Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    01/01/2012    1 recensioni
Cinque ragazzi e una tigre, finalmente in periodo di pace... ma quante prove ancora da superare, la convivenza, la reciproca tolleranza... ma anche un grande, totalizzante amore. Il tutto sullo sfondo degli esami scolastici che, in Giappone, sono previsti per entrare all'Università.^^
Giunta seconda al Friendship Contest indetto su Efp nell'estate del 2011. Vincitrice del premio speciale Fanfiction
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti, White Blaze
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Touma si risedette al suo posto, accorgendosi solo quando si ritrovò solo, in quella stanza, dell'inconsulto gesto di cui si era macchiato: nascondere quei fogli agli occhi di Shin che significato poteva avere?

La reazione così istintiva poteva essere dovuta solo ed esclusivamente a una qualche inquietudine/paura/timidezza/vergogna ... e chissà cos'altro che l'aveva assalito.

Vergogna? Ah! Proprio un bel dire. Vergogna di cosa, per cosa ... o per chi?

Estrasse i fogli arrotolati dalla manica e dispiegò quello di Seiji – l'unico costellato di scritte – davanti ai propri occhi e lo guardò intensamente per qualche minuto: scrittura minuta, senza tanti fronzoli, non eccessivamente elegante ma nemmeno illeggibile. Chiara, esplicativa, puntigliosa, ma di semplice fruibilità: così era Seiji, nella vita di tutti giorni e Touma pensava, con una punta di divertimento, che per il ragazzo di Sendai ritrovare tutte quelle caratteristiche nella spiegazione della sua bestia nera poteva essere una strategia per allietare l'assimilazione di concetti a lui ostici.

Touma rilesse le formule – c'era ancora una parte consistente da aggiungere – e si ritrovò a sorridere tra sé: togliere quel muso lungo, ammorbidire le reazioni irritate, far nascere un piccolo sorriso. Sarebbe bastato anche solo quest'ultimo per risollevare lo spirito a Tenku, davvero.

E se il lavoro degli appunti avesse funzionato – come credeva – anche con Shu, avrebbe nuovamente sentito la sua voce echeggiare divertita nella casa, certi finti lamenti che si alzavano quando Shin lo bacchettava su qualcosa e gli scoppi improvvisi di risate che risuonavano tra le pareti.

Ryo si sarebbe unito a lui, con quell'aria tutta sua di innocente gattino che avrebbe passato i giorni seguenti l'esame a stiracchiarsi sul tappeto, abbracciando e coccolando Byakuen (ottenendo coccole infinite a sua volta) e a uscirsene con quelle esternazioni di affetto verso tutti con un fare tanto candido quanto sincero.

E Shin? Shin avrebbe sorriso molto di più. E avrebbe rimproverato tutti molto di più, pentendosi poi di reazioni esagerate – anche se, visti i precedenti, Touma non poteva certo biasimare il ragazzo – beandosi delle pace ritrovata. E li avrebbe viziati con pensieri e dolci, spinti a una vita più sana, a orari più consoni.

Li avrebbe rimessi in riga, imprimendo ogni energia in parole, gesti e cuore, come sempre: era stanco, Touma ne era certo. Ma Shin non ammetteva mai le proprie debolezze, con una testardaggine da fare invidia anche alle peggiori fissazioni di Ryo.

Eppure Touma non sapeva come avrebbero fatto senza di lui. Lui che si prendeva cura di loro.

Ma poteva forse immaginare una vita senza uno di loro? Senza il candido calore e la passione di Ryo... senza la positività e l'energia esplosiva di Shu... senza l'equilibrio e la forza del cuore di Seiji...

Senza loro quattro, Touma non sapeva come avrebbe fatto.

"E senza di me?" la domanda giunse spontanea. Giungeva e non era così inaspettata... era così simile alla domanda di qualche ora prima che aveva posto a Shin. Cosa donava lui a loro? Cosa lo rendeva 'indispensabile'?

***

 

Nel corridoio, Shin trovò Byakuen ad attenderlo; il felino lo fissava con aria attenta... e torva avrebbe giurato Suiko.

"Qualcosa non va?".

La tigre si posizionò davanti a lui, dando l'impressione che volesse impedirgli di muoversi.

"Byakuen...".

Il felino ruggì, severo e improvvisamente a Shin fu tutto chiaro.

