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Autore: Morwen_    13/12/2011    16 recensioni
E se due persone che si detestano si trovassero a dover convivere insieme per un esaudire il piu' grande desiderio dei loro migliori amici? E se questo desiderio fosse piu' grande, impegnativo e difficile di quando loro avrebbero immaginato? E questa convivenza a cosa porterebbe? Litigi, urli...amore? E se la causa di tutto questo fosse una semplice bambina?
Se vi ho incuriosito, provate a leggere la mia storia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Eh si, sono proprio io!
Ehi, ehi, ehi, mettete tu quei forconi, se mi fate del male poi non saprei mai come finisce la storia! u.u
Okay, lo so, sono in super ritardo e non ho scusanti, vi dico solo che mi dispiace davvero ma è un periodaccio :( Spero ci sia ancora qualcuna che mi segue, ma comunque se così non fosse posso benissimo capirlo. Per le altri invece le abbraccio tutte quante e dico un enorme "Grazie" per tutto, che mi seguite, che recensite, che mi inserite tra le preferite, seguite e ricordate. Grazie davvero!
Beh, oggi non parlo molto anche perchè credo che siate ansiose di leggere il capitolo.
Perciò...Buona lettura! :D E un grazie di cuore va ancora a violet80, ha betato questo capitolo e crede così tanto in questa storia, forse anche più di me! :D Io te l'ho detto prima o poi ti farò una statua, ragazza! :D



Capitolo 13
Semplice comparsa

 

"Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto,
allora ne spremiamo il dolore"
W. Shakespeare


 


Isabella si sporge dal posto del passeggero per guardare l’orario che segna l’orologio sul cruscotto davanti al guidatore. E’ da dieci minuti che aspetta.  Devono partire per Forks, e da lì a due ore il loro aereo avrebbe preso il volo.
Scese dall’auto. “Cullen, muoviti! Siamo in ritardo!” sbraita sulla porta d’entrata aperta. Sente provenire un imprecazione dal piano superiore, e sorride.
“Magari se mi dessi una mano…” commenta Edward scendendo le scale con entrambe le mani occupate a trasportare due valigie.
“Scusa, ma chi è l’uomo di casa?” domanda pungente Bella, mentre si scosta per farlo passare dalla porta.
“Taci, piccola Swan.” La rimbocca lui, superandola e andando a caricare le valigie nel bagagliaio dell’auto.
Bella risale in auto dal lato del passeggero, si volta a guardare la piccola per controllare che sia tutto a posto; lei è intenta a ispezionare l’orsacchiotto che tiene tra le mani. La ragazza sorride nel vederla; ormai quel pupazzo non lo lascia più. Gliel’ha regalato Alice qualche giorno fa, e Ariel se ne è subito innamorata.
“Ma con tutti i pupazzi che ha proprio quello lì deve portarsi dietro?” borbotta Edward salendo in auto. Bella si sistema meglio sul sedile voltandosi. “E’ così carino! Cos’hai contro quel pupazzo?”
Lui scuote la testa. “Fa paura, Bella. Hai visto i suoi occhi?” domanda il ragazzo mettendo in moto e uscendo dal vialetto di casa per dirigersi all’aeroporto.
Isabella scoppia a ridere. “Si, beh a parte gli occhi. Cosa gli è successo?”
“Un attacco di rabbia di Alice. Era infuriata perché le avevo rasato a zero una bambola, e se l’è presa con il mio povero pupazzo.” Spiega Edward mentre Bella scoppia a ridere.
“Beh ha fatto bene, non si rovinano le bambole delle bambine.” Afferma lei in tono autoritario. Edward la guarda con le sopracciglia alzate.
“Tu non puoi neanche immaginare come sia traumatico passare l’infanzia con una come Alice.” Esclama il ragazzo con tono di voce che fa capire a Bella quanto stia dicendo sul serio.
“Oh, sai credo di essermene fatta un idea.” Commenta la ragazza ripensando a tutte le volte che la sorella di Edward si era precipitata all’interno delle loro vite come un tornado. Sorride e scuote la testa, immaginandosi lei e Cullen da bambini che si rompevano le scatole a vicenda. Come avrebbe voluto vederli. Come avrebbe voluto conoscere tutto di lui. “Alice è…”
La voce di Ariel interrompe la ragazza. “Tia Alice!” trilla felice stringendo ancora più forte il pupazzo tra le sue mani; Bella si volta a guardarla e sorride. “Tia Alice, tia Alice!”
“Si, Ariel. E’ zia Alice.” Risponde semplicemente Bella come se quelle parole le avesse già ripetute fin troppo.
“Ancora non capisco perché non ha ancora detto Edward.” Borbotta sottovoce il ragazzo, lo sguardo puntato sulla strada. Troppo puntato sulla strada, secondo i gusti di Isabella. “Cos’ha quel piccolo mostriciattolo che piace così tanto.” Aggiunge con lo stesso tono di voce. La ragazza sorride.
“Non abbatterti, Cullen. Sono certa che prima o poi arriverà il momento in cui si accorgerà di te.” Dice ironicamente Bella. “La speranza è l’ultima a morire.” Constata mentre si sporge in avanti per accendere la radio e cercare una stazione che trasmetta della musica decente.
Lui le lancia un’occhiataccia. “Come il tuo enorme sarcasmo.” Commenta acido al che lei gli fa una smorfia, neanche fosse una bambina di tre anni, prima di scoppiare a ridere e tornare a prestare la sua attenzione alla radio.
 
