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Autore: Jaded_Mars    28/02/2012    2 recensioni
Un insolito triangolo che coinvolge Duff McKagan, Joe Perry e una bellissima ragazza venuta da lontano. Il titolo della storia è piuttosto self explaining, ma ci sarà il lieto fine questa volta?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Posso?”  Tamara bussò alla porta della stanza di Simone e la trovò seduta sul letto, assorta a guardare delle fogli sparsi disordinatamente sul piumone.

“Certo!” Tamara dunque entrò in quella camera verde illuminata dalla luce soffusa della piccola lampada da comodino accesa e si accomodò vicino all’amica. Era da un po’ di tempo che la vedeva strana, quasi assente, non sembrava nemmeno più la stessa, era come se si fosse chiusa nel suo mondo e volesse tenere tutti alla larga. Eppure allo stesso tempo era come se nulla fosse cambiato, era sempre l’amica pronta ad ascoltarla e a farsi due risate con lei. Prese distrattamente uno di quei libri ammucchiati sul letto, il primo di una piccola pila in tale precario equilibrio che caddero subito per terra disordinatamente.

“Lasciali pure per terra dai, li raccolgo dopo” disse Simone cercando di tranquillizzare la sua amica che si stava scusando per il danno fatto e, come se non la volesse ascoltare, che si era chinata a raccogliere i libri.  Così ritornò a sistemare le sue carte tranquillamente.

“Simo…? Cos’è questa?”  sentì Tamara rivolgerle quella domanda ma ci mise un attimo a darle retta. Non appena posò gli occhi su ciò che le stava mostrando rabbrividì, come se fosse stata colta di sorpresa a commettere un crimine. “E’ una polaroid Tammy…” fece lei col tono paziente che si userebbe con uno che dice di avere scoperto l’acqua calda.

“Questo lo vedo, mia cara, ciò che intendevo è perché tu e quel tuo amico biondo siete abbracciati come se foste fidanzati e soprattutto perché la tieni chiusa dentro un libro.” Non c’era rimprovero nella sua voce, solo la naturale curiosità di un’amica che aveva capito già da un po’ che qualcosa non andava. Era andata lì per parlarle di Izzy, ma ora che l’occasione si presentava, voleva approfondire l’argomento.

“Ma niente dai, è solo una foto,  l’ho messa lì perché non sapevo dove metterla.” Fece Simone cercando di riacchiappare la foto dalle mani dell’amica e contemporaneamente liquidare rapidamente la domanda senza buoni risultati in entrambi i casi.

“Hey, hey non provarci! Ti conosco troppo bene, adessoo sputi il rospo o sennò questa te la scordi!”  in un certo senso era facile parlare con Simone. Potevi dirle tutto e di più e lei ti avrebbe sempre ascoltato, sarebbe sempre riuscita a  trovare una soluzione ai tuoi problemi, o a darti una mano a risolverli, era una buona ascoltatrice e un’ottima amica. Ciò che era davvero difficile però, era il contrario, farla aprire sui suoi sentimenti, capire cosa succedeva nella sua testa era un’impresa quasi impossibile a volte. Spontaneamente lei non avrebbe detto nulla, pensava sempre di tediare gli altri coi suoi problemi, così per lo più si teneva sempre tutto dentro e a volte bisognava ricorrere a stupidi giochetti per farla confessare. Ed era evidente dalla faccia che aveva fatto sentendo la sua velata minaccia che ci teneva a riavere quella foto. Era tra l’altro molto bella, sembrava fatta in un parco, lei stava abbracciando Duff da dietro le spalle, erano entrambi molto dolci. In effetti insieme li aveva visti solo quella volta del pomeriggio a Santa Monica, però aveva notato quanto fossero affiatati, come anche aveva notato che tutte le volte che finiva di passare le ore al telefono o rientrava a casa dalle sue uscite con Mickey era sempre di ottimo umore, se non talvolta con gli occhi sognanti. Ovviamente lei faceva finta di crederle quando diceva che fosse quella sua famosa amica bionda, però era già da tempo che sospettava si trattasse di Duff e in un certo senso quella foto ne era la prova. “Dai Simo…cerca di spiegarmi che succede, magari potrei esserti d’aiuto.”

