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Autore: xchriss    07/02/2012    1 recensioni
“Siete cordialmente invitati al matrimonio di Demetria Devonne Lovato e Joshua Ryan Hutcherson.”
E la bellissima Demi Lovato, ormai ventiquattrenne si trova davanti a uno dei passi più importanti che una donna potrebbe mai fare, pensa sia ciò che desideri di più, ma forse c'è qualcuno che non è d'accordo con lei.
E così troviamo a distanza di qualche mese dal matrimonio un ventisettenne Joe Jonas che cerca di far cambiare idea alla ragazza, sua vecchia fiamma ed ex-migliore amica.
E così si sviluppa una storia piena di amore, ma anche di strane coincidenze, confusi ricordi e inutili litigi.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Demi Lovato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione:mi rendo conto che ho iniziato questa fan fiction in terza persona come autore a focalizzazione zero, ma d’ora in poi scriverò alcuni capitoli in prima persona, in modo da analizzare meglio il punto di vista e i pensieri specifici e personali di ogni personaggio. Grazie per leggere la fan fiction, godetevi questo capitolo! c:
 
 

«Sei sicura di non voler venire?»

Stavo sul letto, amareggiata, continuando a pensare a cosa sarebbe stato della vita a cui ormai mi stavo abituando fra qualche mese, dopo il matrimonio. Non mi ero mai resa conto di quanto mi mancasse la vita che avevo a Dallas da piccola, finché qualche mese fa non c’ero tornata per preparare il matrimonio.
Dallas non era mai cambiata, le persone che conoscevo da piccola ancora vivevano lì. Le loro facce e i loro atteggiamenti sempre uguali. Non cambiavano mai, a differenza delle persone a Los Angeles. Tutte che puntavano alla perfezione. Le donne che una volta al mese sparivano, e al loro ritorno avevano magicamente un aspetto più giovane. Se c’era qualcosa che odiava, poi, erano gli atteggiamenti ipocriti e falsi, delle persone che si trovavano lì a LA. E poi anche la vita delle persone famose era molto più semplice. Almeno la mia. Quasi nessun paparazzo in giro, poche foto, poche domande. Ed ovviamente era bellissimo il fatto che mi trovassi vicino alla mia famiglia.
Iniziavo a pensare seriamente di restare a Dallas. Ma di certo Josh non avrebbe accettato una proposta del genere. Ne ero sicura, non si sarebbe mai trovata neanche un compromesso. Lui era il solito attore californiano a cui piaceva essere fotografato e trovarsi vicino agli eventi mondani che c’erano lì. E questa era una delle poche cose che non mi convincevano di lui, ma pazienza, non importava. Avrei vissuto a Los Angeles come ormai facevo da anni, anche se dopo la riabilitazione stare in quel posto era diventato più difficile.
La riabilitazione.D’istinto passai lentamente le dita sui polsi, chiudendo forte gli occhi. Stay Strong. Quel che mi ripetevo ogni giorno da più di cinque anni ormai. Dovevo essere forte, avevo imparato ad essere forte. Sarei stata forte, se non per me, per le persone che mi stavano attorno. Devo ammetterlo, qualche volta, quando succedeva qualcosa di brutto, avrei voluto alleviare il dolore che provavo con altro dolore, come facevo prima. E pensavo con rabbia al motivo per cui avevo fatto tutte quelle cose, al perché dovevo essere forte e sforzarmi più di quanto facessero gli altri. Pensavo a tutte quelle persone, a quelle parole d’odio, che mi avevano resa così debole. Che mi avevano resa così. Ma pensai che, in ogni caso, se non fossero successe tutte quelle cose non sarei mai diventata quel che ero adesso. Quella Demi che veniva ammirata dai fan, di qualunque genere, di qualunque età. Adesso cercavo di dare il buon esempio, ma ancora mi sentivo in colpa per aver mentito per così tanto tempo alle persone che mi consideravo un modello. Alle persone che mi volevano bene. Alla mia famiglia.

«Sì mamma, sono sicura. Andate voi, starò bene.»

