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Autore: LoveShanimal    23/02/2012    1 recensioni
“E.. – lui sorrise, con quel sorriso ingenuo che lo caratterizzava, almeno a quel tempo. L’ingenuità lo abbandonò tempo dopo – mi prometti che non mi lascerai mai? Che staremo insieme per sempre?”
Lei arrossì.
“Te lo prometto, Shannon.”
Ps. Ispirata ad una storia vera :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 2: Life
5: One day it'll all just end.

 
 
Quel silenzio nella stanza durò pochi secondi.
“Deborah, entra..” disse piano Lucas.
Questa frase fu, per Jared, un fulmine a ciel sereno.
In quei pochi attimi era stato certo che fosse uno sbaglio, uno scherzo bastardo del destino. La donna si sarebbe scusata, e sarebbe andata via. Non gli era passata neanche per un attimo nel cervello l’idea che lei, proprio lei, potesse essere la loro nuova manager.
“È uno scherzo, vero?” urlò, tremando di rabbia.
Vecchi sentimenti gli erano ripiombati addosso, uno dopo l’altro, in un solo momento.
E nessuno di quelli era positivo.
“Jared, calmati!” urlò Tomo, sorpreso dal comportamento del cantante.
“Tu.. – puntò minaccioso il dito contro la donna – non ti è bastato tutto quello che hai fatto, eh? Stronza! Perché devi tornare nelle nostre vite? Perché devi tormentare ancora mio fratello?”
La donna, purtroppo, era diventata una statua, era immobile vicino alla porta ancora aperta.
Era tanto incredula quanto gli altri.
Non disse nulla, cosa che fece infuriare ancora di più Jared.
Si avvicinò a lunghi passi, chiuse la porta con un calcio, e le mise la mano destra intorno al collo.
A poco a poco iniziò a stringere sempre di più la presa, sbattendo la donna contro il muro e guardandola con occhi infuocati.
Questo sembrò svegliarla, infatti circondò con le sue le mani dell’uomo, e sibilò “lasciami!”, cercando di darsi un tono autoritario, per quanto la poca aria che le arrivava ai polmoni potesse permetterlo.
La scena si svolse così velocemente che gli altri nella stanza non riuscivano neanche ad ammettere che stesse succedendo davvero.
Shannon era l’unico che sembrava estraneo da quel mondo. Poggiava i gomiti sul tavolo, e con le mani sorreggeva la testa, che sembrava pesargli troppo, in quel momento.
Voleva solo svegliarsi e tornare a vivere la sua vita, normalmente, senza lei, senza il suo fantasma che lo seguiva ovunque e continuava a fargli male, costantemente.
Lucas sbiancò: era lui il colpevole di tutto ciò, ma si aspettava una reazione meno aggressiva, dopo ventiquattro anni, ma soprattutto non da Jared.
Tomo, sempre più sbalordito, scattò in piedi e scansò l’amico.
“Così le fai male!” urlò.
“È tutto quello che si merita!” Jared digrignò i denti, alzandosi.
Tomo cinse le spalle della donna, e l’accompagnò a sedersi vicino al tavolo.
“Di solito non è così, non so cosa gli è preso!” si scusò.
“Lo so io, però..” bisbigliò lei, quasi tra sé e sé.
Shannon, non appena la donna appoggiò la borsa sul tavolo, si alzò di scatto, quasi colpito da una scossa.
Si avviò verso la porta, mentre Lucas gli corse incontro.
“Aspetta, dobbiamo parlare del contratto!” disse, disperato.
“Fate voi come vi pare.” Disse, con tono cupo, aprendo e sbattendo la porta dietro di sé.
Quando si girò, l’uomo trovò una situazione non molto rassicurante: Jared che lo guardava con odio, Deborah che scuoteva la testa nella sua direzione – mentre pensava perché l’hai fatto? – e Tomo che guardava a turno tutti e tre, non capendo ancora cosa fosse successo.
“Credo che tu mi debba delle spiegazioni, Lucas.”
Deborah assentì, e l’uomo non poté far altro che prendere un lungo respiro e parlare.
