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Autore: Nanecch    18/01/2012    1 recensioni
Jane Sun è un'investigatrice che ha solo quattordici anni;
è molto intelligente e giovane per fare questo lavoro,
riesce sempre a risolvere i casi (anche quelli molto difficili) che le procura il suo collega Fill Jonson.
Però casi non li risolve praticamente MAI il suo collega.
Questo libro non è solo un giallo, ma parla anche d'amore, di tristezza e di morte.
Che cosa succederà a queste due persone? Eppure ci sarà anche qualcuno a mettergli i bastoni fra le ruote!
Intanto i due ragazzi continuano a svolgere senza tregua il loro lavoro.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quinto Capitolo: Il Segreto

Quinto Capitolo: Il Segreto

 

Mentre io andavo in ufficio,

 prima che Jack mi infilò la siringa nel braccio

 

Fill, il mio collega, subito dopo la nostra litigata, andò fuori a fumarsi una sigaretta, cosa che non aveva mai fatto o pensato di fare cosa del genere, forse era solo sotto shock, molto probabilmente voleva licenziarsi.

Mentre percorreva la strada di casa sua vide una ragazza in bici che gli andò addosso.

“Scusi signore non vole-” la ragazza smise di parlare perché non era mica la prima volta che vedeva quella persona, infatti lei era sua sorella.

Era una ragazza con i capelli rossi, alta, fisico, seno e tutta la faccia sono perfetti; indossava dei pantaloni strappati e una tuta da ginnastica considerando che stava andando in bici, non poteva mettersi abiti scomodi, e chi può darle torto?

“Ah, ciao «J minuscola»” salutò Fill con il nomignolo che gli aveva dato perché lei era la sorella maggiore; sì, LA sorella maggiore, la sorella che faceva l’attrice e, guarda a caso, stava cercando proprio Fill.

“Mi puoi aiutare con un caso?” chiese lei.

“Stop” Fill interruppe la sorella.

“Primo, è così il modo di salutare per bene? «Ciao, mi aiuti con un caso?» che razza di sorella sei tu? E per l’ultima volta, non provare più a chiamarmi «J minuscola»! Poi, sei arrivata in ritardo, mi sono appena dimesso” rispose seccato.

Gli chiese il perché, lui le rispose tristemente dicendo che io non volevo più lavorare con lui.

“Sei cretino o cosa? Jane è molto intelligente e non prende iniziative senza senso. Era tutto normale oggi? Non ti sei accorto di niente di strano? Se la risposta è sì, corri subito in ufficio e chiedile insistente cosa c’è che la turba, fai l’uomo, Fill!”

Sì, per una volta, sua sorella lo chiamò Fill. Sembrava un miracolo visto che già da quando erano piccoli lo chiamava «J minuscola» quindi, per come si ricorda, era la prima e unica volta che disse il suo vero nome, non un nomignolo, il suo nome. Questo fece sollevare il morale a Fill però dopo neanche un secondo si rattristò perché non si ricordava niente di strano di oggi in particolare, solo che io ero strana, nient’altro, quindi, rispose facendo cenno di no con la testa.

Fill si rincamminò per la strada che stava percorrendo, la sorella invece, un po’ delusa, sollevò la bici con l’intento di andarsene quando Fill si ricordò di una cosa, o forse qualcuno, ora che ci pensava bene, quella mattina c’era qualcuno con me, qualcuno che non si era mai fatto vedere, qualcuno che era venuto solo prima d’ora e che non mi aveva mai fatto arrivare in ritardo. Quel qualcuno c’entrava sicuramente qualcosa, così, corse dalla sorella e la abbracciò.

Era un abbraccio che durò pochi secondi ma sua sorella capì che Fill aveva ricordato cosa c’era di strano in ufficio, ed era molto fiera di questo.

“Grazie” sussurrò Fill alla sorella, così dopo si incamminò correndo all’ufficio per seguire il consiglio di sua sorella.

