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Autore: marig28_libra    30/01/2012    3 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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    Note: il capitolo 5 sarà piuttosto lungo  ( più del cap 3)  e lo aggiornerò gradualmente nell’arco di queste settimane…

 

          - Mu! Che cos’è quest’enorme lago?

          - E’ il mare, Kiki.

La Grecia che si specchiava nelle onde di Poseidone . La Grecia dal sorriso splendente di case bianche con le finestreblu…Kiki non aveva mai visto la bellezza di quella terra. Non conosceva il vento dello iodio che salava dolcemente le spiagge. Non appena si erano teletrasportati ad Atene, il suo primo desiderio era stato quello di…vedere da vicino “ la cosa d’acqua gigantesca e blu”…il suo fratellone l’aveva condotto volentieri sulla baia nei pressi della città.

          - Ma quant’è grande il… mare?

          - Oh,è immenso! È così grande che bagna le spiagge di tanti altri posti…posti davvero lontani da qui!

          - Wow! E si possono vedere tutti andandoci con le navi o con le barche?

          -  Sì, però bisogna stare attenti…quando arriva il temporale il mare si arrabbia e le onde che vedi ora diventano molto alte e possono inghiottire qualunque cosa…

          - E…dove si va se si viene mangiati dalle onde?

Mu sospirò. La  sua mente venne percossa dai ricordi delle lotte che come cervi impazziti piantarono le corna nel suo cuore: quante volte era stato sull’orlo di annegare? Quante volte aveva sfiorato la morte? E…Ohen? Stava ancora nuotando nella burrasca?

         - Emh…fratellone…che succede se uno finisce sotto un’onda?

         - Va giù negli abissi…il mare è molto profondo e…fa paura.

         - È  colpa del cielo se però vengono le ondone! Le bufere le fa  lui! Le nuvole brutte le fa lui! Stanno tutte in alto!!

         - Già…la pioggia cade da sopra…

         - Mu…secondo te il cielo e le stelle…come vedono la terra? Perché fanno cadere così tante cose?

         - Sai, Kiki…è un mistero.

         - Cioè? 

         - Purtroppo…noi che siamo qui e non possiamo volare  non conosciamo il mondo che c’è lì in alto…

         - E gli uccelli?

         - Sanno come sbattere le ali nel vento ma neanche loro riescono a vedere i segreti del cielo…

        - Fratellone, ma tu mi avevi detto che le stelle ci fanno luce e noi le vediamo durante la notte…quindi un pochino il cielo lo conosciamo!

I capelli scossi dalla brezza marina, Mu sorrise con un misto di tristezza e dolcezza .

       -  Kiki, devi sapere che il cielo è infinito, non ha nessun muro e non potrai mai toccarlo, né prenderlo… inoltre le costellazioni sono magiche e strane…

      -  Perché?

     -  Perché ti danno dei poteri ma sta a te capire come li devi usare. Non ti spiegano nulla. Devi prendere il destino che ti offrono.

     -  Che cos’è…il destino?

      - Non è facile da dire. Quando diventerai grande lo capirai sempre di più. Ci sono volte che  non puoi fare niente per cambiarlo e a volte invece sì. In ogni modo tu sei lo specchio dei suoi colori.

      - Non ho capito.

     - Beh...sei un po’ come il mare…il mare è lo specchio dei colori del cielo.

    - Quindi non è blu!

   -  No…è trasparente!

Kiki corse a riva e raccolse dell'acqua con le mani a coppa.

         - Che scemo! Non ci avevo mai fatto caso! Allora se il cielo è blu, il mare è blu. Se il cielo è grigio, il mare è grigio….se al tramonto diventa arancione, l’acqua fa lo stesso!

         - Esatto. Tu cambi colore a seconda di ciò che ti fa diventare il destino.

        - Mmmh…questo destino è strano! Se lui fa un colore, io mi trasformo in quel colore…

        - A differenza del mare, ci sono però alcune volte in cui i colori li puoi cambiare…se il destino è grigio o nero…tu da scuro puoi diventare chiaro e azzurro…

         - Oh…

Il bambino fissò la volta del mezzogiorno e poi le onde.

         - Fratellone, di che sa l’acqua del mare ?

         - È salata. Non è dolce come quella dei fiumi.

         - Posso assaggiarla un pochino?