Simone di morse un labbro. Era stata messa con le spalle al muro dalla sua migliore amica, per colpa di una foto tra l’altro! Ma lei per quell’immagine impazziva, gliel’aveva fatta un tizio fanatico di fotografia che aveva visto Duff e lei seduti a parlare ed era rimasto così colpito da quanto stessero bene assieme che aveva voluto per forza immortalarli un primo piano per poi regalarglielo.  Avesse potuto l’avrebbe incorniciato, però non poteva metterlo in bella mostra da nessuna parte e così semplicemente lo teneva nascosto dentro il “Sogno di una notte di mezza estate” per andarlo a ripescare ogni volta che voleva vederlo. Ora Tamara l’aveva scoperta e siccome non era una stupida, stava iniziando a comporre i pezzi del puzzle. Simone era sicura che l’amica avesse capito ancora prima di se stessa i suoi sentimenti per Duff. Il fatto era che non li voleva ammettere, tutte le volte che pensava a lui il pensiero ovvio che si stesse innamorando emergeva prepotente, ma aveva così paura di quello che voleva significare che cercava di reprimerlo in un angolino remoto del suo cervello e chiuderlo a chiave. Ma non ci riusciva mai veramente, perché quell’idea restava sempre lì, come un’evidenza innegabile. Perché non lo dici chiaramente? Cosa ti costa in fondo? Poi ti sentiresti meglio. Sapeva che era vero, ma non lo faceva mai, cercava sempre di auto convincersi del contrario. Ora invece si trovava costretta a dire la verità, anche se sperava sinceramente di poterlo evitare. Certo avrebbe potuto mentire a Tamara, non raccontarle niente, ma non se la sentiva di farlo questa volta, e forse desiderava dire come stavano le cose più per se stessa che per l’amica. Così raccolse i pensieri confusi e cercò di esprimerli nella maniera più chiara possibile.

“Hai presente le farfalle nello stomaco? Gli occhi a stella? E i sospiri quando pensi a lui che non ti è vicino? Oppure sai quando i  battiti del tuo cuore accelerano all’improvviso ed entri quasi in apnea appena lo vedi e tutto il resto che ti circonda rallenta, si ovatta e  sembra appartenere ad una dimensione lontana?  O quando non fai altro che contare i minuti che mancano prima di incontrarlo e poi quando ci sei insieme il tempo passa così rapido che ti sembra che siano passati solo cinque minuti e allo stesso tempo anni. E quando sei in giro, non fanno altro che catturare la tua attenzione oggetti o cose che potrebbero piacere a lui... e pensi di potere affrontare qualsiasi difficoltà al suo fianco e l’idea di passarci la vita assieme non ti spaventa più di tanto perché sai che ti completa e niente con lui potrebbe essere mai noioso. Ecco cosa mi succede.” Ce l’aveva fatta, l’aveva confessato. E stranamente quella sensazione di leggerezza che pensava di non trovare l’aveva invece avvolta, semplicemente parlando aveva trovato una sorta di pace interiore, per così dire. Perché in realtà era ben lontana dall’essere in pace con se stessa. Allungò la mano verso Tamara, “Ora…me la restituisci per favore?” e quando l’amica gliela mise in mano tornò subito a nasconderla nel libro, sistemandolo nel cassetto del comodino, lontano da occhi indiscreti.

“Tesoro perché non me ne hai parlato prima?” disse Tamara prendendole una mano, dandole un po’ di affetto e facendole capire che le era davvero vicina  “Sei innamorata che male c’è? È fantastico, non avresti dovuto nasconderlo o corrucciarti così a lungo.”

Simone distolse lo sguardo, “Lo so, ma non è una situazione semplice, lo sai. E poi c’è…” c’è Joe  stava per dire, ma in quel momento venne interrotta dal suono del campanello di casa. Era mezzanotte passata, Kate avrebbe passato la notte fuori e loro non aspettavano nessuno. Le due ragazze si guardarono interrogative, poi Simone si alzò mettendosi a posto la maglietta e i pantaloncini corti che usava come pigiama, camminò in punta di piedi per andare a vedere alla porta. Mosse delicatamente lo spioncino per non fare sentire che c’era qualcuno in appartamento che da fuori appariva spento e vuoto. Rimase sorpresa nel vedere l’alta sagoma di Duff che si appoggiava, o meglio dire sorreggeva, al muro e sembrava stesse parlando da solo. Aprì immediatamente la serratura con concitazione, era preoccupata, e non appena spalancò la porta e lui parlò, trovò conferme ai suoi timori: era ubriaco marcio.  Le sbiascicò un ciao  convinto che doveva essere entusiasta ma che in realtà tradiva solo molta stanchezza.

