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Autore: FairyCleo    27/02/2012    6 recensioni
"Era tutto il giorno che l' intero enturage di servitori di re Uther e figlio faceva su e giù per il castello, lustrando persino i cardini delle porte delle segrete.
Camelot doveva prepararsi al meglio per accogliere in maniera egregia un ospite molto particolare".
Dal capitolo 5:
"Veloce come non mai, con il cuore che galoppava così forte da fargli quasi male, Artù era giunto davanti la porta della fredda cella dove era stato rinchiuso Merlino.
Il poveretto giaceva a terra, svenuto, rannicchiato su di un fianco, con le braccia incrociate sul petto, nascoste in parte dalle ginocchia ossute, e il viso affondato in esse.
Nonostante avesse rivolto la schiena verso il freddo muro di pietra, non era difficile immaginare in che condizioni fosse.
Sotto di lui, una pozza di liquido denso e scuro si stava allargando a vista d' occhio.
Se non fosse intervenuto all' istante, sarebbe morto dissanguato in quel posto infernale".
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Merlino non riusciva a credere ai propri occhi. A quegli occhi che non riuscivano a smettere di guardare la splendida statua che giaceva supina davanti a lui.
Era esterrefatto.
Aveva visto numerose sculture ritraenti esseri umani durante la sua giovane vita, ma nessuna di esse era simile a quella.
Le proporzioni erano a dir poco perfette. Le membra erano fasciate da vesti marmoree che esaltavano le sue fattezze.
Il viso, l’ angelico viso, era incorniciato da una voluminosa massa di capelli lunghi fino al mento che ricadevano morbidamente sul cuscino, nonostante si trattasse di freddo e duro marmo.
Le palpebre serrate erano rappresentate in maniera talmente realistica da recare delle minuscole pieghe sulla parte mobile, e Merlino si chiedeva come fosse possibile che lo scultore fosse stato in grado di realizzare una per una anche le lunghe e ricurve ciglia.
Le gote erano piene e tese, e oltre il bel naso nascevano grandi e sensuali le labbra carnose e bellissime.
Erano leggermente schiuse, e lasciavano intravedere i piccoli incisivi perfettamente allineati.
Le belle mani affusolate erano incrociate sull’ ampio petto, nascondendo in parte l’ elsa decorata di una spada.

Il giovane mago era totalmente rapito da quell’ immagine quasi surreale.
Aveva scorto nella piazza di Telmar numerosissime statue così perfette da sembrare esseri umani dipinti di bianco, ma nessuna l’ aveva rapito come quella che aveva a pochi centimetri da sé.
Non aveva potuto fare a meno di chiedersi perché si trovasse lì, nascosto dal mondo che avrebbe solo potuto ammirarla affascinato.

Con cautela, si era avvicinato.
Avvertiva il bisogno di vederla più da vicino per poterne ammirare meglio ogni singolo particolare.
Voleva scoprire in quante pieghe si arricciasse il suo abito, voleva contare le gemme scolpite sull’ elsa, e toccare ogni singola ciocca di capelli.
Perché era proprio quello l’ irrefrenabile desiderio che non riusciva a spiegarsi.
Voleva toccarlo. Doveva toccarlo. Doveva rendersi conto se quella pelle era davvero fatta di marmo, o era identica alla sua, vera, calda e morbida. Doveva saggiare la consistenza di quelle labbra carnose, e scoprire se si piegavano sfiorandole col pollice.
Fuori da quella specie di mondo incantato c’ era un famelico lupo che braccava con insistenza la sua preda, eppure, quella stessa preda non se n’ era mai curata così poco come allora.
La verità era che si sentiva al sicuro.
Non sapeva perché, e non sapeva cosa fosse quel luogo e se ci fosse un’ altra via d’ uscita oltre a quella che aveva percorso per entrarvi, ma non gli importava.
Nella sua mente, si stava facendo largo l’ assurdo pensiero che fosse la presenza del cavaliere di marmo a rassicurarlo.
Con cautela, per evitare di disturbare il sonno per cui era stato forgiato, Merlino si era arrampicato sulla solida struttura, sedendosi accanto allo splendido cavaliere.
Tremante e impaziente allo stesso momento, aveva allungato una mano, posandola su quella del giovane.
Purtroppo per lui, era sì liscia, ma fredda e priva di vita.
Avrebbe dovuto aspettarselo. Dopotutto, era solo una statua di marmo.
Lentamente, aveva lasciato scivolare la mano sull’ elsa, avvicinandosi per ammirarne le decorazioni.
Le gemme erano così realistiche… Mancava loro solo il colore e la trasparenza che le avrebbe fatte risplendere.
E, proprio accanto ad una delle gemme più grandi, vi era incisa una lettera.
‘ X ’.
Merlino la osservava, curioso.
Forse non si trattava di una lettera, ma di un numero. Di un numero romano. Il numero dieci.
Non era stato in grado di comprenderne il significato, eppure avvertiva in lui una strana sensazione. Era come se qualcosa di ovvio gli stesse sfuggendo sotto il naso.