“Non avrei mai voluto farvi incontrare. Sono amico di entrambi e conosco la situazione ma.. non avevo alternativa, Jared. Sai quante persone ho chiamato ieri? Tutti. Tutti i manager che conosco, più o meno importanti. Nessuno. Nessuno era disponibile. Tutti impegnati in altri lavori o appena tornati da lavori precedenti. Ho insistito, un poco, con questi ultimi, ma non potevo costringerli. Non avevo così tanta confidenza. Ho chiamato anche persone che non sentivo da mesi, pensa tu! Nessuno voleva accettare la mia offerta, tranne.. – si girò verso la donna – lei è mia amica, ho potuto insistere, ho potuto chiederglielo come favore personale. Però, ti assicuro, che lei non sapeva per quale band avrebbe dovuto lavorare. Infatti è stata una sorpresa tanto per lei che per voi. Ho dovuto fare in questo modo, solo in questo modo, altrimenti lei non avrebbe accettato e voi sareste stati senza manager. È l’unico modo..” l’ultima frase la disse con un tono disperato.
La donna si alzò, e afferrò la borsa.
“Non sono gradita per questo lavoro, quindi vado via.” Si girò a sorridere solo a Tomo, dicendogli grazie con il labiale.
Con passi veloci si avvicinò alla porta, ma non riuscì ad uscire perché sia Tomo che Lucas la fermarono.“Ti prego resta. Abbiamo bisogno di un manager” “no, non andare via!” dissero simultaneamente.
Scosse la testa, e riprovò ad uscire, quando anche Jared parlò.
“Abbiamo bisogno di un manager, purtroppo.. – disse acido – però sono solo quattro mesi. Forse resisto ad avere la tua faccia tutti i giorni davanti.” Sorrise sarcastico.
“Io così non ci lavoro!” disse, senza accenno di sorriso sul volto.
Tomo, allora, si piazzò tra lei e il cantante.
“A lui non ci devi badare. Ti difenderò io! – sorrise, di un sorriso vero – però ti prego, te lo chiedo davvero con tutto il cuore, aiutami. Aiutaci.”
Ci rifletté per un po’ di tempo.
“Fatemi vedere questo contratto..” sbirciò i fogli, e dopo aver sbuffato, prese una penna dalla borsa e firmò. Nella stanza gli uomini esultarono, tutti tranne il frontman della band che si arrese all’idea di dover passare alcuni mesi con quella donna. Si adagiò sulla sedia, sbuffando e chiudendosi gli occhi con l’indice e il pollice della mano destra. La parte più difficile sarebbe venuta ora: dillo a Shannon.
“Appena qualcuno mi tratta senza il dovuto rispetto, io abbandono la barca. Non mi faccio scrupoli.” Deborah strinse la mano a Tomo e andò via, senza aspettare risposta.
Quando uscì dalla stanza, si appoggiò al muro e prese un profondo respiro, a occhi chiusi. Avrebbe passato quattro mesi d’inferno, ne era più che sicura.
Non appena si sentì pronta, aprì gli occhi, e sbirciò nel corridoio: fuori al balcone alla sua destra c’era un uomo. Era solo la sua schiena, ma la donna sentì una morsa allo stomaco vedendolo. Una nuvola grigia gli aleggiava sulla testa. Shannon stava fumando, da solo, immobile.
Lo fissò per qualche istante, scosse la testa, e non appena vide che si stava muovendo girò i tacchi e puntò all’ascensore. Non si sentiva pronta per un confronto con lui, in quel momento.
Intanto l’uomo si sentiva esattamente al centro dell’uragano.
Quella donna.. quella donna, di cui non riusciva neanche a pensare il nome, era ripiombata nella sua vita, ancora ancora e ancora, portando con sé vecchi rimpianti, vecchi ricordi, vecchie emozioni, con un nuovo corpo da donna, invece da quello da ragazza.
L’aveva riconosciuta subito, non c’erano stati dubbi: era rimasta quella di sempre, forse un po’ più alta, ma con gli stessi occhi un po’ schiacciati, quelle stesse fossette, quello stesso naso, quelle stesse labbra piene e morbide. I tratti erano inconfondibili, il corpo era cambiato, si era pian piano trasformato in quello maturo di quel momento.
Ognuna di quelle parti del corpo lo riportavano ad un ricordo ben preciso: i capelli che attorcigliava attorno alle dita, che erano sempre così morbidi e avevano sempre quel buon profumo di vaniglia che era il suo preferito a diciassette anni; quel collo che lui baciava quando lei era arrabbiata, perché sapeva che le dava sui nervi, e si divertiva a vederla guardarlo storto; quelle labbra…
Gli faceva tutto così male.
Avrebbe preferito non ricordare.
Avrebbe preferito non vederla mai comparire davanti quella porta.
Avrebbe preferito che tutto quello fosse finito, anzi non fosse mai cominciato.
Spense la sigaretta e la buttò nel cestino. Avrebbe smesso anche di fumare, prima o poi.
