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Autore: goldfish    06/09/2006    9 recensioni
Al giorno d'oggi non è più molto credibile che gli eterni fidanzatini di scuola restino assieme per sempre, ma ciò non vuol dire che qualche anno dopo non ci si possa rincontare per caso! E se ci si mette di mezzo la vodka (liquido babbano di dubbia legalità)... Scusatemi, sono una Ron/Hermione convinta! Era partita come one-shot, ma l'ho spezzata perchè era un po' lunga... cmq saranno 3 capitoli, credo.
HEI! se vi piacesse c'è il seguito pubblicato da poco...un'occhiatina?!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Venerdì sera

Venerdì sera!

Finalmente un week-end di riposo dopo il tour de force che aveva dovuto sostenere al San Mungo l’ultimo mese. Non che le fosse dispiaciuto, sia chiaro, diventare Guaritrice era la sua ambizione, ma ogni tanto anche la stacanovista Hermione Granger doveva riposarsi un pochino.

Il periodo di tirocinio richiede sempre molto impegno e concentrazione e adesso poteva rilassarsi come si deve, nel senso di poltrire a casa, leggere, fare shopping, uscire la sera, il tutto condito con la gioia di non ritrovarsi attaccato quello strazio di Daniel (appunto mentale: mai, e dico mai, mettersi assieme a uno storico della magia, perché dopo l’iniziale esaltazione intellettuale rimangono solo abnormi sbadigli e sonnolenza perpetua. E se lo dice una come Hermione!).

La nostra ragazza era di ottimo umore: la fine del corso, il week-end imminente, la valutazione eccellente del suo supervisore… perciò, invece di smaterializzarsi dall’ospedale come al solito, decise di fare due passi per Londra. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva passeggiato con quella calma tra la folla di babbani che si affrettano in tutte le direzioni? Troppo, sembrava una vita fa. E in un certo senso era un po’ come se si trattasse veramente di una vita passata. Fu allora che, nell’enfasi del momento, coi ricordi babbani che le affollavano la mente, decise di prendere la Metropolitana.

Da donna previdente qual’era portava sempre con sé qualche Sterlina (così, giusto per non essere colti impreparati), perciò comprò il biglietto, studiò qualche minuto la complicata mappa delle linee e scese lungo le scale mobili con un’espressione compiaciuta sulla faccia, ricordando divertita quando era piccola e ci andava con i suoi genitori.

Arrivata sul binario attese il suo treno un paio di minuti e con un sorriso smagliante salì a bordo, ignara di quanto le sarebbe successo di lì a poco.

*-*-*

Lui non ci aveva mai capito molto di quella roba babbana.

Ma che cervello avevano questi qua? Tutte quelle scale metalliche che scendevano da sole (marchingegni infernali, tra l’altro, altro che le rampe mobili di Hogwarts!), poi quei tabelloni con tante righe colorate (chi ci capisce è bravo), gente che corre frenetica in ogni direzione neanche fosse sotto l’effetto della maledizione Imperius. La Metropolitana.

Harry gliene aveva spiegato il funzionamento qualcosa come una trentina di volte, e adesso Ron si divertiva troppo a prenderla (ovvero: ripeteva a memoria il percorso da seguire per andare a casa sua da lavoro). Una volta ci aveva anche portato suo padre, non sapeva che cosa regalargli al compleanno e optò per una soluzione alternativa e economica. Aveva reso un uomo felice.

Era un venerdì sera ed era piuttosto stanco, ma soddisfatto.

Il suo lavoro di Auror andava bene.

Lo aspettavano tre giorni di ferie.

Christine lo aveva mollato giudicandolo troppo immaturo, risparmiandogli la fatica e l’onere di lasciarla lui (sì, forse era stato un po’ un vigliacco in questo, ma d’altronde era un immaturo, parole sue…).

Si era trasferito in un appartamento decente.

Sua madre gli aveva lasciato un dolce spettacolare a casa.

Christine lo aveva piantato!

Riacquistando la concentrazione necessaria comprò il biglietto (o meglio: chiese a un tale di farlo per lui, perché si era dimenticato gli occhiali e non avrebbe visto neanche l’acqua in mare. Scusa collaudata, ormai aveva rinunciato a capire il funzionamento di quelle macchinette diaboliche); con uno scatto felino salì sulle scale mobili e ripeté con attenzione il percorso che Harry gli aveva insegnato per arrivare a prendere il suo treno. Il mezzo era già sul binario, fece una corsa e riuscì a salire a bordo.

Suo padre sarebbe stato fiero di lui.

 

Il treno correva veloce per i cunicoli sotterranei e Ron era piuttosto intimorito da questo evoluto manufatto babbano, ma divertito.

Si appoggiò ad uno spazio di parete libero e cominciò a verificare mentalmente le fermate restanti prima della sua, giusto per stare tranquilli. Meno sei… no, meno cinque.

“RON?!” la voce di una ragazza alla sua sinistra attirò la sua attenzione. Ron si voltò.

“GRANDE MERLINO!”

Ron e Hermione erano sconcertati di rivedersi. Dopo quattro anni. Di nuovo. In una metropolitana!

“Che cosa ci fai tu qua sotto!” sbottò la ragazza sconvolta. Non suonava come una domanda.

“Hermione?!”

“Cosa ci fai qua!”

“Hermione!”

Silenzio e facce sbalordite.

