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Autore: Dejanira    03/01/2012    1 recensioni
"What if nothing exists and we're all in somebody's dream?" (Woody Allen)
L’estate in cui Rose decide di andare dai Malfoy, per le vacanze, si stupisce nel trovare sepolto nella biblioteca di casa un libriccino senza nome che sembra nascondere più sottotrame e segreti di una qualunque altra storia.
Il giorno in cui Hermione, con un tremendo sbaglio, danneggia in maniera irreparabile se stessa e la sua vecchia vita, comprende che non le sarà più possibile andare avanti senza l’aiuto di due persone improbabili.
Pansy e Draco si ritroveranno così costretti a dispiegare una pericolosa ragnatela di disperazione, morte e pazzia, nel tentativo di riportare a casa qualcuno considerato perso da ormai troppo tempo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pansy Parkinson, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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III

III

 

 

Il giorno precedente quello in cui Hermione aveva deciso di farsi trovare morta dal marito sul pavimento del bagno, Hugo compiva nove anni. I suoi genitori e la sorella avevano deciso di dare una festa a sorpresa alla quale avevano invitato tutti gli amici di Hugo, che erano davvero tanti, e per un pomeriggio la casa si era riempita di bambini zampettanti e dell’intero clan dei cugini Weasley. Sia Hugo che Rose avevano ereditato dal padre una natura socievole e incline alla compagnia, per questo a nove anni appena compiuti Hugh era una specie di piccolo trofeo per i suoi compagni, e Rose, che al settembre di quell’anno sarebbe stata incredibilmente Smistata a Serpeverde il suo primo giorno di scuola, aveva già una spiccata inclinazione per feste rumorose con palloncini colorati e torta alle fragole prima, e alcol a fiumi e un mucchio di ragazzi dopo.

Hermione era felice che nessuno dei suoi figli avesse preso da lei quell’indole insicura e introversa che era stata il suo tormento a scuola e che la stava lentamente distruggendo ora. Era felice che Hugo stesse diventando grande e che Rose sarebbe presto andata a scuola, e voleva che suo figlio avesse la migliore festa di compleanno a sorpresa che un ragazzino potesse desiderare.

Così quella sera tardi, finita la festa, dopo aver liberato la cucina dagli avanzi di torta e stuzzichini, dalla carta da regalo stracciata e dai cappellini di carta a cilindro con su scritto “Buon compleanno Hugo”, diede la buonanotte a Rose e baciò ancora una volta Hugo, andò in camera da letto dove Ron già la aspettava, seduto sul letto intento a rovistare tra vecchi album di fotografie, probabilmente preso in un momento di calorosa nostalgia in cui il compleanno di suo figlio doveva averlo gettato, raccolse la sua vestaglia e le pantofole e disse che andava a farsi una doccia.

Andò in bagno, prese un paio di asciugamani puliti e li ripiegò con cura su uno sgabello. Si spogliò, si sciolse i capelli, fece riscaldare l’acqua e poi si immerse nella vasca. Si strofinò i capelli con attenzione, usando tutte le creme e le lozioni di cui si serviva di solito per addolcire i boccoli altrimenti crespi, si asciugò, si rivestì e si specchiò.

Fino a tre giorni dopo il funerale, al quale tra l’altro non si era neanche presentato, Ron non era riuscito a dire cosa fosse successo. Come avesse trovato ore dopo il corpo di Hermione sul pavimento del bagno, irrigidito dal decesso ma bizzarramente profumato per i profumi e gli oli con cui si era cosparsa prima di suicidarsi con un’overdose di medicinali che nessun Guaritore le aveva prescritto; come avesse urlato, pur non sentendosi, con Hermione tra le braccia; come avesse gridato a Rose, corsa in bagno all’atroce stridere di quelle urla, di andarsene e non guardare e chiamare subito aiuto; come non avesse più fiatato o dormito per i giorni successivi, senza neanche avere il coraggio di recarsi al funerale di sua moglie.

Rose era sempre stata convinta che questo fatto avesse in parte determinato il suo Smistamento a Serpeverde. Certo dovevano esserci in lei delle qualità di fondo per spingere il Cappello a prendere in considerazione quella Casa, ma come aveva scritto e riscritto più volte nei suoi diari di quell’anno, il suicidio di sua madre l’aveva gettata in una sorta di adolescenza anticipata, con la rabbia e il desiderio di evadere di qualunque ragazzo di quindici o sedici anni, ma elevata e triplicata da una collera tangibile contro sua madre, perché l’aveva lasciata, e contro se stessa, perché avevo permesso che lo facesse.

Si era seduta su quello sgabello il primo giorno di scuola, in Sala Grande, con tutta la rabbia, la paura e la voglia di straziare qualcosa a suon di graffi e morsi che solo una ragazzina di undici anni la cui madre si era ammazzata poteva avere.