         - Se ci tieni…  

Kiki prese un po’ d’acqua.

          - Bleah!! Che schifo! Ha un sapore brutto!!

          - Ah!Ah!Ah! quando nuoterai ti ci dovrai abituare ! “ purtroppo è la vita Kiki…”
 

 
 
La necropoli di Atene era brulla, spoglia e solenne. Tra le lapidi delle antiche tombe l’eco degli anni remoti danzava fluttuante e malinconica.
Sion era da tanto che non andava lì.
Fissò il mare alla sua sinistra. Le anime dei defunti forse sognavano ancora di nuotare nell’azzurro cupo e splendente delle acque.
Qualche ulivo e qualche alloro  cercavano di afferrare il lieve vento marino con i loro esili rami. Su  quel terreno sassoso di cimitero non correva alcuna aurea lugubre. Solo la pace dell'eterno. Solo i raggi del sole infuocavano i radi fili d’erba.
Camminando tra le croci e i piccoli monumenti commemorativi, Sion navigò vicino le sepolture della gente comune e percorse  le zone ove riposavano i sacerdoti e i gloriosi cavalieri del passato. Com’erano i campi Elisi? Fatti di luce? Fatti di serenità immortale? Inutile porsi quell’interrogativo…il paradiso sembrava così lontano da parere inesistente…niente si poteva sapere su di esso…era impossibile guardare oltre il velo nero della morte…
Sion si diresse verso il punto più recondito della necropoli. Aldilà dei sepolcri degli antichi guerrieri vi era un luogo un po’ isolato che si trovava ai piedi di una roccia. Era l’unica parte in cui crescevano fiori.
L’uomo si avvicinò sempre di più. Il battito del suo cuore stava accelerando.
Ecco che giunse dinanzi alla roccia.
Due croci di legno si trovavano lì. Una grande e una più piccola. Erano in parte coperte da papaveri, fiori di origano, margherite e ginestre. Sion si chinò e scostò le piante per leggere i nomi che recavano sopra:
Briseis e Hymen.
Due sciabolate nel petto.
Conosceva fin troppo bene quelle iscrizioni…eppure sentiva che ogni loro lettera  ustionava brutalmente il suo cuore.
In ginocchio fissò ipnotizzato le croci. I suoi gioielli erano sotto terra. I raggi che lui aveva amato intensamente erano misere ossa.
Lui lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene. Più di un secolo era trascorso da quelle tragiche perdite.
Il tempo rimargina le ferite. Il tempo però può sempre ritornare a farle sanguinare.
Una lacrima rovente cadde. Un’altra. Un’altra ancora. Sion, a sua insaputa, si ritrovò a piangere.
Prese a singhiozzare come un bambino abbandonato dalla madre. Era sconcertato da sé stesso: era mai possibile che dovesse reagire così? Non aveva previsto ciò…pensava di incontrare le spine della mestizia ma non le tenaglie del dolore e della disperazione…
Tutto il dramma, tutto il turbine di sensazioni che aveva provato quando era ancora un ventiduenne, lo sferzarono di colpo.
Si accasciò per terra tentando di soffocare invano i  singulti.
Era nel panico. Non era più in grado di far cessare il pianto.
Si sdraiò  supino, con il viso rivolto all’immensità del cielo. I suoi occhi rossi, completamente inondati dalle lacrime, parevano due magnifici rubini. I lunghissimi capelli biondi, sparpagliati disordinatamente sul terreno, erano i dardi di un sole bruciato dalle proprie fiamme.
Alla fine Sion riuscì ad emettere una vaga risata. Una risata triste, affaticata e colma d’amore.

       - Briseis…Hymen…grazie… era da tanto…troppo tempo che non sentivo ardere le lacrime… vi amerò… sempre. Sempre.- Mormorò mentre  una coppia di gabbiani si librava in volo, leggera e maestosa  sulla limpida prateria del mare.  

 
 

Mu e Kiki si diressero verso la collina dell’acropoli ateniese. Dopo aver attraversato il Pireo, il secondo comune più popoloso dell’Attica noto per il suo fiorente porto, presero una stradina rurale. Il sentiero portava fuori dai centri abitati  e si inerpicava lungo la remota via processionale che conduceva all’ingresso monumentale dei Propilei: da qui si poteva giungere al  Partenone e agli altri templi secondari.
Mentre camminavano, Mu avvertì un cosmo famigliare  avvicinarsi. Non apparteneva a Sion ma emanava un’intensa energia luminosa. Nessun ombra trapelava: solo raggi e stelle. Grande era l’aurea positiva che lasciava trasparire.

