Amazing
grace
Sapeva
bene qual era il suo dovere. Scolpito a fuoco, indelebile, era sempre
stata la
sua priorità eseguire gli ordini del Capitano. Ma per quanto
si sforzasse, non
riusciva a concentrarsi.
Si
sentiva come un naufrago in balia di una terribile tempesta: le sue
sicurezze
erano state spazzate via come nuvole dal vento e ora annegava in un
mare pieno
di rimorsi, d’incertezza, di sensi di colpa. Eppure era
così dolce; gli bastava
ricordare il verde dei suoi occhi per sentirsi in salvo.
«Allora,
avete trovato degli indizi?» chiese ansioso Athos al
commilitone biondo, ma
quest’ultimo scosse il capo smontando da cavallo.
«Le
apparizioni e le sparizioni di Maschera di Ferro sono più
veloci di quelle di
un fantasma e non lascia mai tracce!», commentò
frustrato Porthos.
«D’Artagnan
sostiene che sia una donna mascherata ad aiutarlo» aggiunse
Athos, guardando
negli occhi Aramis.
«Piuttosto
che brancolare nel buio cercando questa Maschera di Ferro, non ci
conviene
accertarsi dell’identità di questa donna
mascherata?» propose Porthos.
«Dovrebbe
averlo fatto D’Artagnan», un brivido percorse
rapido lungo la schiena del
biondo moschettiere, mentre udiva Athos pronunciare quelle parole.
«Salve
a tutti!» gridò il guascone scendendo dal suo
cavallo di tutta fretta.
«Purtroppo
non ho scoperto nulla; mi sono recato alla dimora di Nana Bernard ma di
lei
nessuna traccia!»
«Bene»,
disse Athos, «è stata vista anche con Mansonne,
giusto? Quindi non ci resta
altro da fare che recarci da lui per avere delle risposte, ma dubito
che ci
direbbe qualcosa».
Quindi
si prese una pausa.
«Se
sono complici, terrà ben serrata la lingua; senza contare il
fatto che
metteremmo in allarme sia la donna che Mansonne, rendendoli ancora
più
guardinghi».
«Oh,
ma guarda chi abbiamo qui! I nostri amici, nonché
collaboratori, moschettieri!»
la voce sguaiata del Conte di Rochefort era inconfondibile.
«Allora,
cari, come vanno le indagini su Maschera di Ferro?»
continuò con fare
derisorio.
«Che
volete, Rochefort?» lo incalzò
D’Artagnan.
«Miei
poveri moschettieri, provo pena per voi! Non riuscirete mai a mettere
le mani
su un brigante così astuto come Maschera di Ferro! Vi
conviene desistere,
sapete? Altrimenti vi coprirete di ridicolo! Ah, già!
Dimenticavo! A voialtri piacciono
così tanto le umiliazioni!»
«Che
vorreste dire, di grazia? Non intendo accettare questa
offesa!» urlò furibondo
Porthos che, quindi, estrasse la spada.
«Decidiamo
subito chi tra noi è il migliore! Diamo la parola alle
spade!» ma la sua sfida
fu accolta con una fragorosa risata. Il Capitano delle Guardie
smontò da
cavallo e, sfoggiando un sorrisetto di sfida, sguainò la
spada.
«No,
Porthos! Non vedi che ti sta provocando? Non fare
l’intemperante e riponete nel
fodero la vostra lama!» lo rimproverò Aramis,
afferrandogli un braccio.
«Ma
io
voglio suonargliele di santa ragione!» protestò il
gigante.
«Ma
i duelli
sono vietati per legge, Porthos!» lo riprese Aramis.
«Già!
Non vorrete andare in carcere per una baruffa, giusto?»
aggiunse D’Artagnan.
«Sono
le Guardie del Cardinale a far rispettare la legge, senza contare che
metteresti in una spiacevole situazione il nostro Capitano!»
lo ammonì Athos.
«Ah,
dunque è così? Lo sapevo io che eravate un branco
di vigliacchi!» era Rochefort
che rincarava la dose.