Sentiva che le era stato fatto un torto, che sua madre e che qualcosa di più grande e incomprensibile le avevano fatto un torto, e voleva replicare con un torto a sua volta. Un tempo pensava che a Hogwarts avrebbe fatto di tutto per essere la prima della classe e farsi nominare prima Prefetto e poi Caposcuola, per rendere orgogliosa sua madre; e al secondo anno si sarebbe iscritta ai provini per la selezione delle squadre di Quidditch e avrebbe vinto, per rendere fiero anche suo padre.

Invece arrivò su quello sgabello, con quello stupido vecchio Cappello calato sugli occhi, con una brama insaziabile di distruzione e devastazione. Non si era mai sentita così tanto arrabbiata in vita sua, e quella rabbia diventò vendetta, e quella vendetta diventò ambizione, e tutte quelle cose insieme diventarono Rose Weasley, Serpeverde, mai Prefetto e nemmeno Caposcuola, e assolutamente negata per il Quidditch, perché non le piaceva e non aveva voglia di impegnarsi per vedere se riusciva a stare in sella a una scopa per più di tre minuti di fila.

Il tempo, poi, aveva cancellato quella rabbia, tramutandola in una profonda amarezza. Poteva distinguere con esattezza il giorno in cui era avvenuto il cambiamento. Lei aveva sedici anni e c’era quel Grifondoro, quell’amico di James che suo cugino le aveva presentato. Era un ragazzo più grande e sembrava avere tanta di quella esperienza, perché c’era più di una compagna di classe di Rose che gli andava dietro e lui sembrava in grado di reggere tanto di quel Firewhisky senza crollare a terra o svettare dritto verso il bagno a vomitare.

C’era insomma questo amico di James che in fondo a lei neanche piaceva, c’era il Firewhisky, c’erano i sedici anni e i primi racconti colmi di risatine vezzose delle sue compagne di stanza, e c’era quella madre morta suicida che non aveva voluto accompagnarla al suo primo giorno di scuola, che non aveva voluto aspettare di essere fiera di lei; e poi c’erano tutti quei fattori terribilmente adolescenziali, come le gambe molli e le farfalle nello stomaco e una sorta di gioia e senso di potere nel vedere l’irritazione negli occhi di Scorpius.

La mattina dopo, di tutto quello non c’era più nulla.

C’era solo Rose, a piangere tra le braccia di un Albus insolitamente affettuoso, a chiedersi perché sua madre, sul punto di ingoiare quei farmaci, non avesse pensato che sua figlia era un motivo sufficiente per non mollare.

Come tutto, alla fine anche la rabbia e il dolore erano passati. Era rimasto solo un opprimente cumulo di rimpianti, e una tristezza indicibile che qualche volta, la sera, veniva fuori a tradimento.

- Cosa fai? –

Con la schiena china sul libro che aveva scovato nella biblioteca, Rose sobbalzò e soffocò un’esclamazione, voltandosi di scatto.

Scorpius, angelico e impassibile come al solito, con le mani dietro la schiena, ostentava un’espressione pestifera, sogghignando apertamente.

- Idiota, mi hai fatto prendere uno spavento – borbottò seccata, chiudendo il libro e riponendolo in un cassetto con la massima nonchalance possibile, sperando che quel dettaglio non saltasse all’occhio indiscreto dell’amico. – Dov’è Al? –

- Mia madre l’ha rapito, credo che volesse sbattergli sotto il naso con perfidia la sua collezione di Boccini che hanno giocato nei Campionati degli ultimi centoventi anni. –

Rose si alzò, appoggiandosi di fianco alla scrivania, coprendo il cassetto in cui aveva infilato il libro.

- Tua madre non sembra un tipo da Quidditch – commentò lei.

- Infatti non ne capisce nulla. Le piace solo circondarsi di oggetti rari. Ah, e temo anche che tu ed Al, in quanto figli dei noiosissimi eroi della Seconda Guerra, siate tra questi – aggiunse con sarcasmo. Poi, notando che Rose se ne stava tutta schiacciata in quell’angolo senza motivo, mise su un’aria curiosa. – Che scrivevi prima? –

- Ehm… - farfugliò lei, facendo un gesto sbrigativo con la mano, come a voler dire che non erano cose di grande importanza. – Annotazioni. Niente di eccezionale. –

- Ah, tieni un diario? – fece Scorpius, sorpreso, con un sorrisetto curvo che prometteva disgrazie. – Chissà quante cose inspiegabilmente brutte hai scritto sul mio conto… - disse, lasciando cadere la frase.

Immobile, osservò Rose con quella sua insolente faccetta pacifica; e lei, sospettosa, urlò “Fermo!” ancora prima che Scorpius le si fiondasse addosso cercando di stordirla a suon di solletico.

- Fermo, fermo, Malfoy, per Salazar! - articolò a stentò, cercando di bloccare le sue braccia veloci che saettavano da una parta all’altra cercando di aprire quel cassetto. Lei aveva cominciato a chiamarlo per cognome, cosa che faceva solo quando era parecchio irritata, ma Scorpius non era tipo da farsi intimidire da una tale inezia.

- Malfoy, in nome del tuo putridissimo sangue puro, lascia stare quel libro! – strillò, visto che lui era riuscito a spingerla di lato e ad aprire il cassetto.