     - Mu! Finalmente! – esclamò una voce grossa e roboante alle sue spalle.

     - Aldebaran!

Un giovane enorme uscì da un boschetto di pioppi .

    - Caspita! È da quasi tre anni che non ci vediamo!

    - Già ! da tantissimo! Sono felice di rivederti!

    - Ah!ah!ah! anch’io..soprattutto ora che noto che hai messo su dei chili…mi ricordo com’eri magrino prima!

    - Beh, tu non sei certo cambiato…anzi sei diventato più bestione che mai!

Ridendo, Aldebaran  abbracciò l’amico con tale foga che per poco non lo soffocò. Kiki osservava divertito e meravigliato quel cavaliere: era alto due metri, aveva una muscolatura impressionante e sicuramente pesava più di cento chili.

    - Questo è il tuo fratellino? È grandicello! Ero rimasto a quando…aveva appena un anno!

    - Sì- fece Mu sorridendo- è diventato il mio apprendista…

    - Però! Anche tu fai il Maestro! Dunque…se non sbaglio, il tuo nome è…Kiki, giusto piccolo?

    - Sì! Proprio così!- rispose vivacemente il bambino.

    - Io sono l’ apprendista cavaliere del Toro! Piacere di conoscerti!

Kiki prese subito in simpatia quel ragazzo. Aveva la pelle abbronzata, una folta capigliatura castana buttata indietro e un viso rude. Nonostante possedesse dei lineamenti un po’ grezzi ,sottolineati dalle cespugliose sopracciglia  e dal naso pronunciato, gli occhi neri e la bocca sorridevano brillanti.

   -  Sei…figlio unico?

   - Oh, no! In  famiglia siamo molti ! Ho due fratelli di nove e sei anni e una coppia di sorelline gemelle di tre.

   - Wow! E dove abitano?

   - In Brasile.

   - Emh…Mu, da che parte è il Brasile?

   - Ah!ah!ah! Si trova tanto lontano…è nel Sud America…quando ti insegnerò i nomi dei luoghi della terra tutto ti sarà più chiaro.

   - Dovrò…studiare?

   - Mi pare ovvio fratellino mio…e sarò molto severo con te…- disse Mur con un sorrisetto dispettoso.

   - Ma io so già l’alfabeto!

   - Solo quello tibetano, dovrai sapere pure quello latino, quello greco…e tanti altri!

   - No! Non mi va!

Aldebaran e Mu  si misero a ridere.

   - Miloooo!!!
I tre si voltarono tutti in direzione  dell'acropoli.

   - Aldebaran…quest’urlo è… di Aiolia! Percepisco il suo cosmo e…quello di Milo!

   - Ah, sì…mi ero scordato di dirti che ci stavamo allenando davanti al Partenone …è da due settimane che non facciamo altro che sfidarci  a vicenda…quei due si illudono di battermi nel lancio e nel sollevamento pesi…

Altri boati si udirono.

    - Ah!ah!ah! è inutile che ringhi Aiolia! Ti ho fregato!

   - Vai all’inferno!!

Si susseguirono una serie di frastuoni.

   - Mmmh…dev’essere un duro scontro…

  - Quei due  pensano sempre  a suonarsele…mentre io mi fermo per pranzare loro continuano a scazzottarsi e io li devo separare come una brava balia che divide i suoi marmocchi….

  - Ah!ah!ah! Cos’è?  Bisticciano parecchio?

  - Quando si menano si tirano ingiurie e maledizioni, al termine della giornata tornano poi amici come prima.

  - Li voglio vedere, li voglio vedere!- esclamò entusiasta Kiki al fratello.

  - Tranquillo, Kiki adesso entriamo nell’acropoli…

 Una grande luce si espanse dal Partenone.

  - Lighting bolt!

  - Scarlet needle!

Un’esplosione.  
Aldebaran sospirò.