«Amici,
trattenetemi! Sennò io l’ammazzo, giuro!»
«Una
banda di conigli come voi non riuscirebbe mai ad arrestare Maschera di
Ferro! Non
vi conviene ficcare il naso in questioni che non potete
risolvere!» aggiunse il
Conte rimontando in sella, mentre le Guardie al suo fianco se la
ridevano della
grossa.
Quindi
si allontanarono.
«Se
le
sue parole hanno offeso voi quanto me, dobbiamo impegnarci per
assicurare Maschera
di Ferro alla giustizia!»
«Certo, Athos! Lo prenderemo!» disse D’Artagnan con tutta la sua determinazione.
* * *
A
casa
Bonacieux regnava uno spettrale silenzio. La famosa attrice aveva perso
tutti i
suoi gioielli che si era fatta cucire sull’abito e aveva
chiesto il
risarcimento al povero vecchio sarto.
Constance
fece appello a tutte le sue forze per non abbandonarsi a un pianto
disperato:
il suo anziano genitore stava raccattando le poche stoffe rimanenti per
casa.
Sul suo volto, solcato da anni crudeli, ora vi era anche
l’ombra dell’incertezza
di poter saldare il debito.
«Padre,
anche se vendessimo tutto, perfino la casa, tutto il denaro ricavato
non
basterebbe per risarcire Mademoiselle Bernard» la voce della
fanciulla era
malferma.
«Non
preoccuparti, Constance. Venderò anche la mia clientela, i
miei strumenti, le
mie stoffe e la mia attività. Restituirò fino
all’ultimo centesimo a Nana
Bernard!» a quelle parole Jean non poté fare a
meno di replicare.
«Ma,
Monsieur,
che cosa sono i gioielli? E a che servono? Per me sono solo delle
stupide
pietre che servono solo per abbellire! Volete veramente rinunciare a
tutto per
ripagare dei sassi?» il povero sarto guardò il
piccolo negli occhi ed ebbe un
tuffo al cuore.
«Jean,
nella vita, quando uno si prende un incarico, ne accetta gli oneri e
gli onori.
Ho accettato di custodire i suoi gioielli finché il suo
abito non fosse stato
pronto ma, nel frattempo, è stato rubato da Maschera di
Ferro. Vedi, bambino
mio, anche se materialmente è stato lui a compiere il furto,
la responsabilità
delle pietre era la mia. Perciò devo ripagare Mademoiselle
Bernard» disse,
mentre abbracciava Jean.
«Monsieur,
vi prego! Permettetemi di restare al vostro fianco! Sono disposta a
prestare i
miei servigi anche senza salario!» anche Martha si era messa
a protestare.
«Mi
duole davvero, ma non posso farlo Martha. Voi meritate un salario
adeguato ai
vostri servigi, mentre io d’ora in poi dubito persino di
avere di che sfamarmi»
a quelle parole, la paffuta domestica scoppiò in un pianto
inconsolabile.
Nonostante
il camino acceso, in quella casa Constance sentiva freddo: il suo cuore
battere
affannosamente nel suo petto, mentre nei suoi occhi turchesi si
specchiava
tutta la crudeltà di un mondo imperfetto ed ingiusto.
Quest’atmosfera
surreale fu interrotta dall’arrivo di D’Artagnan.
«Gente,
ma ... ma che succede?» chiese, disorientato.
«D’Artagnan»,
più che un nome, sembrava che Constance stesse invocando
chissà quale santo, «D’Artagnan,
noi non potremo più vivere qui».
Quindi
si fece forza e, abbracciando Martha, continuò con voce
spezzata.
«Mio
padre ha deciso di vendere tutto per poter ripagare il debito contratto
con
Mademoiselle Bernard, a causa del furto dei gioielli di Maschera di
Ferro. Già,
per colpa sua, non abbiamo più una casa a cui tornare
…» cocenti lacrime che
ostinatamente si era imposta di ricacciare indietro, stavano invece
rigando il
suo dolce viso.
