Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: themissingpiece    18/12/2011    5 recensioni
Li abbiamo lasciati così: Alex che se ne va, lasciando Joseph e tutta la sua nuova vita dietro di sé. Un nuovo inizio, nuovi sorrisi, lacrime, parole mai dette che usciranno come sorprese. Siete pronti per farli tornare tutti nella vostra vita? Se la risposta è positiva mettetevi comodi e iniziate a leggere.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno! Come state piccoli piccini miei?
Io? Bene, soprattutto perché si stanno avvicinando le vacanze di Natale e 
il mio compleanno (il ventidue) =]
Lo so, lo so. Non posto quasi da UN MESE e mi dispiace. Un po' per la scuola
e gli impegni, un po' perché aspettavo nuove recensioni...
Beh, insomma vi ho postato il nuovo capitolo come regalo di Natale :3
Io cosa vorrei da voi come regalo? Solo nuove recensioni! 
Ora vi lascio leggere, vi voglio troppo bene angeli <3


Buone feeeste! 

G.



He said I'll be fine
capitolo tre




Mi guardai intorno sorridendo, correvo e i miei capelli svolazzavano al vento caldo di Agosto.
A Central Park quel giorno sembrava non esserci nessuno, era stranamente quieta e silenziosa.
Il mio cuore batteva velocemente cercando qualcosa, una persona.
Voltai per l’ultima volta la faccia e mi trovai davanti il ragazzo più bello che io avessi mai visto.
Sorrideva. Io sorridevo. Il mio cuore smise di pompare sangue in fretta, anzi sembrava rallentare
e quando il ragazzo mi prese la mano, perse un battito. «Sei bellissima» 
disse lui e nella mia testa
echeggiò per qualche minuto. Abbassai lo sguardo diventando improvvisamente rossa
e lo sentii ridere «Amore mi sei mancata» mi alzò il mento con due dita facendo incontrare i nostri occhi.
Amore. Amore. Mi aveva chiamata amore. Sembrava un suono così familiare, così rassicurante.
«Ti amo» disse ancora e nella mia testa sentii quel ‘’Ti amo’’ ripetuto più volte.
Quest'ultima iniziò a girare, inizialmente pensai che fosse perché nei libri si dice sempre che l’amore
dà effetti strani. Poi un dolore straziante nella parte bassa della schiena e il ritmo delle parole
appena dette dal ragazzo di fronte a me si fecero quasi assillanti. Mi toccai la schiena e quando guardai
la mano vidi sangue rosso che sgocciolava persino sull’erba immacolata di Central Park.
Alzai lo sguardo cercando una spiegazione negli occhi di quella persona che mi aveva appena detto
che mi amava, ma lui sorrideva semplicemente, poi sentii una risata alla mie spalle.
Quando mi girai trovai Phil e Eric,due pezzi grossi lì a New York, si diceva fossero stati loro a sparare a mio padre.
Ridevano e il ‘’mio ragazzo’’ con loro mentre io mi accasciavo a terra
«Joe aiutami» lo supplicai, ma lui non mosse un dito. Rimase lì finché..

 

 
«Hey…. Alex svegliati!» aprii gli occhi mandando giù la saliva quasi forzatamente «Mi hai fatto prendere uno spavento assurdo, che succede?» mi voltai lentamente non capendo perché Jack avesse quell’espressione preoccupata «C-Che c’è?» chiesi confusa «Stavi urlando e non riuscivo a svegliarti» mi morsi il labbro sentendomi in colpa e poi lentamente mi misi a sedere «Era.. Era solo un brutto sogno» balbettai, Jack mi strinsi al suo petto e io mi ci raggomitolai «Stai tranquilla, si sistema tutto» il suo respiro regolare e il suo profumo mi fecero calmare un po’, forse era perché erano qualcosa di familiare, qualcosa che mi facevano sentire protetta «Beh, buongiorno» dissi piano staccandomi e suscitando una sua risatina «Buongiorno anche a te piccola» rispose accarezzandomi i capelli. Avvicinò piano il suo viso al mio e mi lasciò un bacio dolce «Mh, a cosa lo devo?» «Al fatto che stiamo rincominciando da capo no?» disse a un centimetro dal mio viso «Io non volevo dire che dovevamo stare insieme» si staccò di colpo, rosso in viso e decisamente imbarazzato e io scoppiai a ridere «E’ troppo facile prenderti in giro Jack, ormai dovresti conoscermi» dissi a fatica tra le risate. Vidi il suo viso corrucciarsi in un’espressione offesa e io mi ci buttai addosso abbracciandolo «Cosa posso fare per farmi perdonare?» chiesi mentre lui rimaneva immobile «Mah, potresti iniziare dicendo che sono il tuo ragazzo e non mi scambieresti con nessun’altro al mondo» feci un sorriso malizioso «Poco modesto eh? Ma sì, sei il mio ragazzo e non ti cambierei maaai con nessun altro al mondo» lo guardai mentre un grosso sorriso spuntava sul suo viso «Non sai quanto io sia felice in questo momento» le sue mani calde si appoggiarono sulle mie guance e finalmente riuscii a sentire ancora il suo sapore nella mia bocca  e tutte quell’emozioni che per troppo tempo erano rimaste rinchiuse dentro.
Mi alzai svogliatamente dal letto, ma purtroppo non avevo scelta: avevo deciso di cercarmi un lavoro normale. M’infilai velocemente un paio di shorts della tuta e una maglietta notando che pian piano i segni dei lividi e dei graffi stavano scomparendo velocemente. Sorridente mi avviai verso la cucina, ma appena entrata in corridoio mi fermai bruscamente. Non riuscivo a camminare, come se ci fosse un vetro trasparente di fronte a me che non mi voleva far passare. Iniziai a sudare freddo e la vista mi si appannò. Le gambe iniziarono a tremare come se fossero troppo stanche per sorreggermi. «Jack!» cercai di urlare con tutto il fiato che avevo, ma l’unica cosa che mi uscì fu quasi un sussurro. Un senso di nausea mi attanagliò lo stomaco seguito da una fitta dolorosa e poi, sfinita da tutto quello, mi lasciai cadere a peso morto sul pavimento.
 
