The
whorehouse pianist's story.
Amico, la vuoi sentire una storia? È una storia
interessante, te lo giuro. Potrei benissimo raccontartela se mi offri un bel
bicchiere di gin, o anche due. Facciamo tre, dai, non fare lo spilorcio.
Oh, beh, grazie, diciamo che questo basterà per la
prima parte della storia. Dunque, ti dicevo, io ho lavorato come pianista in
una casa d’appuntamenti, hai presente? Uno di quei bordelli di lusso in cui è
bella anche la guardarobiera, c’è carta da parati barocca e i letti hanno tutti
le coperte di seta.
Era un bel posto, te lo assicuro. Cinque piani di
bellezze, tutte a tua disposizione per esaudire qualunque tuo sogno. Io suonavo
il pianoforte al secondo piano. Stavo lì tutta la notte e alle volte anche
durante il giorno e suonavo jazz senza fermarmi mai. Mi ci sono consumato le
dita su quei tasti, te lo giuro.
Finito il bicchiere. Ma che peccato. Me ne ordini un
altro, amico?
Bravo, così ragioniamo.
Dunque, io facevo il pianista in questo bordello. Non
saprei contare quante belle donne in lingerie mi sono passate davanti, tutte
fornite della loro bella sigaretta con il bocchino d’argento e le labbra
scarlatte.
Sai com’è bella
una donna subito dopo che ha fatto sesso, amico? Il suo odore, la luce che ha
negli occhi, la pelle arrossata? Certo, le donne del bordello erano un po’
diverse. Per loro fare sesso era un dovere, come lo era per me suonare.
Praticamente ogni cosa perdere la sua poesia quando la fai per mestiere.
Ma lasciami passare oltre. Questo bordello era un
po’ particolare, leggermente diverso dagli altri.
Noi non avevamo solo donne. Avevamo anche degli
uomini. Pochi, tre o quattro, a seconda del periodo e dell’anno. La maggior
parte delle volte li tenevamo lì solo per i lavori pesanti, sai, sposta questo,
alza quello, trasloca quest’armadio, porta il pianoforte al piano di sopra,
robe così.
Ma uno almeno uno, lo tenevamo lì per
altro.
Dai amico, non fare quella faccia, lo sai come
andavano queste cose. Anzi, come vanno. Semplicemente a questo c’è gente che
non gli tira se non vede un altro uccello, semplice no? E la Madame, la proprietaria del bordello,
aveva capito che si potevano fare bei soldini offrendo un servizio del genere.
All’epoca non potevi certo passeggiare per la città alla ricerca di bei
ragazzi, c’era il rischio che qualcuno ti vedesse e se ti vedevano eri
condannato a un lento e doloroso suicidio sociale e fisico. Quindi Madame ti offriva compagnia, amore e
tenerezza a un prezzo modico, indipendentemente dal tuo orientamento sessuale o
dalla presenza, nella tua vita, di cose come mogli e figli. C’è n’era uno che ne aveva sei di figli e
veniva da noi due volte la settimana. Povera moglie cornificata e ingravidata.
Quindi, torniamo a noi, quell’anno c’era questo
ragazzo, anzi, no, quest’uomo, che era arrivato nella nostra felice famiglia in
una di quelle notti che piove e tuona come il diavolo ci avesse messo lo
zampino.
Me lo ricordo ancora, pallido come un cencio, con la
barba sfatta, i capelli neri appiccicati alla fronte e gli occhi più blu che io
avessi mai visto.
Lo portò da noi Bal, un tale che faceva da barista
al mio piano. Era un tipo strano, con la bocca larga e l’aria di uno che può
pugnalarti dietro le spalle o baciarti sulla bocca senza motivo.
Mi stava simpatico però.
Bicchierino?
Bene, torniamo al nostro ragazzo. Allora, ti dico
che in tutto il tempo che ho passato là di ragazzi ne ho visti pochi, ma di
puttane ne ho viste molte e ti posso assicurare che se uno ha l’indole da
puttana si vede subito, indipendentemente dal sesso.
Lui non aveva l’aria da puttana. Mi ricordo che ne
stava lì a fissarsi le scarpe, grondante di pioggia, mentre il nostro Bal
parlava con Madame.
Ogni tanto qualche ragazza seminuda gli passava
accanto, qualcuna lo salutava o gli faceva l’occhiolino, ma lui non alzava lo
sguardo e si limitava a qualche parola. Era carino, lo dovevo ammettere.