  - Avanti ragazzi…vediamo che cos’hanno combinato i nostri  bimbi…

I tre fecero di corsa il sentiero salendo poi i gradini dei Propilei. Oltre le gloriose colonne della facciata , rivestite dell'austerità dello stile dorico, vi erano i resti di altri  sei eleganti monoliti ionici. Oltre quell’ingresso, testimonianza remota della grandezza dell'Atene di Pericle, si poteva vedere a destra l’imponente Partenone e a sinistra il magnifico tempio dedicato ad Eretteo, il primo mitico re della città.
Di fronte a Mu, Kiki e Aldebaran non si poteva però ammirare un monumento o una scultura di Fidia: vi era uno spettacolo d’altro genere. Davanti al piedistallo che doveva un tempo  sorreggere la colossale statua di Atena Promachos, due ragazzi stavano sbraitando alzandosi da terra pieni di lividi e graffi. Erano entrambi alti, avvenenti ed atletici.

  - Giuro che la prossima volta ti incenerisco!!

  - Abbassa la criniera, leoncino! Per poco non rimanevi secco con la mia cuspide scarlatta!!

  - Sai una cosa? Gli insetti bisogna schiacciarli…soprattutto quelli velenosi e molesti…

  - Oh! Non pigliare per il naso gli scorpioni!!

I due  si stavano spintonando a vicenda con intenzioni minacciose, quando Aldebaran gli separò:

  -  Bambini! Dateci un taglio! È così che si accolgono i vecchi amici?!

I nobili guerrieri guerrafondai si voltarono verso Mu e Kiki con un’espressione di chi si risveglia dopo una notte di lungo sonno…Erano stati talmente presi dalla loro lotta da non essersi accorti di quell’ arrivo.

  -   Mu! Perdonami!  Milo è una testa di chiodo…

  -   Tu invece sei una testa di cavolo marcio, Aiolia… Mu, da quanto tempo!- fece Milo sorridendo come il sole e ignorando lo sguardo stizzito dell’amico. Aveva dei bei lineamenti: gli occhi un po’  obliqui erano di un azzurro intenso e le sopraciglia, leggermente spesse, disegnavano sul suo viso un’espressione  scintillante e piacevolmente insolente. I lunghi capelli ribelli di un colore blu-viola, pareva gli mettessero in risalto l’ ardente personalità che galoppava al pari di un cavallo delle praterie.
Il volto di Aiolia sembrava quello di un eroe dell'antica Grecia: capelli mossi e spessi di un castano dorato,un naso ben fatto,  folte sopracciglia che conferivano gravità ad uno sguardo  verdazzurro… uno sguardo che trasudava la lealtà di un cuore profondo e impetuoso. Gli occhi di quel giovane erano fermi,decisi e fervevano  come grandi fiaccole.

  - Ragazzi, ero un po’ preoccupato per voi…si sentivano le vostre urla da fuori l’acropoli!

  - Ah, è normale! Milo mi fa sempre imbestialire…

  - Mamma quanto sei pesante! Non è colpa mia se hai la coda di paglia e te la prendi per i miei giochetti…

  - Meglio che  non ti risponda…comunque Mu sei venuto in anticipo! Ti aspettavamo sta sera…così avevamo appreso dal Grande Tempio…

  - Aiolia! Guarda che Mu si teletrasporta! Mica è fesso!

  - Ah!Ah!Ah! Sì… io, il Maestro Sion e mio fratello siamo arrivati ad Atene prima di mezzogiorno.

  - Allora è la prima volta che vieni qui! – Disse Aiolia rivolgendosi con un sorriso a Kiki- Io sono l’apprendista cavaliere del Leone.

  - Io, invece quello dello Scorpione.

Kiki fissava con interesse i due giovani che si erano presentati: dovevano essere molto potenti e…divertenti. Non vedeva l’ora di vederli di nuovo combattere. Milo, con il suo atteggiamento  un po’ spaccone ma scherzoso, l’aveva attratto subito. Aiolia era  più serio ma in lui aveva percepito chiaramente l’ aurea generosa, rassicurante e… impulsiva.

  - Tu sei Kiki…quando avevamo dodici anni Mu ci aveva parlato di te.

  - Già…ora dovresti aver iniziato il tuo apprendistato di cavaliere ,vero?

  - Sì!- esclamò il bambino, contento di ricevere l’attenzione dei due guerrieri- il mio fratellone mi ha  insegnato a controllare la telecinesi! Riesco a spostare qualunque oggetto!

