In the end.
13 Febbraio
2005
- Perché vederti
arrivare
con un’ora di ritardo non mi sorprende?
- Senti chi parla! Nano,
ricordati che sei sbrigativo solo perché non ti lavi mai e
dei capelli non te
ne fotte un cazzo. Hai dimenticato come ci si pettina, Bill?
– disse Frank con
calma e un sorriso abbagliante.
- Tu invece sei passata a
restaurarti, dolcezza? – disse Billie con sarcasmo.
- Oooh si! – disse Frank
sbattendo le ciglia velocemente.
- Ragazzi, basta, vi
prego! Non è passata nemmeno un’ora e
già mi avete sfracassato i coglioni!
- Sei nervoso, Mikey? –
parlò ancora Frank con una vocina da perfetta puttanella
– Se vuoi ti rilasso
io!
Gli tirai un’occhiataccia
e lui zittì senza dire altro. Cazzo se ero nervoso. I nervi
pungevano nella
carne come il freddo di quella serata invernale, così
limpida eppure ventosa,
di quel vento che taglia la faccia.
- Dai su Mikey, non fare
così! È tutto ok!
Riconobbi subito quella
parlantina veloce e acuta, mi voltai e incontrai il volto luminoso di
Brit.
Aveva indossato solo un paio di pantaloni e una giacca, eppure era
bellissima,
come sempre, i capelli biondi perfettamente lisci, come fili
d’oro.
- Si, tutto ok! – risposi
io – che sarà mai? Ci andiamo tutti gli anni a
ritirare un Grammy, vero
ragazzi? – ero ancora nervoso, ma la presenza di Brit sa
sollevarmi sempre e
comunque.
- No, ma questo potrebbe
essere l’inizio di una lunga serie … spero!
– disse Billie sognante, lo sguardo
perso. Poi all’improvviso scattò con la testa e
guardò l’orologio appeso nel
suo salotto.
- ADIEEEE, AMOREEE??
SBRIGATI O FACCIAMO TARDI! – Strillava. Era nervoso anche
lui, lo conosco
troppo bene.
- Arrivo! – rispose lei
per quella che doveva essere la quinta volta.
- Vengo a darti una mano
Adie? – disse Frank con voce sensuale.
- Fatti una sega
piuttosto, Wright! – rispose lei ed era in quei momenti che
io capivo davvero
che lei e Bill si completavano alla perfezione. Billie ed io scoppiammo
a
ridere, mentre Brit era impegnata a ricontrollare il trucco.
- Perché siete tutti
cattivi con me oggi? –
- Perché stai rimediando
da scopare da quando sei arrivato – dissi io.
- Beh, è il modo
migliore
per scaricare la tensione! Ma tu hai rifiutato, Adie pure, a Brit non
oso
chiedere … - disse cauto mentre lo scrutavo con attenzione
– quindi nano,
stasera tocca a te! – disse sorridente.
- Se permetti, il nano è
mio! – la voce di Adie era più vicina. Ci voltammo
verso le scale e la vedemmo
lì, ferma e sorridente, fasciata in un bel vestito nero e
corto, con delle
bretelle a forma di gilet. Con le labbra increspate da un sorriso mi
voltai
verso Billie, che aveva spalancato la bocca, mentre il suo viso si era
colorato
di rosso. Passavano gli anni, eppure la sua reazione alla vista di
Adrienne era
la medesima.
- Wow! – fu
l’unica cosa
che seppe dire.
- Sei favolosa Adie! –
cinguettò Brit correndo ad abbracciarla.
- Anche tu Brit! –
sorrise
lei.
- A me nessuno fa i
complimenti, viene a darmi un abbraccio, una carezza …
niente? – cantilenò
Frank.
- Trè, ti supplico, stai
zitto! – dissi io esasperato.
- Ma io … - non
finì la
frase perché Billie, molto delicatamente, si
fiondò a tappargli la bocca con la
sua.
- Che tu sia benedetto
Billie! – dissi io, mentre Adie e Brit ridevano a crepapelle.