Tirò fuori velocemente il presunto diario e Rose subito gli fu addosso, ma lui tenne alto il braccio che teneva il libro e lei, pur con tutti i suoi pizzicotti e saltelli, non riuscì a riappropriarsene.

Scorpius scattò veloce dal lato opposto della stanza, con Rose che gli stava dietro col viso rosso per la rabbia; cominciò a sfogliare qualche pagina a caso, pensieroso.

- Spero proprio di non trovarci nessun verso svenevole per quel Corvonero che ti piace tanto, Daniel, Damien, come si chiama? Sono debole di stomaco, sai. –

Rose riuscì a bloccarlo contro il tavolo, facendo stridere rumorosamente le gambe di una sedia. – Non mi piace nessun Damien – precisò, facendo un balzo per afferrare il libro, ma Scorpius fu più veloce e ne approfittò per farsi da parte, così lei si ritrovò ad acciuffare l’aria.

- Vediamo, vediamo… - cantilenò ancora, camminando all’indietro e posando gli occhi su una pagina a caso. “Mirage non osò guardare cosa si lasciava alle spalle. Raccolsero margherite e ginestre dal ciglio della strada, che in mano a lei appassivano. Eppure continuò…”

Scorpius dovette interrompere la lettura, perché Rose gli saltò letteralmente addosso, rischiando quasi di fargli perdere l’equilibrio. Per questo Scorpius si aggrappò d’istinto a una cassettiera in legno di noce, mentre il libro cadeva con un tonfo per terra. Entrambi si lanciarono a raccoglierlo, col risultato di finire sul pavimento doloranti, perché nell’impeto avevano sbattuto l’uno contro l’altro la testa, ma Scorpius aveva preso per prima il libro. Subito il ragazzo cercò di rimettersi in piedi, ma Rose lo acciuffò per il polso costringendolo a crollare di nuovo a terra. Si sporse su di lui per afferrare il libro, ma in quell’attimo con la coda dell’occhio notò appena che c’era qualcuno sulla soglia.

Il signor Malfoy non sembrava particolarmente impressionato o incuriosito, mentre in tutta calma si accendeva una sigaretta. Aspirò il primo tiro, e pur nel cocente disagio Rose ne approfittò per togliere definitivamente di mano a Scorpius il diario. Lui rispose con un’occhiata truce.

- Avevo sentito dei rumori, pensavo che quel vecchio inutile Elfo avesse fatto cadere di nuovo l’argenteria – spiegò in tutta calma, senza ancora alzare gli occhi sui due.

Imbarazzatissima e col cuore che andava a mille, Rose ebbe la prontezza di nascondere dietro la schiena il diario che, ricordò in quel momento, aveva rubato al padrone di casa lì presente di fronte a lei. Per sua fortuna Scorpius distolse per un istante l’attenzione del signor Malfoy da lei, andando a salutare suo padre che non vedeva dalle vacanze di Natale, giusto il tempo minimo necessario perché Rose potesse infilare in fretta il libro in mezzo a una pila di altri volumi sulla scrivania dietro di lei, avvantaggiata dal fatto che difficilmente Malfoy avrebbe potuto sospettare che Rose avesse scovato e sottratto quel libro dalla biblioteca.

Con quel briciolo di dignità che le era rimasto, si avvicinò al padre di Scorpius.

- Buona… buonasera, signor Malfoy – disse, certa di essere arrossita pericolosamente sulle guance, ma Draco non ci fece molto caso.

- Rose Weasley, immagino – disse soltanto, con un tono di voce talmente piatto che non avrebbe potuto lasciar trapelare la minima inclinazione di sentimento, che fosse disgusto, disprezzo o semplice e formale cordialità. – Suppongo che ci vedremo a cena – disse l’uomo, guardando di nuovo suo figlio. – Buona… continuazione – concluse poi, girandosi e sparendo dal loro campo visivo.

Rimasti di nuovo soli nella stanza, Rose e Scorpius si squadrarono. Lei era ancora leggermente rossa, ma se non altro il cuore sembrava aver ripreso un battito normale.

- Oh Salazar – sillabò la ragazza, vagamente sconvolta. Alzò ancora gli occhi sull’amico, che al contrario non sembrava per nulla toccato. – Certo che è molto caloroso tuo padre – commentò poi.

Scorpius fece spallucce. – E’ difficile che cada ai tuoi piedi così, a prima vista. –

Rose impiegò un attimo in più per capire, poi alzò gli occhi al cielo ma sorrise comunque. – Idiota. Intendevo con te, ovviamente. –

- Non è come sembra. E’ solo quando ci sono degli estranei. Di solito non è così… -

- …glaciale? – suggerì Rose.

Scorpius rise e scosse la testa. – Sul serio, mi vuole bene – disse, e Rose per un istante si sentì quasi turbata da quell’inaspettata constatazione, del tutto normale, in realtà, ma suonava così strano sentire Scorpius parlare di sentimenti.