***
 
“Non posso credere che tu abbia paura di volare!” esclama Edward sorridendo, mentre prende posto nel sedile accanto a Isabella. A sinistra c’è la piccola Ariel che dorme placidamente con ancora il suo amato pupazzo stretto tra le braccia, mentre dall’altro lato della ragazza il posto è occupato dal suo tormento personale. Ma perché mai doveva sedersi lei al centro?
“Mi pare che questo fatto ti faccia sorridere un po’ troppo, Cullen!” Commenta indignata lei, mentre cerca di non pensare che tra poco quel cavolo di aereo si leverà dal suolo per prendere il volo. Aveva sempre odiato volare, la terrorizzava. Bella voleva sempre avere il controllo di ogni dannata cosa e volare metri e metri sopra la terra nel vuoto non era certo il suo prototipo di “tenere sotto controllo tutto.” Ancora ricordava la prima volta che c’era salita: era rimasta per tutto il viaggio aggrappata alla mano di suo padre, come se quello avesse potuto salvarla quando e soprattutto se l’aereo fosse precipitato. Quando poi Charlie era sceso si era ritrovato l’impronta delle unghie della figlia sul palmo della mano.
“No, è solo che non credevo che anche l’impassibile Isabella Swan avesse delle paure futili come quella di volare.” Dice semplicemente il ragazzo allacciandosi la cintura. La ragazza se l’era già all’allacciata da un pezzo e stretta il più possibile.
“Non è una paura futile!” protesta Bella, mentre la voce di un hostess che annuncia la partenza l’interrompe. Si lascia sfuggire un imprecazione, ed Edward si trattiene a stento dallo scoppiare a ridere. Lei lo fulmina, ma appena sente l’aereo muoversi non riesce a evitare di prendere la mano del ragazzo tra le sue e stringerla forte. Lui rimane sorpreso da quel gesto, e si perde a fissare le loro mani unite sorridendo sornione. Soddisfatto di poter per una volta passare lui per quello forte, pronto a dare sostegno a quella ragazza che non è quasi mai disposta ad accettare aiuto. Contento che lei si senta sicura con lui al suo fianco.
Isabella chiude gli occhi e appoggia la testa al sedile. “Ti prego fa che duri poco.” Sussurra piano, ma non troppo piano affinché Edward possa non  sentirla. Un qualcosa dentro di lui vorrebbe stringerle anche l’altra mano e darle coraggio, dirle che andrà tutto bene e che ci sarà lui lì con lei, ma non riesce a farlo, non sa come potrebbe prenderla Bella. E non sopporterebbe che lo guardasse con quei grandi occhi scuri carichi di troppe domande inespresse a cui lui non sarebbe riuscito a rispondere, non era ancora pronto a reggere quel suo sguardo pieno di sofferenza, per quello che aveva perso e sorpresa ,per quel comportamento che Isabella era certa di non rivedere più in lui soprattutto se rivolto a lei. Perciò si limita ad essere il solito Edward che lei conosce e detesta.
“Guarda, piccola Swan, ci stiamo alzando!” Esclama sporgendosi dal sedile e indicando fuori dal finestrino il paesaggio che piano piano si faceva sempre più piccolo. Lei non apre gli occhi e anzi li strizza ancora di più per tenerli chiusi. Edward sorride e cerca di non scoppiare a ridere. “Ormai non si distingue quasi più nulla!” Aggiunge poco dopo per provocarla. Bella stringe la presa sulla mano del ragazzo.
“Smettila di fare lo stronzo, Cullen!” sibila lei, mentre lui cerca di evitare dal lasciarsi sfuggire un mugolio di dolore causato da quella presa ferrea. Cavolo, e tutta quella forza da dov’è l’ha presa?
“Secondo te, Swan, quanto alti saremo? Io credo all’incirca….” Continua il ragazzo a punzecchiarla, ma lei lo interrompe. Stringe ancora di più la mano di Edward nella sua e lo guarda con occhi furenti.
“Non tirare troppo la corda, Cullen! Nessuno mi impedisce di tirarti un pugno in faccia appena atterriamo!” esclama furiosa, mentre il ragazzo non ce la fa più e scoppia a ridere, troppo divertito da quella situazione.
Questo non fa che irritare maggiormente Isabella che socchiude ancora di più gli occhi e borbotta un semplice “Hai appena firmato la tua condanna a morte.”
Edward non accenna a smettere di ridere; si prospetta un bel viaggio.
 
