Titolo: ~ Hysteria
[I’m breaking out, last chance to lose control]
Autore: Iria
Fandom: Dogs
Personaggi/Claim/Coppia: Heine Rammsteiner, Badou
Nails
Generi: Angst, Dark, Introspettivo.
Avvertimenti: Lime, Missing Moments, What if..?, Yaoi.
Rating: Arancione
Set: Delta
Note: È il mio primo lavoro su questo
pairing e mi sono divertita,
mettendomi alla prova con questi cinquanta temi..! È la prima volta che
faccio
una cosa del genere!
Ritengo che Badou ed Heine siano –non una coppia- un’accoppiata davvero
complessa da trattare, e spero d’averlo fatto nella maniera
più decente possibile.
Non mi sento di mettere l’avvertimentoo OOC, non credo di essere uscita
fuori
dalla mentalità dei personaggi, eventualmente, spero mi farete sapere!
Questa cosetta qui è tutta dedicata a Rota <3,
che voleva che scrivessi su ‘sti due e che mi ha sopportato con le mie
difficoltà nel mondo del livejournal. u_u’
Titolo
ispirato da ‘Hysteria’ dei Muse.
Cinquanta
frasi create sui prompt dati dall’iniziativa 1frase su
livejournal. =)
Buona lettura!
~ Hysteria
[I’m breaking out, last chance to lose control]
1 – Terra.
«Sei morto..?»
Ogni volta
che, inerme, il guercio fissava il corpo di Heine accasciarsi al
suolo in un lago di sangue, il cuore arrestava i propri frivoli
battiti in una attesa lunga, estenuante, quasi fatale per la
sua umana e
compresibile vulnerabilità mortale; tuttavia, il cane
randagio
riverso a terra grugniva in risposta e Badou, allora, poteva
tornare a
fumare una sigaretta senza mostrare troppe apperenti preoccupazioni
–rivivendo,
in verità, il momento in cui un proiettile era stato sin troppo vicino
ad una tempia dell’incosciente compare.
2 – Orgoglio.
Badou se ne
sbatteva altamente -bhé, più o meno- della propria
dignità:
se c’era da salvare la pelle, nessuna commissione profumatamente pagata
assegnatagli dalla vecchia avrebbe potuto trattenerlo nel pericolo,
fatta
eccezione per le dannate e sibilanti parole di Heine («Un po’ di orgoglio
potrebbe farti bene: smetteresti di finire sempre nella spazzattura.») ,
alle quali cedeva pur avendo certamente ribattuto con un elgante dito
medio ed
un bisbiglio («Orgoglio
significa anche riconoscere i propri limiti…»), ritrovandosi,
infine, a danzare furente fra le scariche dei proiettili nemici.
3 – Spirito.
Il
passato era uno spirito ingordo ed affamato più di un maiale: divorava
i
due giovani, rodendo e masticando con gusto quelle anime già maciullate
e
sanguinanti; eppure Heine e Badou, ficcando le proprie rispettive armi
nella
gola di quel porco disgustoso, vantavano di riuscire –anche se forse
ancora per poco- a
mantenere quella folle lucidità di cui
necessitavano per poter trascinare le proprie vite un po’ più avanti di
quanto
avrebbe voluto la sadica bestia.
4 – Storia.
«Heine,
noi non abbiamo iniziato con nessun idilliaco“C’era una
volta”,
o sbaglio..?»
Il
cane randagio fissò per lungo tempo il compagno, il quale aveva parlato
con una sfumatura appena amara nella voce; poi sogghignò, osservandone
i
lineamenti segnati dalla stanchezza, le braccia abbandonate lungo i
fianchi a
stringere le mitragliette e l’occhio sano cerchiato di blu a
contemplare la
desolazione tutt’intorno: ah, l’odore acre della
polvere da sparo
ben si sposava con la deliziosa asprezza del sangue, e spesso quell’
aroma
inebriante ed assuefante tesseva strani dubbi e pensieri nella mente
del caro
Badou...
«Mmh… e tanto meno ti
consiglio di aspettarti un “felici
e contenti”:
non credo sia contemplabile in questo caso».
5 –
Tempo.
Legato
ad una sedia nella semi-oscurità di quel magazzino che odorava di
piscio e sangue, Badou aveva perso ogni cognizione: secondi, minuti ed
ore si
erano fusi nel caos di uno scontro fisico perso in principio e,
sparendo
nell’ago di una siringa affodantogli nel braccio, aggredirono le sue
membra
solo una volta che si fu risvegliato, tanto che per il tempo restante
non poté
fare altro che augurarsi che Heine giungesse il più presto
possibile: odiava
i mafiosi, le loro mani, il loro nauseante fetore.
