosa faceva ancora più male dello schiaffo carico d’ira che aveva ricevuto.

 

Non sono in grado di capirti né di comunicare con te, Sanae, ma che razza di persona sono? Sono veramente in grado di muovermi solo in un campo da calcio? Quanto deve averti fatto soffrire il mio comportamento per farti arrivare a questo punto. Adesso mi sento in grado di capirti, quello che è successo oggi, mi ha aperto gli occhi. Quando mi hai guardato con tanto disprezzo ho capito cosa provavi quando ti avvicinavi a me sorridente e non facevo che parlarti di partite, tattiche di gioco e del mio desiderio di andare in Brasile. Non penso mi perdonerai.

 

A un tratto si alzò dal letto e andò a prendere il telefono al piano inferiore, sua madre vedendolo passare lo chiamò per chiedergli come mai non volesse cenare. Si sentì in colpa anche nei suoi confronti: come sempre suo padre non c’era e aveva lasciato che sua madre mangiasse da sola e preoccupata.

- Scusa, è che sono di cattivo umore, ma se ti va fra poco usciamo così andiamo ad affittare un film. Scegli quello che vuoi.- le fece l’occhiolino.

Premette il tasto numero tre per le chiamate rapide e una voce infantile gli rispose.

- Atsushi-chan! Sono Tsubasa.-

- Tsubasa-kun!- il bambino esclamò felice come una pasqua, dato che lo vedeva come una specie di idolo da emulare.

- Senti, posso parlare con Sanae-chan?-

- Sì, certo vado a chiamarla.-

Dopo un attesa che a Tsubasa sembrò interminabile, il bimbo tornò all’apparecchio e con un certo imbarazzo cercò di inventare una scusa per giustificare il fatto che sua sorella non aveva la minima intenzione di parlare con lui. Il ragazzo ringraziò Atsushi e sospirando scese mollemente le scale, almeno ci aveva provato. Sua madre era in soggiorno e si ricordò di quanto le aveva appena proposto, quindi per quella sera doveva rassegnarsi a rodersi il fegato con I perfetti innamorati[1], così mentre sua madre stava sul divano a ridere per le scene comiche, lui si calò al cento per cento nei panni del protagonista che in quanto a combinare casini non gli era secondo[2].

Quando il film finì ringraziò di poter finalmente andare a dormire. Una mano gentile si posò sulla sua spalla e ricevette l’espressione dolce e comprensiva di sua madre.

- Grazie per avermi fatto compagnia, anche se non era la serata migliore per te.-

Lui si limitò a sorriderle e alzare le spalle, poi una carezza gli sfiorò la guancia schiaffeggiata nel pomeriggio e per un attimo temette che sua madre avesse notato un qualche segno.

- Dormi bene, tesoro.-

Negli anni Natsuko non aveva mai perso la dolcezza verso di lui che, invece, la ripagava con il desiderio di andarsene in un altro continente lasciandola sola.

- Mamma…- la donna si arrestò sulle scale.

- …tu non vuoi che vada in Brasile, vero?-

Lei gli rivolse nuovamente quello sguardo caldo e materno.

- Nessuna madre vorrebbe vedere andar via il proprio bambino, ma i figli non sono fatti per noi genitori, ci vengono dati per insegnargli a camminare con le loro gambe.-

Sì, sarebbe mancata anche a lui ma, oltre all’affetto che gli aveva così gratuitamente donato negli anni, avrebbe conservato nel cuore anche il ricordo della generosità di una madre che non lo aveva mai ostacolato.

Si preparò per la notte e si infilò sotto le coperte, dagli occhi una scia umida percorse le sue tempie. Erano anni che non piangeva, ma quella sera, sopraffatto dalle emozioni, non riusciva a impedirsi di sfogare in quel modo la sofferenza per aver fatto tanto male a Sanae e la gratitudine verso sua madre. Una mano andò a posarsi sulle sue labbra cercando di rivivere quell’istante con la mente e un particolare lo scosse dal torpore della sofferenza: nonostante il suo gesto di rabbia, la ragazza aveva risposto al suo bacio, anche se per un breve istante. Sarebbe stato quello lo scoglio a cui si sarebbe aggrappato.

 

 

 

 

Al mattino si alzò rapidamente dal letto e, arrivato in cucina, ringraziò vivamente sua madre per la solerzia che metteva ogni giorno nel fargli trovare la colazione pronta. Appena era suonata la sveglia, per la prima volta nella sua vita, non si era girato dall’altra parte aspettando che sua madre iniziasse a chiamarlo: non aveva un minuto da perdere, voleva arrivare in aula il prima possibile e questo perché voleva vedere Sanae e cercare di parlarle.

