.cinque lupi.
Cinque lupi, poi non dirmi più altro
Il resto della storia la so a memoria
Non importa che ci fosse chi la racconta
La raccontano solo ombre dal mantello lungo
E se cerchi i loro occhi, ah…
E se cerchi i loro occhi…
Cinque lupi, un giorno grigio cemento
Fumo negli occhi, nessun odore poiché fermo il vento
Spezzato da edifici il suono e la luce
E così si dice che li arrampicarono come rupi
e che cantarono contro le nuvole grevi di cupezza
nessuno rispose, ma si sentirono a vicenda
e quando fuggirono dai silenziatori erano già
insieme
che sia fatta di nero la paura, come la notte
quando se la fecero amica con un’ammiccare di stelle
quando impararono a stare al gioco ambiguo della
luna
persero lacci delle scarpe come pelo di cucciolo
ma sapevano sempre giocare come se fossero nati ieri
come se dovessero morire domani correvano
un sorriso di lingua tra i denti e in bocca al…
e si incrinò il piatto del desco al rumore del loro
trotto
e si intrufolarono correndo sulle tavole mandando
tutto a monte
non azzannarono alla gola i ricchi, ché già si
strozzavano col cibo per sorpresa
si dispersero le loro risate rapide come le loro
code, dritte dritte nel complice silenzio
potevano spuntare e sparire in un battito di cuore
in corsa rapida
e colpivano solo nei punti deboli, e si ritraevano,
e ricolpivano, e si ritraevano
e gli aguzzini avevano già il capogiro prima di
capir chi erano
sognavano di luoghi dove la mandria corre sempre
e tu correndoci in mezzo puoi fare perdere le tue
tracce
ma nel giorno sveglio capitava sempre che la mandria
ti chiudesse a cerchio
e tra chi si scansava nascondendo il sasso mai
tirato dietro la schiena
puntando il dito accusatore
e chi ti cercava per aiutare i cacciatori, oh, sai i
loro nomi
perché ne hanno uno solo: infamia, nessun altro
mandrie chiuse nel recinto non capivano proprio
niente
pensavano di dover essere grati ai loro aguzzini e
carcerieri
e se i lupi venivano a mordere i legami del cancello
per dare possibilità di libertà
essi li prendevano a corna e colpi di zoccolo,
giusto perché avevano pelo e zanne
ma si ricorda una notte, una notte scura e buia
ricordo cinque lupi che correvano con un bottino
sorridente tra le fauci
soddisfatti del loro tipo speciale di caccia, non
cacciatori ma predatori
corri, corri e corri, saettano le zampe su diversi
terreni
e il cuore si precipita sempre un passo più avanti
come a indicarti la via, o forse a farti lo
sgambetto
ma si può amare anche solo questo, correre così, ed
essere insieme
sì, si può… sì… si può eccome…
e c’erano macchine che correvano sulle loro tracce
nessuna traccia sul cemento, è chiaro
ma quando iniziò il pendio ripido, fango infido e
sassi
le ruote arrivarono prima sul cemento, davanti al
pendio
e disperi dalle luci dei fari, chi le pigliò tra i
denti le schiantò
bruciandosi nel balzo, volando via nel balzo…
cinque lupi trotterellavano nel giovanissimo mattino
accanto ai binari sulla cima del pendio
cogliendo al volo il raggio verde, scia su pelle
non ricordavano se erano ancora vivi o no
poiché, se erano caduti prima, in ogni caso erano lì
ora
giacché se sparo trascina a terra
nel luccichio della neve sparsa dalla caduta
vedi il riflesso della corsa che non viene
interrotta
e lì sulla lingua del raggio verde, cinque lupi
corrono nel primo sole, prima d’essere sparsi via
in un battito d’alba arriva il saluto dolce e amaro
poiché è tempo di lasciarsi alle spalle rimorsi e
pentimenti
meriti, rimpianti e nostalgie, e qualsiasi altra
cosa
poiché è tempo di portarsi dietro le cose solo così
come sono
e ritrovandosi ancora tutti e cinque, poiché
separati non è la stessa cosa
e la sorpresa toglie le parole nel miracolo
perfettamente naturale
del principio di un nuovo giorno
cinque lupi, e non ho da dire niente più di questo