«Lo
so, è triste. Ma devo risarcire il debito. Non ho altra
scelta se non quella di
andarmene e di vendere tutto» alla fine, anche sul volto del
sarto comparvero
lacrime amare.
A
quella vista, Constance si affrettò ad asciugare le sue e
prese per mano suo
padre e D’Artagnan; nella sua vita non era mai stata molto
forte di carattere
ma qui c’era bisogno che lei lo fosse. Quindi
sfoggiò il suo sorriso migliore,
tutto il suo solare ottimismo e parlò col cuore in mano.
«Padre,
D’Artagnan! Non dovete preoccuparvi! Vedrete, troveremo una
nuova casa! Sarà
certamente più piccola e non bella come questa, ma saremo
tutti insieme! Da
domani riprenderò le mie mansioni a corte e
chiederò alla Regina di farmi dare
una stanza! Così sia Jean che D’Artagnan potranno
avere ancora un tetto sopra
alla testa!»
«Ma
se
tu vai via, noi che faremo senza di te?» protestò
Jean, attaccandosi alle gonne
di Constance.
«Jean,
bisogna che qualcuno vada a lavorare, altrimenti come si fa? Quindi
asciugati
quelle lacrime e fammi un bel sorriso! Ormai sei quasi un
ometto!» gli disse
Constance, arruffandogli i fulvi capelli.
«E pensare che tutto questo è colpa di quella dannata Maschera di Ferro!» sbottò D’Artagnan, «ma giuro su Dio che la troverò e la catturerò!»
* * *
«Ma
dov’è Constance? Sa benissimo che dobbiamo
andarcene! Abbiamo pure il carretto
pronto!» sbuffò Monsieur Bonacieux.
«D’Artagnan,
per piacere, valla a cercare!»
«Certo,
vado subito!» quindi rientrò in casa e
salì le scale.
Esattamente
come si aspettava: la fanciulla era dentro quella che fino ad allora
era stata
la sua camera.
I
raggi di sole che filtravano dalla finestra in alto esaltavano
l’oro dei suoi
capelli.
Aveva
timore di parlare per rovinare quella splendida visione.
«D’Artagnan,
lo so che non dovrei, ma sono molto triste. È solo un luogo,
una camera.
Mattoni impilati su altri mattoni. Ma questa è sempre stata
la mia camera, il
mio luogo. Questi muri hanno sentito le mie prime grida, i sorrisi di
mia madre,
i rimproveri di mio padre. Hanno sentito esalare l’ultimo
respiro di mia madre
e hanno visto tutte le mie lacrime e tutta la muta disperazione di mio
padre»
«Constance
…» il guascone non trovava le parole per dirle che
era con lei, che poteva sempre
contare su di lui, che sarebbe stato sempre lì per lei.
«Mia
madre, prima di morire, mi ha detto di essere felice nella vita. Di
sorridere
ed essere forte, perché le cose belle capitano a chi sa
sorridere alla vita. Ed
ella ha accolto la morte con un sorriso».
I
suoi
occhi limpidi vennero invasi da un mare di lacrime che avevano il
sapore di
qualcosa perso da tempo.
«Penso
che la mia mamma sia stata la persona più coraggiosa di
questo mondo; quanti
salutano la propria ora col sorriso? Sai, D’Artagnan, io
vorrei essere forte
come lei, ma purtroppo non lo sono affatto. E continuo a piangere e a
frignare
come una bambina perché devo abbandonare la mia casa; come
se, abbandonando
lei, perdessi di nuovo mia madre. Ma ella vive in me, nel mio cuore,
nel cuore
di papà e non in questa casa. Eppure, non posso far a meno
di associare questa
a mia madre. È tanto patetico?» quindi si
gettò tra le braccia del guascone.
«Constance,
vi prometto che prenderò Maschera di Ferro e che ci
riprenderemo questa casa!»
Dopo
aver
esaurito tutte le sue lacrime, la giovane scese ad aiutare suo padre.
S’incamminarono
tutti insieme verso la nuova casa.
Dopo
circa mezz’ora a piedi arrivarono alla loro nuova dimora.