- Sì – disse dopo un po’. – E’ quello che i genitori fanno, di solito. –

Si accigliò un poco e Scorpius non volle aggiungere null’altro riguardo l’argomento, consapevole che si erano addentrati in un terreno decisamente scomodo. Puntò lo sguardo sulla schiena di Rose, che andava a recuperare il suo libro tenendolo saldamente sotto braccio.

- Non c’era bisogno che lo nascondessi, comunque – disse il ragazzo, più per cambiare discorso che per altro. – Bastava dirlo che era un altro dei tuoi romanzetti da scrittrice in erba – cercò di buttarla sul ridere.

Rose non rispose nulla, lo guardò soltanto per alcuni secondi e poi annuì debolmente.

- E poi… - aggiunse ancora Malfoy, costringendola a rialzare lo sguardo. – Non serve che lo incanti con tutti quei tuoi stupidi incantesimi, non ci sarebbe nulla di male se anche qualcuno leggesse quello che inventi, davvero, non capisco questa tua reticenza nel far sapere agli altri che ti piace scrivere, è una cosa… -

- Quali incantesimi, scusa? – lo interruppe lei, confusa.

Scorpius si bloccò. – Beh… - cominciò – quando ho cominciato a leggere ho capito che l’avevi incantato, sentivo un sensazione sgradevole mentre lo tenevo, e poi insomma, tu hai sempre avuto questo vizio di impregnare i tuoi vecchi diari di incantesimi protettivi per evitare che qualcuno i leggesse – spiegò ragionevolmente.

Rose alzò un sopracciglio. – E tu come lo sai? – sibilò.

Scorpius boccheggiò per un istante, ma poi si riprese. – Ho chiesto ad Al… di fregartene qualcuno, ma non è questo il punto – chiarì in tutta fretta, mentre lei spalancava indignata la bocca. – E’ una precauzione inutile e poi, per Salazar, fintanto che la difesa consisteva in un attacco di Spruzzolosi andava bene, ma questo… dài, è esagerato. –

La guardò con accondiscendenza, con aria da gran savio, e proprio quando stava per voltarsi e andarsene Rose lo richiamò.

- Scusa, ma… che cosa hai sentito esattamente? –

Scorpius ci pensò su. – Ecco… non saprei spiegare, qualcosa di molto spiacevole, comunque, come se ci fosse qualcosa di estremamente sbagliato in quel libro. Di certo se non avessi voluto farti arrabbiare me ne sarei tenuto alla larga – concluse. – Complimenti, molto più di classe che una Spruzzolosi – ironizzò alla fine, uscendo dalla stanza e lasciandola con uno strano presagio.

 

-

 

La bottiglia di vino elfico svolazzò leggera sopra il tavolo e i due calici, che riempì entrambi; poi questi levitarono fino ad andare a posarsi uno fra le dita di Draco, e l’altro sul basso tavolinetto di fronte la poltrona sul cui bracciolo stava appoggiata Pansy. La strega osservò con aria vacua il bicchiere, fino a quando Draco non richiamò la sua attenzione con un colpo di tosse, e allora lei sollevò il capo.

- Da quando siete così amiche tu e mia moglie? – chiese blandamente Malfoy, sorseggiando il suo vino. Pansy fece una smorfia di indifferenza, segno che non era in vena di chiacchiere quel pomeriggio. Facendo ondeggiare mollemente il liquido rossastro nel bicchiere, Draco studiò il profilo di quell’amica di vecchia data, l’unica ad essergli stata sempre accanto fin dal principio e fino all’ultimo. Alla fine Pansy alzò il bicchiere e mandò giù un sorso.

- Intendo, avrai da fare con quel tuo oscuro e tenebroso lavoro al Ministero, no? – continuò, senza suscitare in lei alcuna reazione. Un altro sorso di vino. – Le tue figlie, il tuo marito babbanofilo, e Daphne stessa che già da sola è un bell’impegno… -

Ancora nulla. Silenzio.

- Insomma, perché svolazzi sempre intorno ad Asteria? E’ inquietante. –

Alla fine Pansy si decise a guardarlo, assottigliando gli occhi neri.

- Daphne ce l’ha con me per non ricordo quale motivo, le mie figlie sono state sequestrate da mia madre che credo voglia fare loro il lavaggio del cervello e Terence non è un babbanofilo ma uno studioso delle interrelazioni tra Mondo Magico e Babbano. –

- In gergo, Babbanofilo – insistette imperterrito Malfoy. – Credo che tu sia riuscita a scovare l’unico Purosangue, Weasley a parte, con un così spiccata buona disposizione verso i Babbani. –

- Oh, per favore – Pansy mollò il bicchiere ancora quasi del tutto pieno sul tavolo e andò ad affacciarsi alla finestra di una delle tante sale del maniero dei Malfoy. – Ti sbagli, sai. Anzi, se proprio vuoi saperlo, lui non riesce a spiegarsi come abbiano fatto i Babbani a ottenere invenzioni i cui risultati inspiegabilmente ottimi sembrano quasi frutto di una magia. Come… l’elettricità, ad esempio. –