"Ho capito... mi stai ordinando di non uscire?".

Il muso della tigre si strofinò sulla sua gamba; il rimprovero si trasformava in supplica. Shin ridacchiò, si inginocchiò e gli prese la testa tra le mani:

"Ma perché siete tutti così apprensivi? E' solo neve!".

Si rialzò e saltellò oltre il felino, prevenendo qualunque altro tentativo di trattenerlo:

"Non preoccuparti, Byakuen, so badare a me stesso e tornerò prestissimo, non ci sono Arago, Masho, Mukala o qualunque altro servo del male ad aspettarmi là fuori".

Lasciando aleggiare dietro di sé la sua limpida risata raggiunse l'ingresso, si raccolse più che poté nel cappotto, avvolse intorno a sé la sciarpa, indossò i suoi morbidissimi guanti azzurri e si immerse nel mondo esterno dipinto di bianco.

 

Byakuen

La pazienza è una caratteristica che, generalmente, mi hanno sempre attribuito: uno spirito guardiano non può essere altrimenti, direte voi. Ma devo ammettere che in questi anni, questi cinque cuccioli hanno testato anche la mia pazienza più intoccabile, quella che mai nessuno è riuscito a sfiorare.

I cuccioli sanno essere gli esseri più teneri e gioviali, ma hanno dalla loro la terribile caratteristica di agire prima di contare ogni conseguenza delle azioni: quando si gettavano nella battaglia, quando azzardavano parole o gesti nei confronti l'uno dell'altro e quando...

Quando, come ora, compiono gesti chiaramente sciocchi.

Le tormente di neve erano e rimangono qualcosa dalla quale rimanere lontani: tutto il pelo di questo mondo non tiene lontano il gelo di questi giorni.

E poi, poi...

Ma perché mi stupisco?

Ko-Shin è sempre stato così, come gli altri cuccioli e lui, in particolare: capace di darsi completamente in battaglia – anche se il suo cuore si nutre di pace – e di occuparsi di loro come un genitore. E non è solo il cibo... non è solo quando cerca di tenere la tana il più accogliente possibile...

Sono i piccoli pensieri – quelli che lui, lo so, chiama piccoli – quelli che davvero contano.

Quando riprende Ko-Touma o Ko-Shu per qualche scherzo, quando accarezza Ko-Ryo perché è troppo pensieroso o quando cerca di far sorridere Ko-Seiji. Quando sorride, si arrabbia, piange, si arrabbia o sbuffa... ogni suo sentimento tende infinitamente ai quattro cuccioli.

Ogni cosa che fa, è per loro, per noi.

Ciò che lo rende eccezionale, però, è che ogni cosa che nasce dalla sua bocca, dalle sue mani, per lui rimane straordinariamente normale.

 

***

 

Il primo ad arrendersi all'autoimposta prigionia fu Ryo che, quando fuori era già buio, quel precoce buio invernale che rende le giornate estremamente corte ben prima dell'ora di cena, abbandonò la propria stanza e scese a piano terra. L'unico ad andargli incontro fu Byakuen, impaziente di ricevere dal suo cucciolo prediletto la razione di coccole che gli spettava.

"Mi dispiace Byakuen, ti sto trascurando molto, ma finirà questo dannato periodo, te lo prometto e allora vedrai quante passeggiate immersi nella natura ci faremo!".

La zampa della tigre si sollevò ad accarezzarlo, in un gesto che significava rassicurazione e Ryo le sorrise, poi si guardò intorno e notò il silenzio tombale che regnava tra le mura.

"Dove sono tutti? Svaniti nel nulla?".

Si diresse verso la cucina, convinto di trovarci Shin intento a preparare la cena, ma rimase deluso; la stanza era deserta ed immersa nel buio, perfettamente in ordine. Un vago senso di irrazionale inquietudine scese nel suo animo, per quanto si rendesse conto dell'assurdità delle sue paure.

"Sono diventato così dipendente da loro?".

Il ruggito un po' indisponente di Byakuen fu la risposta: la tigre evidentemente non aveva dubbi e lo invitava ad accettare quei sentimenti per il samurai del fuoco talmente estranei.