6 – Guerra.
Il duo
“Capelli Bianchi” ed “Occhio Bendato” conduceva un’estenuante guerra
contro un comune nemico di cui entrambi si tacevano reciprocamente
l’esistenza
e che, no, non era affatto
rappresentato da un gruppo di sudici ed
incapaci malviventi: già, quel mortale quanto meschino
antagonista era
solo la loro miserabile vita.
7 – Tradimento.
Nell’oscurità
della calda stanza, Heine spezzava ad una ad una le sigarette
di un ignaro Badou che, lì di fianco, dormiva ronfando sonoramente; e
poco gli
importava se il compare al risveglio avesse strepitato, gridando
al vile tradimento
e al volgare inganno: il
cane randagio era rimasto decisamente disgustato
dal sapore della nicotina –ah, eppure, per quanto lo
negasse a se
stesso, già ne avvertiva l’infame assuefazione.
8 – Sentore.
Badou aveva
sigillato l’occhio sano e, come in attesa, si era abbandonato alle
vaghe intuizioni dei propri sensi: voleva imparare a conoscere Heine
tramite
ogni singolo fremito del respiro, tentando –forse inutilmente- di
instaurare un dialogo col giovane basato un po’ più su quelle fondamentali sensazioni,
piuttosto che sul costante sentore del suo grumoso
sangue
sulla pelle.
9 – Giovinezza.
In quella
città non esisteva luogo in cui i giovani non fossero divorati dalla
crudeltà –della
vità, del mondo, degli estraei, di loro stessi- ed Heine
e Badou non erano ovviamente un’eccezione; anche se, certo,
sopravvivevano, ma
solo passeggiando sul sottile confine tracciato dai loro cuori caldi e
dai
corpi –e
le anime-
ormai consumati: oh, quella era la dannazione della
morte, mascherata dal crudele volto di una giovinezza maciullata.
10 – Orme.
Badou sapeva
sempre dove trovare Heine: con un pizzico di rassegnazione,
stringendo forte una siga tra le
labbra, gli bastava
semplicemente seguire le orme insaguinate lasciate dalle suole degli
anfibi del
randagio.
11 – Preda.
Badou sembrava
essere la preda perfetta, sia che fossero i malviventi della
sua routine a
costringerlo in ginocchio a suon di calci –e
sberle, e pugni, e forse anche
sprangate- sia
che
fosse semplicemente Heine a trapassarlo con quegli spiritati occhi
cremisi.
12 – Stirpe.
Heine,
osservando la desolazione di quel mondo sottoraneo, si era spesso
domandato se gli uomini potessero essere davvero considerati la stirpe
prescelta di Dio; poi fissava Badou –senza neanche
ascoltare le sue lagne-
agitarsi e chiedergli disperato delle siga, quindi concludeva
che
il Boss lassù con ogni probabilità avesse decisamente perso il
controllo delle
sue contestabilissime azioni.
13 – Passi.
Avrebbe potuto
riconoscere l’incedere del cane randagio fra mille: passi fermi,
sicuri, ben cadenzati e falcate ampie spesso accompagnate dal lieve
sgocciolio
del sangue –un
requiem forse troppo sublime per le insulse anime di quei
criminali.
14 – Rito.
Quando Badou
finiva nei pasticci, toccava ad Heine –ovviamente non prima di
aver offeso almeno dieci volte
la discutibile intelligenza del
compagno- tirare il guercio fuori dai guai; quindi, conclusosi tale
immancabile
rito, si passava all’azione: sfoderate con un ghigno una Mauser ed una
Luger
bianca, e con un’imprecazione due mitragliette MAC-10 le danze
venivano elegantemente aperte sotto
una pioggia di
letale piombo –BANG-BANG!
15 – Vittoria.
Quando videro
quei bambini mutanti stretti l’uno contro l’altro, spaventati,
tremanti e sporchi , il duo
Capelli Bianchi ed Occhio Bendato
ebbe, per la prima volta, un comune pensiero: non esisteva alcuna
vittoria, lì
dove giaceva, a brandelli, l’innocenza.
16 – Languore.
Nella
pigra luce del giorno che era appena sorto, Badou si portò le mani al
volto, sfinito; al suo fianco Heine dormiva immobile e, per una volta,
gli era
stato persino concesso il privilegio di osservare
il compagno
in tutta tranquillità, eppure fu proprio in
quell’attimo che la voce di
una coscienza decisamente inopportuna parlò con franchezza:
«Ora
dimentica tutto… credi davvero che possa importarvene qualcosa..?