- Elettro cosa? –

- Lascia stare – Pansy scosse il capo, sovrappensiero. Si voltò a guardare Draco. – Che dice la Granger? –

Draco si lasciò andare contro lo schienale della sua poltrona, con un sospiro. – Non che parli molto, in realtà. Dorme quasi sempre, e quando è sveglia mangia a stento e non dice nulla, se non in casi di estremo bisogno – elencò. – Non è un soggetto entusiasmante dal punto di vista clinico. Non ha sviluppi, grandi sbalzi, neanche reazioni eccessive ai farmaci… è la paziente più tranquilla del reparto. Slitta unicamente tra uno stato di veglia vegetativa e uno di incoscienza. –

Pansy annuì; se l’era sentita ripetere tante volte quelle cose, in tanti pomeriggi come quello. Fissò di nuovo Draco. – Dal punto di vista psicologico? –

Malfoy finì il suo vino elfico, e appellò a sé la bottiglia per riempire il bicchiere un’altra volta. – E’ andata. Sragiona. I suoi discorsi sono privi di senso, le sue azioni immotivate. Non è consapevole di nulla e si impone continuamente di dimenticare, così ogni volta mi ritrovo al punto di partenza, con l’unica differenza che diventa ogni giorno più difficile. –

Pansy tornò alla sua poltrona, sedendosi pesantemente. – Forse, se la piantassi di trasformare ogni tua intrusione nella sua mente in una vera e propria sega mentale… -

- Non sono mica io che decido, fa tutto lei, è la sua testa – si giustificò prontamente Draco, mentre Pansy faceva schioccare la lingua con disappunto e con l’aria di chi la sapeva lunga. – Anche se ultimamente mi sembra che non sia neanche più in grado di fare questo. Ogni cosa che inventa svanisce subito, tutti i suoi scenari sono evanescenti e sfocati, a volte si muove nel vuoto… ha perso il controllo. –

- Significa che è vicina a una svolta – osservò allora Pansy, positiva.

- Significa che è vicina al collasso – ribatté lugubre Draco, versandosi altro vino. – Certo potevi andarci un po’ più piano sette anni fa con quel fottuto incantesimo – disse, guardando Pansy di sbieco.

Lei lo squadrò indignata, gli occhi che mandavano lampi. – Non ci provare… non provare a dare la colpa a me! – strillò, mentre lui roteava gli occhi. – Lei voleva che io le cancellassi la memoria e invece… -

- …e invece l’hai fatta rintanare dentro le sue elucubrazioni mentali, complimenti. E’ prigioniera del suo cervello, e considerato di chi stiamo parlando, non mi stupisce che ci si sia smarrita dentro – rise sarcastico.

Pansy incrociò le braccia al seno, imbronciata. – Avevo paura che se non avessi rimediato subito in qualche modo lei avrebbe fatto sul serio quello che dopo abbiamo solo inscenato. –

Draco emise una leggera risata. – Ah, sì, il teatrino del suicidio con funerale annesso. Un espediente drammatico, struggente, intenso, ricco di pathos, cose che possono venire in mente solo a una donna – borbottò lui, accendendosi una sigaretta. – Mi chiedo come tu ci sia riuscita. –

Pansy scrollò le spalle. – Ce l’ha fatta quella stronzetta babbana di Giulietta, non c’era motivo che non ci riuscissi io. –

- Giulietta chi? – chiese d’istinto Draco, ma poi si ricredette. – Anzi, lascia stare. Un’altra delle fisime babbanofile di Terry, immagino. –

Pansy sorvolò candidamente sull’ultima insinuazione.

- Non provare più a dare la colpa a me. –

- D’accordo, Pansy. –

- Avresti preferito che se ne andasse a zonzo insieme ai Babbani, ignorando il resto della sua vita passata? – disse, mettendosi di fronte a lui, che la guardava impassibile. – Io volevo darle una seconda possibilità, io speravo… -

- Speravi male – sbottò Draco. – Sai che significa impazzire ogni giorno insieme a lei? Non fa che parlare di pezzi, io non riesco più a starle dietro. Sta facendo uscire di senno anche me. –

- Perché tu non riesci a prendere il controllo! – esclamò la strega. – Devi indirizzarla, non puoi sperare che faccia tutto da sola. –

- Non me lo permette, blatera cose assurde a proposito di presidenti e persone disegnate, o quel che diavolo era – si lagnò Draco, chiedendosi se non fosse il caso di farsi portare un’altra bottiglia di vino.

- E’ normale che sia confusa. –

- E’ ammattita, altroché. –

- Sono i possibili rischi di un incantesimo di memoria su un soggetto mentalmente instabile. –

- Il tuo incantesimo le ha mandato in tilt il cervello – le ricordò mellifluo Draco.

- Il mio incantesimo era perfetto! – ribatté piccata Pansy. – E’ lei che ci si è appigliata disperatamente e adesso non vuole uscirne. Io volevo solo che lei… accettasse. Che ricominciasse daccapo – spiegò.

Draco sospirò e si alzò in piedi.