***
 
Mille imprecazioni, minacce e risate dopo finalmente l’aereo atterra e Isabella non può che tirare un sospiro di sollievo. Lascia la mano del ragazzo e può tornare a prendere la situazione sotto controllo. Si passa un mano tra i capelli ravvivandoli e dopo aver slacciato la cintura si alza.
Edward intanto muove in modo rotatorio la mano, cercando di far tornare in circolo il sangue. Bella lo guarda con un sopracciglio alzato, lui si affretta a spiegare: “Non ti facevo così forte, Swan!” Esclama mostrandole gli stampi delle sue unghie sulla mano. Lei rimane sorpresa, e quasi imbarazzata. “Potevi parlare, Edward. Evitavo di stringere così forte.” Cerca di scusarsi lei, il ragazzo si stringe nelle spalle come se niente fosse; sotto sotto era contento di aver provato quel dolore. Lei si era aggrappa a lui, come una volta faceva sempre, e gli era piaciuto ritrovare quella sensazione. Come se lui valesse ancora qualcosa.
Sapeva che stava ingigantendo un po’ troppo le cose, ma era più forte di lui.
Dopo aver recuperato i propri bagagli, si avviano presso l’entrata dell’aeroporto. Edward con in braccio la piccola Ariel che si tiene al suo collo e con una valigia alla mano  segue la ragazza che fa strada in quell’ambiente familiare mentre si guarda attorno per cercare qualche faccia conosciuta. Bella gli aveva detto che sarebbe venuto a prenderli uno dei suoi vecchi amici.
La ragazza continua a guardarsi attorno quando il suo sguardo si sofferma su un ragazzo alto, moro, dal fisico massiccio e la pelle leggermente scura, sul volto un sorriso a trentadue denti. Isabella non riesce a trattenersi, lascia la valigia e corre ad abbracciarlo.
“Embry!” esclama felice fiondandosi tra le sue braccia.
“Bella!” risponde il ragazzo ricambiando il suo abbraccio.
Dio, quanto le era mancato quel sorriso. Un sorriso che sa di ricordi, di casa, di famiglia.
Edward la guarda sorpreso da quel comportamento. Isabella non era mai stata un ragazza così espansiva, aperta, non era mai corsa incontro a nessuno con una gioia così grande. E di certo non con lui.
Questo piccolo particolare non può che fargli sentire un tuffo al cuore, rendendosi conto per l’ennesima volta di quello che aveva perso. Con passo lento come se avesse un macigno sopra la testa, o forse meglio dire sul cuore, il ragazzo prende anche il trolley di Bella, che aveva abbandonato in mezzo all’aeroporto, e si avvicina ai due.
“Non posso credere che sia venuto tu a prenderci, Embry!” Riesce a sentire la voce di Bella commentare mentre tirava a se il ragazzo per un altro abbraccio. A quel punto Edward si blocca sorpreso. Embry? Ma non era Jar?! Quanti ce ne sono ancora nascosti nell’armadio?