Mi alzai da quel dannato letto, che a volte avevo l’impressione mi risucchiasse per quant’era morbido. Mi avvicinai allo specchio e alzai la maglietta fino al seno, piegandola più volte. Passai la mano sulla pelle, appena sotto il seno, dove una scritta in nero si espandeva in modo elegante You make me beautiful. Quello era stato il primo tatuaggio che avevo fatto, per sentirmi bene, perché la canzone ‘Beautiful’ di Bethany Dillon in quel momento descriveva esattamente ciò che sentivo. Tu mi rendi bella. Lui mi rendeva bella, speciale. E poi ha infranto tutto ciò in cui credevo. Mi ha fatto sentire brutta, una persona di poca importanza. Mi aveva trattata come se non avessi sentimenti, come se non contassi niente per lui. Mi sentivo come se non avesse fatto altro che riempirmi la testa di sciocchezze e di bugie. Ma dopotutto continuavo ad incolparmi per quel che era successo. Come avevo fatto a sperare che sarebbe stato per sempre? Sapevo benissimo a cosa andavo in contro. Quando avevo scelto di mettermi seriamente con lui sapevo benissimo che non sarebbe durata più di quattro mesi. Ma mi ero detta “hey, perché non provarci?” ed ecco.
Avevo giocato col fuoco e mi ero bruciata.
Ma credevo che almeno nei momenti difficili ci sarebbe stato, come amico. Sapeva dei miei problemi, aveva cercato di aiutarmi in passato, ma aveva finito solo per peggiorare la situazione. Non so se l’aveva fatto di proposito, ma sicuramente poteva evitare molte cose. E farne altre, come venirmi a trovare in riabilitazione. Però mi soffermai a pensare a quanto fosse stato meglio. Quand’ero a Chicago, in quel centro, le persone che venivano a trovarmi o che mi contattavano per avere mie notizie erano veramente poche. Si potevano benissimo contare sulle dita di una mano.
E lui non c’era. Né lui, né i suoi fratelli.
Neanche dopo il tour.

«D’accordo tesoro. A stasera, ti voglio bene.»

Uscii dalla camera da letto e andai nella mia stanza preferita, in quella casa. Da sempre la chiamavo ‘stanza della musica’. Lì dentro c’era un enorme pianoforte, sette delle mie chitarre preferite appese al muro e il microfono del mio primo concerto. Avevo anche un piccolo armadio con gli abiti che usavo nei miei primi concerti.
Alle pareti, appese, alcune foto dei miei concerti, dal duemilasette fino a quest’anno. Mi soffermai a guardarle, una per una. C’era una foto di una piccola me occhialuta con la piccola e dolce Selena, dietro le quinte di Barney & friends. E andando avanti una con il cast di As the bell rings, affiancata da una con il cast di Sonny with a Chance. E volendo continuare una foto di me con Justin Bieber, o con Miley, o con Ryan Tedder, Adam Levine o addirittura una con Patrick Dempsey. E poi come minimo quattro foto con i Jonas Brothers. Senza contare quelle fatte con Kevin, Nick o Joe singolarmente. Tutte appese, lì di fronte a me. E questo non fece altro che procurarmi da pensare a come ci fossimo allontanati negli anni, subito dopo la mia esperienza di Chicago. Ma alla fine, se solo fossero tornati, non credo avrei rifiutato di parlargli o cose del genere. Continuavo a volere bene ad ognuno di loro. Non potevo fare altro, non erano più tanto importanti come una volta, ma lo erano stati di certo.
DING DONG!Già, il mio campanello fa ding dong. Pensai subito alla mamma e a Dallas, che magari erano tornate, cosa strana perché ogni volta che uscivano e andavano al centro commerciale finivano per starci una giornata intera. E non era passata neanche un’ora da quando se n’erano andate. Pazienza. Sospirai e scesi al piano di sotto, dirigendomi alla porta senza preoccuparmi minimamente di aggiustarmi. Aprii la porta e mi trovai davanti l’ultima persona che mi sarei mai aspettata di trovare. «Demi.» disse tranquillamente, immobilizzandomi. Sentii il cuore battere e il sangue scorrere come se avessi un’emorragia alla faccia, ma probabilmente era solo il rossore che avevo sulle guance che mi provocava questa sensazione. Era come se in un millesimo di secondo tre anni di completa assenza si fossero cancellati. Come se fossi tornata indietro nel tempo. Come se davanti a me ci fosse quel ragazzo con i capelli lunghi e il sorriso stampato sul viso anche in una giornata tempestosa. Ma non era così. Lì davanti a me c’era un vecchio amico diventato solamente un estraneo. Un ex fidanzato. Qualcuno che aveva promesso di esserci, ma in realtà era stato uno dei primi ad abbandonarmi per sua volontà.

«Anche io ti voglio bene. A stasera mamma.»

Quanto mi pentii di non aver accettato la proposta di mia madre, in quel preciso istante. Avrei potuto evitare tutto questo. La visita inaspettata, la sua voce, il suo viso. E tutto quello che sicuramente avrebbe voluto dirmi. Deglutii. «Joseph.»

  
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