- Ora sei apposto! Non
voglio sentirti per il resto della serata, chiaro? – Billie
si staccò da Frank
e lo ammonì con un tono di voce che non ammetteva repliche.
- Okeeey! –
sospirò Frank,
apparentemente più tranquillo.
-
Perfetto, andiamo! – disse Billie con voce distesa, mi fece
l’occhiolino e poi
andò verso Adrienne, cingendole la vita con un braccio. Io
mi diressi a grandi
passi verso Brit e, dandole un bacio a fior di labbra, uscimmo da casa
Armstrong diretti verso una serata imprevedibile. Verso i Grammy.
- ECCO LA
47^ EDIZIONE DEI GRAMMY AWARDS!!! PER VOI I … GREEN
DAY!–
Attaccammo con “American Idiot”. La voce di
Billie tremava
dall’emozione e Frank batteva il tempo con forza. Io ero
costretto a mantenere la
calma, sia per loro che per me. Sotto di noi si ripeteva la stessa
diapositiva:
facce sorridenti, altre che piangono, mani che si tendono, sguardi
languidi e
grida eccitate.
Per noi, solo per noi, da
sedici anni a quella parte. Ricordo ancora la prima volta che suonammo
con
Frank al Gilman. Cazzo, sembrava un’eternità fa!
Per non parlare della volta in
cui Billie mi annunciò che abbandonava la scuola. Il ricordo
mi arricciò le
labbra in una specie di sorriso. Non eravamo cambiati di molto. Certo,
eravamo
più incazzati e paranoici a vent’anni, ma adesso.
Adesso? Siamo nei trenta,
proprio Bill ne compie trentatré tra quattro giorni. Eppure
ai miei occhi è
sempre giovane, forse bambino. E Frank? È semplicemente
insostituibile e non
una ruota di scorta come in molti hanno pensato. No. Siamo una band e
prima
ancora siamo amici, fratelli, amanti. Tutto. E quella sera non
calpestavamo un
palco, ma coglievamo l’occasione per dimostrare che noi siamo
una cosa sola, la
vittoria non era importante. La nostra musica rispecchiava
semplicemente il
nostro crescere, la nostro voler fare ancora musica significava
mantener fede a
quella promessa che, silenziosamente, avevamo fatto a noi stessi e ai
fan, cioè
restare uniti. Sempre.
- We’re not the ones who mean to
follow for that’s enough to argue!
Stavamo per finire, Billie
ormai urlava davanti al microfono, gli occhi scintillanti
d’eccitazione. Ok, è
finita. Scendiamo giù e ci fiondiamo nei camerini per
indossare di nuovo i
nostri abiti da sera, ma io e Frank venimmo fermati nel corridoio da un
Billie
Joe in delirio.
- Ragazzi, io … ecco
…
Io e Frank lo guardavamo
con gli occhi sgranati in attesa che completasse la frase.
- Ecco, non so, vabbè
…
grazie! Davvero! Non ve lo dico mai abbastanza o forse non ve lo dico
mai, ma
sappiate che senza di voi io non sarei qui e la mia vita sarebbe
probabilmente
una merda. Io … vi amo, grazie!
Si sciolse in lacrime di
commozione. Lui i sentimenti li incastra nelle canzoni, eppure con le
parole
non ci sa fare fino in fondo. Impacciato, come sempre, come da bambino,
faceva
il primo passo solo se qualcosa doveva farla il cuore al posto suo.
Quando
esprimeva i suoi sentimenti lo faceva davvero col cuore tra i denti.
Io e Frank ci scambiammo
un breve sguardo di intesa, probabilmente legati dagli stessi pensieri,
e senza
nemmeno parlare ci fiondammo su Billie stringendolo tra le braccia. Non
c’erano
i Grammy Awards, le signore potevano aspettare e così anche
i nostri vestiti
costosi di merda che mettiamo una volta l’anno. Cosa
t’importa del mondo e del
tempo che passa quando tutto ciò di cui hai bisogno si
intreccia contro il tuo
petto? Quando senti che tre cuori battono all’unisono,
riusciresti a immaginare
un concerto migliore? No! Quello era uno spettacolo che accadeva
raramente e
perderlo era un delitto.