“Duff ma che cavolo, sei un disastro…vieni dentro, piano…” mentre lui fece un passo traballò clamorosamente così lei  lo prese per un braccio che si fece passare su una spalla e cercò di sorreggerlo, peccato che in quello stato era pesante più di un macigno e non ce la faceva a portarlo da sola.  In quel momento comparve Tamara che era venuta a vedere che stava succedendo e si precipitò ad aiutare l’amica. Insieme e a fatica lo portarono in camera di Simone mentre il poveretto blaterava frasi a vanvera del tipo che non aveva bisogno di un aiuto, ce la faceva benissimo, non dovevano preoccuparsi e che gli dispiaceva moltissimo. Certo, era così in grado di camminare che per poco non inciampò nei suoi stessi piedi!   Lo fecero sedere sul letto, non era ancora il caso che si sdraiasse, era prima da capire se avesse avuto bisogno di un cestino o di un bagno per evacuare e non volevano rischiare vomitasse tra le lenzuola. Mentre Tamara andò a cercare una bacinella per quell’evenienza,  Simone provò a fare qualche domanda al ragazzo.

“Duff  ci sei? Sai chi sono?”

Lui la guardò sorridendo in preda ai fumi dell’alcool “Ma certo Simone, la mia bella fata!”  ed allungò una mano che fece passare prima sulla sua guancia e poi tra i suoi capelli castani. Certo era un po’ strano sentirsi appellare così, ma almeno l’aveva riconosciuta. Si liberò lentamente di quella presa ed azzardò a fargli un’altra domanda, con voce accondiscendente, come quando si parla a un bambino piccolo “Sei arrivato da solo? Perché sei venuto qui?” poi pensò che era stata una domanda piuttosto idiota da porgli nella condizione in cui si trovava, fra poco nemmeno si ricordava chi fosse… ma una risposta arrivò lo stesso, e fu piuttosto disarmante.

“Perché ti amo Simone! Ti amo follemente e non voglio passare più un minuto senza di te! Mai più!” le disse con un tono di voce altissimo e deciso che la fece quasi sobbalzare per la sorpresa. Sbottate quelle parole il ragazzo iniziò a vacillare pericolosamente anche da seduto, così lei lo aiutò a ristabilirsi mentre lui continuava a ripetere quelle frasi come se stesse in preda a un sacro fuoco che parlava in sua vece. “Stai tranquilo, OK? Adesso ci sono io.” Cercò di tranquillizzarlo con una voce calma che nemmeno lei sapeva da dove le arrivasse visto che dentro era tutto fuorchè tranquilla, perché sapeva perfettamente che quello che le aveva appena detto era tutto vero. “Duff, ora ascoltami, hai bisogno di vomitare?” e lui le fece segno di no con la testa. “Sei sicuro?”  e di nuovo scosse la testa risoluto.  Guardò Tamara che stava entrando con un secchio che usavano per lavare i pavimenti e lo posò di fianco al letto.

“E’ KO vero?”

“Già, lo faccio dormire qui stanotte.”

“Sì…sì è meglio così.” Rispose Tamara “Se hai bisogno di aiuto sai dove trovarmi.” Le disse mentre usciva dalla stanza lasciandoli soli.

Simone si voltò verso Duff, che aveva continuato a sorreggere, “Hai capito bel principe azzurro? Resti qui stanotte.”  E gli diede un bacio sulla guancia prima di aiutarlo pazientemente a sfilarsi il giubbotto di pelle. Il ragazzo era improvvisamente diventato docile ed era facile farsi obbedire.  Gli tolse anche le scarpe e i pantaloni “Ora aspetta che ti cerco una maglia per domire.” Perché quella che hai su non è il massimo, pensò. Mentre stava armeggiando con le tshirt nel cassetto del suo armadio vide l’immagine di Duff in piedi dietro di lei riflessa nello specchio e si girò subito. Sembrava stesse cercando di andare da qualche parte disorientato. “Ma sei matto vatti a risedere, non ti reggi in piedi!” si lasciò sfuggire severamente e lo prese per un braccio, ma dopo due passi lui barcollò inaspettatamente e crollarono entrambi rovinosamente sul letto. Fortunatamente Simone si trovò sopra di lui o sarebbe soffocata sotto il suo peso.  Non fece in tempo a dirgli assolutamente niente perché il biondo era già bellamente crollato tra le braccia di Morfeo, addormentato o svenuto che fosse. Rimase un po’ ferma aspettando che il respiro del ragazzo si facesse regolare prima di alzarsi delicatamente e andare a sistemare nell’armadio la maglietta che aveva tirato fuori, ora del tutto inutile. Coprì Duff con la coperta per non fargli prendere freddo e poi si sedette vicino a lui ad osservarlo. Era così beato mentre dormiva. Si chinò e gli diede un bacio sulle labbra. “Ti amo anche io lo sai?” disse e dandogli una carezza amorevole, conscia che non la poteva sentire,  prima di accoccolarsi al suo fianco ed addormentarsi a sua volta con il sorriso sulle labbra.  

   
 
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