Il verbo 'dipendere' assumeva in effetti, per Ryo, connotati strani, del tutto nuovi; lui, fin da bambino, era avvezzo a non dipendere da nessuno, a cavarsela da solo, se si escludeva la presenza sempre più frequente di Byakuen al suo fianco. E in effetti era sempre stato, come Byakuen, un animale selvaggio che di boschi e montagne faceva la propria dimora, non aveva mai realmente imparato a condividere né a conoscere il mondo degli uomini, la cosiddetta civiltà, era sempre stato un solitario, senza nessun'altra preoccupazione se non quella di sopravvivere giorno per giorno.

La parola 'famiglia' poi...

Aveva un padre, certo, che gli voleva bene e che lui stesso amava ma era un padre dall'animo bambino che non era mai stato in grado di prendersi cura di un figlio, Ryo poteva quasi contare sulle dita di una mano le volte in cui il genitore si era soffermato a casa più di pochi giorni da quando lui era in fasce. Diciotto anni nel corso dei quali il padre si era rivelato poco più di un ospite sporadico nella casa che in teoria apparteneva ad entrambi e che, da quando Ryo si era trasferito a Tokyo, giaceva abbandonata tra i monti di Yamanashi, in attesa che uno dei due proprietari tornasse, ogni tanto, a controllare la situazione.

Aveva dovuto crescere in fretta Ryo, per imparare a prendersi cura di se stesso ed aveva imparato a farlo, aveva imparato ad affrontare novità e vicissitudini costituendo dentro di sé un invidiabile spirito d'adattamento che lo rendeva, nonostante la sua poca dimestichezza con gli altri esseri umani, amabile e gradevole facendo dimenticare i suoi modi a volte un po' grezzi e poco civili.

Scoprirsi leader dei Samurai Troopers si era rivelato sconvolgente... lui, il solitario, cucciolo di una tigre, spirito selvaggio e mai addomesticato, si era visto le spalle gravate di un peso di cui a tratti non si era sentito degno. Prendersi cura degli altri... quegli altri che erano i suoi compagni... aveva interiorizzato sul serio quel ruolo, estremizzandolo quasi, inizialmente forse per un briciolo di orgoglio ma, ben presto, aveva scoperto che l'orgoglio c'entrava poco e niente. Si sentiva responsabile dei ragazzi, non per senso del dovere, ma perché li amava.

Era questo il dipendere? Questo avere una famiglia? Trovarsi invaso dal terrore al solo pensiero di... di perderne un membro? Come perdere una madre la seconda volta, come... perdere una parte di se stessi... per sempre...

Sbuffò, prendendosela con se stesso, ma neanche lottò contro la propria ansia, non riusciva a sconfiggerla, non poteva fare a meno di preoccuparsi per loro e per questo doveva assolutamente sapere dove si erano nascosti tutti quanti, a costo di mettersi a strillare per la casa, a costo di arrabbiarsi poi con loro perché... perché non dovevano sfuggire al suo controllo, lui non doveva perderli di vista, adesso che vivevano tutti insieme.

Come un barlume di luce tornò un briciolo di razionalità e si ritrovò costernato a riflettere su se stesso:

"Ma... maledizione... sono un paranoico...".

Lo sussurrò tra sé e sé, con il tono e l'espressione di chi aveva appena messo a nudo una rivelazione sconvolgente; si portò una mano alla fronte, chiuse gli occhi e ridacchiò. Tuttavia, nonostante avesse riacquistato un frammento di logica, non mutò i propri propositi: doveva trovarli, sapere dov'erano i ragazzi.

Non si preoccupava più di tanto di Seiji e Shu, probabilmente erano rimasti, come lui, chiusi tutto il giorno nelle loro stanze a studiare. Ma Shin e Touma?

La sua mente stabilì la connessione tra il nome dell'amico e la sala di lettura e, chissà, forse Shin gli stava tenendo compagnia, forse aveva deciso, finalmente, di rilassarsi un poco e di immergersi in uno dei suoi libri. Anche Shin amava leggere come Touma, benché il suo approccio fosse del tutto differente.

Almeno adesso aveva una meta; si mise letteralmente a correre verso la parte più interna dell'abitazione, quella che dava sul retro, correva per la fretta di vederli, certo, ma anche perché il suo naturale bisogno di movimento necessitava di uno sfogo, l'immobilità forzata cui era sottoposto da giorni non faceva assolutamente per lui.

Spalancò la porta dello studio senza bussare e vide Touma sobbalzare sulla sedia, per poi voltarsi e fulminarlo con un'occhiataccia di rimprovero:

"D'accordo che hai dell'energia accumulata in sovrappiù, ma un minimo di autocontrollo non guasterebbe".