Ci dividemmo dopo qualche
minuto, mentre Billie iniziava a ridere senza motivo e ci contagiava in
una
risata ignorante senza precedenti.
- Credo sia ora di andare.
– dissi dopo aver controllato l’orologio. Quindi
corremmo verso i camerini, ci
cambiammo il più velocemente possibile per poi uscire dieci
minuti dopo vestiti
da damerini.
- Pronti? – la tensione
nella voce di Billie.
- Ovvio Armstrong, che
è?
Ti stai cagando addosso? – disse Frank con una mezza risata.
- Se è per questo, ti
stai
cagando anche tu! – risposi io con sarcasmo, mentre lui mi
guardava con uno
sguardo del tipo “Ti pare che Trè Cool si caghi
sotto?”.
- Andiamo dai! – Bill era
la tensione fatta persona, iniziò a camminare
frettolosamente mentre io e Frank
lo seguivamo a ruota. Io non ero da meno. Ero talmente teso che sentivo
il cuore
saltellarmi nello stomaco. Finalmente raggiungemmo la platea e quindi i
nostri
posti dove Adie e Brit ci aspettavano con ansia.
- Ce l’avete fatta!
–
esclamò Brit, contenta del nostro arrivo.
- Credevi ti avrei
abbandonata qui? – dissi io, improvvisamente calmo.
- Oh, è probabile!
– disse
lei con un sorriso disteso, mentre le stampavo un bacio delicato sulle
labbra. Mi
voltai stranamente sereno verso il palco proprio mentre Penelope Cruz
sfilava
in completo bianco verso il microfono e annunciava le nomination per il
Miglior
Album Rock. Cazzo, addio serenità! Noi eravamo in
nomination, ma insieme con
noi c’erano quei figli di puttana dei Killers che in quel
periodo andavano
forti. Mentre riprendevo fiato, sul maxi schermo sfilavano i nomi dei
candidati.
“The Delivery Man – Elvis Costello
& The Imposters”
Elvis porca troia, come
avremmo fatto a vincere? Era stato un viaggio a vuoto, lo sapevo!
“American
Idiot – Green Day”
Tuffo al cuore, mentre il
pubblico urlava in risposta al nostro nome. Doveva venirmi proprio in
quel
momento un infarto? Istintivamente mi voltai verso Billie alla mia
destra e,
mentre stringeva la mano di Adie seduta accanto a me, incontrai i suoi
occhi
verdi. Un nanosecondo. Avrei potuto morire. Non avevo visto Billie,
avevo visto
solo la felicità e la speranza dentro le sue iridi.
“
The Reason – Hoobastank”
Alla mia sinistra, Frank,
seduto di fianco a Brit, aveva gli occhi spalancati e i denti stretti
mentre
fissava lo schermo con l’affanno.
“Hot
Fuss - The Killers”
I miei battiti acceleravano
in maniera assurda. Tra poco avremmo saputo il vincitore.
“Contraband
– Velvet Revolver”
Ecco i nomi. Vedevo
Penelope muoversi a rallentatore mentre pronunciava la frase:
“And the Grammy
goes to …”. Aprì la busta e, senza
aspettare un secondo di più, disse: “Green
Day!”.
Gettai la testa indietro.
Era fatta. Non potevo crederci davvero! Era tutto fin troppo perfetto
quella
sera. Comandato e trascinato dalle mie gambe, mi alzai dalla sedia e
feci per
andare verso Billie, ma quest’ultimo stava già
festeggiando baciando Adie.
Improvvisamente mi accorsi che la mia mano sinistra ne stringeva
un’altra.
Brit. Sorrideva raggiante.
- Congratulazioni amore!