  - Caspita! Sei arrivato ad un buon livello!

  - Saresti in grado di buttare Aiolia a mare?

  - Saresti in grado di colpire il muso di questo scemo con un sasso?

Il bambino scoppiò a ridere. Lo divertivano troppo i battibecchi tra quei due. Mu era davvero contento di essere giunto ad Atene: aveva incontrato alcuni dei suoi vecchi compagni, il  fratellino era allegro e rasserenato…il mare turchese della Grecia pareva che avesse sommerso con le sue fresche onde la gelida arsura del Jamir. La terribile Valle dei Quattro Venti pareva un piccolo e bieco miraggio su un orizzonte sfocato…Ohen era un angustiante disegno riposto temporaneamente all’interno di un cassetto…

 - Amici, sapete qualcosa degli altri cavalieri?- domandò Mu.

 - Mmmh…sì! Dovrebbe raggiungerci pure Camus… dico bene Milo?- fece Aldebaran.

 - Esatto…anche il suo arrivo è previsto  oggi!

 - Scommetto che non si sa l’ora, immagino…

 - Che ci possiamo fare Aldebaran? Camus è un po’… particolare...

 -  Io a quello non lo capisco! Alcune volte si sa quando deve venire, altre volte no! Può essere qui all’alba o a mezzogiorno o al tramonto o a notte fonda! Non ci si può aspettare nulla di certo!

 - Effettivamente Camus è sempre stato chiuso e scostante… non ama far sapere molto sul suo conto…

 - Avanti Aiolia, diciamo pure che un po’ di snobberia la tiene! Arriva zitto, zitto e non saluta,ci degna della sua attenzione il giorno dopo se ci va bene… Che scendesse dal suo piedistallo, insomma!

 - Ha degli atteggiamenti un tantino altezzosi, bisogna ammetterlo…però è  un cavaliere degno di rispetto.

 - Bah…io continuo a non capirlo…

 - Aldebaran, Camus non è come sembra…- disse Milo – lui fa così perché …è come se si volesse difendere…ha delle barriere che deve imparare ad abbattere.

Mu diede pienamente ragione al cavaliere dello Scorpione. Era il migliore amico di Camus, aveva avuto sempre modo di confrontarsi, di confortarsi con lui…assieme avevano soprattutto condiviso momenti veramente bui …

 - Questo Camus…a che costellazione appartiene? Da dove viene?- chiese timidamente Kiki vedendo che Aldebaran non provava tanta simpatia verso quel guerriero.

 - È delle stelle dell'Acquario ed è nato in Francia - gli rispose Milo – il suo luogo di addestramento è però la Siberia.

 - Com’è la Siberia?

- È innevata, gelida e  molto crudele.
 

 

Era novembre. Il cielo di Le Havre  era sporco di unte nubi plumbee. Il porto era immenso, cinereo e bagnato dalla bufera appena assopita. Un vento freddo sferzava le vele delle barche e i fianchi delle grandi navi.

   - Ecco, piccolo…ho finito-  disse un’anziana donna riponendo il carboncino nel suo astuccio e mostrando il ritratto al taciturno bambino che le stava dinanzi – Ti piace ?
Silenzio.

   - Tieni, l’ho fatto per te…

Il bimbo prese lentamente il foglio e lo fissò con attenzione: era impressionante. Quel disegno  rappresentava così realisticamente il suo viso da parere una fotografia. Un dettaglio lo colpì in particolar modo.

  - Io sono in bianco e nero…perché lei… ha colorato i miei occhi?

  - Perché sono blu e hanno appena pianto.

  - E…che cos’hanno di così… speciale?

  - Sono tristi come la sera.

Il bambino spostò lo sguardo verso l’orizzonte di piombo dell' oceano. Il vento dell’Atlantico seguitava a colmare di grigio ogni cosa. Il clima del Canale della Manica non era quello dolce e mite della Provenza.
Una nave si intravedeva in lontananza. 
Si avvicinava affannata, pesante e apatica.

  - E’ quella  che devi prendere?

  - Sì…

Ricominciò lentamente a piovere. Il ragazzino piegò il  ritratto e lo mise dentro la sua valigia.

  - Conservalo per bene quel disegno…in futuro ti potrà servire.

L’imbarcazione si stava avvicinando sempre di più. Era un transatlantico diretto per la Siberia.