“Swan, quando hai finito di attirare l’attenzione con i tuoi urli, io direi che faremo meglio ad andare.” Commenta infastidito Edward quando arriva a fianco alla ragazza; il solito e vecchio Edward. La ragazza si volta a guardarlo con un sorriso così luminoso che Edward non le ha quasi mai visto. Bella non coglie il sarcasmo di Edward e nemmeno il suo tono infastidito, fa come se non avesse detto niente o avesse meglio da fare che star lì a ribattere alle sue stupide frecciatine. “Edward, lui è Embry. Uno dei miei miglior amici.” gli presenta, il sorriso che non accenna a diminuire di un millimetro dal suo viso.
“Piacere di conoscerti, Edward.” Lo saluta Embry con un cenno della testa, al quale Edward ricambia, non felice come la ragazza, per averlo visto.
“Tia Alice!” esclama la vocina di Ariel ad un certo punto come a voler richiamare l’attenzione.  Isabella si volta a guardarla sorridendo e scuotendo la testa. E’ una delle due parole di senso compiuto che ha imparato a pronunciare la piccola, e ora la ripete in continuazione non sapendo cos’altro dire per far vedere che c’è anche lei.
Embry sembra accorgersi solo allora della bambina in braccio ad Edward. La guarda sorpreso, poi sposta lo sguardo su Bella e dopo su Edward. Possiamo ben immaginare cosa stia pensando.
“Stop! Non voglio neanche sentire quello che stai per dire!” lo anticipa la ragazza alzando una mano.
“Ma Bel…” cerca di dire lui.
“Niente. Lui è Edward, e lei è Ariel.” Ripete Isabella indicandoli. “E sono….” A quella parole si blocca non sapendo come continuare la frase. Cos’avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe potuto spiegare tutta quella storia assurda in due parole al suo amico? Non avrebbe capito, non avrebbe voluto capire. Perché era tutto troppo assurdo. Scuotendo la testa si volta verso Edward come per chiedergli una mano e lui come ha sempre fatto non esita a darglielo. “Siamo solo Edward e Ariel. Niente di più.” Conclude semplicemente Edward con un tuffo al cuore. Embry sembra ancora più confuso di prima, ma dallo sguardo di Bella capisce che è meglio non insistere, la conosce abbastanza bene per sapere che se lei avesse voluto gli avrebbe spiegato tutto in un altro momento.
“Va bene. Ora, però, andiamo gli altri sono ansiosi di vederti Bella, e quando sapranno che hai portato con te anche questa piccolina impazziranno di gioia. Dovessi vedere come coccolano la figlia di Emily, neanche fosse loro.” Spiega Embry, mentre comincia a camminare verso l’uscita dell’aeroporto seguito da Bella e da Edward con Ariel.
“Emily ha avuto una bambina?” chiede felicemente sorpresa la ragazza. L’altro annuisce tirando fuori dalla tasca dei jeans la chiave dell’auto. “Oh sono così felice. Ha sempre amato i bambini.” Trilla contenta. “E Sam?” domanda Bella perdendosi a parlare con Embry di persone che Edward non ha mai sentito nominare, e l’unica cosa che può fare è seguirli senza dire niente, beandosi della vista del viso sorridente di Bella e maledicendosi per essere stato talmente stupido da impedire che fosse lui la causa di quel sorriso stupendo.
 