"Immaginavo fossi qui" ribatté Rekka, ignorando la battuta e guardandosi intorno un po' nervosamente. Concluse la propria esplorazione con una smorfia di disappunto.

"Shin non c'è?".

"A meno che non sia diventato invisibile non mi sembra proprio".

Ryo incrociò le braccia sul petto e gli rivolse una linguaccia da monello.

"E tu avresti diciotto anni?" ridacchiò Touma, ottenendo in risposta una seconda linguaccia.

"Immagino sia superfluo chiederti se stavi studiando" lo interrogò poi Rekka.

Tenku si strinse nelle spalle:

"Lo sai che non ne ho bisogno, perderei solo tempo".

Ryo si morse la lingua per trattenere una rispostaccia. Perdita di tempo... e loro tre sui libri passavano le giornate faticando quasi ad ogni riga e ad ogni concetto...

Si controllò unicamente perché era consapevole di quanta innocenza Touma avesse infuso nelle proprie parole: non si rendeva conto di quanto potessero risultare irritanti, non era certo sua intenzione considerare loro degli incapaci. Tuttavia avrebbe potuto usare il suo tanto decantato QI per ragionare un po' di più anche sull'effetto che potevano avere le parole, perché in quello, a volte, si mostrava più ingenuo e candido di un bambino.

Camminò fino alla finestra, le mani affondate nelle tasche, seguito da Byakuen e si mise a contemplare gli sbuffi di neve che il vento trascinava di qua e di là.

"Dov'è Shin?" chiese, ostentando una tranquillità che, in realtà, non provava.

Touma aveva riportato la propria attenzione alle misteriose carte su cui stava lavorando e rispose distrattamente e con naturalezza:

"E' uscito a fare provviste".

Ryo sussultò, fece transitare lo sguardo, alternativamente, da Touma alla tormenta di neve che infuriava oltre la vetrata.

"Come?!".

Non riuscì a dominare l'inflessione acuta e distorta della propria voce. Il capo di Touma si sollevò e i suoi occhi cobalto lo scrutarono, attenti:

"Che ho detto di strano?".

"Touma! L'hai lasciato andare?!".

Il samurai dell'aria sbatté più volte le palpebre, sopracciglia inarcate:

"Impedire qualcosa a Shin? Dovevo mettergli il guinzaglio? D'accordo, tu forse lo faresti anche ma...".

"Touma, evita di dire scemenze!".

"Non ti alterare" fu il commento flemmatico di Tenku, accompagnato da una scrollata di spalle.

Anziché dargli retta, l'ansia di Ryo crebbe parola dopo parola e la sua voce si acutizzò ancor di più, mentre indicava fuori dalla finestra con un ampio gesto del braccio:

"Lo vedi il tempo che c'è là fuori?! Potrebbe... potrebbe...".

"Potrebbe cosa?".

Tenku rifletté un istante, poi riprese, con una strizzata d'occhio:

"E' solo neve in fondo, è quello che ha detto, la neve è acqua sotto un'altra forma, è il suo elemento".

"Non giustificare la tua incoscienza usando come alibi quel che lui ti ha detto, dovevi fermarlo!".

Un altro battito di ciglia, uno schiudersi delle labbra ed un loro richiudersi rivelarono la perplessità e l'indecisione di Touma; superò ben presto tuttavia l'incertezza e sentenziò, apparentemente calmissimo:

"Io dovevo fermarlo? Ryo... non stiamo parlando di un bambino ignaro del mondo, ma di un nostro coetaneo, samurai come noi, sopravvissuto a stento ad eventi drammatici e...".

"Proprio per questo non dovete più correre rischi inutili!".

Touma sobbalzò; una reazione simile non se la sarebbe aspettata.

"R... Ryo...".

Rendendosi conto di quanto potesse apparire assurdo il suo comportamento, Rekka abbassò il capo sul petto, i pugni stretti lungo i fianchi:

"Io... vi voglio al sicuro...".

Il petto di Touma fu scosso da un sospiro, si alzò, avanzò verso il compagno e gli posò una mano sulla spalla:

"Ryo-kun... siamo al sicuro... Shin è solo uscito a fare la spesa, sa badare a se stesso, è l'organizzatore della casa e sa esattamente cosa fare".