La
nuova dimora era molto più piccola della precedente, inoltre
era piuttosto
fatiscente. Sembrava che anche le case attorno non fosse toccata sorte
migliore, per non parlare della gente che ci abitava.
All’interno
era anche peggio: le persiane delle finestre facevano fatica a
chiudersi, le
assi del pavimento erano rialzate, il camino cadeva a pezzi e le due
stanzette
erano talmente umide che sugli angoli in alto vi erano concentrate
delle muffe.
«Andiamo,
non fate quelle facce! Basterà un po’
d’olio di gomito e tutto andrà a posto!
Faremo pulizia, elimineremo le cose superflue e tutto andrà
bene! Ma ora devo
andare! La Regina mi aspetta! A presto!» quindi
uscì di casa diretta a Palazzo.
D’Artagnan
la seguì immediatamente.
«Se
non sono troppo invadente, vorrei fare la strada con voi Constance.
Tanto devo
dirigermi alla caserma»
«Ma
certo D’Artagnan!»
Camminarono
per un po’ in silenzio, l’uno a fianco
all’altra tra le strade di una Parigi
che non sembrava più la stessa.
Niente
urla di venditori, niente schiamazzi di bambini, né passanti
o carrozze. Tutto
taceva ad eccezioni degli uccelli in cielo.
«Avete
visto D’Artagnan? Nessuno osa girare per le strade di Parigi;
hanno tutti
paura» disse Constance, guardandosi intorno.
Persino
le finestre delle case erano sprangate; il clima di terrore aveva
paralizzato
tutti i parigini.
«Già,
Constance, avete ragione. Senza contare che gli affari vanno talmente
male che i
commercianti non aprono nemmeno le loro attività; inoltre le
tasse sono sempre
più salate. Se continua così ci sarà
presto una rivolta … » rimuginò il
guascone.
«Constance,
vi posso fare una domanda?»
«Ma
certo! Ditemi pure»
«Riguarda
ancora la donna mascherata: non vi ricorda qualcuno di
conosciuto?»
«Fatemi
pensare un poco … »
«Magari
non somigliava a Milady?» la incalzò il ragazzo.
«Milady,
dite? Ora che me lo fate notare, potrebbe avere una certa somiglianza
con la
donna mascherata. Ma questo è impossibile,
D’Artagnan! È stato Aramis stesso a
mettere fine ai giorni di quella criminale, vero?»
«Già,
avete ragione. Ma io sono convinto che quella donna sia Milady.
Può darsi che
Aramis abbia visto del pentimento nei suoi occhi che l’abbia
infine graziata.
Sapete com’è religioso e che, ogni tanto gioca a
fare il prete. Non lo trovo
poi così improbabile»
«Dubitate
di un vostro commilitone nonché vostro amico?»
«Beh,
Aramis è senz’altro mio amico e un moschettiere
leale. Ma a volte tende a
seguire la sua coscienza ciò che la Chiesa reputa giusto. In
fondo, Nostro Signore
Gesù Cristo ha perdonato Maria Maddalena, no?»
«Ma
Milady non è di certo Maria Maddalena! È malvagia
e perfida! E non cambierà mai!
È malvagità allo stato puro! È una
strega santo cielo!»
«Avete ragione, Constance! Ma ora il mio dovere è catturare Maschera di Ferro e ci riuscirò!»
* * *
«Compagni
moschettieri, ho un piano per smascherare quella donna! Supponiamo che
sia in combutta
con Mansonne; prima o poi allora dovrà presentarsi a casa
sua! E quando sarà
lì, la coglieremo sul fatto
e ...» ma fu
bruscamente interrotto dall’arrivo di Copy.
«Donna
mascherata! Donna Mascherata!» gracchiò il
volatile.
“Maledizione!
Anne si sta mettendo nei guai!” pensò Aramis.
«Copy!
Che vuoi dire? Che è già arrivata?»
«Donna
mascherata! Donna Mascherata!» gracchiò di nuovo.
“Non
dovrei farlo ma non posso stare con la mani in mano! Devo fare
qualcosa!”