- Se solo… - riprese Pansy. - Se solo voi due aveste sistemato tutto fin dall’inizio, non sarebbe mai arrivata al punto di impazzire così – terminò.

Draco si voltò di scatto, con una smorfia. – Certo, come no. Una relazione con l’avvocato che mi difendeva dalle false accuse del mio zio cattivo? Il Settimanale delle Streghe ci avrebbe ricamato sopra per un mese – borbottò. Ci pensò un poco e aggiunse: - E poi Asteria non se lo merita. Credo che lei pensasse lo stesso di Weasley. –

Pansy alzò le sopracciglia scettica e accennò un sorriso sornione. – A questo avreste anche potuto pensarci prima. Merlino, siete due stronzi. –

Malfoy non fece caso all’accusa. – Non è mica per me che è impazzita così. Ricordi? –

Pansy ricambiò con tono altrettanto polemico. – Credevo solo che essere sposata con Weasley e nel frattempo avere una relazione con Draco Malfoy non aiutasse. –

Malfoy fece spallucce. – Resti per cena? –

- No, Draco, non resto per cena – ribatté lei stizzita. – Fa’ provare me. –

- Provare a fare cosa? –

- Con la Granger. Fammi provare, forse posso esserle più d’aiuto di quanto lo sia tu. Io almeno non me la porto a letto. –

Malfoy roteò gli occhi, seccato. – Te l’ho detto, ha fatto tutto lei. –

Pansy sogghignò, incrociando le braccia e scuotendo leggermente il capo e i capelli scuri. – L’ultima volta che mi hai detto una cosa del genere avevamo sedici anni, stavamo insieme, ed è stato la mattina in cui ti ho scovato con le mani sotto la gonna di Morag MacDougal – gli ricordò Pansy, mentre Malfoy se la ghignava al pensiero. – Mi comprenderai se non ti credo – aggiunse lei.

Sorrisero entrambi. Erano stati buoni amici, ed era una delle poche cose belle dei loro ultimi due anni a Hogwarts.

- Allora – Pansy batté le mani, per riavere la sua attenzione. – Cosa c’è per cena? –

 

-

 

Quella cena rischiava di diventare la più lunga di tutti suoi diciassette anni di vita. Il signore e la signora Malfoy stavano a capotavola, Rose sedeva in mezzo tra Albus e Scorpius, e di fronte a loro c’erano la strega che prendeva il tè con Asteria, la sera in cui erano arrivati, insieme a un uomo giovane dall’aria seria e intelligente che era suo marito e si chiamava Terence Higgs. Poi, compreso che due più due eccome se faceva quattro, Rose intuì che quelli dovevano essere i genitori della stessa Marlene Higgs che, come le aveva detto Lucy che aveva saputo da Roxanne che aveva origliato da Molly, aveva una specie di tresca con Scorpius. Che la voce fosse vera o no, quello era un altro paio di bacchette. La cosa comunque non le piacque.

Passò la fase dei saluti, delle frasi di convenienza e cominciò la serata.

Un piatto a base di pesce, tanto graziosamente decorato che a Rose parve più un soprammobile che una cena, venne servito comparendo apparentemente dal nulla, con un sistema che ricordava un po’ quello con cui venivano forniti i pasti a Hogwarts. Una di quelle raffinate sottigliezze di cui Asteria andava tanto fiera. Rose scoprì che la strega bruna, che in realtà sembrava più amica di Malfoy di quanto non lo fosse di Asteria, era Pansy Parkinson, una vecchia compagna di scuola del signor Malfoy, e quindi anche dei suoi genitori e dello zio Harry, di cui aveva sentito vagamente parlare. Era gentile nei modi e aveva una voce vellutata e bella, tutti dettagli che non si sarebbe aspettata da quel viso spigoloso e pallido circondato da capelli neri legati in un morbido chignon. A dispetto della prima impressione che aveva avuto, Rose la trovò piacevole. Era una presenza delicata e leggera, come una mano che ti si posa all’improvviso sulla spalla, e aveva una severità e un’eleganza che mascheravano in un sorriso un po’ storto una malizia o un sospetto. Sembrava avere una grande intesa col signor Malfoy, e Rose per un attimo si chiese come mai né Asteria né il signor Higgs fossero infastiditi da questo. Forse, ipotizzò, Draco e Pansy erano un po’ come lo erano stati Harry ed Hermione, anche se la cosa le suonava un po’ bizzarra. Era abituata a sentir parlare di Malfoy e dei vecchi Serpeverde in certi termini, e un sentimento e un affetto simili a quelli che aveva visto in casa sua tutti i giorni le risultarono nuovi.

Chissà, magari suo padre e lo zio Harry si sbagliavano, a tal proposito.

- Così tu sei il figlio di Harry Potter – disse Terence, prima di addentare un boccone di pesce. Scrutò gli occhi verdi di Al nello stesso modo in cui prima la gente osservava la cicatrice di Harry. Al abbozzò un assenso senza troppo entusiasmo.