"In casa forse sì... ma fuori...".

La stretta sulla spalla di Rekka si fece più pressante, mentre Touma si portava l'altra mano alla fronte, ormai prossimo alla frustrazione:

"Anche fuori Ryo... anche fuori... tra poco sarà a casa... vedrai".

Byakuen, che non aveva perso un frammento di quello scambio, rizzò improvvisamente le orecchie e in pochi balzi uscì dalla stanza. Pochi attimi dopo, una voce dolce si levò dall'altra parte della casa:

"Ciao Byakuen, hai visto? Ho fatto presto come ti avevo promesso!".

Ryo sollevò il capo, si sottrasse alle attenzioni di Touma, lo oltrepassò e spiccò una corsa sfrenata, rischiando per un attimo di scivolare, ma riprendendo subito il controllo, come se niente fosse.

"SHIIIIIN!".

Il più giovane dei Samurai Troopers, prima di muoversi a sua volta, si massaggiò la nuca e scosse il capo, con un'esclamazione di disappunto.

"Se si porta un carattere simile fino alla vecchiaia stiamo freschi!".

Quando li raggiunse, Ryo stava letteralmente sbottando contro Shin, elaborando una ramanzina con i fiocchi e mettendo in fila parole che non avevano né capo né coda pur nella loro pretesa di andare a comporre un discorso sensato dal punto di vista della logica. Shin fissava il compagno con la stessa espressione che poco prima aveva caratterizzato Touma, tra il perplesso, lo sconcertato, l'incredulo. Poi interruppe il torrenziale discorso di Rekka posandogli con decisione una mano sulla bocca, il cipiglio serioso che, sul suo volto gentile e sempre un po' da bimbo, risultava buffo più che convincente. E infatti Ryo non si fece convincere, prese il polso di Shin tra le dita, cacciò via la mano dalla propria bocca e riprese ad inveire; così Touma pensò bene di accorrere in aiuto di Suiko, strisciò fino alle spalle di Ryo, gli circondò il collo con un braccio e, ignorando le sue agguerrite proteste, gli trascinò il viso fino a soffocare la voce contro il proprio petto.

Intanto si rivolse al Torrente, con un ghignetto divertito:

"Bentornato, Shin-chama".

Suiko gli sorrise, si tolse cappotto e sciarpa, si sfilò i guanti, quindi indicò le sporte della spesa posate a terra:

"Mi dai una mano a mettere a posto, To-chan?".

Nel chinarsi per raccogliere i sacchetti, Tenku lasciò libero Ryo il quale, anziché reagire, rimase immobile, imbarazzato, il volto basso, finché Shin non lo costrinse a sollevarlo carezzandogli una guancia; Rekka rabbrividì.

"Sei gelato, Shin!".

Il viso di Suiko assunse un'espressione dubbiosa, ma poi sorrise:

"Certo che sono gelato, sono uscito nella neve, fuori fa freddo, non morirò per questo".

"Però...".

"Credo che tu ti stia stressando troppo con lo studio Ryo, sei teso. Cerca di rilassarti adesso, mentre preparo la cena".

Rekka rimase a guardarlo mentre seguiva Touma in cucina ma, proprio quando giunse sulla soglia, il corpo di Suiko fu scosso da un lieve starnuto che non mancò di allarmare immediatamente il samurai del fuoco.

"Ecco, lo sapevo, come minimo ti verrà il raffreddore".

Shin si fermò, si lasciò andare ad un sospiro e si voltò verso di lui:

"Può darsi, se mi verrà il raffreddore me lo farò passare, sul serio Ryo, fallo per me, controlla i tuoi nervi".

"Non trattarmi come un malato di mente!".

Un altro sospiro e Shin tornò sui suoi passi, accanto a Rekka, per lasciargli un'altra carezza:

"Ti sto trattando come un caro amico che mi vuole bene e si preoccupa troppo, te ne sono grato, ma vorrei vederti allentare la tensione, la tua ansia si è accentuata troppo negli ultimi mesi".