Si girò, e la vide allontanarsi.
Aveva un completo giacca e gonna, con le scarpe con il tacco coordinate, e tutto le stava divinamente, come al solito. Anche quando era ragazza tutto quello che indossava sembrava essere stato creato proprio per lei, aveva sempre avuto quel fisico né magro né grasso, ma normale, con quelle belle curve al posto giusto.
Chissà cosa era successo mentre lui stava fuori.
Ma in cuor suo, sapeva che le loro strade non si erano incrociate per caso.
Sapeva che avevano bisogno di una manager, e se Lucas aveva portato lei.. non c’erano altre persone disponibili.
“Shannon Leto, passerai proprio quattro mesi da favola.” Disse a se stesso, sorridendo sarcastico.
Si allontanò dalla ringhiera, e la vide ancheggiare ancora per tre passi, per poi fermarsi davanti all’ascensore. Dopo aver premuto il bottone, attese che le porte si aprissero. Diede un’ultima occhiata verso il batterista, e i loro occhi si incrociarono.
Era la prima volta dopo tanto tempo.. diciassette anni, precisamente.
Lei assunse un’espressione triste, lui rimase neutro. Ma non perché lei soffrisse più di lui - in realtà era esattamente il contrario - ma perché lui lo sapeva mascherare bene.
 
 
“Buongiorno” Jared ammiccò alla ragazza alla reception, e lei rimase per un attimo imbambolata a guardarlo.
Deborah trascinava, controvoglia, i suoi bagagli verso il gruppo.
Tomo si era offerto di aiutarla, ma lei aveva rifiutato. Non voleva essere di disturbo, non a lui.
Shannon era stato per tutto il viaggio silenzioso, Jared l’aveva ignorata, e Tomo si era seduto con lei a farle compagnia.
Si era quasi commossa, quell’uomo aveva il cuore d’oro.
“Tr.. Quattro camere, suite, grazie.” Continuò il frontman, sbuffando.
La donna si sarebbe dovuta sentire un minimo offesa, ma non le importava così tanto.
Non bastava così poco per scalfirla.
“Ecco a voi!” La ragazza porse con un gran sorriso le chiavi al cantante, e lui le distribuì, lanciando le ultime a Deborah, che per poco non le lasciò cadere a terra per la sorpresa, e osservò i numeri. Erano tutte camere vicine, e per di più la sua era tra quelle dei fratelli Leto.
“Mi scusi.. – disse, senza badare agli altri – potrei avere una camera un po’ più lontana dalle altre?.” Il suo tono era molto neutro, come se la sua richiesta non potesse ferire nemmeno un po’ i suoi accompagnatori, che per altro non sembrarono battere ciglio, ad eccezione di Tomo che ne sembrò davvero dispiaciuto.
“Grazie.” Prese la chiave della sua camera – che era comunque sullo stesso pianerottolo delle altre, ma almeno c’erano altre quattro stanze a dividerle – e senza dire una parola si avviò verso l’ascensore.
Una donna così bella non potè non attirare l’attenzione dei fattorini, che non appena la videro con le due grosse valigie, preparate in fretta il giorno precedente prima di prendere l’aereo, le offrirono il loro aiuto.
“Siete molto gentili” disse, con un sorriso accattivante. Il più giovane dei due fu immediatamente rapito dal suo fascino.
Shannon sembrava diventato passivo a tutto, infatti guardava quella scena disinteressato e con sguardo vuoto, almeno così sembrava, mentre Tomo prendeva in giro Jared che aveva appena esclamato “Non c’è nessuno che porta le valigie a me?!” parecchio irritato.
L’ascensore in cui era entrata Deborah era pieno, così agli uomini toccò aspettarne un altro.
Lei non disse niente a loro,loro non dissero niente a lei, così la donna si fiondò nella sua stanza, senza aspettarli – dopo, ovviamente, aver ringraziato i fattorini.
Lasciò le valigie nell’entrata, senza preoccuparsi di riordinare i vestiti, e si avvicinò al letto.
Prese un lungo respiro – l’ennesimo della giornata – e si appoggiò sulla superficie morbida, accarezzando la seta.
In quel momento iniziava un lungo periodo di solitudine, di torture, di angoscia e di duro lavoro.
Essere un nemico di Jared non era affatto consigliabile, ma non poteva fare altro che prendere la situazione così com’era venuta.
Un giorno tutto questo finirà..” sussurrò, cercando di farsi forza.  
Quei quattro mesi sarebbero stati lunghissimi, ma prima o poi sarebbero finiti.
  
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