«D’Artagnan,
aspettate! Vengo con voi!» disse Aramis.
Il biondo soldato non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto; la sua testa gli imponeva di catturarla ed assicurarla alla giustizia. Stava infrangendo la legge ma poi ripensava ai suoi occhi, alle sue parole. Era come se in lei vivessero due donne, due forze completamente opposti. Le stesse forze che ora stavano lacerando e straziando la sua anima.
* * *
«Jean,
allora che succede?» chiese D’Artagnan mentre si
nascondeva tra i cespugli
della residenza di Mansonne insieme ad Aramis ed al bambino.
«Un
po’
di tempo fa è entrata una carrozza ed il suo cocchiere era
una donna
mascherata! Ma non è ancora uscita! Penso sia dentro con
Mansonne!»
«D’Artagnan!
Jean! Suggerisco di dividerci! Voi andate davanti
all’ingresso principale, io
vado sul retro! Copy può volare verso le finestre del salone
in modo da vedere
eventuali spostamenti e di comunicarceli?» il tono di Aramis
era risoluto e
fermo.
«Certo!
Copy, vai sull’ albero e dicci quando Mansonne
lascerà la sala!» il
pappagallino ubbidì e, librandosi in volo, si mise sul ramo
di fronte alla
finestra della sala.
«Mia
cara, con la vostra conoscenza del Cardinale, della città e
delle guardie
possiamo fare grandi affari!»
«Sapete
benissimo che ho accettato di collaborare con voi per avere una
protezione e
non essere scoperta! I soldi non m’interessano
affatto!»
«Ed
infatti state facendo un ottimo lavoro mia cara! Ma ricordate che ho io
il
coltello dalla parte del manico! Non cercate di tradirmi o per voi le
cose si
metteranno male!»
Era
proprio così. Aveva barattato la sua libertà per
poter rivedere Aramis ed ora
era in balia di quel viscido vigliacco. Tutto questo per vivere un
sogno, una
speranza così esile che aveva paura perfino a dirla ad alta
voce.
Avrebbe
tanto voluto che questo mondo fosse diverso, che le persone fossero
diverse ma
questo era quella che aveva; tutto ciò che aveva imparato da
questi anni
crudeli è che homo homini lupus perciò
si era sempre comportata
di conseguenza. Eda anche ora non era diverso. Non aveva esitato a
chiedere
aiuto a un uomo come Mansonne.
Ma
i
suoi pensieri furono interrotti dalla visto del pappagallo.
«Mansonne,
abbiamo visite!»
* * *
«D’Artagnan!
Mansonne sta passando con una donna mascherata accanto! Fai
qualcosa!»
bisbigliò Jean da dietro i cespugli.
«Mansonne,
vi ordino di fermarvi!»
«Moschettiere,
ma come osate? Siete
nella mia proprietà
senza essere invitato inoltre mi state pure minacciando? Non vedete che
spaventate la mia ospite?»
«Ehi,
voi! Vi ordino di gettare la maschera!», ma la donna
continuava ostinatamente a
dagli le spalle.
Quindi
estrasse la spada e recise i legacci della maschera.
Ma
sotto di essa non vi era Milady.
«Impertinente!
Ma come osate trattare così la mia ospite?! Pretendo
immediatamente le vostre
scuse!» il mercante era piuttosto seccato.
Rassegnato, il giovane chinò il capo e umilmente porse le sue scuse.
* * *
Dal
retro
uscì una figura dal mantello nero; Aramis non se la fece
sfuggire e l’agguantò.
La
trascinò
dietro al muro poi la liberò.
«Aramis!
Siete voi! Mi avete fatto temere il peggio per un momento!»,
la donna fissò
attentamente gli occhi azzurro cielo dell’uomo e vi lesse
turbamento e
angoscia. Erano lo specchio dei suoi e questo le faceva male.
«VI
prego, non fate così! Domani notte vi dirò tutti
i piani di maschera di Ferro
ve lo giuro! Ma non qui e adesso! Potrebbero vederci! Fidatevi di me,
vi
prego!»