In macchina Bella si perde a raccontare ad Edward la prima volta che lei ed Embry si sono conosciuti.
“Non ci puoi credere, Cullen. Gli ho tirato un pugno in faccia e per poco non gli ho rotto il naso.” Dice scoppiando a ridere, mentre Embry intento a guidare non può che scuotere  la testa sconsolato.
“Picchiava forte la ragazza!” commenta lui. “Il mio naso non smetteva di sanguinare.” Aggiunge, mentre lei continua a ridere ed Edward si bea di quella risata.
“Si, però l’avevo fatto per una buona causa.” Afferma la ragazza, ricevendo in risposta solo un’ occhiataccia. “Buona causa? Prendere a pugni una persona non va bene, Bella. Nemmeno se è una buona causa.”
Lei sbuffa anche se ancora sorride. “Si, invece.” Poi si volta verso il sedile posteriore per guardare Edward. “L’avevo scambiato per il ragazzo che aveva fatto soffrire la mia amica Kim, invitandola ad uscire solo per poi portarsela a letto. Quando lei me l’ha confessato non ci avevo visto più, e volevo fargliela pagare a quel brutto bastardo, solo che le ho date alla persona sbagliata.” Cerca di spiegare in parole povere la ragazza; Edward accenna un piccolo sorriso immaginandosi la scena, conosce abbastanza bene il caratterino di Isabella per non  credere a ogni parola che lei le sta dicendo.
“Eh, grazie tante.” Commenta sarcastico Embry. Isabella si volta a guardarlo. “E dai, Embry! Dopo mi sono fatta perdonare!” esclama lei con voce dolce, mentre il ragazzo scoppia a ridere un'altra volta. “Si, non mi ha più fatto respirare per settimane. Ogni giorno veniva a trovarmi per sapere come stavo e a scusarsi, neanche avesse ucciso il mio gatto.”
“Scusa sai se mi preoccupavo per te. E poi mi sembrava che non ti dispiacessero le mie visite!” Afferma stizzita la ragazza e con una nota di malizia che Edward riesce a cogliere e che lo mette sull’attenti. Cosa cavolo era successo tra quei due?
“Era per i pasticcini al cioccolato che portavi!” Confessa il ragazzo, guadagnandosi un buffetto sul braccio dalla ragazza che lo guarda con finta indignazione.
“Buono a sapersi.” Bofonchia.
Edward vedendo quella scenda si chiede se non fosse stato meglio per lui starsene a casa e non assistere a tutte quelle effusioni tra Bella e i suoi vecchi amici. Loro avevano condiviso con lei molte più cose di lui, loro erano qualcosa nella sua vita, lui era semplicemente niente. E stare lì nel sedile posteriore di quell’auto a vedersi confermata quella sua teoria non era certamente il massimo. Sarebbe stato meglio se non fosse venuto.
Come si dice occhio non vede cuore non duole.
Avrebbe continuato la sua vita, credendo alle sue false speranze, non era la verità ma faceva meno male, immaginandosi che sotto sotto Bella tenesse ancora a lui, che quell’odio, quell’antipatia, quelle frecciatine fossero solo una maschera, un qualcosa che lei si fosse costruita per riuscire a superare il dolore che era certo lui le aveva causato. Un dolore che, se avesse fatto scelte diverse, non le avrebbe mai fatto vivere. Un dolore che non sarebbe mai esistito, e forse ora al posto di Embry al suo fianco, a ridere dei vecchi tempi e scherzare insieme, avrebbe potuto esserci lui. Invece di essere solamente uno spettatore della vita di Isabella, avrebbe potuto farne parte. Essere il suo co-protagonista. In fondo era quello il ruolo che lui avrebbe voluto. Quel ruolo che credeva di interpretare a casa, in Colorado, dove c’erano solo lui, lei ed Ariel ma fuori dal loro piccolo guscio, lì a Forks, dove la vita di Bella si mescolava ad altre persona alle quali lei volveva bene, si rendeva conto che tutto fosse solo una sua stupida fantasia. Non era il suo co-protagonista. Era solo una comparsa, con un ruolo forse troppo grande per lui.
“Ehi, Cullen? Ci sei?” Chiede la sua voce, mentre si volta per guadarlo. Lui annuisce semplicemente. “Dov’ è finita tutta la tua spavalderia? L’hai persa tutta sull’aereo?” aggiunge sarcastica lei.
Lui le risponde con una semplice alzata di spalle. “Il tuo sarcasmo invece c’è sempre e comunque per nostra sfortuna.”
“Simpatico.” Commenta lei fingendo una risata e spostando poi lo sguardo alla piccolina seduta a fianco al ragazzo. “Tu, piccolina, tutto bene?” le chiede sorridendo e arricciando il naso in quella smorfia che Edward adora. La piccola, anche se non capendo fino in fondo le parole della ragazza, le regala un bellissimo sorriso per il semplice fatto che la sua “mamma” le abbia parlato. Basta la voce di Bella per renderla felice.
Il suono di un cellulare interrompe quel momento. Embry risponde e dopo due parole attacca.
“Credo che ti farà un immenso piacere sapere che dobbiamo passare dal tuo caro Paul.” Annuncia il ragazzo, svoltando in una strada a sinistra. Bella lo guarda sorpresa. “Paul?”
“Proprio lui.” Afferma.
“Alla fine allora è rimasto qui. Addio ai suoi sogni di gloria.” Commenta Bella, ed Embry scoppia a ridere.
“Ti sorprenderà sapere cosa l’ha fatto restare qui.”
A sentire quella conversazione Edward non riesce a pensare ad altro se non al fatto della presenza di quanti altri amici riuscirà a sopportare. Jar, Embry, Paul….e poi? Di certo, qualcosa gli dice che non è finita qui.
Sposta lo sguardo fuori dal finestrino, chiedendosi un ulteriore volta cosa cavolo sia venuto a fare.
 