Bal ci disse che aveva passato tutta la vita in un
collegio cattolico o qualcosa del genere, ma poi i suoi genitori l’avevano
cacciato di casa per un qualche motivo e lui era stato costretto a lasciare il
collegio “Ora non ha un posto dove andare”, ci disse “e neanche dei soldi.
Quindi pensavo che potremmo fare qualche lavoretto, non saprei, piastrellare i
bagni o roba simile.”.
Penso che quel poveraccio si sia pentito subito di
aver portato il suo amico al bordello. Negli occhi di Madame c’era quello sguardo avido che tirava sempre fuori quando
vedeva qualcuno che poteva farle guadagnare un bel po’ di soldi.
Il ragazzo entrò a far parte del nostro entourage quella notte stessa.
Era un tipo tranquillo, piuttosto sulle sue. Parlava
poco e mangiava come un lupo. Gli piaceva la musica, questo lo sapevo. Appena
era libero cominciava a ronzare attorno al mio pianoforte e mi chiedeva di
suonare questa o quell’altra canzone, tutte a tema rigorosamente religioso. Io
lo guardavo storto “Cas”, gli dicevo “non posso suonarti questa canzone, lo
sai. Nessuno vuole mettere le corna alla moglie mentre il pianista suona Amazing Grace” e lui metteva su una
faccia depressa da cucciolo bastonato che mi faceva sentire una merda per
settimane. Se dopo l’alba erano andati via tutti, allora lo accontentavo e
suonavo qualcosa per lui. Mentre suonavo lui se ne stava poggiato al pianoforte
con un sorriso e mugolava a labbra strette qualche canzone che dovevano avergli
insegnato i frati, le suore o chiunque altro si fosse occupato della sua
educazione.
Solo Bal riusciva a scucirgli qualche parola di
senso compiuto.
Sembrava che questo suo silenzio piacesse molto ai
clienti. Si lasciava fare praticamente qualunque cosa senza emettere un verso.
E quando dico qualunque cosa, intendo proprio qualunque cosa. Ma ora sarebbe il caso
che tu ti muovessi amico, il mio bicchiere non si riempie da solo.
In quel periodo lavoravano da noi due fratelli, due
ragazzoni orfani che erano finiti nel bordello alla ricerca di un lavoro e di
un tetto. Madame sembrava non
valutarli molto redditizi e li aveva relegati a lavori più tranquilli, di
quelli che si svolgono fuori delle dai letti. Il che era un peccato, perché erano entrambi
parecchio bellocci. Ma erano entrambi
due teste dure, oddio, il maggiore lo era, il minore era un tipo più calmo.
Comunque, il maggiore era stato messo a fare il
buttafuori e il minore era stato relegato in uno studio a cercare nuovi metodi
per far evadere le tasse a Madame.
Ricordo certe sere in cui il maggiore gironzolava al
mio piano o si afflosciava su una sedia e si beveva una birra in attesa che un
urlo troppo forte o un campanello lo facessero scattare in piedi e correre
verso la stanza incriminata con gli occhi rossi e una faccia che sembrava un
toro.
Ti giuro, era il miglior buttafuori che avessimo mai
avuto. Magari non si ricordava un corno della Guerra di Secessione, ma in compenso
sbatteva la gente fuori dalla porta che era un piacere guardarlo.
Ma quella sera, quella me la ricorderò tutta la
vita. Ero entrato al bar per bermi qualcosa quando vidi il buttafuori, Bal e il
ragazzo.
Il ragazzo stava seduto su uno degli alti sgabelli
del bar e si teneva uno straccio sul viso. Bal gli passava una mano fra i
capelli, mentre il buttafuori lo guardava a braccia incrociate “non puoi
lasciarti trattare così” diceva “non m’importa quanto bisogno di soldi hai o
qualunque altro problema angosci la tua esistenza, ma non puoi lasciarti fare tutto. E ora fammi vedere quell’occhio.”
Ti giuro che quello era il peggior occhio nero che
avessi mai visto, amico. Cioè, non era ancora un occhio nero, ma lo sarebbe
diventato in neanche dieci minuti, te l’assicuro.
Bal sospirò e andò ad aggiungere altro ghiaccio “Cassy, potevi almeno urlare” disse porgendo il fagotto di
ghiaccio al ragazzo “Dean sarebbe venuto ad aiutarti”, lui scosse la testa “Non gli piace se urlo” e ti giuro amico,
persino da dov’ero io potevo vedere quei suoi occhi così terribilmente grandi e
terribilmente tristi da spezzare il
cuore.