“Dieci” – aveva detto ad alta voce, sfiorando nuovamente l’ incisione – “Chissà, forse sei la scultura del decimo cavaliere di un’ armata. Del suo più giovane cavaliere, a giudicare dal tuo aspetto”.

Si sentiva un po’ stupido a parlare con una statua, ma allo stesso tempo lo trovava divertente.
Poteva dire tutto ciò che voleva senza che il proprio interlocutore lo contraddicesse.
Tutto d’ un tratto, aveva iniziato a balenargli in mente l’ idea di scolpire una statua di Artù da tenere nella propria camera per potervi inveire contro a suo piacimento.
Sarebbe stato uno spasso! Un modo perfetto per scaricare lo stress.
Già… Lo stress causato dall’ assistere il borioso, noioso, ripetitivo, coraggioso, valoroso, leale principe Artù Pendragon.

“Maledizione Merlino, piantala!”.

Doveva smetterla. Doveva smetterla per davvero.
Artù non era lì e non sarebbe mai venuto. Artù Pendragon era il principe di Camelot e non aveva tempo da sprecare per accorrere in aiuto di un mago impostore che credeva fosse un comunissimo servo.
A ben pensarci, quello che gli era capitato doveva sicuramente essere una punizione per aver celato così tanto a lungo la sua identità alla persona che avrebbe dovuto vegliare, guidare e proteggere.
Gli stava proprio bene!

“Ah, decimo cavaliere… Se solo sapessi quanto è complicata la mia vita… Sembra che, per quanto mi sforzi, io non riesca a combinarne una giusta. Finisco sempre col cacciarmi in guai più grossi di me”.

Neanche fosse un comodo letto di piume, Merlino si era seduto con le gambe incrociate sul piedistallo scolpito, posando le mani sulle sue caviglie.
Osservava la statua con rammarico.

“Li vedi questi?” – e aveva allungato in avanti le braccia come per mostrare al ragazzo di marmo le due polsiere – “Questi me li ha messi il padrone del castello per evitare che io possa usare i miei poteri. Devi sapere che sono un mago. Sì, so che sembra impossibile che uno con queste orecchie sia un mago, ma è la verità. Sono una creatura magica, e sono anche piuttosto potente, se proprio ci tieni a saperlo! Ma questa cosa – che ai miei amici devo tenere nascosta se tengo ad avere salva la vita – non fa altro che portarmi guai. Il caro re Miraz ha deciso di rapirmi perché vuole che lo renda immortale. E sai cosa ha fatto per mostrarmi di cosa era capace? Ha accusato Gaius, l’ unico vero padre che io abbia mai avuto, di stregoneria davanti a quel testone di Uther, facendolo condannare al rogo! Clara, la ragazza che mi ha tradito ma che adesso sembra pentita, dice che forse non è tutto perduto, e sai chi è l’ unico che potrebbe farmi sapere come stanno le cose, visto che non posso muovermi da qui? Un cardellino di nome Mercurio che secondo Clara può parlare a comando perché è un abitante di Narnia! Ma ti rendi conto??”.

