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Autore: Reghina    24/01/2012    2 recensioni
Una diva irraggiungibile che già gli appartiene. Non è uno strano controsenso, ma solo la situazione del Generale Massimo. Con l'ennesima guerra alle porte, Lucilla gli verrà strappata da un nobile che lui non conosce, così come lui sarà strappato a lei da una donna che lo aspetterà pacatamente a casa. Un involontario addio in mezzo al grano.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Involontario addio.

Il vento sussurra dolcemente carezzando le spighe di grano in un suono malinconico e antico che pareva risalire ai tempi degli Dei, quando la natura libera dalla briglia di leggi umani cresceva selvaggia.
Canta della fatica di schiavi costretti a spendere sudore e sangue per frutti che loro non avrebbero mai visto, vivendo in simbiosi con quella terra che sapeva essere arida e arcigna come una strega o verde e spumeggiante come una fanciulla ridente.
Sfiorarle con appena la punta delle dita, percependole piegarsi lievemente assecondando il movimento della mano, procura un lieve formicolio ed una sensazione di ruvido che però a lui passava inosservata.
Troppo tempo passato con la spada alla mano per accorgersi di qualcosa così dolce come il crepitio frusciante delle spighe sotto i calli creati dai troppi combattimenti.
Lei stona in mezzo a quella campagna, Principessa altera dallo sguardo di ghiaccio ma dal sorriso amabile, con modi gentili che nascondono il veleno di un serpente.
Una diva nel modo di fare e nel carattere, cresciuta forte per sostenere un fratello che invece ha sempre avuto paura del buio.
Ora però anche lei lo teme, persa come un castello dimenticato tra le rocce, orgogliosa costruzione destinata però ad inaridirsi e sfiorire se privata dei suoi abitanti che lasciano scoppiettare il fuoco.
Lui non permetterebbe la sua decaduta, perché potrebbe sceglierla in qualsiasi momento, prima ad avergli catturato il cuore con arti più terribili di quelle di qualsiasi barbaro di confine o rivoluzionario di città.
Sarebbe stato fin troppo facile mettersi al servizio di lei, amandola per sempre così come eternamente venererai il nome dei tuoi antenati e della tua terra.
Una serie di condizioni, troppe supposizioni ben poco adatte alla vita rude del soldato che potrebbe causarti la morte anche domani, alle porte dell'ennesima guerra per Roma, o potrebbe toglierti gli anni uno a uno lasciandoti sopravvivere in mezzo a cadaveri sporchi di sangue, teste mozzate dagli occhi bianchi ancora aperti e la bocca che lanciano un urlo mai udito, o forse semplicemente ignorato nella moltitudine di grida disperate di ribelli tranciati sotto la spada o morti ustionati dalle frecce fischianti nel cielo.
Corpi senza vita abbandonati per difendere la patria, permettendo a donne e bambini di dormire sonni tranquilli nelle loro piccole case di campagna o nei grandi alloggi romani dove servitori ignari continuano i loro lavori e grassi nobili non badano alla sofferenza della loro madre patria che tanto dicono di venerare.
Massimo l'ha sempre rispettata davvero, invece, quella città che nemmeno ha mai visto ma che suo Padre gli ha insegnato ad amare e servire con tutto il cuore.
Ed è per rispetto dei suoi antenati che lei rimarrà sempre una diva irraggiungibile, colei che amerà per sempre ma che mai potrà toccare anche se è già sua, concessa ad un altro come un'altra diverrà sua.
Ogni richiesta non basterebbe a tirare il cuore di lei che man mano va arridendosi come una pianta non innaffiata.
Massimo sa che la sua voce ha smesso di raggiungere Lucilla nel momento stesso in cui ha visto quel sorriso luminoso più delle stelle nel cielo che le facevano da riflettori spegnersi quasi qualcuno vi avesse soffiato sopra, apposta per distruggerla prima che potessero dirsi addio, quasi volesse lasciare nel Condottiero il ricordo di un fiore appassito e non quello della splendida gemma che lui ha amato.
Il silenzio serpeggia tra il grano tanto amato, infiltrandosi nella gonna di lei a sottolineare la sua appartenenza ad una casta superiore, lontana, eppure così effimera e a portata di mano, solo ad un palmo, tanto che allungando il braccio lui potrebbe toccarla e spezzarla.
Ma lei già lo è, come quelle spighe che vengono falciate non perché mature, ma perché il vento e le intemperie hanno deciso sia così.
Una sola domanda, per una risposta che non verrà mai, perché il quesito “Mi penserai?” ancora esita ad essere posto.
Le mani passano nervosamente sulle spighe, lasciando che frammenti entrino aguzzi nella pelle quasi fossero schegge taglienti.
Non fanno male, troppo rudi le mani del guerriero per accorgersene, ma nemmeno prima della battaglia più ardimentosa il suo cuore ha avuto paura come ora.
Il campo di battaglia è la sua casa, così come il silenzio prima della guerra; contornato da un sibilo di speranza già spezzata, cercando di credere anche solo per un secondo che tutto finirà senza spargimenti di sangue, ricevendo risposta negativa dall'esperienza prima ancora che dai nemici.
Loro non si arrenderebbero e in fondo non possono pretendere che altri lo facciano.
Combattere, combattere sempre, combattere fin quando la spada non è altro che una propagazione del proprio braccio, dell'essere stesso, finché l'armatura non aderisce al petto tanto da sembrare pelle argentata intagliata per sbaglio dai colpi avversari, fin quando vita e morte non è altro che un insulso dettaglio al servizio di Roma.
Che cos'è Roma se non un nome?
Nessuno dei legionari potrà mai chiederselo, nessuno di quelli che per essa hanno visto morire mille e più compagni.