–
disse, mentre mi stampava un bacio sulla guancia. Ero completamente
intontito,
mi muovevo come in un sogno, il sorriso stampato sulle labbra.
Abbracciai Rob,
Trè, diedi un bacio sulla guancia a Adie. Mentre seguivo
Billie verso il palco,
due mani afferrarono le mie e mi ritrovai faccia a faccia con Stevie
Tyler che
si complimentava con me. Lo ricambiai con un sorriso per poi saltare
sul palco,
raggiungendo Billie, Penelope, Mark McGrath e Williams Pharrell.
Billie si avvicinò con
mani tremanti a Pharrell che gli porgeva il premio, lo prese saldamente
e lo
alzò al pubblico annuendo in segno di vittoria, mentre Frank
salutava gli altri
tre. Billie mi farfugliò qualcosa e poi prese a parlare al
microfono.
- Oh, mio Dio. Bene, ci
sono davvero tante persone da ringraziare e spero ricordarle tutte!
Ehm, Rob
Cavallo per aver prodotto l’album insieme a noi! Ti
ringraziamo! E’ da molto
tempo che sei insieme a noi e ti amiamo per questo. Poi …
Pat Magnarella, tutte
le persone della Reprise ehm… - disse guardandomi e dandomi
un colpetto sul
braccio – Mike Dirnt!
- Beh, voglio ringraziare
tutti coloro che hanno lavorato con noi! – cazzo, stavo
blaterando - Tutti
i fans, tutti quelli delle radio che
continuano a mandare musica rock’n roll ehm…-
Oh cazzo, cazzo, cazzo.
- EBPM – Billie suggeriva
alle mie spalle.
Cazzo, vero, la East Bay
Punk Mafia!
- I componenti della EBPM
e tutti coloro che hanno lavorato per tutto il tempo al 880 Studios ehm
… -
Lei non poteva mancare.
- E il mio amore, Estelle.
Ti amo, Estelle!
Fu la volta di Frank.
- Ramona, Frankito,
Billie, Mike. Tutti i fans. Grazie!
Sintetico come sempre,
complimenti Frank. Billie tornò a parlare.
- Adrienne, Joey e Jakob,
grazie davvero! Ehm…
Ecco che spara qualche
cazzata. Quando riflette ne dice sempre una!
- Ehm, sapete, il rock’n
roll può essere divertente e pericoloso allo stesso tempo!
Grazie mille!
Beh,
ero d’accordo. Si era salvato in calcio d’angolo.
Uscimmo fuori dal Staples
Center di Los Angeles, stretti nei nostri cappotti. Si tornava a casa.
- Ehm, scusate? –
Una voce femminile ci
chiamò alle nostre spalle.
- Si? – disse Billie con
voce stanca.
Ci voltammo e incontrammo,
sull’uscio dell’edificio, una donna sulla trentina,
i capelli rossi raccolti in
una coda e un paio di occhiali troppo grandi per il suo visino minuto.
- Ehm … ecco, sono una
giornalista, vorrei solo farvi due domande! – disse
timidamente, mentre tremava
dal freddo … o dall’emozione?
- Va bene, ma in fretta,
la prego! – disse Billie supplicando.
- D’accordo! Ok, come ci
si sente a vincere un Grammy?
Cazzo, originalità da
vendere, eh? Era tutta una perdita di tempo e mentre Frank blaterava
cose sul
sesso, soldi e droga, io iniziai a sbuffare fissando il cielo.
- Ma, scusi, non prende
appunti? – la voce di Adie mi riportò alla
realtà.
- Oh, ecco, ho dimenticato il mio Moleskine in macchina, ma ho una buona memoria. A proposito, signor Armstrong.
Lei ha
buona memoria?
- Che razza di domande
sono? Vuole farci perdere tempo? – dissi io irritato.
- Calmo Mike, non
c’è
bisogno di agitarsi. – mi disse Brit stringendomi un braccio.
- Beh, diciamo che non
ricordo quante volte vado a pisciare, ma le cose importanti le ricordo,
perché?