Siete solo due bestie stanche, Badou.»
17 – Mortale.
Badou non capì
subito cosa stesse accadendo, d’improvviso avvertì solo un gran
caldo all’altezza del ventre e fin troppo freddo in tutto il resto del
corpo;
infatti, si rese perfettamente conto della situazione solo quando le
armi
tacquero ed Heine –per la prima volta con un’espressione un po’ diversa
da
quella bestiale che soleva avere- gli si avvicinò: oh, sapeva che
sarebbe
accaduto presto –morire, già:
«Ehi, zombie… me
lo daresti un bacio..?»
18 – Favorito.
Badou non
sapeva dire quale profumo preferisse, se quello dolciastro del
cioccolato o l’aspra essenza delle siga; poi sorrise: aveva
dimenticato di mettere in conto l’odore forte e rugginoso di
Heine.
19 – Giardino.
Heine da
qualche parte aveva letto che l’universo doveva essere considerato come un
“Giardino Selvaggio” di esperienze, sensazioni, eventi; ma il randagio –e
Badou con lui-
riteneva che il mondo più che possedere la bellezza sublime
di un giardino incolto, avesse in realtà le sembianze di una bolgia
infernale.
20 – Eros.
«Puzzi di fumo.»
«Hai il sapore
del sangue…»
Concedersi
l’uno all’altro non fu semplice, tanto meno divertente o privo di
inconvenienti: sì, si fusero come due
bestie in calore, lottando
con le unghie e con i denti più per ferirsi o per piacere personale
piuttosto
che per frivolo amore; eppure Badou,
lasciando che Heine gli
sprofondasse dentro lentamente, comprese di aver perso in partenza
contro
quell’infido bastardo di Eros.
21 – Canto.
Grida
disperate, risate estasiate ed il ritmo sordo delle pallottole che si
scagliano contro corpi flaccidi e disgustosi: eccolo il Canto
dell’Inferno
composto ad arte da due folli demoni esiliati.
22 – Tocco.
Forse
fu unicamente un’illusione dovuta al dormiveglia, ma Badou per un
solo, misero attimo sentì il tocco esitante del dorso di una gelida
mano –poi
immediatamente ritratta- su una guancia.
23 – Silenzi.
Il
silenzio che seguiva una sparatoria era quanto di più devastante Badou
avesse mai udito: gli fischiavano le orecchie e, sempre, teneva
l’occhio
chiuso fino a quando non avesse avvertito il respiro di Heine tornare a
scandire la quiete.
24 – Movenze.
Chinarsi,
rialzarsi, scostarsi su uno o sull’altro lato, tendere le braccia
e premere il grilletto: semplicemente, le movenze della danza delle
pallottole
di piombo nella quale tanto eccellevano.
25 – Calore.
Badou
strinse a sé il corpo di Heine, lasciandosi cullare dal calore del
sangue denso e fresco che imporporava la cute pallida del giovane; e,
pochi
istanti dopo, avvertì come se quell’abbraccio segreto venisse
debolmente ricambiato, nonostante il gelo continuasse -come sempre- ad
avvolgere le sfinite membra del randagio.
26 – Apparizione.
Fra
le lingue di fuoco che divoravano il bordello infernale di Melvin
Scrooge, Badou d’improvviso intravide gli occhi rossi di Cerbero
scrutarlo
furenti; allora, nutrendo la fiamma della sua siga con uno dei
piccoli tizzoni ardenti danzanti tutt’intorno, ricambiò lo sguardo
della
bestia, sorridendo di sghembo a quell’apparizione diabolica:
«Hai perso il
controllo, Heine..?»
27 – Inebriare.
Si
inebriavano del profumo del sangue, dell’odore del piombo e, Badou
in particolare,
del pesante calore della nicotina: forse, non riuscivano a
rendersi conto che, in solitaria, tale droga avrebbe
avuto il
semplice e triste aspetto di una follia collassata su se stessa, senza
il piacere del
condividerne gli effetti devastanti.
28 – Dita.
Lasciò
che le dita di Heine gli sfilassero la benda, concesse loro persino
di disegnare il profilo della cicatrice lungo l’occhio; poi, rabbrividì
e,
gemendo -diavolo, faceva
ancora male-,
avvertì le parole del
randagio come se fossero state un richiamo lontano:
«Voglio che tu
tenga entrambi gli occhi aperti, ora.»
29 – Nostalgia.
