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Autore: Revan    25/01/2012    2 recensioni
"Di tutto questo mondo accerchiato, di tutti i culi e cazzi e tette; di tutti i cadaveri, e di tutti i giorni, e di tutte le parole, questa è l'unica poesia d'amore che Kakashi conosca. Se la porta anche tra la neve delle trincee. La coltiva nel cerchio quieto e rosso del fuoco da campo, mentre i compagni tremano silenziosi sotto gli alberi sprofondati nel buio.
Le lenzuola erano ovunque, il letto era tutta la stanza, e il mondo era chiuso fuori"
La guerra tra le Nazioni è scoppiata: Suna ha raggiunto le porte di Konoha. Questo è il racconto di una delle marginali vicende all'interno del conflitto.
Genere: Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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MILLION MILES AWAY

03. NEVE




Le lenzuola erano ovunque, il letto era tutta la stanza, e il mondo era chiuso fuori.
Kakashi l'aveva acciuffata per i fianchi nudi prima che riuscisse a mettere piede per terra e l'aveva trascinata di nuovo tra le coperte.

Lasciami, dai, scemo! Lasciami, che devo prepararmi!” aveva riso Anko, e continuava a ridere e dibattersi.
Si erano aggrovigliati tra le lenzuola, finché se l'era trovata sopra, coi denti snudati dal riso in quel modo così ferino, le cosce strette tra le sue mani.
Si era lasciata posare un piccolo bacio alla base del collo. Il silenzio era rotto solo dal fruscio di un cuscino che cadeva. Le aveva baciato le labbra, mentre si guardavano a occhi socchiusi.

Resta qui, stanotte” le aveva detto Kakashi.
E lei non gli aveva risposto, ma gli aveva stretto la testa al seno, carezzandogli piano i capelli.
Il soffitto era basso. Le pareti lontanissime, i piedi del letto allagati dalla penombra.
Il tepore era dentro e tutto il freddo fuori.


Di tutto questo mondo accerchiato, di tutti i culi e cazzi e tette; di tutti i cadaveri, e di tutti i giorni, e di tutte le parole, questa è l'unica poesia d'amore che Kakashi conosca. Se la porta anche tra la neve delle trincee. La coltiva nel cerchio quieto e rosso del fuoco da campo, mentre i compagni tremano silenziosi sotto gli alberi sprofondati nel buio.


Le lenzuola erano ovunque, il letto era tutta la stanza, e il mondo era chiuso fuori.


Tutto l'amore per lei, tutta la speranza, tutti i suoi giorni sono sigillati in quella stanza dal soffitto basso; ogni cosa si rimescola alle lenzuola, a una sua mano sul ventre bianco, a un sogno sereno nel segreto delle sue braccia...

Una vita fa.

Pensa ad Anko anche mentre la terra esplode e una dozzina dei suoi viene scaraventata tra gli alberi. Pensa a lei e pensa a-

-Kakashi! Sulla destra!-

Scavalca di corsa due corpi. Una scarica di shuriken, li schiva. Due shinobi: para un paio di colpi, pianta un kunai nel collo del primo; per l'altro basta un calcio nello stomaco.

-Sensei, Shikamaru e gli altri sono...-

-Naruto, vai avanti! Ci raggiungeranno-

-Ma non possiamo...-

-Vai!- ruggisce Kakashi in direzione dell'allievo.

Errore: i ninja sono tre, perché dalla neve è balenata una mano che gli ha afferrato la caviglia. In un attimo il suolo gli viene addosso: naso rotto, caviglia slogata, coltello e fiato dello shinobi a un millimetro dal viso.

Esplosione: la testa dello shinobi schizza via dal collo e rotola lontano.

Kakashi si toglie i pezzi del ninja di dosso.

-Tutto bene, sensei?- urla Tenten; corre rapida tra i rami, un lembo del rotolo che le svolazza alle spalle.

-Sì. Grazie- risponde lui. La maschera è zuppa del sangue che gli cola dal naso.

Fa un gran respiro: dalle retrovie stanno arrivando le squadre di supporto.

-Tenten, torna da Shikamaru e gli altri. Dì loro che ci troviamo al C4 tra venti minuti-

-Os!-

-Chi è in grado di procedere mi segua-

-Kakashi-

-Naruto, dopo-

-No, adesso: trovarsi al C4 con le squadre di supporto è un errore. Un perdita di tempo ed energie. Siamo a tanto così dal campo base di Suna: dobbiamo tornare indietro, recuperare la retroguardia e attaccare insieme. Non possiamo lasciarli sol...-

-Non li sto lasciando soli!-

Il viso di Kakashi esprime una furia che Naruto non gli ha mai visto.