«C’è
stato un momento in cui mi sono pentito di avervi graziata. Non ho
adempiuto al
mio dovere, ho disubbidito ad un ordine diretto, tutto
perché ho dato ascolto a
ciò che mi diceva il mio cuore»
Le
mani di Milady cercarono quelle dell’uomo; nonostante i
guanti, Aramis sentiva
che le mani della donna era gelide. Il volto aveva preso un pallore
spettrale e
i suoi occhi radiosi erano colmi di lacrime.
«Quella
notte mi sono reso conto che ero solo un burattino che eseguiva
movimenti
imposti da altri ma nei quali non ci si riconosceva. Ho imparato che il
mondo
perfetto in cui credevo di vivere è pieno di rabbia ed
ingiustizia e con quel
gesto ho voluto un po’ pareggiare i conti»
«They cut me
down and threw me out, because I didn't fit in with the crowd and the
stuff I
think is not allowed. They cut me off from all the ways but you could
give my
soul a chance to feel and love. You came as an angel comes in time to
heal,
you and your amazing grace.
I wish this amazing grace comes to embrace in a world filled with rage»
A
quelle parole non poté far a mano di congiungere le sue
labbra con le sue. Il
tepore di quel dolce bacio riscaldò le loro anime e
confortò i loro cuori.
«They cut me up
and left me scarred; but on the fringes of my sanity, a particle of
light
cracks through the dark. Your light made me free and delivers a new
life for
you and me» le rispose Aramis.
Erano bastati pochi istanti per ritrovare la forza e la speranza nel loro amore e in loro stessi; ma una strana sensazione accompagnava Aramis.
* * *
«Capitano,
mi avete mandato a cercare?» D’Artagnan
entrò a capo chino nell’ufficio di De
Tréville; fece per chiudere la porta ma Aramis, intuendo il
motivo della
convocazione, volle entrare con lui.
Senza
staccare gli occhi dal documento che stava leggendo, il Capitano dei
moschettieri fece segno ai due di avvicinarsi.
«Ma
avete una vaga idea di che figura mi avete fatto fare davanti a Sua
Maestà? D’Artagnan
come avete potuto? Vi ho detto con discrezione!
Discrezione, santo cielo! Non tutto questo polverone! Ora
sarò costretto a
prendere un provvedimento» disse
furibondo.
«Capitano,
c’ero anch’io. Quindi anch’io merito di
essere punito!» replicò Aramis.
«Aramis,
punisco D’Artagnan non perché mi diverta ma
perché mi è stato imposto! Di voi
nessuno si è accorto quindi mi sembra inutile giocarmi uno
dei migliori uomini
che ho a disposizione!»
Quindi
rivolse la sua attenzione verso il ragazzo.
«D’Artagnan!
In quanto a voi, consideratevi agli arresti domiciliari! È
tutto! Potete
andare!»
Entrambi
i moschettieri uscirono dall’ufficio.
«Athos!
Purtroppo non ci sono buone nuove. D’Artagnan è
stato messo agli arresti
domiciliari»
«Già,
ma ero così sicuro che era lei … »
«Lei
chi?» chiese Athos.
«Che
la donna mascherata fosse Milady! Perfino Constance l’ha
riconosciuta, anche se
non è dal tutto certa. Perdonatemi Aramis, non è
una mancanza di fiducia in
voi. Mi sono semplicemente messo nei vostri panni: io non avrei avuto
il
coraggio di giustiziare una donna inerme anche se si fosse trattato di
Milady!»
Aramis
abbassò lo sguardo e si mise a sedere sui gradini che
portavano all’ufficio del
Capitano.
«È
vero, non l’ho giustiziata. Ho
disubbidito ad un ordine perché ho seguito ciò
che ritenevo fosse giusto».
Inaspettatamente sia la mano di D’Artagnan che quella di
Athos si poggiarono
sulle sue spalle.