Tra
i due, solo Badou avrebbe potuto provare un pizzico di nostalgia per il
passato che aveva vissuto e di cui serbava precisi ricordi in sogni che
l’avevano da tempo nauseato, eppure non era mai stato sfiorato –o, almeno,
così credeva ciecamente- da una simile
sensazione di vuoto –ed
Heine gli chiedeva spesso, canzonandolo, come, con tali
presupposti, potesse definire quell’inquietudine in termini tanto
accurati e
sicuri.
30 – Legame.
Badou ed Heine
erano consapevoli che non vi fosse nulla, nulla a
legarli; erano divenuti soci quasi per
caso e nessuno dei due
l’aveva voluto, in verità; quindi, si ritenevano fermamente convinti
di poter troncare quella grottesca collaborazione in qualsiasi
momento: poveri illusi,
stupidi umani.
31 – Erba.
L’erba
artificiale di quella città –nei rari parchi dove era stata posta in
maniera disordinata e discontinua- appariva ispida al tatto e non aveva
nulla
della morbidezza dei fili verdi della superficie: già, rappresentava
l’ennesima
illusione di cui Badou ed Heine non avevano la minima cura e con la
quale
convivevano con la stessa diffidenza prestata ad ogni singolo, sporco
grugno
incontrato sul loro impervio cammino.
32 – Sembianze.
Heine e Badou,
indubbiamente, consideravano che la pazzia avesse innumerevoli
sembianze e che, di certo, loro ne incarvano due aspetti fondamentali:
la furia
omicidia di un cane bastonato che aveva morso la mano del crudele
padrone ed il
rancore di una mente ferita che non riusciva, anzi non
poteva dimenticare.
33 – Nettare.
Heine gli
morse un labbro a sangue, prima assaggiando e quindi leccando il
rivolo cremisi scivolato lungo il mento di Badou; poi ritornò alla
bocca
socchiusa ed ansimante del guercio, succhiandone via con forza, avaro,
il
prezioso nettare scarlatto – e l’essenza della
nicotina fu
come un contorno per quel pregiato liquore.
34 – Rossore.
Heine notò che
quella volta il rossore su uno zigomo di Badou risultava essere
più accentuato del solito –ed il guercio non si sforzava neanche di
imprecare
in maniera discreta per il
dolore-, quindi, preda
dell’esasperazione il randagio, schioccando la lingua contro il palato,
lanciò
dritto sul naso del compagno un impacco di ghiaccio; azione per la
quale Badou
avrebbe tanto voluto mandarlo galantemente a fanculo,
se solo
Heine, freddamente, non avesse anticipato ogni sua parola:
«Tappati
quella ciminiera ogni tanto…
o vuoi che lo faccia
io..?»
35 – Possesso.
Affermare che
Heine e Badou si amassero, sarebbe stato come offendere Cupido in
persona –e, di certo, il signorino in questione
non avrebbe mai
perdonato una tale mancanza di delicatezza-; semplicemente, quei due si possedevano,
strappandosi il respiro, la pelle, il cuore e l’anima vicendevolmente,
solo per
poter prendere e tenere con sé una prova fondamentale e
vitale dell’esistenza dell’altro.
36 – Crepuscolo.
Nelle loro
anime marce vigeva un eterno crepuscolo: nessuna luce
all’orizzonte, solo un cielo rosso infinito davanti a loro e, sullo
sfondo di
un grigio firmamento, tanti cadaveri alle spalle.
37 – Fautore.
Fautore di
quel maldestro legame era forse il comune dramma di essere totalmente
abbandonati a se stessi nella loro piccola, intima maniera: senza
rendersene
conto, infatti, si ritrovavano di continuo l’uno di fianco all’altro e,
parallelamente, non sfiorandosi mai, risultavano comunque essere un
incastro perfetto.
38 – Sfrontatezza.
Qualsiasi
fotografo freelance avrebbe
dovuto avere una buona
dose di quella sfrontatezza in grado di salvargli di volta in volta
il culo;
e proprio per questo motivo Heine non capiva come Badou non fosse stato
ancora
ucciso –lui con la sua sfiga, con la sua incapacità di passare
inosservato, con
la sua poca propensione a confrontarsi verbalmente col nemico
attraverso
una inesistente e pungente
serietà.
39 – Fato.
Decisamente,
il fato doveva avere un pessimo senso dell’umorismo, considerando come
si era affannato per costruire un tale ammasso informe di personalità –il
randagio ed il guercio in affari- e costringerle ad
andare avanti insieme
contro tutto e tutti –e questa poteva dirsi una bastardata assai più
infame del
bagnare le siga di Badou.
40 – Labbra.