Mio fratello è proprio innamorato pensò lei, guardandolo correre da lontano.

 

~~~~~~

 

Fill arrivò in ufficio, corse nella mia stanza ma, ormai era troppo tardi, vide Jack che mi infilava la siringa, essendo una stanza a vetri, senza entrare dalla porta, Fill spaccò il vetro, mi prese e si mise davanti a me.

“Come hai osato toccarla?” Chiese lui a Jack seriamente.

“Non posso? E’ la mia fidanzata dopo tutto, lasciala andare ora” rispose maleducato, mio fratello.

Un piccolo brivido mi salì sopra la schiena, stavo tremando.

Jack questa volta non mi aveva drogata ma mi aveva usata, mi aveva usata come cavia, infatti questa era una roga non ancora conosciuta e lui mi usava come cavia, ecco perché lo odio.

La sua fidanzata era morta per i suoi esperimenti, non perché è stata accoltellata o cosa, voleva che io incolpassi qualcun altro, per questo mi ha cercata.

Caddi a terra, continuavo a muovermi e fare cose strane, sentivo dolore, tanto dolore… urlai, per cinque minuti che per me durarono come un’ora.

“Jane, stai bene, Jane? Ritorna in te!” urlò Fill mentre io ancora mi muovevo, soffrivo e non era come la droga che non ero io, ero io eccome purtroppo, per questo era molto più doloroso; gli occhi mi cominciarono a diventare rossi, poi gialli e tantissimi altri colori, mi sentivo soffocare ma anche contemporaneamente pugnalare, e tutti altri possibile modi di uccidere una persona, mi faceva sentire morta troppe volte e continuavo a chiedermi E’ così che ci si sente quando si muore? E’ così doloroso?  era una sensazione di dolore, tanto, tantissimo dolore.

“Sta facendo effetto” disse mio fratello compiaciuto.

“Cosa le hai fatto lurido bastardo?” urlò Fill

“Stai calmo, tra poco finirà: è una droga che ho inventato io, l’ho inventata per far sì che i detective soffrissero, perché? Perché mi chiedi?” mio fratello cominciò come ad impazzire, era sempre stato così quando si innervosiva, ma questa volta era molto peggio, era alla ricerca di sete di sangue.

“Perché sono pazzo! Odio Jane, quindi odio i detective, questa droga l’ho fatta pensando a lei, perché odio Jane? Non lo so! Forse perché sono pazzo!?” quindi mi prese per i capelli e mi urlò nell’orecchio: “Hai capito?! L’ho fatta per te questa cosa! Solo per te! Non sei felice?!”

Fill lo prese e lo lanciò lontano da me.

Jack cominciò a fare a botte con Fill; ad un certo punto della battaglia Fill prese Jack e lo buttò giù dalla finestra.

Sì, giù dalla finestra.

Dopodiché non si fece prendere dallo shock ma mi andò in contro e mi portò subito in infermeria dove c’era un dottore.

“Curatela! Non so cosa le sia successo ma curatela!”

I dottori si misero all’opera.

Fill mi prese la mano e disse speranzoso: “Non mi lasciare, Jane, non mi lasciare!”

“Fill” mormorai io e la mia mano non strinse più quella di Fill, rimase molle, diciamo, come se fossi morta: in effetti Fill guardandomi, pensava che lo ero, e non aveva tutti i torti.

Vidi sfocato con lo sguardo la mia linea del battito del cuore: ormai era molto debole.

“Signore, se ne deve andare!” urlarono i dottori a Fill e lo spinsero fuori.

Una goccia mi scese sulla guancia, arrivò fino al mento  e cadde, volevo piangere ma, non ci riuscii, riuscii solo a far gocciolare una lacrima prima che Fill se ne andasse.

Quella fu l’ultima volta che vidi Fill, l’ultima in tutta la mia vita.

 

  
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