Mentre correva verso scuola pensava a tutte le situazioni possibili che avrebbe dovuto gestire: sicuramente lei non gli avrebbe parlato, avrebbe cercato di evitarlo, sarebbe scappata via non appena le avesse rivolto parola; ma come durante le partite, quando il gioco si faceva duro, era lui allora che doveva sfoderare gli artigli e, a costo di darle il tormento, avrebbe parlato con lei. Voleva chiederle scusa, non solo per quanto aveva fatto il giorno prima, ma anche per non aver capito i suoi sentimenti, per non aver minimamente calcolato i suoi sforzi per farsi notare da lui. Infine, cosa ancora più importante, voleva confessarle quello che provava per lei.

Arrivato in classe, come aveva sperato, la trovò seduta al banco, sola.

 

Ce l’ho fatta!

 

Sanae, che era intenta a leggere un romanzo in inglese, non si accorse della sua presenza, finché non fu proprio davanti a lei. Alzò lo sguardo e, vedendolo, si alzò compostamente per uscire dall’aula.

- Sanae…-

- Vado a prendere i gessi, sono quasi tutti consumati.-

Mentre lei usciva Morisaki e Yukari entrarono salutando entrambi, avvertendo subito l’atmosfera tesa, ma per discrezione preferirono non fare domande.

 

Non mi arrendo certo per così poco.

 

 

 

Durante la pausa pranzo, carico di speranze, Tsubasa si avviò alla mensa, ma quando i suoi amici arrivarono notò subito l’assenza della ragazza. Yukari gli si avvicinò e bisbigliò al suo orecchio che lei si era portata il pranzo da casa e non li avrebbe raggiunti. Come una furia si precipitò fuori, diretto alla terrazza, ma proprio in quel momento una figura minuta iniziò a seguirlo. Quando arrivò al tetto vide Sanae con il bento sulle ginocchia, le bacchette nella mano destra e il libro di economia domestica nella sinistra.

Cercò di non fare rumore nel chiudere la porta, ma la sua delicatezza fu vanificata dall’arrivo di Kumi che uscì sul terrazzo con la grazia di un elefante. Il rumore fu sufficiente a far alzare lo sguardo a Sanae, che accortasi della loro molesta presenza richiuse la scatola e la riavvolse nel suo panno, poi si alzò raccogliendo le sue cose e guadagnò l’uscita senza salutarli. Tsubasa stava faticando a contenere la rabbia ed esplose quando quella sciocchina di Kumi fece una risatina e disse: - Finalmente soli.-

- Veramente sei tu a essere di troppo, Sugimoto. La vuoi smettere di seguirmi come un cagnolino? Non mi interessi, ti devo fare un disegnino per fartelo capire?!-

 

Cazzo, cos’ho detto?!

 

La ragazzina si portò le mani al viso che era completamente rosso per la vergogna, mentre dagli occhi cominciavano a uscire lacrime di umiliazione. Corse via, incapace anche di guardarlo più in faccia.

Benissimo, ora il numero delle manager del club di calcio era ulteriormente sceso e sempre a causa sua, Nishimoto avrebbe preteso la sua testa su un piatto d’argento.

 

Potrebbe essere un buon motivo per convincere Sanae a tornare.

 

Probabilmente con Kumi aveva esagerato, ma almeno le aveva fatto capire che non aveva speranza, non aveva tempo per pensare anche a come rifiutarla gentilmente. Il suo obiettivo era solo uno: riallacciare i rapporti con Sanae.

Nel pomeriggio le cose non andarono meglio, lui tentò un “agguato” in biblioteca dove lei era andata a studiare, ma quando lo aveva intravisto tra gli scaffali aveva raccolto i libri ed era tornata a casa.

 

 

 

 

I giorni a seguire Sanae prese a presentarsi in aula all’ultimo minuto; durante la pausa pranzo era impossibile reperirla in tutta la scuola (almeno nei luoghi più logici a cui Tsubasa era riuscito a pensare), di certo non poteva sapere che lei si nascondeva nel ripostiglio delle scope per evitarlo; il pomeriggio tornava a studiare a casa e il fatto che Sugimoto avesse rassegnato le dimissioni con effetto immediato non l’aveva spinta a tornare, nemmeno per aiutare la povera Yukari che già all’inizio della settimana era distrutta per dover fare tutto da sola. Tsubasa le dava una mano, sentendosi in parte colpevole per quella situazione e, mentre ripuliva i palloni con lei, aveva preso l’abitudine di chiacchierare e l’argomento principale in quelle occasioni non era più il calcio, ma l’ormai ex prima manager. Quando raccontò a Nishimoto ciò che aveva fatto, lei lo rimproverò aspramente.