– disse Bill sarcastico. Lui si stava divertendo come un
matto. Beato lui.
- Perché volevo
chiederle
se ricorda cosa accadde il 16 febbraio del 1980. – disse lei,
accesa da una
strana gioia. Ma che cazzo stava succedendo? Cosa sapeva quella
lì? Il giorno a
cui si riferiva era quello in cui Bill aveva lasciato la scuola e in
cui avemmo
la nostra …
- … prima volta che ebbi
il coraggio di prendere per mano la mia vita e mandare a cagare la
scuola! Ma
cosa cazzo c’entra? – si stava irritando e mi
lanciò un’occhiata di supplica.
- Se le dicessi, signor
Armstrong, che la
differenza tra lei e me è che lei ha un sogno, qualcosa in
cui credere,
da coltivare giorno per giorno e che io, invece, mi faccio riempire il
cervello
di merda, lei cosa mi risponderebbe?
Sentivo quelle parole nel mio
cervello come una eco. I ricordi si
rincorrevano nella mia mente, eppure ricordavo quelle parole sulla
bocca di
Bill e di nessun altro. Lui, intanto, aveva arricciato la fronte,
probabilmente
investito anche lui dalla memoria. Poi, improvvisamente, si
illuminò, il
sorriso di chi rivede se stesso da piccolo.
- Frances? – disse con un
filo di voce, mentre Adie lo guardava
interrogativo.
- Si, Bill, sono io! –
disse la rossa, col sorriso sulle labbra.
- Oh, porca puttana, da dove salti
fuori, secchiona?? – disse Bill
andandole incontro e abbracciando la sua vecchia compagna di classe. Io
tornai
a guardare Adie, mi avvicinai e le accennai un “compagna di
scuola”. Lei
rilassò i nervi e si avvicinò anche lei a Frances
e Bill che chiacchieravano a
ruota.
- Ehm, piacere, io sono Adie.
- E chi non ti riconoscerebbe?
– rispose Frances sorridente e stringendole
una mano.
- Vedi tesoro? Lei è
quella che mi ha salvato da un coglione che tentava di
insegnare storia e mi ha aperto gli occhi sul mondo e su me stesso!
- Addirittura! … ciao
Mike! – disse, rivolgendosi a me.
- Ciao Frances, ricordo ancora quel
giorno sai? Il nostro amico aveva
iniziato a farsi seghe mentali e mi son dovuto impegnare parecchio per consolarlo.
Bill mi gettò
un’occhiataccia per poi mettersi a ridere. Quel ricordo era
intenso per entrambi.
- Beh? Qui non si fanno
presentazioni? – urlò Frank, spingendo via Billie
e
prendendo la mano destra di Frances, ci schioccò un bacio
sopra dicendo: - Enchante!
Frances rise, facendo scivolare via
la mano destra, sostituendola con
quella sinistra dove scintillava una fede.
- Oh cazzo! – disse Frank
ridendo – Beh, fortunato lui!
Si, Frances era davvero una bella
donna, totalmente diversa dalla ragazzina
brutta e impacciata del liceo. Mi allontanai dal gruppo pensando, fin
quando
una mano non mi ridestò. Brit.
- Tesoro, io chiamo un taxi e vado
in albergo. Sto crollando. Ti raggiungo
domani a Berkeley, ok?
- Va bene amore! A domani
– la baciai a lungo, prima che lei se ne andasse
via lasciandomi da solo con i miei pensieri ingarbugliati. Tornai alla
realtà
dopo molti minuti, quando sentì la voce di Frances che
annunciava la propria
partenza verso casa. Mi avvicinai giusto in tempo per salutarla e
vederla andar
via.
-
Dov’è Brittney, Mike? – chiese Adie.
- In albergo, cadeva giù
dal sonno. Mi raggiungerà domani.
- Oh capisco. Beh, allora vado a
farle compagnia. Per voi tre c’è una notte
di festeggiamenti che vi aspetta! Ora è meglio che io vada!
