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Autore: Ice in Glasgow    28/12/2011    8 recensioni
Storia che non tocco da anni e che non finirò mai. Pace e amore :3
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti, prima di lasciarvi al mio nuovo capitolo vorrei dirvi un paio di cosine!
Intanto grazie mille alle 17 persone che hanno recensito il mio primo capitolo: mi avete fatta davvero felice e spero di leggere di nuovo tutti i vostri pareri anche su questo!
Vorrei anche scusarmi per averci messo così tanto ad aggiornare la storia. (Più di un mese! Come sono lenta!) Perdonatemi davvero, ma la scuola richiede un sacco di tempo e solo ora che sono in vacanza ho un attimo di respiro.
Altra cosa: il titolo! Ne ho scelto uno, come potete vedere: Tripudio d'emozioni all'ombra del corbezzolo.
Che ve ne pare? Il perchè del corbezzolo lo scoprirete mooooolto più in là! XD
Ovviamente però sono ben accetti altri suggerimenti e critiche sulle storia!
Ringrazio tutti quelli che mi leggono e mi leggeranno!
Vi auguro un Buon Natale (in ritardo! :D ) e soprattutto un felice anno nuovo, vito che ormai il 2011 è agli sgoccioli.
Buona (?) lettura!
La vostra Ice;



Tornato a casa mi sdraiai di nuovo sul letto, la passeggiata mi aveva fatto tornare il sonno, ma nonostante questo non riuscii ad riaddormentarmi.
Decisi di rimanere in silenzio sotto le coperte a pensare e ad aspettare che mia madre si svegliasse; ovviamente avevo già provveduto a cestinare il biglietto che le avevo lasciato sul comodino: era già ansiosa di suo a causa della partenza, non volevo farla stare in pensiero con il mio ennesimo sogno, glielo avrei raccontato in seguito.

Non so come, mi tornarono alla mente le immagini di mio padre che, quando ero piccolo, mi leggeva sempre le fiabe e tutte le sue storie preferite.
Adoravo il modo in cui me le raccontava, era così coinvolgente e non mi sarei mai voluto addormentare!

«Papà mi leggi ancora la storia di Aladino e il genio della lampada?»
«Ancora? Ma la sai a memoria, Filippo!»
«Lo so, però mi piace... Sai che se potessi esprimere anche solo uno dei tre desideri del genio chiederei di poter restare sempre con te?»
«Sarebbe anche il mio desiderio piccolo...»


Al riaffiorarsi di quel ricordo i miei occhi cominciarono a brillare: ero commosso, e quel misero luccichio si trasformò presto in un'enorme e calda lacrima che solcò il mio viso e poi cadde, inesorabile, sul cuscino.
Mi capitava spesso ormai di emozionarmi quando pensavo a lui e a tutti i momenti belli che avevamo passato insieme. Chissà se anche a mamma faceva questo effetto.
Per lei il periodo subito successivo alla morte del babbo non deve essere stato facile: quanti sacrifici ha dovuto fare per noi, per me!
Ci siamo dovuti trasferire in un appartamento e vendere la nostra casa, potevamo permetterci solo l'essenziale allora, nessuno ci ha mai dato una mano, nemmeno mia nonna, la madre di mio papà, che per chissà quale motivo odiava quasi a morte la mamma e, di conseguenza, me.
La morte del babbo è stato solo un pretesto per non essere più costretta a starci vicino: questa è stata una delle tante cose che mi hanno portato sull'orlo della depressione nei mesi successivi quella brutta situazione. Non riuscivo a trovare una valida motivazione per cui non mi volesse bene. Che le avevo fatto di male?
L'ultima notizia che ho avuto su di lei è stata qualche mese fa, da parte di un'amica di mia mamma: è malata di Parkinson e peggiora sempre di più, di giorno in giorno.
Chissà se almeno una volta le è capitato di pensare a me, chissà se si è pentita di avermi letteralmente abbandonato...sperando che ancora si ricordi chi sono.