- Senti, Tsubasa-kun, non volevo raccontarti le confidenze della mia amica, ma Sanae ha capito di essere innamorata di te da un po’ di tempo e tu, non solo non hai capito un accidente, ma hai anche agito in modo sconsiderato, facendole rischiare la sospensione, dopo tutti gli sforzi che sta facendo per entrare alla Keio- Shonan.-

Lo sapeva, era cosciente di aver fatto un’idiozia enorme, anche se, quando ci ripensava, non riusciva a pentirsene.

Dal canto suo Sanae non riusciva a togliersi dalla testa quella sensazione di totale appagamento che le aveva trasmesso il bacio: avesse dovuto dar retta all’istinto gli avrebbe buttato le braccia al collo e lo avrebbe supplicato di continuare a baciarla. Troppe cose, però, erano accadute e non riusciva a vedere quel gesto come un atto dettato da un sentimento, quanto il tentativo meschino di opporsi ai suoi costanti rifiuti e questo aveva spezzato quel filo che la teneva legata a lui. Presto se ne sarebbe andato e, forse, non vedendolo, avrebbe smesso di soffrire.

- Devi tentare il tutto per tutto. Non credo te lo meriti, ma voglio darti una mano, perché ritengo che Sanae abbia sofferto abbastanza. Con una scusa la convincerò a rimanere qui a scuola, finché non finiscono gli allenamenti. Ti prego di sfruttare l’occasione, non penso ne avrai altre.-

- Contaci, Nishimoto-san, grazie mille. Ora vai pure a casa, finisco io qui e domani, se Ishizaki ti stressa di nuovo, gli faccio fare trenta giri di campo in più, prometto.-

La ragazza gli sorrise e alzò il pollice in segno d’assenso. Non avrebbe più commesso errori.

 

 

 

 

- Yukari-chan, non saprei.-

- Uffa! Non sei più al club, non vieni mai in pausa pranzo con noi, al pomeriggio ti dilegui, non riusciamo più a parlare. Per favoreeeee.- le disse congiungendo le mani in preghiera.

- Va bene, allora domani verrò a cenare e dormire da te, promesso.- le sorrise alzando due dita unite come giuramento.

La ragazza andò di corsa al campo e vi trovò il solerte capitano che già si stava riscaldando. Gli fece cenno di avvicinarsi e gli spiegò la situazione.

- Domani le dirò di aspettarmi e, quando sarà il momento, andrai tu a chiamarla al posto mio, d’accordo?-

- Sei grande, Nishimoto-san!- le mostrò il palmo che fu battuto con un cinque dalla ragazza.

 

 

 

 

 

Il giorno dopo Tsubasa si tenne a distanza di sicurezza, aspettò con pazienza che il tempo passasse e nel pomeriggio andò al consueto allenamento. Svolse i suoi compiti con il solito zelo e, quando l’allenatore fischiò per richiamarli, iniziò a pensare a quello che aveva da dirle. Sotto gli sguardi stupiti dei compagni si unì a loro per andare a fare la doccia e cambiarsi per andarsene. Raccontò la scusa del ritorno di suo padre per giustificarsi con i più curiosi e, muovendosi con lentezza disumana, aspettò che gli altri se ne andassero.

- Capitano, ti aspetto.-

Si voltò a guardare l’amico, incerto su come distoglierlo da quell’idea, ma, ancora una volta, Yukari arrivò in suo soccorso.

- Che ne dici invece di accompagnarmi, Ishizaki-kun? Comincia a diventare buio.- lo prese per un braccio e lo trascinò via tra mille proteste.

Infilò l’ultimo bottone della divisa nell’asola e sbuffò per scaricare la tensione, era il momento di affrontare Sanae. L’avrebbe ascoltato fino in fondo questa volta.

Sapeva che l’avrebbe trovata nella loro aula come d’accordo con Yukari. Salito al piano guardò avanti e indietro il lungo corridoio deserto: procedendo, i suoi passi echeggiavano sul lucido pavimento. Chissà se lei lo stava sentendo arrivare.