Ryo chinò il capo, sfuggì a quegli occhi che erano in grado di sondare fino in fondo l'anima delle persone e Ryo era troppo prevedibile, troppo limpido per poter anche solo sperare di sfuggire alle capacità empatiche di Shin, senza contare che il loro legame era diventato estremamente simbiotico, in qualche modo loro due erano spiriti affini, propensi a preoccuparsi degli altri tanto da dimenticare se stessi, questo l'aveva detto Touma una volta nell'osservarli. Ryo non sapeva se una simile descrizione valeva per se stesso, di sicuro Shin era così... e di sicuro, dopotutto, loro due si comprendevano in maniera speciale, acqua e fuoco perfettamente amalgamati e sempre pronti a completarsi reciprocamente, il fuoco a scaldare l'acqua quando sentiva troppo freddo nel cuore, l'acqua a spegnere il fuoco quando esso avvampava fino a perdere il dominio di sé.

Le parole vennero, senza controllo, senza preavviso quasi... e senza che neanche lui avesse previsto quale sarebbe stata la loro direzione:

"Hai idea, amico mio, di come mi sono sentito quando... quando siete scomparsi tutti uno ad uno, qualche mese fa? Cosa ha significato ascoltare i vostri messaggi, pensando tra me che forse era l'ultima volta che potevo udire le vostre voci? Il vuoto che avevo dentro... nel pensare che non c'eravate più, così, svaniti nel nulla, senza spiegazione alcuna, dopo aver saputo che qualcuno aveva avuto la presunzione di raccontare la nostra storia, di conoscerci ancor prima che nascessimo, come se fossimo unicamente pezzi di carta o fantocci su un palcoscenico?".

Shin trasalì:

"Ryo...".

"Noi non siamo invenzioni di qualcun altro, siamo vivi, ci hanno usati per farci credere chissà cosa, ma nessuno potrà mai realmente capire come il mio cuore stesse andando in pezzi alla sola idea di potervi perdere, o di sapervi sofferenti, nessuno potrà mai mettere in dubbio che il mio cuore batte davvero, per ognuno di voi e che i vostri cuori battono come il mio, perché siete straordinari esseri umani che meritano solo il meglio!".

Rekka andava infervorandosi, mentre gli occhi di Suiko si sgranavano ad ogni parola, le sue mani erano leggermente sollevate e tremavano, si rendeva conto come lui stesso, troppo di frequente, fosse stato tormentato da simili, traumatici ricordi.

Poi il tono di Ryo si abbassò, nuovamente i suoi occhi vagavano dovunque nel tentativo di non incontrare quelli di Shin:

"Non ho saputo proteggervi... ed era l'ennesima volta che capitava... prima tu, Seiji e Shu... poi Seiji... poi di nuovo Seiji perché ha tentato di proteggermi... e non ero con te, con Touma, con Shu, quando avete rischiato la rottura, non ero con voi a gestire la situazione come un leader dovrebbe fare... e poi Suzunagi... che...".

"Ryo... per favore..." lo interruppe Shin, con tono supplichevole e tremulo. Fece qualche passo verso di lui e si gettò tra le sue braccia, stringendolo forte; Rekka ricambiò l'abbraccio, posando una mano tra i capelli di Shin ed odiandosi ancora perché aveva risvegliato nel loro sensibile Suiko quei ricordi terribili che, lo sapeva, lo facevano stare tanto male da causargli attacchi di panico a volte. E se davvero voleva proteggerlo, avrebbe dovuto evitare un simile cedimento. In quegli istanti, effettivamente, gli esami erano l'ultimo dei suoi pensieri.

Nessuno dei due si era accorto che Touma si era affacciato sulla soglia della cucina e li osservava, il corpo tremante e gli occhi lucidi.

***

 

Senza loro quattro, non sapeva come avrebbe fatto.

"E senza di me?" .

Cosa donava lui a loro? Cosa lo rendeva 'indispensabile'?

Non lo sapeva, punto. Forse non era indispensabile, forse no. Non lo sapeva e, pensò in quel momento, forse non gli importava saperlo. Forse temeva la risposta.

Eppure, ora come ora, non importava: si sentiva a casa e li amava, ecco quanto. Ammetterlo con se stessi poteva non essere semplice, ma rischiava di essere più difficile farlo con i propri amici. Shin aveva ragione a dire che era uno sciocco a non aprirsi, ma pensava che comunque le cose andavano bene anche così com'erano.

Si accontentava di voler loro bene, con tutto quello che aveva nel cuore.

Si accontentava di essere con loro e far quello che gli era possibile per non essere un peso e, in qualche maniera, rendersi anzi piuttosto utile.

Si accontentava di quello e poteva anche non sapere se era indispensabile o meno.