-Non li sto lasciando soli. Come cazzo credi che possa fare una cosa del genere?-

-Io...-

-Gli stiamo aprendo la strada, non capisci? Gli sto facilitando il lavoro. Ci incontreremo con le squadre dove meno se l'aspettano, e da lì -dopo aver raccolto le forze- sferreremo l'attacco-

Gli alberi nudi si stagliano in alto contro il cielo smaltato d'azzurro e la neve è di un bianco abbacinante: tra qualche ora lunghe ombre la strieranno di nero, e tra i corpi induriti zampetteranno i corvi.

Gli shinobi della Foglia corrono silenziosi.

Naruto si è portato alla testa del gruppo; ogni tanto getta un'occhiata dietro la spalla per cercare Kakashi, ma lo trova sempre in coda, solo.

Non capisci?” pensa Kakashi, senza ricambiare lo sguardo dell'allievo “Non capisci che tutto questo è per voi? Non capisci che tutto questo è per lei? E' la prima lezione che ti ho insegnato: chi abbandona i propri compagni è feccia della peggior specie

Senza una parola Gai gli si è fatto a fianco. Le orme del gruppo di avanscoperta si inerpicano sulla collina: le gambe affondano in un metro di neve dura, sfavillante. E' una domenica pomeriggio, che importi o meno.

Avanzano assieme, e Gai gli si fa un po' più vicino: si vede la lunga ferita sul polpaccio destro.

-Non voleva dirlo, e non voleva offenderti; lo sai anche tu- gli dice con voce ferma. Lo guarda senza imbarazzo.

-Dovrebbe conoscermi per sapere che non farei mai... che non potrei...-

-Lo sa. Ma in questo momento non c'è di testa, come tutti. Questa guerra, questa missione sono sfibranti-

Gai si è conquistato, col tempo, il diritto di dire quello che vuole: se l'è meritato con la furia della sua amicizia.

-Ci fidiamo di te, Kakashi: andrà tutto bene-

Kakashi prende una boccata d'aria. Quando Gai gli da una pacca sulla spalla non può che rispondergli con gratitudine: e al pollice alzato, risponde con il pollice alzato. Gai lo guarda per un secondo e poi esplode in una gran risata: il volto spossato gli si distende in un sorriso enorme.

-Alla fine, anche tu hai imparato ad apprezzarlo- ride, sventolando il pollice a mezz'aria.

Kakashi scuote piano la testa, ma quando lo vede trotterellare verso l'avanguardia della squadra, ridicolo nella calzamaglia verde tutta buchi, pieno di forza e coraggio e fede per sé e per tutti gli altri, pensa che davvero si è conquistato il diritto di dire ciò che gli pare. E che c'è ancora speranza, quando ci sono compagni come lui o Obito: con questa notte i giochi si concludono. E domani...

...resta qui, stanotte”.

L'avrebbe stretta un po' più forte al petto e l'avrebbe accarezzata in silenzio, mentre lei si lasciava fare, immobile nel buio della stanza. Avrebbe buttato fuori tutto: tutto il resto fuori, ma loro dentro, con il dolore di lei avvoltolato nel suo amore. Sarebbe bastato, il suo amore sarebbe bastato, domani, domani domani...


Lovers, keep on the road you're on
Runners, until the race is run
Soldiers, you've got to soldier on
Sometimes even right is wrong
[Lovers in Japan - Coldplay]




Anko fa un passo verso lo shinobi della Sabbia. Lui tenta di rialzarsi, facendo leva contro il tronco d'albero, ma non c'è niente da fare: ricade penosamente, con le gambe tremanti aperte in una strana angolazione. I suoi balbettii sono l'unico suono nel bosco.

Il sole pallido viene per un attimo coperto dalla figura scura di lei, per poi ricomparire alto tra i rami.

E' giovane. Giovane come i ragazzi di Kakashi.

Sta farfugliando qualcosa nel dialetto di Suna, ma non ha importanza.

Anko guarda per un istante le sue gambe sghembe, ridicolmente piegate verso l'esterno.

Hanno importanza invece la bocca spalancata senza fiato, gli occhi che gli schizzano fuori dalle orbite quando lei gli pianta un tallone sul ginocchio. Un altro colpo, e questa volta Anko si premura di girare il tallone come se stesse schiacciando una cicca di sigaretta; il ragazzo si contorce, ritrova fiato sufficiente per urlare, ma il dolore di un secondo piede sull'altro ginocchio lo ammutolisce.