Ed anche adesso che pare esserci pace nel sussurrare del vento sulle spighe pungenti l'ansia annoda la gola e lo stomaco, impedendo una parola o una frase.
Si sono incontrati per dirsi addio, entrambi con il bisogno disperato di rivedersi.
La sua diva, la sua Lucilla.
Il suo guerriero, il suo Massimo.

Non c'è pace per loro, per i sentimenti che provano più taglienti di qualsiasi spiga di grano e più impetuosi di qualsiasi guerra combattuta per Roma e per l'Impero.
Forse è troppo tardi per dare una risposta che in fondo non potrebbe comunque essere quella che vorrebbero pronunciare.
Il mondo ha già deciso per loro, inutile sprecare voce per un cuore che potrebbe esserci ancora, ma non può essere attirato verso l'altro.
Eppure vorrebbero davvero dire qualcosa, qualcosa che faccia capire i sentimenti che dovranno imballare per il bene altrui.
Un tentativo disperato di sfuggire l'uno all'altra, quando sono così vicini che allungando le mani potrebbero sfiorarsi.
La melodia malinconica e dolce del vento le accarezza i capelli e l'alba illumina Lucilla.
Ben presto tutta la valle sarà ripiena di quella luce forte capace di far battere il cuore a chiunque ne abbia ancora uno onesto, però la prima cosa che viene carezzata dai raggi è proprio lei, rendendola ancora più bella solo per qualche attimo, come una diva che non può essere toccata nemmeno quand'è così vicina.
Però lei gli appartiene già, mille volte hanno intrecciato dita e bocche, nel tentativo frenetico di essere più vicini ancora ed avere solo per sé il cuore dell'altro, non potendone avere il corpo.
Ormai è tardi, nel momento in cui il sole avrà terminato di sorgere dovranno dividersi ed ancora non hanno posto domande né dato risposte.
Ma non si diranno niente, separati da un mare di fragile grano più difficile da superare di un intero esercito di Barbari assalitori di confini.
Rimarranno in silenzio ad aspettare l'alba ed il loro involontario addio.

 

Fiction ispirata alla canzone Broken pieces degli Apocalyptica. Doveva essere per un contest scaduto mesi fà, ma non riuscivo più a continuarla e in effetti credo suoni incompleta, ma tanto non la leggerà nessuno e io me la farò tolta dai piedi. Lo scopo è quello, sì <3

   
 
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