“Io…” dissero all’unisono. Il ragazzo spalancò la bocca e la ragazza strabuzzò gli occhi.

“Stavo tornando a casa…” attaccò lui, titubante.

“Con la Metro?” commentò lei scettica.

“Mi diverte, Harry mi ha spiegato come si prende.”

“Santo cielo, Ron!” esclamò di nuovo, poi rise sbalordita.

“Hermione! Saranno… quattro anni?”

“Più o meno…”

E di nuovo calò quel silenzio imbarazzante. L’ultima volta che si erano parlati avevano diciannove anni, lei strillava furibonda, lui strillava furibondo, lei piangeva, lui era viola, lei era offesa, lui era geloso, lei gli aveva mollato un ceffone, lui l’aveva mandata a qual paese, lei aveva imprecato, lui aveva imprecato, e così via.

E adesso un mago e una strega dal passato turbolento si rincontravano dopo qualche anno in un mezzo di trasporto babbano affollato all’ora di punta.

“Come… come te la passi?” riprese lei.

“Io?”

“No, tua sorella.”

“Ginny?”

“TU!” ridacchiò lei, e lui arrossì un pochino.

“Ah. Beh, non c’è male.” Ripensò per un attimo a quella lagna di Christine e annessi e connessi. “Direi tutto a posto… tu?”

“Ho concluso il mio tirocinio all’ospedale.”

“Wow… Guaritrice a tutti gli effetti!”

“Così dicono.”

“Ma era ovvio che ci saresti riuscita. Insomma, sei tu… oh cazzo!” si interruppe. “Ho perso il conto delle fermate e ora non ci capisco più niente! Cosa sarà, la quinta?”

“Io scendo alla prossima, vieni con me che ti aiuto!”

“Sono un po’ confuso…” constatò con una smorfia preoccupata guardando fuori dal finestrino, mentre il treno entrava in una stazione che non gli diceva proprio un bel niente.

“Andiamo!” e si sentì tirare per un braccio verso l’uscita.

*-*-*

Una volta scesi, Hermione studiò attentamente il ragazzo che si guardava attorno spaesato. Non era cambiato particolarmente dall’ultima volta che lo aveva visto: aveva i capelli tagliati più corti ed era un po’ più robusto di spalle e schiena, ma all’incirca era rimasto lo stesso.

Era sempre tremendamente carino, pensò anche.

“No, senza dubbio non è la mia fermata. Dovrò smaterializzarmi, ma con questo casino…” commentò lui.

“Perché intanto non facciamo due passi? È un secolo che non ci vediamo.” E dopo aver proposto questo, Hermione si morsicò la lingua in segno di autopunizione. Aveva mica azzardato un po’ troppo? A giudicare dalla sua faccia lui sembrava imbarazzato, in fondo non è che si fossero lasciati esattamente da buoni amici.

“Ehm… ok…”

E i due ragazzi sbucarono in una via abbastanza centrale della città. Dopo i primi minuti di sconcerto e freddure si lasciarono andare e cominciarono a parlare a più non posso, di tutto quello che gli era successo in quei quattro anni in cui non si erano visti, di dove erano arrivati e dei loro progetti.

“In effetti lo sapevo che eri tornata da qualche mese dagli Stati Uniti, me lo ha detto Harry” disse Ron.

“Due ceci in bocca quello non se li sa tenere, eh? Comunque potevi almeno passare a salutarmi!” protestò indignata la ragazza.

“Potevi farlo anche tu, allora!”

“Scherzi?! Dopo il modo in cui ci siamo lasciati?”

“Lo stesso vale per me, quindi!”

“Ok, siamo pari. Non ricominciamo a litigare adesso!” concluse la ragazza con un sorrisetto.

“Impossibile, noi litighiamo per definizione. Le classiche persone che cozzano di continuo, su tutto.”

“Colpa tua, sei sempre stato troppo… passionale.”

“Passionale?” e inarcò un sopracciglio.

“Sì, prendi fuoco in un attimo, nel comportamento e in volto!”

“Ha parlato la donna di ghiaccio!” si difese.

Ehi ehi, stavano mica flirtando? No, non poteva essere.

Ma invece era. Si trattava del classico flirt del tipo ‘rivedo il mio ex dopo anni e, avendo inconsciamente cancellato i ricordi negativi legati a lui, me ne sento di nuovo attratta come se tra noi non fosse successo il finimondo che invece è successo’ (si tratta della definizione scientifica del suddetto tipo di flirt, mi sono documentata). Ed era inutile che cercasse di nasconderlo, gli stava mandando dei segnali espliciti attraverso il linguaggio del corpo. Ok che Ron non era mai stato troppo sveglio, ma poteva anche evitare di toccarsi di continuo i capelli.

“Io sarei arrivata” gli disse fermandosi davanti a un portone.

“Hermione, mi ha fatto piacere. Davvero. Non facciamo più i bambini ok? Fatti sentire.”

“Anche tu” gli sorrise.

“Già…” e le restituì il sorrisetto. “Io vado allora. C-ciao…”

“Ciao, Ron.”

Restando ferma con le braccia incrociate, lo guardò voltarsi dopo qualche istante di titubanza. Dove sarebbe andato adesso? Un’idea malsana le balenò in testa, e non riuscì a fermarsi in tempo.

“Ron?”

Lui si voltò. “Si?”

“Perché non sali un attimo?”

  
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