Annaspa per trovare dell'aria, dell'aria anche solo per svuotare i polmoni dal terrore che ora lo piega in avanti, la lingua di fuori e le dita arpionate alle cosce.

Lontano, delle grida.

Stanno così, in quella strana posizione, lui spasmodicamente immobile, lei in piedi sulle sue gambe.

I respiri di lui sono più lenti, ora, più regolari, e con la lingua rossa prova ad articolare un verso -è una supplica, questa volta ne è sicura- ma nel momento in cui Anko si molleggia sulle punte dei piedi, china su di lui, i respiri gli si fanno sempre più inconsulti, strozzati, finché un urlo agghiacciante gli esplode in gola. In un attimo Anko gli è addosso, ed è inutile che lui si dibatta e gridi e gridi e gridi parole che lei non capisce; le mani sono ancora strette al suo collo quando il silenzio è bucato solo dagli ansiti di Anko, e le gambe livide di lui sono immobili nella neve sfatta.

Anko si rialza lentamente; le urla si sono allontanate.

Getta un'occhiata al corpo riverso per terra. La neve le è entrata ovunque, punge sul collo e sulla schiena.

I cadaveri hanno sempre la stessa brutta faccia, con le labbra viola congestionate e gli occhi vitrei.

Il ragazzo ha la pelle di un pallore... di un pallore come quello del suo Maestro.

Orochimaru.

Se pensa a lui, Anko non prova più niente: non è lei la bambina che la squadra speciale trovò in uno scantinato, delirante e coperta di sangue, non è lei la donna che venne reinserita con clausola nei ranghi della Foglia dopo anni di “riabilitazione comportamentale”.

Era da tempo che non pensava a lui, ma ora, di fronte al ragazzo affogato nella neve, le torna in mente -perché, poi, proprio ora?- il vecchio Maestro.

Rimane così, per lungo tempo, a guardare il cadavere, accoccolandosi nella neve.



Sensei, non posso”

Non puoi?”

No. Non... non si dovrebbe...”

Anko. Anko, cosa ti ho detto a proposito di ciò che hai imparato al Villaggio?”

Che devo dimenticare tutto”

Brava. Tutto”

Sì, ma questo...”

Anko aveva guardato giù, al di là della ringhiera: l'arena, molti metri più sotto, era buia, ma si sentivano perfettamente le urla dei ragazzini che stavano combattendo.

Anko, ti ho scelta perché sei la migliore. E' ora che tu me lo dimostri”

La voce di Orochimaru la invitava a non fare i capricci. Anko non avrebbe mai scordato quel tono.

Avanti”

In dieci minuti l'arena era divenuta silenziosa: al centro una matassa di serpi avvolgeva quel che rimaneva di un bambino.

Anko se ne era rimasta impietrita, in piedi, imbrattata di cose che non voleva sapere.

Devi sciogliere la tecnica, Anko, quando ha avuto l'effetto che volevi” le disse gentilmente Orochimaru. Senza un rumore le si era fatto vicino, e ispezionava interessato lo spazio circostante.

Hai capito?”

Sì, sensei”

Ma Anko si mosse. Conosceva il bambino che... i serpenti...

Conosceva anche gli altri. Avevano giocato assieme. Qualche volta; non le stavano simpatici.

Ma i serpenti... i serpenti... li...

Rigettò la cena si piedi di Orochimaru.

Oh, ma dai!” berciò lui.

Era troppo. Troppo tutto: troppo piccola lei, troppo piccolo il suo corpo, troppo grande il sentimento che ora le veniva fuori dallo stomaco, e sapeva, sapeva con certezza che non sarebbe mai andato via. Mai. Mai via. Per sempre.

Orochimaru dopo essersi tolto come poteva il vomito dai sandali, guardò l'allieva. La sua voce tornò dolce quando si accovacciò accanto all'affarino tremante sui lastroni dell'arena. Disse:

Anko, ti svelerò un segreto. Ora non lo capirai, ma più tardi, quando sarai grande, sarai d'accordo con me, e rideremo assieme di questa sceneggiata.

Forse ora mi odi perché ti ho fatto uccidere i tuoi amichetti, e forse credi che se fossi rimasta a casa, con il maestro Sarutobi e tutti gli altri nel Villaggio, le cose sarebbero state diverse; che questa cosa enorme -si chiama senso di colpa, ma anche paura, e dolore- non ti sarebbe mai capitata; che non avresti mai provato una disperazione così grande da non riuscire a farla stare tutta dentro la tua pelle. Beh, il segreto è proprio questo: non è vero” .