«Rispondimi, Alex, rispondimi».


 
«Ti prego».


 
«Apri gli occhi, svegliati».



 
Fu come un defibrillatore, il  mio petto balzò all’infuori velocemente e io riuscii a stento a catturare un po’ d’aria per i miei polmoni. Ritornai nuovamente con la schiena sulle gambe di Jack che mi sorreggeva con i muscoli tesi per lo spavento. Respirai ancora, ancora e ancora, come fosse una cosa che non facevo da troppo tempo. Il mio cuore prese a battere molto velocemente facendomi venire quasi il fiatone e poi sorrisi riconoscendo quelle sensazioni: il caldo che ti faceva venir voglia di spogliarti completamente e subito dopo il freddo quando mi rannichiai più vicino al corpo del ragazzo e poi il giramento di testa, il non capire niente. Mi sentivo finalmente libera, completa.
Jack mi aiutò ad alzarmi e mi portò pazientemente fino al bancone della cucina in religioso silenzio. In quel momento mi sarei dovuta sentire in colpa perché avevo rovinato l’unico momento felice, ma in verità non me ne fregava niente. L’unica cosa che m’importava era che avevo la mia dose, che ero contenta, perché quella era la mia vera felicità, quella del mio mondo.
La felicità, nella mia realtà, non era un ragazzo, un ‘Ti amo’, un anniversario, avere un bambino.
La mia felicità era la mia dose, il resto in quel momento non contava.

 
C’era qualcosa che andava. Come se l’ingranaggio si fosse inceppato per un momento. Avete presente quando iniziate a correre giù per una discesa? Esatto, cosa succederebbe se ci fosse qualcosa che non vi permettesse di correre fino alla fine? Sarebbe qualcosa di incompleto, vi mancherebbe qualcosa. «C-Che diavolo..» iniziai a formulare una domanda, ma Jack mi precedette «Non ti ho dato la tua dose normale, l’ho ridotta almeno starai meglio» Io.starò.meglio. tre fottute parole a cui proprio non credevo.
Sentii l’adrenalina scorrermi in tutto il corpo, così mi alzai e mi misi di fronte al ragazzo che poco prima aveva parlato «Tu cosa hai fatto?» «Lo abbiamo deciso insieme Alex» feci un sorriso bastardo, forse senza neanche rendermene conto, perché infondo io e Jack non litigavamo mai, ma proprio non riuscii a fermarmi «Io voglio la mia fottuta dose adesso. Capito? Non me ne fotte un cazzo di noi, di Joe, di ogni cosa. La voglio adesso».
Chi era quella ragazza?
Non lo sapevo neanche io. Lui abbassò lo sguardo incassando quelle parole taglienti, mentre una sensazione conosciuta si espanse nel mio corpo. Ansia, nervosismo, stanchezza, irrequietezza. Si alternavano.
Non ricordo se Jack mi rispose, ma se lo fece il mio cervello non lo percepì. Poco dopo (o almeno credo) iniziai a sudare, a lacrimare, a sbadigliare. E in quel momento ero certa solo di una cosa: stavo per iniziare un viaggio senza fine, un viaggio dritta all’inferno, quel viaggio gli altri lo chiamavano astinenza.
  
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