– e così dicendo
fece l’occhiolino a Billie e schioccandogli un bacio a
stampo. Ci salutò e si
allontanò velocemente dirigendosi verso la strada. Billie
rimase imbambolato a
guardarla per qualche secondo, poi tornò a guardare me e
Frank.
- Cazzo, che serata! –
disse.
- Fottutamente bella! –
esclamò Frank.
- Fottutamente stancante!
– aggiunsi io.
Durante la serata avevo tentato di
capire cosa cazzo mi aveva reso teso
come una corda di violino, eppure dopo la vittoria non ero riuscito a
controllarmi o a trovare una risposta. Senza un motivo ben preciso,
guardai
l’orologio che avevo al polso.
02.01
Era passato un altro giorno.
Momento, ma quel giorno era San
Valentino. Cazzo, non avevo nemmeno pensato
a un regalo per Brit. Facevo schifo.
- Beh, andiamo a festeggiare?
– disse Frank con una luce particolare negli
occhi, come un’insegna luminosa con su scritto
“Adesso ci si ubriaca”.
- Si, andiamo. Anche
perché dobbiamo tirare il morale al nostro bassista.
–
disse Bill sarcastico.
- Ma sto bene!
- Vai a raccontarle a qualcun altro
le puttanate, Dirnt!
Tacqui. Non potevo fare altro.
- Va bene, aspettatemi qui voi due!
Io vado a recuperare l’auto.
- Okeeey – rispondemmo in
coro io e Bill.
- Che hai?
- Niente.
- Forza parla!
- Solo un po’ di
stanchezza e scoraggiamento perché oggi andrò a
zonzo per
San Francisco per rimediare un cazzo di regalo per Brit. E’
già San Valentino.
- Oh … è
vero! Cazzo, nemmeno io ho niente per Adie …
- Ma non farmi ridere nano, dove le
metti le montagne di canzoni scritte
per lei?
- E chi lo dice che siano tutte per
lei?
Mi guardava con uno di quei sguardi
accesi di passione e timidezza al tempo
stesso. Distolsi lo sguardo, fissandomi le punte delle scarpe
accennando un
sorriso. Nel frattempo sentii uno scatto, alzai lo sguardo e una nuvola
di fumo
mi incipriò il volto.
- Che fai? Non offri? –
dissi io, strappando la sigaretta dalle labbra
carnose di Bill e portandola alle mie sottili e lunghe. Feci un tiro,
poi lui
si avvicinò e sostituì la sigaretta con le sue
labbra, calde nonostante il
freddo polare. Era un bacio casto, di quelli teneri. Alla fine, mi
cinse con le
sue braccia e appoggiò il mento sulla mia spalla sinistra.
- I don't
wanna go back home, I don't wanna kiss goodnight! Let us
paralyze this moment til it dies! – sussurrò le
parole di “Cigarettes and
Valentines” nel mio orecchio, mentre alle mie
spalle
si avvicinava un’auto.
- HEEEEY PICCIONCINI. GUARDATE CHE
FUORI FA FREDDO E COMUNQUE IN TRE CI SI
SCALDA DI PIU’, SAPETE?? – urlò Frank
dopo aver abbassato il finestrino.
Io e Bill ci staccammo ridendo e
raggiungemmo l’auto sollevati e sereni.
Appena fummo dentro, Frank ci rivolse un sorriso a tremila denti e,
prima di
mettere a moto, disse: - Pronti?
- Cazzo, si! –
rispondemmo in coro io e Billie.
E così partimmo, verso
quella serata che prometteva sbronze e qualche
pazzia. O, chissà, magari qualche canzone improvvisata o
qualche gesto di
troppo nasceranno nella penombra di quest’auto che viaggia
veloce sotto la
guida di Frank.
Sotto i miei pensieri che hanno la
voce di Billie, o forse è proprio la sua
voce che, dal sedile posteriore o in qualche angolo nascosto continua a
cantare
…
So come away with me tonight
with cigarettes and Valentines! Cigarettes and Valentines!