Perché, qualunque fosse stata la risposta, Touma avrebbe continuato ad amarli alla stessa maniera.

Sulla soglia della cucina, guardò Shin e Ryo abbracciati e sentì le lacrime che punzecchiavano prepotenti e le gambe che tremavano e la bocca... che cercava di far sorridere e non ci riusciva.

Fu forse la sua presenza, forse una piccola spinta di Byakuen che lo destabilizzò, ma a quel punto attrasse l'attenzione dei due compagni che sobbalzarono al suo involontario singhiozzo e al movimento repentino che gli fece quasi perdere l'equilibrio.

Quando Touma rialzò lo sguardo verso di loro, di riflesso e senza pensare, non riuscì a cancellare le lacrime dal proprio sguardo e, ancora meno, l'espressione sofferente dal viso: si passò una mano sul volto e cercò di dissimulare i propri sentimenti

"Tou..." il bisbiglio di Shin lo fece irrigidire, mentre sentiva i passi veloci di Ryo avvicinarsi a lui.

"Touma...".

E percepiva i propri passi allontanarsi da loro, non capiva né il perché, né il come. Non riusciva in quel tormentato putiferio di pensieri a metterne uno dietro l'altro, con logica. In quell'indietreggiare confuso, però, giunse la chiara presenza di Byakuen con la sua bocca, a leccare la sua mano e poi a tirarlo dolcemente verso la direzione opposta: cercò di resistere, ma poi giunsero anche della mani ad attirarlo in un abbraccio e si ritrovò quasi a capitombolare nelle braccia di qualcuno – Shin E Ryo – senza che potesse avere altra scelta.

Cercò di districarsi da quelle braccia, eppure più tirava più la presa si faceva forte e le sue lacrime, invece di ricacciarsi indietro, si facevano più pressanti, quasi insopportabili: voleva scappare e voleva rimanere. Voleva crogiolarsi in quell'abbraccio e ne era terrorizzato.

"Touma... non piangere...".

La voce sottile di Shin era rassicurante, cullava e curava.

E dire che lo faceva ammattire... e poi lui era... così... semplicemente, con lui...

"Touma, che succede?".

La preoccupazione, la pena di Ryo.

Davvero riusciva a scatenare l'ansia in Ryo? Non era mal riposta?

"Scusaci se ti abbiamo provocato tutto questo...".

"Davvero, non volevamo. Su, Touma... ti prego...".

E vi erano due paia d'occhi, oltre la cortina di lacrime, che lo guardavano intenti, preoccupati, tesi.

Che sguardi intensi... erano sguardi carichi... ma carichi di... cosa?

È amore, Touma-idiota, disse una vocina dentro di lui. Amore e preoccupazione... perché li fai spaventare, così.

"S-scusatemi voi..." la schiena si irrigidì ancora, le carezze non si fermarono e la vicinanza dei due non si disperse nel nulla. "Non so cosa mi sia preso...".

"Baka!".

La voce squillante e decisa di Ryo lo mise sull'attenti, mentre la mano abbronzata si infilava nella sua chioma scarmigliata e lo faceva ricadere ancora in un abbraccio soffocante.

"Touma... basto io con il mio torrente di ansia ed emozioni a incasinarvi. Non serve che tu tenga tutto dentro... sempre".

"Ma... Ryo...".

"Niente 'ma' e niente storie. E poi se non dici le cose ci fai preoccupare cento volte di più...".

L'abbraccio di Ryo gli si strinse ancora di più addosso, la mano di Shin gli accarezzò una guancia e tanto bastò perché, finalmente, si lasciasse andare.

Non disse niente tra le lacrime, bastavano quelle a dire tutto.

Che era triste e felice assieme. Che li amava e, sì, si sentiva amato e desiderato da loro.

Ed era questo che lo destabilizzava di più e lo faceva sentire come sulla più pazza montagna russa del mondo, in balia dei sentimenti, della loro intensità e velocità. Era come sentire il proprio cuore gonfiarsi tutto d'un tratto per far entrare tutto quel sentimento e percepire che non vi era davvero fine in tutto quello.

Che il suo cuore, la sua anima avrebbero continuato a gonfiarsi di esso e nulla al mondo, davvero, sarebbe riuscito a ridurre ancora il suo kokoro a quel piccolo essere così bisognoso d'amore.

  
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