«Amico
mio, io l’avevo intuito tempo fa. Ma non te ne crucciare
troppo; quando la
riprenderemo la faremo giudicare da una giuria equa ed imparziale in
modo da
formalizzare come si deve la sua condanna. Capisco perfettamente che un
decreto
emanato frettolosamente non ha soddisfatto il tuo senso di
giustizia»
Il
suono delle parole di Athos era pieno di supponenza; era come se egli
avesse
condannato la donna in cuor suo molto tempo fa e nella sua mente
riaffiorò la
storia che una sera i fumi dell’alcol avevano portato a galla
dalla bocca del
tenebroso moschettiere.
“Strano
che non si senta neppure un po’ in colpa verso quella
poverina; in fondo è
anche un po’ colpa sua se è divenuta
ciò che è. Se solo avesse messo da parte
il suo orgoglio tutto questo non sarebbe
successo…”
«Athos
ha ragione! Non preoccupatevi! Andrà tutto bene! Prenderemo
Milady e Maschera
di ferro e faremo finalmente
giustizia! Scusatemi ma ora devo andare a scontare i miei arresti
domiciliari!»
quindi il guascone si allontanò.
Aramis
si alzò e guardò dritto negli di Athos.
«Athos,
vorreste spiegarmi una cosa?»
«Ma
certo amico mio! Ditemi»
«Anche
voi avreste avuto pietà di quella povera anima
smarrita?»
Athos
tentennò. Come poteva dire al suo migliore amico che aveva
cercato di uccidere
la propria moglie senza nemmeno darle il beneficio del dubbio? Come
poteva
dirgli che la pietà che lui aveva provato, in sé
non vi era traccia? L’aveva condannata
senza appello ma col senno del poi era certo che il suo gesto era
giusto. Ma la
sua anima non l’accettava come scusa.
«No,
non avrei avuto pietà perché non se la merita
davvero. Non sono nobile d’animo
come voi, Aramis, ma non penso che si meriti la vostra
pietà. È una vigliacca e
una traditrice, non sa far altro che mentire ed ingannare senza ritegno
o
pudore. E anche se riesce a dire parole melliflue, è solo
fiele mascherata da
miele! Mi dispiace solo di non essere riuscito quel giorno!»
Athos aspettava
una risposta da Aramis o perlomeno una reazione ma nulla. Era una
statua.
«E
dunque avete preferito non sentirle le sue parole? Ma forse quel che
ella aveva
da dirvi non era null’altro che la pura e semplice
verità? Ma voi non avete
avuto il coraggio di ascoltare e nemmeno di vedere. Avete detto che non
si era
difesa perché era giusto che meritasse la vostra ira, ma in
quella resa ho
visto solo amore. Vi amava davvero molto; talmente che si sarebbe
lasciata uccidere!
Io invece ringrazio Dio che quel ramo si sia rotto!» non era
riuscito a trattenersi
e gli aveva sputato in faccia tutto l’astio che provava.
«Come
potete
dire una cosa del genere? Gente del genere non merita il vostro perdono e tantomeno il vostro
amore! Mio Dio! Vi
siete lasciato circuire come un ragazzino, ma il buon senso
l’avete perso per
strada? Non vi è nulla di buono in lei, nulla! E non intendo
litigare con voi
per una sgualdrina del genere! Datemi retta! Levatevela dalla mente! Ve
lo dico
per esperienza: vi farà salire in paradiso con la stessa
velocità con cui vi
sbatterà negli inferi! Quella puttana merita solo di
soffrire e morire!»
«Supponiamo
per un momento che sia come avete detto voi, che il vostro matrimonio
era solo
di convenienza per lei, come avete detto in passato. Ma ditemi, quanti
matrimoni nascono allo stesso modo? E se, durante la vostra unione,
avesse
imparato ad amarvi? E non vi avesse taciuto quel
particolare per paura di una vostra reazione? A mio modo di
vedere, sarebbe
stata ampiamente giustificata … » quel cambio di
prospettiva disorientò per un
momento il bruno moschettiere.