Posò le dita sulla maniglia, l’ultimo attimo prima di quell’incontro tanto importante. Fece scorrere lentamente la porta e vide il volto di Sanae, dapprima sorridente, poi rigido dallo stupore.

- Yukari... Brutta traditrice! – urlò sbattendo le mani sul banco, poi, come una forsennata, buttò i libri in malo modo nella cartella, ma questa volta non sarebbe rimasto a guardare mentre si allontanava nuovamente.

- Sanae-chan, ti devo parlare.-

- E io non voglio parlare con te! Perché non mi lasci in pace?!-

Prese la cartella che non riusciva a chiudersi per come erano stati messi male i libri e lo superò, ma il braccio di Tsubasa si stese a bloccare la sua avanzata.

- Io ti amo, Sanae.-

La ragazza si voltò a guardarlo piena di rabbia, stava diventando patetico.

- Cosa?- sibilò.

Questa volta Tsubasa si voltò per incontrare i suoi occhi e con una decisione pari a quella che aveva in campo ripeté quanto aveva detto. Lei, però, non si fidava delle emozioni ballerine di quel ragazzo che, nonostante tutto, era capace di farle battere il cuore come nessun altro. Non trattenne le lacrime di dolore che scendevano, intervallate dai singhiozzi, non ne poteva più di tanta sofferenza.

- Da quando? Da quando non ti corro più dietro come un cagnolino, vero?-

Le stesse parole che lui aveva rivolto a Kumi.

- Hai perso il giochino e ora lo rivuoi, giusto?-

Quelle parole erano troppo meschine, anche se forse si sentiva come se ne meritasse qualcuna, ma non avrebbe mai voluto che lei pensasse questo.

- Giochino?! Sanae, io non ho mai pensato a te come un gioco o un cane o qualsiasi altra cosa. Avevo notato che ti eri avvicinata di più a me, ma non gli ho dato il significato che tu intendevi, ti ho sempre considerato una ragazza solare, generosa al punto da sostenere sempre chi ne avesse bisogno. Più che un gioco per me eri un angelo.-

Quelle parole aprirono una breccia nel suo cuore, ma al pensiero di tutto quel che aveva tentato in quei mesi per sentirle e l’idea che lui, nonostante tutto, se ne sarebbe andato, la spinsero a erigere un muro per coprire quella falla. Lui le si avvicinò e tentò di afferrarle la mano che si ritrasse con stizza.

- Ora basta, Tsubasa, fa troppo male! Tra poco tu andrai via, non c’è posto per me nella tua vita.-

- Hai ragione…-

Qualcosa dentro di lei si stava spezzando, si stavano forse dicendo addio?

- Il tuo posto è nel mio cuore e nessuno lo prenderà mai.-

Nemmeno quel “ti amo” ripetuto pochi istanti prima era stato capace di mandare in frantumi quella corteccia di rabbia e sofferenza che le stringeva il cuore come le parole che aveva appena sentito. Si asciugò le lacrime con la manica della divisa e, senza staccare lo sguardo da lui, stese le braccia per toccarlo e rifugiarsi nel calore del suo abbraccio.

 

Finalmente, era questa l’emozione che cercavo, quel calore che desideravo provare.

 

Avvertì il tocco leggero sulle labbra e stavolta non ebbe dubbi, gli gettò le braccia al collo, decisa a far durare quel contatto bellissimo il più possibile. Il respiro di Tsubasa le accarezzò l’orecchio.

- Vorrei tanto portarti in Brasile con me…-

I loro sguardi tornarono a incontrarsi.

- Mi aspetterai?- aveva gli occhi lucidi per l’emozione.

Sanae finse di pensarci su, come se stesse valutando i pro e i contro, poi posò la fronte contro la sua.

- E secondo te, avrei fatto tutta questa fatica per niente?-

 

 

 

 

 

 E con questo capitolo termina la fanfiction. Un po’ mi spiace, perché il mio ego un po’ vanitoso sentirà la mancanza dei  vostri generosi commenti. Ringrazio tutti per avermi accompagnata in questo breve viaggio e spero che la storia sia stata a tutti voi gradita.

Un caro abbraccio. Sara.



[1] Commedia romantica con protagonisti Julia Roberts, John Cusack, Catherine Zeta-Jones e Billy Crystal.

[2] Per chi non avesse visto il film (e ve lo consiglio, perché è proprio divertente), posso dire che il protagonista Eddie ne combina delle belle diviso com’è tra le due protagoniste femminili.

  
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