***
 
Appena Embry parcheggia davanti una piccola casa, in fondo alla strada, Isabella non aspetta due minuti e scende dall’auto, proprio nell’esatto momento in cui un giovane dalla pelle ambrata come quella di Embry, ma più alto e muscolo esce dalla porta.
Un sorriso strafottente e forse troppo compiaciuto di sé sulle labbra. Edward sente già di detestare quel ragazzo e il suo odio verso di lui aumenta quando si avvicina a Bella.
“Ehi, stronzetto!” lo saluta lei fingendo indifferenza; un semplice cenno del capo.
“Ehi, troietta!” ricambia lui facendo una smorfia e incrociando le braccia sul petto. Entrambi si guardano negli occhi, quasi uno sguardo di sfida a vedere chi dei due cederà per primo.
“Fanno sempre così!” Commenta sottovoce Embry guardandoli e avvicinandosi ad Edward che li fissa appoggiato al cofano dell’auto.
“Sempre?” chiede lui non staccando lo sguardo dalla ragazza; l’altro annuisce. “Fanno a gara a chi cede per primo nell’affermare quanto entrambi amano l’altro.” Spiega al che Edward si volta verso il ragazzo sconvolto. Ha sentito male o Embry ha davvero detto amare? Non è possibile che Bella amasse quel ragazzo, non poteva. Strinse forte i denti, e i pugni, per non scoppiare. Perché lui non lo sapeva? Era impossibile, lei avrebbe dovuto dirglielo.
“Oh, Paul!” esclama ad un tratto Bella abbracciandolo forte. Lui sorride, un sorriso semplicemente stupendo e sincero; un sorriso che Edward riconosce bene, solo un ragazzo innamorato può sorridere in quel modo. Le stringe le abbraccia intorno ai fianchi, stringendola forte a se.
“Mi sei mancato così tanto!” confessa Bella, quando i loro corpi si allontanano un po’.
“Tu di più, stronzetta!” risponde lui avvicinandosi e baciandole una guancia. Lei scoppia a ridere riabbracciandolo. “So io cosa ti è mancato….” Commenta poi allontanandosi e voltandosi per tornare alla macchina, un tono malizioso che preoccupa non poco Edward. Non va per niente bene, si sta preoccupando troppo. Sta cogliendo troppi doppi sensi in frasi forse del tutto innocenti.
Paul però non si fa sfuggire quest’occasione per dare un piccolo schiaffo al sedere di Bella; ed Edward si incavola ancora di più. Ma cosa cavolo sta facendo? Come cavolo si permette di toccare anche con un solo dito il corpo della sua Bella??
“Ehi, giù le mani, stronzetto. Ora sono occupata.” Risponde Bella voltandosi e fulminandolo. Il ragazzo scoppia a ridere a quelle parole; neanche fossero una battuta. “Tu? Occupata?” chiede tra una risata e l’altra. “Non ci posso credere.” Aggiunge continuando a ridere.
Lei gli lancia un occhiataccia. “Per me puoi credere quello che vuoi.” Dice semplicemente.
Edward è rimasto fermo alle parole “sono occupata”. Cosa voleva dire? Cosa cavolo stava dicendo Bella? Da quando in qua era occupata? E non poteva dirglielo prima, magari a casa, cosicché si abituasse all’idea invece di venirsene fuori lì così proprio ora? E poi con chi? Non poteva essere qualcuno lì a Forks, vero? Cioè non l’aveva mai sentita a casa fare chiamate lunghe e coinvolgenti? Non l’aveva neanche mai sentita accennare a una cosa del genere? E se l’avesse conosciuto a casa e lui non se ne fosse accorto? Magari quando lui era alla scuola di musica lei….
No, basta. Quei pensieri non andavano bene. Sembrava che Bella fosse di sua proprietà quando invece per lui non era nulla. Avevano scelto così. Anzi lui aveva scelto così. Scuotendo la testa, si volta per non avere più davanti agli occhi la ragazza e sale in auto, sbattendo la portiera forse un po’ troppo forte.
Si maledice mentalmente, sbuffando.
Sente delle voci ovattate fuori dall’auto ma non si sforza nemmeno di capire quello che dicono; ormai non gliene importa più niente. Si è già reso ridicolo abbastanza con quei pensieri; e in più è incavolato con Bella, per essere così…così…così è basta, e con se stesso per aver mandato a rotoli tutto quanto come sempre. “Mama” la vocina di Ariel lo distrae dai suoi pensieri, abbassa lo sguardo sulla piccola seduta a fianco a lui e la prende in braccio appoggiandola sulle sue gambe. Le sorride mentre le sposta dei capelli da davanti gli occhioni azzurri. “Ehi, piccolina.” Sussurra sorridendole. “Eeeema” Rispose lei, parlando in quel suo linguaggio comprensibile solo alle sue orecchie. Lui scuote la testa mentre le continua a parlottare e giocare con il suo pupazzetto.
“Perciò da Jake, passiamo domani?” chiede la voce della ragazza mentre apre la portiera posteriore dell’auto per salire. Edward si volta a guardarla chiedendosi perché debba salire dietro con lui; non riesce a guardarla, si volta dall’altra parte guardando fuori dal finestrino fingendo come al solito indifferenza.