Dean lo guardò. Bal gli passò un braccio attorno
alle spalle e se lo strinse al petto. Io me ne andai e basta.
Ci sono cose che quello che suona il pianoforte deve
far finta di non vedere, lo sai amico?
Rividi il ragazzo qualche giorno dopo. Aveva in
faccia una terribile macchia di trucco di un colore troppo scuro per la sua
carnagione e un labbro spaccato che non avevo notato nel bar. Si poggiò al mio
pianoforte e mi sorrise “Questa sera me la suoni?” mi domandò con un mezzo
sorriso triste “Amazing Grace” . Il buttafuori si dondolava su
una sedia vicino alle scale. Io guardai il ragazzo e sorrisi “Questa sera sì”.
Poi successero un sacco di cose interessanti. Una
delle nostre ragazze rimase gravida e la Madame
la buttò giù dalle scale cercando di farle perdere il bambino, ma ottenne solo
di troncarle il collo di netto. L’abbiamo seppellita io e il buttafuori nella
discarica due isolati più avanti. Era una ragazza sola, una povera anima.
Nessuno avrebbe chiesto niente di lei.
Si scoprì che il fratellino del buttafuori era il
padre, ma lui faceva comodo a Madame,
quindi si risparmiò il volo dalle scale e il viaggetto finale nella discarica.
Il buttafuori se ne andò in giro spargendo bestemmie a mani larghe come semi di
grano in un campo per giorni.
Un paio di clienti vennero cacciati fuori a calci in
culo, una ragazza venne licenziata e un’altra strozzata nel suo letto e tre
belle fanciulle giunsero a riempire le stanze vuote.
Qualcuno ruppe un braccio al ragazzo. Doveva essere
un tipo parecchio forte e parecchio stronzo e se me lo chiedi, sì, penso fosse
lo stesso tipo che gli aveva regalato quella prugna sull’occhio.
Amico, riesco a vedere il fondo del mio bicchiere,
sai cosa significa questo, vero?
Dunque, dov’ero? Ah, sì, al caro Cas tutto rotto.
Vedevo il buttafuori mangiarsi i gomiti ogni volta che il ragazzo gli passava
accanto. Ogni tanto si faceva coraggio e gli chiedeva come stava, o gli urlava
contro tutti gli insulti possibili ed immaginabili per essere stato così
stupido da non chiamarlo, da non chiedergli aiuto, da non fuggire.
Cas lo guardava con quei suoi occhi profondi come il
mare e Dean sembrava calmarsi d’un tratto, gli passava una mano sul viso e
sospirava qualcosa come “Devi chiedere aiuto” e poi tornava alla sua sedia.
Ricordo il modo in cui il ragazzo lo guardava stranito,
senza capire cosa era appena successo, e poi zoppicava verso la sua stanza.
Una mattina, saranno state le dieci del mattino o
qualcosa del genere, il buttafuori era sparito.
Quasi nessuno l’aveva notato, quella era l’ora delle
coccole e dei saluti e non succedeva mai niente di troppo violento che una
prostituta con dieci unghie e la rabbia di una donna non potesse gestire da
sola.
Ma
io lo notai. E notai anche quelle due figure
nascoste della penombra del sottoscala, il suono soffocato di un bacio e un
braccio ingessato che cercava di svolgere il suo ruolo e stringersi attorno
alle spalle di un uomo.
Quel giorno rimasi a suonare fino a mezzogiorno,
quando il buttafuori ricomparve dal nulla “Bella musica” mi disse sistemandosi
la camicia “è un dixieland?” gli sorrisi e continuai a suonare.
Cas zoppicò dalle mie parti poco dopo.
Okay amico, credo di dover usare un momento il
gabinetto. Alla mia età la vescica è grande quanto il tuo bulbo oculare,
purtroppo. Aspettami, okay?
Bravo, mi hai aspettato. Sei uno straniero
intelligente o molto curioso. O magari hai solo molto tempo da perdere.
Ovviamente non pretendo che tu mi spieghi cosa ci
fai in questa bettola merdosa in una città dimenticata da Dio a parlare con un
vecchio pianista che si considera graziato se non si piscia sui piedi.
Ma suvvia, torniamo al nostro racconto. Comunque ormai
è quasi finito amico.
Cosa ti aspetti che succeda? Hai tirato le somme,
immagino, hai capito la relazione che c’era fra quei due.