  - Non mi hai detto il tuo nome, bimbo…come ti chiami?

  - Camus…e lei?

  - Rosalie.

Camus tacque  con un enorme nodo in gola. Sentì di nuovo i suoi occhi  bruciare. Sentì la nave per la Siberia  ormai pronta per attraccare . Sentì la solitudine divorarlo ancora di più.

 - Mi piace tanto il nome Rosalie…- sussurrò con la voce che gli tremava.

 - Davvero?…come mai?- domandò con dolcezza la signora.

 - Era il nome…di mia mamma.

Corse via sotto la pioggia battente: i capelli verde acqua gli si appiccicavano al viso ,  i piedi saltavano nelle pozzanghere, la pesante e grande valigia che portava minacciava di scivolargli dalle piccole mani.
Le lacrime parevano inutili. Si dissolvevano con le gocce del cielo colmo di nembi, ma vuoto d’azzurro.
 

Camus aprì gli occhi. Si era addormentato sul ponte della nave. Si alzò e si sgranchì le membra intorpidite dal lungo viaggio. Dopo aver lasciato la Russia, si era fermato qualche giorno in Francia, a Marsiglia, dove c’era la villetta dei suoi genitori.
Scese a prua per lasciare che i suoi pensieri assaporassero meglio le onde del mar Mediterraneo.
Rivide nella sua mente la dimora dove aveva trascorso il primo periodo sereno della sua infanzia. Era stata bella in passato : risaliva all’ottocento, era grande, accogliente, arredata in modo elegante e sobrio. Lì aveva passato dei momenti felici con sua madre.
Quella splendida villetta ora era polverosa e stava andando lentamente in rovina. Egli avvertiva un intenso senso di colpa: avrebbe voluto prendersi cura della propria casa ma gli mancavano il tempo e specialmente le possibilità.
Sospirò passandosi una mano tra i lunghissimi capelli che fluttuavano dolcemente all’alito dell’aria greca.
Le coste del Pireo divenivano piano, piano sempre più nitide.
Il giovane prese il suo bagaglio.
Nel momento in cui lo stava controllando, fu preso dalla tentazione di aprire la tasca esterna.
Gli capitò tra le mani una busta di carta. Conteneva una foto dei suoi genitori e il ritratto che gli fece quella strana disegnatrice al porto di Le Havre.
Fissò con tenerezza la fotografia che mostrava suo padre e sua madre abbracciati davanti al paesaggio marittimo di Marsiglia.
Rosalie era splendida col ventre arrotondato e i lunghi capelli castani legati con una coda. Era ignara di quello che le sarebbe capitato  alcuni giorni dopo: la morte del marito a causa di un incidente d’auto.
Camus  aveva conosciuto suo padre solo tramite i racconti commossi della madre, che nonostante soffrisse, gli  sorrideva sempre e gli diceva che era felice che lui somigliasse all’amore della sua vita.
Solo una cosa aveva preso da lei. I meravigliosi occhi blu.
Il ragazzo temeva di contemplare a lungo il proprio sguardo. Provava paura a guardare il suo ritratto di bambino.
Il viso non era più paffuto e fragile: era diventato ovale, algido e austero. Gli occhi parevano duri al pari dei ghiacci siberiani, ma non erano gelati poiché brillavano di qualche luce incerta.
Camus osservò accigliato il disegno che gli fece quella vecchia: provava uno strano imbarazzo a vedersi come un profugo indifeso, senza scampo con le lacrime che gli avevano appena rigato la faccia.
Basta. L’infanzia era tramontata da un pezzo. Era un guerriero. Era diventato anche Maestro.
Ripiegò bruscamente il  ritratto e lo mise in valigia con la foto dei suoi.
Il porto era ormai vicino.
Le luci del tramonto rendevano il mare pieno di cristalli scintillanti.
I dardi del sole gettavano una luce calda sulla bellezza maestosa e fredda di Camus. La sua figura alta, snella e forte si stagliava elegantemente contro il cielo arancione del tardo  pomeriggio.
La nave attraccò finalmente al molo.
Mentre scendeva giù dalla passerella, il Cavaliere dell'Acquario riconobbe sorpreso dei ragazzi che lo stavano aspettando sulla banchina.
Erano Milo, Aiolia, Aldebaran e Mu.

 

   

   
 
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