Scacciai dalla testa tutti questi pensieri, non volevo che mi assillassero per tutto il resto della giornata: avrei passato l'intero pomeriggio con Samantha, la mia quasi-ragazza. Ero al settimo cielo, uscivamo da qualche settimana senza che, però, fosse successo qualcosa di interessante, ma quel giorno l'avrei baciata: ne ero sicuro, ed era la cosa che più desideravo!
Presto quelle morbide labbra sarebbero state mie e avrei potuto finalmente sentire il suo profumo da vicino; non vedevo l'ora!
Ero innamorato pazzo di quella ragazza, ho perso la testa per lei fin dal primo giorno che l'ho vista, mentre camminavo per i corridoi del mio liceo.
Ricordo ancora l'intensità dello sguardo che ci scambiammo: un brivido mi attraversò tutta la schiena, ed io annegai letteralmente in quei grandi occhioni neri.
Da lì è iniziato tutto, ma oggi avrei voluto sorprenderla, volevo rendere speciale e indimenticabile quello che oggi sarebbe diventato il giorno del nostro primo bacio.
Mi alzai con un grande slancio ed percorsi con una foga disumana il corridoio che andava dalla mia camera fino all'ingresso.
«Mamma io esco!» le urlai.
Dalla cucina mi disse ridendo «Ma che fai? Stai perdendo il treno? Vai vai, ma non tornare tardi, mi hai promesso che mi avresti aiutato con i bagagli da finire!»
«Contaci mamma!» urlai di nuovo, con un sorriso da ebete a trentadue denti stampato sul viso, sbattei la porta e, sempre correndo, mi precipitai sulla rampa delle scale.
Tornai a Piazzale Michelangelo, a quell'ora già pieno di turisti che fotografavano il panorama, e da lì scesi la strada che portava verso il lungarno, pronto per dirigermi a Ponte Vecchio per poi arrivare finalmente al mercato di San Lorenzo, passando per il Duomo: lì avrei sicuramente trovato un fioraio aperto, volevo comprare a Samantha un bel mazzo di rose rosse.

Entrai nel negozio un po' in imbarazzo, non avevo mai comprato dei fiori ad una ragazza e sinceramente mi imbarazzava un po' l'idea di dover camminare per mezza Firenze con un mazzo di rose enorme in mano.
Dopo qualche minuto che me stavo imbambolato a fissarmi i piedi presi coraggio e parlai.
«Buon giorno signore..ehm..io vorrei comprare un mazzo di rose...»
Diventai tutto rosso, volendo mi sarei intonato benissimo ai fiori che volevo.
L'uomo sorrise facendo muovere i folti baffi neri.
«Scommetto che sono per una ragazza.»
Le mie guance, da rosse com'erano, divennero bordeaux. Cavolo, aveva indovinato. Ma l'ho scritto in fronte che sono innamorato?
Annuii senza dire una parola e il fioraio scoppiò in una sonora risata.
«Ah questi ragazzi... Siete sempre così prevedibili! Ma un minimo di fantasia ce l'avete?»
Mi guardò negli occhi e capì che mi trovavo in grande difficoltà e imbarazzo.
«Conosci il linguaggio dei fiori, figliolo?»
«Ne ho solo sentito parlare...» dissi mordendomi leggermente il labbro.
«Beh, tranquillo: ho io quello che fa per te!»
Aprì una porta che si trovava vicino al bancone e se ne andò per qualche minuto; quando tornò aveva in braccio una miriade di fiori diversi.
«Parlami un po' di questa ragazza...» mi disse poggiando il mazzo enorme e variopinto sul tavolo da lavoro.
«Non la conosco da molto tempo, ma mi ha colpito già dalla prima volta che l'ho vista... Ha degli occhi magnifici e ogni volta che la guardo e vedo che mi si avvicina sento il cuore battere all'impazzata, quasi come stesse per esplodere o schizzar via dal petto e... »
Al fioraio brillavano gli occhi, mi ascoltava con interesse e attenzione.
«Lillà!»
Mi porse un piccolo gambo verdolino con un fiore molto simile alla margherita, ma con i petali di un colore particolare, delizioso, un miscuglio fra l'azzurro e il viola. Mi ricordava le lunghe gite in campagna che facevo con i miei a primavera inoltrata; mi sembrò quasi di sentire l'odore dell'erbetta fresca e morbida, il fruscio del vento e il leggero scorrere di un fiume.
Presi in mano quel fiore delicato, piegai la testa leggermente verso sinistra e guardai l'uomo con uno sguardo interrogativo.
«E' il simbolo delle prime emozioni d'amore. Non lo trovi perfetto?»
Aveva un sorriso enorme. Mi fece cenno di continuare a parlare.
«Beh, che altro dire...» mi sentivo incredibilmente a mio agio «Usciamo da qualche settimana e mi piace davvero: è una ragazza in gamba. Sento che potrei darle qualcosa di più...insomma...credo tu abbia capito.»
Ci scambiammo un'occhiata di intesa, poi l'uomo osservò di nuovo i fiori sul tavolo e prese un altro fiore: gambo scuro e petali stellati, ma colore molto simile al fiore di lillà.
«Questo invece cosa significa?» Chiesi incuriosito; ormai avevo capito il suo gioco.
«Fiordaliso, ragazzo!» mi sorrise, poi continuò «Questo simboleggia la speranza per una felicità d'amore!»
«Che bello... E per quando potrà esser pronto il mazzo di fiori?»
«Prima di subito! Aspettami qui, lo farò in dieci minuti!»
E se ne ritornò di corsa nella stanza da dove aveva portato tutti i diversi tipi di fiori per il “gioco”; probabilmente era una sorta di laboratorio.
Ero quasi tentato di affacciarmi alla porta, giusto un'occhiata per vedere come procedeva il lavoro, se i fiori per Samantha stavano venendo bene, ma mi trattenni.