Cosa ti aspetti che succeda adesso? Il buttafuori
che si licenzia, cerca un lavoro e una casa come Cristo comanda e poi torna a
prendere la sua bella, anzi, il suo bello,
lo carica sul suo cavallo bianco e poi galoppano verso il tramonto? Amico mio,
questo non succede neanche nelle favole, figuriamoci nella vita reale.
Successe una cosa molto più semplice: una bella
notte tutti sentimmo uno sparo.
Le stanze si svuotarono, io smisi di suonare,
persino Bal corse al nostro splendido terzo piano. Tra la folla di donne
seminude e uomini sconvolti c’era anche Madame
con la vestaglia di seta dipinta e le mani fra i capelli.
Io ero accanto a lei e forse ero l’unico che
riusciva a sentire il mormorio soffocato delle preghiere che la nostra fredda Madame stava regalando a quell’anima in
fuga.
Dean ci guarda tutti, immobile con la pista in mano.
Un uomo era riverso a terra, con più cervello sullo splendido tappeto rosso
rubino comprato da Madame che nella
sua calotta cranica.
Mi ricordo Balthazar che strisciava i piedi fino al
letto con la faccia di uno a cui hanno appena ammazzato il fratellino tanto
amato, ma credo che per lui Cas fosse proprio quello, un fratellino tanto
amato.
Lui era steso sul letto con gli occhi spalancati
fissi sul muro. Ma sai una cosa, amico, non erano i suoi occhi a sconvolgermi. Era
il suo braccio. Quello che era rotto, esatto. Pero all’epoca si era sistemato.
Lo vedevo che pendeva fuori dal materasso, le dita
leggermente piegate verso il palmo e l’indice che sfiorava il pavimento. Non
era l’uomo morto a terra o quello morto sul letto a terrorizzarmi, ma quel
braccio. In quel braccio, in quella mano, c’era tutta la morte che un essere
umano può sopportare, amico.
Bal gli chiuse gli occhi con una mano e gli tirò il
lenzuolo bianco fino al volto per poi voltarsi verso Dean.
Spiegazioni. Lui voleva delle spiegazioni. In
effetti le volevamo tutti.
Dean ci guardò “L’ha strozzato” berciò indicando l’uomo
morto con la pistola “l’ha strozzato. E l’ha ucciso, questo figlio di puttana
ha ammazzato Cas! Capite? L’ha ammazzato!”.
Una donna si avvicinò a Balthazar e gli mise una
mano sulla spalla, sussurrandogli qualcosa. Lui invece guardava fisso Dean con
due occhi di ghiaccio amico, occhi che avrebbero potuto uccidere chiunque “Perché
non sei venuto prima?”. Beh, anche quella frase avrebbe potuto uccidere
chiunque. Dean lo guardò e poi abbassò il viso “Ma lui non mi ha chiamato”
disse “lui non mi ha chiesto aiuto.”
Mi passi l’ultimo bicchiere?
Dunque amico, la nostra storia finisce così.
Vuoi sapere cos’è successo dopo?
Vediamo, Bal è rimasto a lavorare con noi e anche il
fratellino del buttafuori. Il cadavere del caro Cas è scomparso assieme a Dean.
Spero che il primo riposi finalmente in pace e che il secondo abbia la pace nel
cuore. Povero ragazzo, era troppo giovane per dannarsi su un amore perduto
tutta la vita.
Bene amico, io ti saluto. È stato un piacere parlare
con te.
Comunque, sai una cosa amico? Mi sembra di averti
già visto da qualche parte. Ma sarà la vecchiaia.
Sai, mi sembra di vedere volti familiari ovunque,
ultimamente.
A.Corner____
Yeeee!*_*/
Buon capodanno a tutte, prima di tutto (*O*/) che
quest’anno sia pieno di gioie, cioccolatini, felicità e Balthazar (la prima,
terza e quarta opzione per l’autrice sono più o meno uguali).
Questa storia non mi soddisfa particolarmente, ma vabbè. Non cercate di dare un nome o una faccia al pianista,
perché neppure io ho fatto lo sforzo di identificarlo con un personaggio. Anzi,
guardate, il pianista sono io stessa, ecco. Mi avete beccato.
In realtà io faccio la pianista in un bordello di
New Orleans e vengo dal 1924.
Ecco nella riga qui sopra c’era il luogo e il tempo
in cui si svolge la storia (ù.ù/).
Però vi do la più totale libertà d’interpretazione
su chi è la persona che il nostro buon pianista riconosce alla fine della
storia.
E…
e… e…
Non ho altro da dire, in fondo (*___*””) qualunque
errore troviate è solo ed unicamente colpa mia.