“Si. Gli facciamo una sorpresa domani. Stasera dormite da Jared, Kim vi cede la sua stanza.” Risponde Embry salendo al posto di guida.
“Ah ok. E perché lui viene con noi?” domanda facendo un cenno con la testa a Paul seduto davanti a lei. Lui si volta a guardarla malizioso. “E dai stronzetta, non dirmi che non hai voglia di stare in mia compagnia.”
Lei sorride e si sporge in avanti. “Non potrei mai.” Sussurra a un centimetro dalle sue labbra lei, scoppiando poi a ridere, seguita a ruota da lui. Edward scuote la testa nauseato da quella scena. Non credeva che lei fosse così sfacciata. Le piaceva, solo che doveva averla con lui quella sfacciataggine non con Paul.
Si diede dell’idiota subito dopo averlo pensato e continuò a guardare fuori mentre Embry metteva in moto e si perdeva in una conversazione con l’altro ragazzo su quello che avrebbero fatto quella sera. Edward prestava loro poca attenzione, e quelle volte che cercavano di interpellarlo per coinvolgerlo lui rispondeva a monosillabi.
Ad un certo punto ricevette un pugno sul braccio da Bella. “Ma cosa diavolo….?” Chiede acidamente mentre si volta verso di lei. Isabella lo fulmina. “Dannazione, Cullen. Un po’ di vita!” gli sussurra in modo che gli altri non sentano. “Lo so che non sei il massimo della compagnia, ma un piccolo sforzo, no eh?” Aggiunge arcuando le sopracciglia in una maniera assurda. “Scusa se non sono come te e mi struscio su tutti quelli che vedo.” Sibila lui, al che lei riduce ancora di più gli occhi a due fessure. “Ma come cavolo ti permetti? Brutto…” Gli impreca dietro la ragazza, proprio quando l’auto si ferma davanti a un piccolo cancello. Lei lo ghiaccia con un'altra sua occhiata, prima di scendere furente dall’auto. Lui alza gli occhi al cielo e la segue dietro la macchina per scaricare le valigie dal bagagliaio. Cerca di darle una mano, ma lei si scosta. “Faccio da sola.” Esclama appoggiando il bagaglio per terra e avviandosi verso la casa, Embry le si avvicina per darle una mano e lei l’accetta volentieri passandogli la valigia, visto che con un braccio stava sorreggendo anche la piccola Ariel che si era persa a tirare i capelli della ragazza. Edward rassegnato e infastidito sempre di più segue gli altri attraverso il giardino fino alla porta dalla quale una bellissima ragazza dai lunghi capelli mori e dai tratti tipici indiani sta per uscire.
“Kim!” esclama Isabella abbracciandola.
“Bella!” la saluta lei stringendola a se. “E questa piccolina chi è?” domanda poi voltandosi verso Ariel e regalandole un bellissimo sorriso. “Ariel.” Risponde al suo posto Bella mentre l’altra le accarezza dolcemente una guancia.
“Sei una bambina davvero carina!” esclama portandosi automaticamente una mano alla pancia. Un gesto troppo materno per essere fatto casualmente. Isabella se ne accorge ed emette un piccolo verso di felicità.
“Oddio, Kim!” esulta notando solo ora che la sua amica è incinta; non di molto ma ora che la guarda bene può di certo notare un piccolo rigonfiamento.
“Si!” Esclama semplicemente l’altra sorridendo. “Sono così contenta!” Aggiunge mentre prende meglio in braccio la piccola Ariel.
“Bella!” La voce di un ragazzo la fa voltare.
“Ehi, papino!” Lo saluta raggiante Isabella mentre si avvicina per abbracciarlo. “L’hai saputo?” chiese lui sorridente. “E come non si potrebbe notare!”
Lui scoppia a ridere e abbraccia la sua ragazza che si stringe a lui. “Vedo che anche tu però hai una sorpresa…” comincia il ragazzo guardando Ariel. Isabella sorride e sposta anche lei lo sguardo su Ariel. “Eh si, Jar, questa piccolina qui è Ariel.” Spiega la ragazza, facendo segno alla bambina di salutare. Lei lo fa sorridendo, prima di nascondere poi di nuovo la testa sulla spalla di Bella. Jared sorride, poi riferendosi alla figura di Edward che si sta avvicinando alla casa seguito da Paul. “Vedo che non è l’unica…”
Bella alza gli occhi al cielo. “Non è come sembra.” Si affretta a spiegare. Kim la guarda ridacchiando. “Non è per niente male, Bel. Hai sempre avuto buon gusto…” dice con un sorriso che sotto intende troppe cose.
“Kiiiim!” la richiama la ragazza scoppiando poi a ridere.
“Dai, vieni. Ti mostriamo la stanza.” Le interrompe il ragazzo precedendole verso casa. Le altre si prendono a braccetto e lo seguono, non prima che Bella si sia voltata  e abbia fatto cenno ad Edward di seguirla.
Lui scuote la testa rassegnato; l’unica cosa che riesce a pensare è “uno in meno.”
Jar, quel Jar, di cui si era preoccupato tanto era felicemente fidanzato. Per fortuna. Ora aveva da preoccuparsi solo degli altri.
 