«Non
dico affatto che ne vado fiero di ciò che ho fatto, infatti
sono qui tra voi,
tra i moschettieri. E non passa giorno che io non pensi
all’accaduto e mi ponga
delle domande. La mia anima mi tormenta ogni notte e cerca perdono. Ma
razionalmente so che non devo chiedere scusa di niente! Il tempo mi ha
dato
ragione e, anche se in quel preciso istante ella era innocente, ora non
è più!
Quindi è insensato che io cerchi riscatto ma io
l’anelo comunque, ogni giorno,
ogni momento!»
«Prima
cercavate di espiare le vostre colpe per aver ucciso una donna che
forse poteva
anche non essere una ladra o un’assassina e ora voi anelate
ancora il perdono
perché la vostra coscienza vi sta suggerendo che forse avete
trasformato una
vittima in carnefice! Non pensate a che brutto risveglio debba aver
avuto?»
Aramis vide vacillare Athos. Le sue parole dovevano averlo ferito nel
profondo.
«Vi
chiedo scusa, Athos. Forse non avrei dovuto rivolgermi a voi in questi
termini;
siete stato il mio maestro, siete il migliore amico che ho. Vi ho
davvero
mancato di rispetto» si sentiva male per quello che aveva
fatto al suo amico ma
non era riuscito a lasciare impunita la sua arroganza verso Anne.
Era
stato più forte di lui, aveva dovuto difenderla.
«Sapete,
Aramis, è la prima volta che parlo di Milady in termini di
Anne, mia moglie.
Forse non dovrei chiamarla così, visto che ho tentato di
ucciderla. Lo so, avete
le migliori intensioni di questo mondo e so che siete sinceramente
dispiaciuto
per i modi ma non per il contenuto. E, dopotutto, non credo che le
vostre
parole siano così sbagliate. Credo che aver visto le cose da
un’altra
prospettiva mi abbia fatto riflettere» il suo volto era scuro
e cupo.
«Athos,
per me rimanete sempre il mio migliore amico» si
affrettò a puntualizzare
Aramis mentre il suo compagno d’armi se ne stava andando.
«Lo so, Aramis. E credetemi quando vi dico che da oggi vale ancor di più per me» detto questo si allontanò per dirigersi verso casa.
* * *
L’arancio
intenso del cielo era spezzato da nuvole rossastre e violacee; i raggi
dell’astro
sembrano danzare tra gli spiragli delle nubi mentre calava
all’orizzonte
lasciando che il blu prendesse il sopravvento.
Blu
era anche il colore che Aramis avrebbe scelto per descrivere i suoi
turbamenti
e le sue malinconie; in colpo solo stava rischiando di perdere il posto
da
moschettiere, l’amore di Anne, l’amicizia di Athos
e, nel peggiore dei casi,
anche la vita.
Ma
quando aprì la porta di casa, ebbe una bella sorpresa.
«Rosso!»
esclamò.
«Immaginavo
che vi piacesse il rosso, perciò vi ho fatto una sorpresa,
René. Vi piace?»
disse con voce dolce Anne.
Immediatamente
notò che la donna non si era disegnata il neo sulla guancia
e che il suo
abbigliamento non era provocante e sfacciato come quello di Milady.
«Vi dico solamente una cosa: se dovessi descrivere il mio umore con un colore, direi rosso fuoco!» quindi chiuse la porte alle sue spalle.
Passiamo
ai ringraziamenti e alle dediche.
Ovviamente, Tetide,
questa
fan-fiction è dedicata a te. Grazie di averla inserite tra
le seguite.
Ringrazio Werewolf1991
, lady
lina 77 che hanno messo la storia tra
le preferite. Mi fa un immenso piacere.
Desidero ringraziare anche Kira_Lira che ha commentato la mia storia. Grazie.
Spero che questo capitolo non deluda troppo.
Per questo episodio mi sono inspirata a Amazing grace, per giustificare il gesto di Aramis di risparmiare la vita ad Anne.
Desidero
ringraziare tutto coloro che leggeranno solamente questo scrittino, mi
fa un piacere immenso!
Mi scuso per gli eventuali errori d'inglese e italiano. Se mi
li segnalere saranno correti in tempo record