- Ricordo che tuo padre ha giocato contro di me la sua prima partita di Quidditch – continuò Terence, proprio come avrebbero potuto fare Ron o Neville nel ricordare un episodio dei loro anni a Hogwarts. La cosa ad Al parve oltremodo fuori luogo, così come lo era l’idea che suo padre e gli amici dei Malfoy avessero qualcosa da spartire, compresi ricordi. – Ero il Cercatore di Serpeverde prima che mi sostituisse Draco al suo secondo anno – aggiunse, guardando verso Malfoy che sghignazzò un poco al ricordo di come fosse stato felice di sbattere in faccia a Potter, Weasley e la Granger la sua ammissione in squadra, quel giorno in cui Weasley aveva vomitato lumache e Draco aveva chiamato per la prima volta la Granger “Mezzosangue”.

Albus accolse l’informazione con calma. – Sì, beh, mio padre è entrato in squadra al primo anno – disse, servendosi altro pesce, e ripagando con quell’affermazione e con lo sguardo indispettito di Draco Malfoy parecchi anni di scaramucce e battibecchi, ostentando una piccola presunzione che un tempo avrebbe fatto invidia a Malfoy stesso. Albus, Rose e Scorpius non capirono molto bene perché, ma Pansy cominciò a ridacchiare apertamente e non la smise per le sere successive che passò insieme a Draco, in cui non mancò di ricordargli quel breve scambio di battute.

- Ottima la cena – aggiunse poi Al, cordiale, in direzione di Asteria che ricambiò con un sorriso.

Quello fu solo l’inizio.

Il primo passò in fretta, tra gli adulti intenti a discutere di qualcosa che aveva a che vedere con l’ultimo libro che il signor Higgs stava scrivendo e il trio intento a ridacchiare per questo o quel motivo. Il secondo fu interminabile, con tutti una serie di contorni che sembravano sbucare da ogni parte, e il meglio arrivò con un dolce alla frutta per dessert.

- Avete già scelto cosa fare ora che avete preso i M.A.G.O? – chiese con noncuranza Pansy, mentre Al, Scorpius e Rose si scambiavano prima un’occhiata tra di loro.

- Credo che tenterò Medimagia – disse Scorpius, che in realtà non ci aveva pensato molto.

- Credo che diventerò Ministro – rispose imperscrutabilmente Albus, affondando la forchetta nel dessert.

- E tu, Rose? – la esortò Asteria, dopo aver sorriso ad Albus con discrezione, non del tutto sicura che fosse una battuta.

- Potresti prendere Magisprudenza – suggerì Terence, finendo la cena con un sorso di vino elfico. – Con la fama di tua madre, potresti avere successo – disse.

Rose si strinse nelle spalle, non del tutto convinta, e con un vago senso di morsa allo stomaco che le fece rifiutare il dolce. – Non credo. La carriera di mia madre era finita dopo il caso dei Lestrange – replicò, e a parte Albus e Asteria, che continuarono a mangiare tranquillamente, cadde il silenzio.

Pansy buttò giù un bel sorso di vino, Draco si guardò bene dal dire alcunché e Scorpius provò l’impulso di accarezzare la mano di Rose sotto il tavolo, ma non lo fece.

- Perché, cosa è successo? – s’incuriosì infine Scorpius, che di quelle cose con Rose non parlava mai.

Terence si schiarì la voce. – Beh, eri forse un po’ piccolo per ricordare… - cominciò, ma Rose si intromise, interrompendolo.

- Durante un’udienza, mia madre ha ucciso Lestrange -  sbottò d’un tratto. – Lui si era liberato dagli Auror e minacciava di uccidere tutti. Legittima difesa. Fine della storia. –

Con la forchetta si mise a giocare con la fetta di torta di fronte a lei, senza alcuna intenzione di assaggiarla, per quanto sembrasse deliziosa. Albus alzò lo sguardo sulla cugina ma si limitò a un rispettoso silenzio.

- Non lo sapevo – fece Scorpius, quasi imbarazzato per aver tirato fuori un ricordo tanto spiacevole. – Perché non lo sapevo? –

Guardò suo padre, poi Asteria e infine Pansy, ma nessuno sembrava avere voglia di rispondergli.

Toccò infine ad Al riportare la conversazione su un argomento più facile, poi la cena finì, gli invitati se ne andarono e nessuno ci pensò più.

 

-

 

Rose rifiutò l’invito di Al e Scorpius di bere qualcosa e giocare una partita a Gobbiglie. Augurò la buonanotte a entrambi e si ritirò nella sua stanza, ma quando, già in pigiama, uscì dal bagno dopo essersi spazzolata i denti, trovò Scorpius ad aspettarla. Lui inspiegabilmente l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia, poi tornò nella sua stanza a dormire.

Rose si infilò in camera sua e, dopo aver gettato di lato le pantofole, si buttò pesantemente sul letto. Stette immobile alcuni secondi, osservando la fiamma languida delle candele appoggiate sul comodino, poi si sporse di lato e allungò un braccio per tirare fuori dal suo baule poggiato per terra il libro della biblioteca. Lo prese e lo aprì, tirandosi a sedere a gambe incrociate sopra le coperte.