Anko non sentì la mano di Orochimaru posarsi sulla sua schiena. Le lacrime le colavano lungo il naso, e la guancia era immersa nel suo stesso vomito. La pietra fredda a contatto con la pelle sembrava rallentarle i battiti del cuore, ma nelle orecchie aveva i tamburi e dovette trattenere il respiro per sentire il bisbigliare di Orochimaru.

Tutto quello che credi non è vero: io e loro siamo uguali, e tu sei come noi. Ti avrebbero fatto combattere le loro battaglie, come io ti farò combattere le nostre, e avresti ucciso e sofferto e gioito come ora. La loro Volontà del Fuoco è una bugia, una bugia gigantesca: hanno bisogno di credere di essere dalla parte del giusto per uccidere. Io no: un morto è un morto, che lo si ammazzi con le buone o con le cattive intenzioni, che si usi un coltello o una tecnica proibita.
Io e loro siamo uguali, Anko. E tu sei come noi”

Si alzò piano, sfiorandole i capelli. La lasciò nel buio.



Anko rimane così, per lungo tempo, a guardare il cadavere. Poi si alza.

Vecchio stronzo” mormora, mentre si incammina verso il Villaggio. La bocca congestionata del corpo abbandonato nella neve ha tutta l'aria di aver detto qualcosa di particolarmente divertente; se la ride in silenzio, Orochimaru, stampigliato sul volto violaceo dello shinobi di Suna. Cosa ci sia da ridere, lo sanno solo lui e Anko.





Angolo Autrice:

Quando arrivo all'Angolo Autrice mi sento sempre molto sollevata, perché significa che un altro capitolo è andato e finito. Soddisfazione? Sì. Per il punto fermo di aver concluso un capitolo. Per il risultato... ma andiamo con ordine!

Avviso, prima di tutto: questa fiction si allunga sempre di più! Un altro capitolo c'è di sicuro; spero di poter concludere con quello e stop.


Per quanto riguarda il capitolo stesso, vorrei essere breve:

  1. Kakashi ti odio! Sei... impossibile. Per cercare di centrare la sua personalità ho dovuto andare di cesoie su una cosa come 3 bozze. 3 capitoli, quasi. E sul risultato sono tutt'ora molto in dubbio E questo è il secondo punto,

  2. perché, come mi è stato detto altrove, ho la tendenza a “tagliare troppo” sull'aspetto emotivo-sentimental-romantico, di modo che le mie fiction sembrano un elenco della spesa di gesti e avvenimenti perlopiù poco significativi ed emotivamente aridi. Idem per i personaggi. E devo dire che comincio a convincermene anche io. Solo che... per me le cose dovrebbero parlare da sé. O meglio: nella mia fervida immaginazione, la crosta delle cose dice già metà di ciò che bisogna sapere; ovvero che non esiste un modo per gli esseri umani -per gli shinobi- di capirsi, di entrare in contatto davvero gli uni con gli altri. Quindi tutto ciò che i miei poveri personaggi possono fare è urlare le loro azioni nella speranza di essere compresi. Come Kakashi, che è muto nel suo amore per Anko, e si esprime solo -nei fatti- carnalmente, proprio perché pur volendolo non ha altri mezzi. Voi cosa ne pensate?
    Ok, è una giustificazione, e dovrei mettere tutto questo nella fiction, non nell'angolo autore. Però volevo chiarire il perché di queste spigolosità.

  3. Le ispirazioni. Dunque, per quanto riguarda il Kakashi POW la canzone che fa da accompagnamento a tutto il pezzo è sicuramente “LOVERS IN JAPAN dei Coldplay; si può dire però che tutta la fiction sia da leggere ascoltando l'album "Viva la Vida", da cui è tratta la stessa “Lovers in Japan”. Ovvero: io l'ho scritta rimbecillendomi su quell'album. Voi fate come volete :D !

    Il pezzo di Anko è ispirato vagamente a un passo fondamentale de “Il signore delle mosche” di Golding: Simon che si trova faccia a faccia con il Signore delle mosche. Qui invece sono solo Anko e Orochimaru.



Watashiwa: beh, grazie, mio unico recensore xD! Mi fa piacere sapere che mi segui, e ancora di più se continuerai a farlo! Pe Anko... beh, ho dovuto un po' improvvisare, visto che di lei non viene detto quasi nulla. Dici che è un po' troppo piagnona? 



Non mi rimane che ringraziarvi per aver letto e invitarvi gentilmente (alla maniera Mitarashi) a lasciare una recensione, anche critica.

Lol :D!


Al prossimo capitolo!


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