Fortunatamente non dovetti aspettare tanto, in pochissimo tempo il fioraio rientrò nel negozio e mi porse delicatamente la composizione.
Era bellissima, un vero e proprio spettacolo di sfumature azzurre e violette, un tripudio di profumi e dolcezza.
In mezzo a tutti quei gambi e petali delicati si nascondevano le mie emozioni e le mie speranze, pronte a balzar fuori al momento opportuno, per rendere magico quel momento che tanto aspettavo.
Pagai in fretta e furia e salutai il fioraio; era stato così gentile e disponibile con me, mi aveva fatto piacere chiacchierare con lui.
«Buona fortuna, ragazzo. Te la meriti, sembri davvero un bravo ragazzo.»
«Grazie mille!» e uscii dal negozio sorridendo.

Non era tardi, perciò decisi di incamminarmi con calma verso casa.
Arrivai a Ponte Vecchio, il ponte, appunto, più vecchio e più romantico di Firenze.
Passai la breve via piena di oreficerie fino ad arrivare al punto più famoso del ponte: la statua di Benvenuto Cellini, alle quali inferriate è usanza fra innamorati, non tanto simpatica al comune, però, attaccare dei lucchetti con le proprie iniziali per poi buttare la chiave nell'Arno.
Un modo, un tempo originale, per giurarsi amore eterno; ormai però era diventata una vera e propria moda, partita da quell'odioso romanzo di Moccia, e anche cani e porci si divertivano a gettare la loro chiave contenente sogni e promesse che, puntualmente, si sarebbero sgretolate al massimo il mese successivo.
Sorrisi a quel pensiero e mi fermai ad osservare una giovane coppia che proprio in quel momento stava per legare per sempre il loro amore a quelle sbarre fredde e rugginose.
Tutti e due chini e sorridenti, mano nella mano, aprirono il lucchetto e poi lo richiusero, fissandolo definitivamente alle inferriate del povero Cellini, dandosi un bel bacio appassionato.
Guardandoli, pensai a quel pomeriggio, quando anche io avrei baciato la mia amata. Ero felice.
Purtroppo però quei dolci pensieri vennero bruscamente interrotti da una vista orribile.
Fu peggio che prendere una secchiata d'acqua gelata addosso: su di me si era appena riversata una valanga di bugie e lacrime dalle dimensioni bibliche; e pesava... Pesava sul mio povero cuore.
«Certo che sei veramente una stronza!»
Non so con quale coraggio, ma buttai fuori tutta la mia rabbia davanti ad una miriade di persone.
Mi diressi a pugni stretti e con il mazzo di fiori ancora sotto braccio verso la coppietta dei lucchetti.
La ragazza divenne pallida in viso, cominciò a tocchicciarsi nervosamente i capelli e abbassò gli occhi. Sapeva cosa aveva appena combinato.
«Piccola, chi è questo scapestrato?»chiese il ragazzone che le stava accanto corrucciando la fronte e stringendola forte in vita.
«Ecco io...»