Senza Titolo, di Mirage Greenhorn, recitava ancora la prima pagina. Stessa cosa non poté dirsi del resto del libro perché, come scoprì non appena cominciò a sfogliarlo, alcuni pezzi della storia erano spariti. Ma non nel senso che erano stati strappati via, come temette Rose per un breve istante; si erano semplicemente cancellati, lasciando al loro posto una sfilza di pagine bianche intatte come se nessuno ci avesse mai scritto sopra. Sfogliò ripetutamente le pagine più e più volte, ma senza risultato. Di Adam e Mirage, che lei aveva lasciato nella grande casa azzurra all’angolo, non c’era più traccia. Nulla di tutto quello era possibile, a meno di non accettare l’ipotesi di trovarsi di fronte a un libro incantato. Dopo averci rimuginato sopra la colse un pensiero, che le sembrò molto ragionevole e plausibile, ovvero che quello fosse solo un libro magico e interattivo per bambini, dove il lettore stesso potesse immaginare e scrivere a suo piacimento la storia. Questo avrebbe potuto spiegare perché l’avesse trovato in mezzo ai testi di Pozioni del signor Malfoy. Poteva benissimo essere un vecchio regalo fatto a Scorpius, che Malfoy aveva deciso di tenere per ricordo.

Poi si ricordò che Scorpius stesso aveva avuto in mano il libro senza dar segno di averlo mai visto prima. Certo poteva anche non ricordarselo, ma la sensazione spiacevole che lui sosteneva di aver provato nel tenerlo in mano, quella non sapeva come spiegarsela. Lei non la avvertiva. Anzi, quel libro le piaceva, non tanto per quello che vi era scritto, o che lei stessa poteva scriverci. Le piaceva accarezzarne la carta ingiallita e un po’ stracciata, sentirne quell’odore dolciastro che secondo lei sapeva di fiori appassiti; si stupì nel realizzare che le sarebbe piaciuto perfino dormirci accanto. Comprese che non sarebbe riuscita a separarsene.

Eppure il libro la rifiutava; rifiutava quel che lei aveva scritto. Fece per rovistare di nuovo dentro il baule, alla ricerca di una penna d’aquila e una boccetta d’inchiostro, ma la sua attenzione venne catturata nuovamente dal libro stesso, che cominciò a scriversi da solo.

Rose strabuzzò gli occhi. Prese il libro in mano mettendoselo a un palmo dal naso, incredula.

Non c’era che dire, il libro si stava veramente scrivendo da solo. Stava continuando la sua storia, riscrivendo quella che Rose aveva scelto per lui.

La ragazza avvicinò a sé la candela e cominciò a leggere a voce alta.

- L’uomo seduto sulla panchina all’ombra del faggio, di fronte la fontana, aveva lunghi capelli bruni e un’aria minacciosa, come da morto; anche da seduto si intuiva che fosse molto alto, e Mirage sapeva che la stava aspettando.

Rose aggrottò la fronte. Non aveva mai pensato a un personaggio del genere, né sarebbe mai riuscita a immaginarlo. Estrasse la bacchetta cercando di far Evanescere con un incantesimo quelle disordinate linee d’inchiostro dalla pagina, senza riuscirci. Allora prese la sua penna d’aquila, la intinse nell’inchiostro nero e continuò a scrivere.

L’uomo la fissava con insistenza, sembrava quasi che con una mano avesse appena fatto un cenno sul posto vuoto accanto a lui, come per invitarla ad avvicinarsi. Mirage era sospettosa, e decisamente intimorita, così preferì ignorare quegli occhi di carbone che

Rose si arrestò per intingere di nuovo la penna nell’inchiostro, con un gesto frettoloso, ma non appena il suo sguardo si posò nuovamente sulla pagina ebbe un sobbalzo per la sorpresa, e la penna le cadde di mano schizzando le lenzuola di nero. Rose prese nuovamente il libro tra le mani, scoprendo che un poco le tremavano, mentre si apprestava a ripetere ad alta voce le parole che il libro aveva autonomamente generato, sostituendole alle sue.

- Mirage era sospettosa, e decisamente intimorita, ma non riuscì a ignorare quegli occhi di carbone che la attrassero dolcemente, con un invito sussurrato appena, che le bisbigliava parole incomprensibili all’orecchio; tintinnavano come una poesia.

Non seppe resistere, e confortata dal seducente abbraccio di quei sussurri, si avvicinò a Lui. -

 

-

 

 

 

 

 

 

N/A

 • Di Terence Higgs magari qualcuno si ricorda, ne La Pietra Filosofale ha giocato veramente come Cercatore per i Serpeverde. Mi serviva giusto un signore a caso da piazzare accanto a Pansy, e lui era tra gli studenti canon quello il cui nome mi andava più a genio.

 • Anche Morag MacDougal è un personaggio della Rowling, io l’adoro e prima o poi la tirerò di nuovo fuori, magari in un’altra fanfiction.

 

  
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