Era
raro che Badou ed Heine discutessero, in quanto il guercio sapeva
quanto potesse essere pericoloso il compare con i suoi scatti rabbiosi;
eppure,
quelle rare volte in cui si ritrovavano ad alitarsi l’uno contro
l’altro,
sarebbero stati persino in grado di strapparsi le labbra a suon di
morsi, pur
di zittire l’uno il ringhio dell’altro –pur di assaporarsi
meglio.
41 – Pensiero.
Comicamente,
il pensiero fisso di Badou -“Siga… dove diavolo
sono le mie
siga?!”-
si contrapponeva a quello rassegnato di Heine -“Ed anche oggi
dovrò stendere questo demente schizzato e
trascinarlo via.”
42 – Ritorno.
Badou
non sapeva cosa lo spingesse a credere che Heine, una volta
avventuratosi in un buio corridoio brulicante di criminali senza
cervello, avrebbe
fatto ritorno: probabilmente, riponeva la propria fiducia solo
nell’immensa sfortuna dell’altro
che, pur desideroso di morire, continuava a trascinarsi lungo
un’inutile vita.
43 – Ferita.
Badou
osservò le ferite di Heine sanarsi, poi fissò la propria ancora
aperta e sanguinante; quindi gemette, provando –in preda ai tremori- ad
accendersi una siga per tentare
di cancellare il dolore, e
considerò che dovesse fare davvero schifo essere immortale come Heine e
comunque avvertire la sofferenza continuare a gridare sin dentro le
ossa.
44 – Confine.
I
bossoli ancora fumanti segnavano il confine fra il putrido sangue dei
malviventi che bagnava la terra sporca e le punte immacolate delle loro
scarpe
–e con disprezzo, Heine e Badou si tenevano alla larga da quel
veleno, ben sapendo
quanto fosse tossico.
45 – Furore.
Aveva
visto la furia cieca di Heine scatenarsi a causa di quello
schifoso collare e, pur
essendone rimasto decisamente
spaventato, nonostante se la
stesse facendo letteralmente addosso,
si lanciò sul giovane, bloccandolo con tutto il proprio peso, venendo
quindi
appena sfiorato da un proiettile partito nello scontro; allora, restò
lì fermo
col cuore in gola e gonfio di timore, immergendosi nel profondo
dell’Inferno urlante degli occhi
del randagio, dove la ragione
bruciava senza alcuna possibilità di redenzione.
46 – Volto.
Gli
prese il volto tra le mani, guardando dritto in quel terribile ed
immobile oceano scarlatto; quindi, si lasciò sfuggire una lieve risata
dalle
sfumature isteriche, poggiando la propria fronte sudata contro quella
gelida di
Heine –oh, sì, c’era del sangue
schiumoso a renderla appicosa,
disgustosa, terribilmente molle:
«Piantala di
ignorarmi, cane bastardo…»
47 – Candore.
Badou,
la prima volta che aveva visto Heine, era rimasto impressionato
ed inquietato dal netto
contrasto fra il candore della cute
del randagio e l’oscurità di quella personalità che il giovane non
provava
neanche a celare; e tale particolare pareva soprattutto evidenziato dai
tratti
duri, cupi e feroci delle
espressioni del suo viso segnato e
sempre più infinitamente stanco.
48 – Vino.
Il
vino del “Buon Viaggio” non sembrava particolarmente pregiato, ma di
sicuro non scadente, anche se Badou non poteva certo definirsi un
esperto in
materia: una volta tanto, gli serviva semplicemente qualcosa
di denso e
corposo che gli ricordasse anche solo vagamente la consistenza del
sangue di
quel colabrodo del compare
–e che poi, alla fine, vomitasse
anche l’anima per il disgusto di quel pesante sapore non era assolutamente importante.
49 – Incisione.
Il sesso di
Heine scavava fra le sue carni, infliggendogli –come avrebbe
fatto una lama- ferite forse un po’ più profonde e gravi rispetto a
quelle
tante che zampillavano sangue; e con tale consapevolezza Badou affondò
le
unghie nelle spalle ossute del randagio, gridando il proprio piacere e,
segretamente, la propria frustrazione: non poteva accettare
quell’incisione
impressa a fuoco –non poteva più
sopportare altre cicatrici.
50 – Lanterna.
La
spessa oscurità permetteva ad Heine di godere pienamente delle labbra
mugugnanti sotto di sé e le divorava famelico, attraversando con il
respiro
l’intero profilo del volto dell’altro; quindi, il randagio bloccava la
propria
corsa giungendo all’occhio sano ed appena schiuso di Badou, dove
l’iride verde
risplendeva fioca come la fiammella morente di una lanterna:
«Smettila di
guardarmi…»
*Owari*