Era rimasto quasi senza fiato.
Aveva parlato senza interrompersi, facendo al cavaliere di marmo un breve resoconto delle sue ultime disavventure.
Gliene erano capitate davvero tante, tirando le somme!

“DOVE SEI SCHIAVO?”.

La lontanissima voce di lord Sopespian era giunta alle sue orecchie.
Il giovane aveva sbuffato sonoramente.

“E lo senti questo pazzo che continua a darmi dello schiavo? Ecco, quest’ essere che si fa chiamare ‘ lord ‘ ha provato a farmi del male!” – i suoi occhi si erano riempiti di lacrime di rabbia e di disgusto – “Mi ha spinto sul letto, mi ha spogliato e mi ha infilato quella sua linguaccia in bocca! Ancora sento il suo sapore orribile!”.

Un brivido di puro disgusto aveva attraversato il suo esile e candido corpo.

“E c’ era quasi riuscito! C’ era quasi riuscito a farmi del male! Ma io mi sono ribellato, sono scappato, e sono venuto fin qui, brancolando nel buio! Sono venuto qui, e ho trovato te!”.

Si sentiva uno sciocco, eppure non poteva fare a meno di sorridere e ricacciare indietro le lacrime.

“Oh decimo cavaliere, vorrei tanto essere coraggioso come te, coraggioso al punto di meritare una statua così bella. Ma non lo sono e non lo sarò mai”.

Mai come allora avrebbe desiderato ricevere un abbraccio.

“Non ti spiace se mi stendo un po’ qui con te, vero? Non disturbo il tuo sonno, no? Mi faccio piccolo piccolo, prometto…” – e, visto che chi tace acconsente, Merlino si era accovacciato al fianco del cavaliere, abbracciando il suo esile busto con le braccia. Faceva freddo, ma non aveva intenzione di spostarsi.
Lord Sopespian lo stava ancora cercando e avrebbe preferito morire di freddo, sete e fame pur di tornare allo scoperto ed offrirsi così su di un piatto d’ argento a quel maiale.

“Che ne pensi, cavaliere? Dovrei parlarne con Miraz? Dopotutto, lui è il re, ed io gli servo sano e forte per realizzare i suoi scopi! Non che io voglia renderlo immortale, ma dimmi quali alternative ho!
Questo posto è orribile… Vivo nel buio, cavaliere, e non faccio che sperare di tornare a casa, da Gaius, e da quel borioso capriccioso di Artù! Ma non posso, perché sono prigioniero di quel pazzo!
E pensare che non è neanche il legittimo re…
E’ un uomo terribile, cavaliere! Ha ucciso suo fratello e suo nipote per salire al trono. Ancora non riesco a farmene una ragione.
Povero, povero principe Caspian…”.

Merlino era troppo stanco per continuare a parlare. Le sue palpebre si stavano lentamente abbassando mentre Morfeo tornava a fargli visita.
Aveva vissuto troppe emozioni tutte in una sola volta.
Dopo pochi istanti, vinto dalla stanchezza, il suo respiro era diventato regolare, e le sue membra si erano rilassate.
Il suo sonno era talmente profondo da non essersi reso conto di una cosa sorprendente: la splendida, meravigliosa statua di marmo, aveva appena mosso un dito.

Continua…
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Lo so, ho un giorno di ritardo. MEA CULPA.
Ho avuto da fare, purtroppo! ABBIATE PIETA' DI UNA POVERA PAZZA!!
Allora, finalmente ci siamo!!
Cavolo, ci sono voluti 42 capitoli per arrivare alle VERE vicende che hanno fatto nascere questo poema nella mia mente bacata!
MA CI SIAMO!!
Merlinuccio, lasciati dire che sei talmente cicciopatato che qui c' è la fila per sbaciucchiarti, farti le coccole, vestirti, farti il bagno, accarezzarti le orecchie e chi più ne ha più ne metta!
E LA FILA NON SARA' SOLO QUI, FIDATI!
Tesore mie, che dirvi?
Grazie per le recensioni!
Vi adoro!
Al prossimo capitolo!
Cleo

   
 
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