***
 
“Sarà solo per questa sera, Cullen!” annuncia Bella dall’altra parte della porta del bagno. “Domani andremo a casa di Jake e ha più stanze, ne troveremo una anche per te.” Spiega uscendo mentre ancora con un asciugamano si friziona i lunghi capelli bagnati. Lui annuisce solamente, senza però alzare lo sguardo dallo schermo del suo cellulare.
Sinceramente a lui non è che dispiaccia più di tanto  dormire nello stesso letto  di Isabella. Anzi, se avessero tenuto quella stanza per tutto il tempo che fossero rimasti a Forks lui ne sarebbe stato  più che contento.
“Vedo che oggi sei davvero di molte parole.” Commenta acida lei mentre apre la sua valigia per cercare una felpa da indossare sopra la semplice maglietta marrone extralarge che usa anche a casa come pigiama, e un paio di calzettoni.
“Si vede che non ho niente da dire.” Dice solamente lui continuando a tenere il suo sguardo sul telefonino.
“Beh, avresti potuto fare uno sforzo. Non hai spiccicato parola, e quelle poche volte che l’hai fatto non hai certo dato il meglio di te.” Sbuffa Bella chiudendo la cerniera della felpa grigia. Lui alza gli occhi al cielo, e indignato dalle sue parole si volta a guardarla, pentendosene subito dopo. Quello che gli si presenta davanti agli occhi non aiuta di certo a tenerle il muso, l’unica cosa che vorrebbe fare è alzarsi e far combaciare i loro corpi di nuovo, come facevano una volta.
“Beh credo che tu sia stata abbastanza, come dire espansiva, per entrambi.” Constatò  acido lui, marcando bene sulla parola “espansiva”. A quel tono Isabella si infastidì.
“Cosa diavolo vorresti insinuare, Cullen?” domanda alterandosi leggermente.
Lui sbuffa e torna a guardare lo schermo del cellulare. “Niente. Lasciamo perdere.”
“Eh, no caro mio. Cosa volevi dire?” Insiste lei incrociando le braccia al petto e fulminandolo. Edward si alza dal letto e mette nelle tasche dei pantaloni della tuta il cellulare. “Con quale dei tanti sei andata a letto insieme? Paul? Embry? O forse dovrei dire tutti e tre.” Commenta lui mentre agguanta un paio di scarpe da ginnastica. A quelle parole Isabella scoppia.
“Oh ma senti da che pulpito viene la predica!” esclama arrabbiata. “Credo che tu sia quello meno indicato per venire a farmi la predica, Cullen.” Aggiunge lei mentre lui si china per infilarsi le scarpe. “Primo perché tu te ne sei passate molto più di me senza problemi. Secondo non credo che a te debba fregare qualcosa di me visto che è da anni che non vuoi averci a che fare.” Sibila furiosa mentre gli si avvicina; lui si alza per prendere una felpa e infilarsela, cercando di trattenersi dallo scoppiare e dirle tutto. Dirle quanto sia stato stupido a voler perdere una come lei, stupido a preferire le altre a Bella.
“E terzo, per me tu non sei assolutamente nulla. Sei stato tu a decidere di non essere nulla, sbaglio forse ma quello che non era pronto ad affrontare tutto eri tu, eh? Sbaglio? No che non sbaglio, Cullen. Non sei niente, perciò la predica falla a qualcun altro, perché su di me non puoi avanzare nessun dannato diritto!”
“E se non volessi essere un niente, maledizione!?” Esclama lui subito dopo voltandosi verso di lei e guardandola negli occhi scuri. Non ce l’aveva fatta a trattenersi; non dopo il dolore e la rabbia con cui aveva sentito che lei gli stava dicendo quelle cose. Dio, avevano sbagliato tutto.
Gli occhi della ragazza per un secondo si addolciscono quasi e una piccola luce di speranza si accende in essi, come se non potessero credere, ma volessero farlo, alle parole del ragazzo. Come se aspettasse solo quello da una vita. Ma questo succede talmente in fretta che Edward crede di esserselo immaginato perché gli occhi con cui lei lo guarda adesso sono solo freddi e duri, velati da lacrime trattenute.
“Credo che sia troppo tardi per i rimpianti, Edward.” Sussurra piano, la voce però decisa. Senza una minima vibrazione. Lo guarda decisa, coraggiosa e sicura di sé; e lui la conosce abbastanza bene per sapere che forse ormai come ha detto lei non c’è altro da fare. Distogliendo lo sguardo dal volto della ragazza, con un dolore che gli comprime il petto quasi impedendogli di respirare e una voce nella testa che continua a ripetergli come cavolo siano finiti in quel situazione, si volta e senza dire una parola esce da quella stanza che è diventata troppo piccola per entrambi. In quel momento perfino il più grande dei castelli sarebbe stato troppo stretto per loro. Chiude piano la porta alle sue spalle, non è un ragazzino arrabbiato che scappa da una camera perché le cose non sono andate come voleva è un ragazzo che sa quello che ha fatto, dove ha sbagliato e sa che sbattere una porta non servirà a nulla.
Scende le scale velocemente cercando di uscire il prima possibile da quella casa, lontano da lei.
L’unica cosa che riesce a pensare nel momento in cui esce dalla porta di casa e l’aria fredda della sera gli soffia sul viso è che almeno le lacrime non si vedranno ma verranno spazzate via da quel vento forte. Vorrebbe che si portasse via anche i suoi ultimi anni, e la sua grande idiozia.
Credo che sia troppo tardi per i rimpianti, Edward
L’aveva chiamato anche Edward. Questo valeva per indicare che diceva davvero sul serio.

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo! :D
Un abbraccio enorme a tutti! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, che è fondamentale per me u.u

  
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