Fanfic su artisti musicali > Taylor Swift
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Autore: olor a libros    21/01/2012    0 recensioni
Breve brevissima storiella, non so neanche se chiamarla fanfiction. E' nata da uno dei miei strani percorsi di pensieri, fantasticherie.. All'inizio ho pensato di farne una one shot. Poi continuavo a scrivere e "Caspita, sta diventando una one shot un po' tanto lunga lunghissima", quindi ne ho fatti due capitoli. Penso che comunque questa sia nata semplicemente per il gusto di buttarla giù. (Dalla finestra. Però abito al primo piano e non s'è fatta niente)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi e penso di essere in paradiso.
Dev'essere un angelo.
O forse non lo è, forse non sono in paradiso, chi lo sa dove sono, non importa.
Perché quell'angelo è lei, e allora va tutto bene.
Taylor è con me ora come lo è sempre stata quando ero in vita.
Ora è lì, che riempie il mio sguardo.
Quel sorriso che all'improvviso le si apre è tutto ciò che vedo, è tutto ciò di cui mi importi.
Voglio vedere solo lei.
Non voglio queste cose grigie che adesso mi stanno spuntando al margine degli occhi.
Pian piano la visuale si allarga, vedo le pareti, non capisco se sono loro a spuntare dal nulla o se sono io che solo ora inizio a vedere.
Ma va bene, non mi importa delle pareti grigie, perché con loro anche il volto vicino a me diventa più nitido.
Mi concentro su quello, giuro a me stessa che non distoglierò mai più lo sguardo.
Il sorriso, Taylor, dammi il tuo sorriso, che riempia questo mio corpo che sento svuotato.
Eccolo.
Grazie.
Mio Dio, anche la tua voce.
"Hi", mi dici. Ciao.
Ciao, Taylor.  
Sei dolce. Tanto. Ma sei vera?
Troppi regali mi fai, poi non può essere altro che un sogno, tutto questo - lo sapevo, sono morta davvero.
Però non posso non accettarlo, il tuo abbraccio.
Mi arriva inaspettato, aspettato per un'eternità.
E con lui arrivi anche te. Taylor.
Vicina, mi stai abbracciando.
Ora il tuo viso è di fianco al mio, ho la testa sulla tua spalla e non ho più niente a riempirmi lo sguardo.
Così alla fine li vedo, i macchinari, li vedo ora che ti abbraccio, che ho gli occhi liberi.
Vedo i letti vuoti, tristi.
Vedo quella linea sullo schermo che va su e giù; poi arriva anche il rumore da associarvi, lo trovo il rumore  giusto, c'è sempre stato, era solo questione di riconoscerlo.
E allora decido di svegliare anche il naso, e sento quell'odore, quello che non si può confondere.
Odore di ospedale.
Sono in un ospedale.

Come sono ridotta? Come sto?
Sono felice.

E il mio corpo, com'è?
Vivo.
Ora la sento la schiena, sotto le tue braccia.
Lo sento il mio cuore, accanto al tuo.
Io vivo.
Mi fa vivere, questo abbraccio.  Ci sei tu. Non sono morta. Non sono mai stata viva.
Mai, prima d'ora.

Poi lei allontana un po' il viso, torna a guardarmi.
I suoi occhi sono liquidi, ancor più di come li avevo immaginati. Sono tremendamente intensi, tremendamente suoi.
C'è una lacrima, che scende silenziosa.
E striscia su quella guancia che un attimo fa era attaccata alla mia, e striscia nella mia testa, mi porta dentro, in una serie di immagini che credevo impossibili, immagini senza immagini, immagini senza colori, foto immerse nel fango. Non c'è niente da vedere, solo sensazioni, intrappolate in quella palude.
Rumori. Una giungla di rumori.
Una voce si distingue, in quel gomitolo di orridi suoni sembra ancor più bella.
La sento, sono immersa in quel fango del passato ma la sento come se fosse vicino al mio orecchio, ora. Eppure non riesco a capire cosa dice.
Poi sento una stretta su di me. E' forte, decisa, ma non fa male: è la sua stretta.
Poco dopo una voce flebile, quasi non esiste, si sente che è distrutta dalla lotta che ha compiuto per uscire fuori. Mi accorgo che è la mia, perché dice: "Taylor."
L'altra voce le risponde - ora sta urlando, o forse è il contrasto a renderla così acuta -, ma anche questa volta sono parole indecifrabili, suoni indistinti ma belli.
L'ultima cosa che sento è una lacrima. Calda, cade appena sopra il mio occhio. Piano.
Giusta.
Sua.

E dunque ora so che lei mi aveva sentito. L'aveva sentito, il mio "Thank you."
Ma in ogni caso non importa, perché avrò tutto il tempo di sommergerla di ringraziamenti, e sorrisi, e abbracci.
Perché ora è qui accanto a me, Taylor Swift.
In questa camera di ospedale con  le sue pareti tristi e il freddo del ferro, Taylor Swift è seduta accanto a me su questo letto ridicolmente bianco, lei è qui, la sua gamba che tocca la mia, le mie dita fredde fra le sue mani, il mio cuore nei suoi occhi, ormai perso.
E tutto brilla in questo piccolo spazio formato dai nostri due corpi, il grigiume spinge da fuori ma non può toccare questa nostra bolla piena di vita, di questa vita che ho quasi perso per lei - lei che è stata la prima a donarmi la vita.
   
 
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