«“Io” un bel niente!» le urlai di nuovo «Ma ti rendi conto di che cazzo stai facendo? Lo ripeto, sei una stronza! Settimane perse a pensarti, a sognarti...e questo è quello che mi merito?! E tutte quelle passeggiate mano nella mano? E le carezze timide e le occhiate dolci che ci siamo scambiati? Che mi dici di tutto questo?»
Ero arrabbiato, stavo diventando una furia.
I suoi occhioni neri che tanto mi avevano incantato sembrarono scurirsi ancora di più e diventare enormi a causa del luccichio delle lacrime che iniziavano a scenderle lungo le guance.
«Sì, brava. Piangi!» continuai «Prima fai le cazzate e poi piangi! E intanto tutto quello che abbiamo passato insieme l'hai buttato nel cesso»
«Filippo...» la voce tremava a causa dei leggeri singhiozzi «Mi dispiace!»
Non ci vedevo più dalla rabbia, dal dolore, dalla consapevolezza di essere stato abbandonato... di nuovo.
Le diedi uno schiaffo.
Vidi Samantha contrarre il viso e mordersi un labbro.
Se lo meritava. Io no... Non meritavo niente di tutto questo, non da lei!
«Non le voglio le tue insulse scuse.» e le buttai ai piedi il mazzo di fiori che le avevo comprato.
«Tieni, va'. Te li avrei voluti dare oggi, ma ormai non servono più.»
Mi sembrò quasi di vedere le mie emozioni a speranze che ci avevo nascosto dentro andarsene, farsi spazio fra i petali, poi fra la gente e buttarsi nell'acqua del fiume.
Li vidi annegare. In quel momento, avrei voluto seguirli.
«Non si gioca con i sentimenti, Samantha. Va a finire che ne soffrirai pure tu, o riceverai lo stesso trattamento da qualcun altro.» E in quel momento mi accorsi che il suo “amichetto” si era dileguato.
Se ne accorse anche lei e le lacrime tornarono a bagnarle il viso.
«Ha chiamato la tua coscienza...» aspettai che alzasse gli occhi e mi guardasse «Ha detto che è andata a farsi un bagno, era troppo sporca.»
La guardai con intensità e con una rabbia che mai avevo avuto prima.
«Vaffanculo.» le dissi quasi sibilando, e me ne andai, lasciandola sola in mezzo agli sguardi interrogativi della gente che aveva seguito tutta la nostra discussione.

Iniziai a salire la scalinata che portava verso Piazzale Michelangelo, ma decisi che forse era meglio fermarsi un attimo: mi sentivo stanco, come se avessi impiegato tutte le mie forze per parlare con Samantha.
Presi il cellulare e guardai l'ora. Era soltanto mezzogiorno, eppure sembrava fosse passato un secolo da quando ero uscito tutto felice dal fioraio.
Scrissi un messaggio e lo inviai a lei.

“Adesso siamo tutti e due soli. Lo senti il sapore amaro dell'abbandono? E quel macigno che hai sul cuore non ti pesa? Forse adesso mi capirai... Addio.”

Qualsiasi cosa mi avesse scritto, non le avrei risposto.
Andai in rubrica e cancellai il suo numero. Definitivamente.
   
 
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