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Autore: fepha    29/02/2012    1 recensioni
"Elisa, sono solo"
"Io posso essere tutto ciò di cui hai bisogno; se tu vuoi un amico io ti rispondo ehi Myl, stasera facciamo un mega torneo alla play?, vuoi una fidanzata? Perfetto, ti riempio di coccole e bacetti, mi chiedi una madre? Ti preparerò colazione, pranzo e cena e ti aiuterò con il lavoro che devi fare a casa. Vuoi me? Sono tua".
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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               Chapter two.

Le dolci note del pianoforte giunsero fino alla sua stanza. Provenivano dal piano di sotto.
Con fare goffo si alzò dal letto, trascinando i piedi fino alle scale.
Un rumoroso ed involontario sbadiglio interruppe bruscamente la melodia. Elle non poté far altro se non aggrottare le sopracciglia: erano ormai anni che lei viveva da sola, chi stava suonando il suo pianoforte?
Presa da un attacco di panico si accucciò in terra, aggrappandosi al corrimano della scala.
Con passo furtivo scivolò in bagno alla ricerca di qualcosa di pesante con cui difendersi.
Tutti i mobiletti erano stati svuotati. Il suo cuore cominciò a pulsare talmente forte che le si tapparono le orecchie.

Quale mente criminale potrebbe fare una cosa del genere? Svuotare tutta la casa e invece che scappare suonare il pianoforte?
Trattenne il respiro e uscì dal bagno. Il suo sguardo si era appannato per via delle lacrime.
Lo sgabello del pianoforte scricchiolò. Elle non riuscì a trattenere un urlo. Lieve ma pur sempre percettibile.

Con uno scatto si alzò in piedi e corse in camera da letto.
La polizia. Doveva chiamare la polizia.
Appena varcata la soglia si lanciò sul letto, prendendo al volo la cornetta del telefono.
Digitò in fretta e furia il numero, sbagliandolo più volte.
Il telefono, però, non dava segno di vita. Qualcuno aveva tagliato il cavo.
Con un urlo lanciò la cornetta lontano e cominciò a piangere. Ormai era troppo tardi, la porta si era appena richiusa alle spalle del presunto ladro o assassino, magari.
Le molle del letto emisero un rumore metallico che fece venire ad Elisa la pelle d'oca. Ecco giunta la sua fine.

Già sentiva il sangue scorrere dal buco causato dal proiettile nella sua testa.
L'uomo ormai era vicinissimo a lei, poteva capirlo dal caldo respiro sul suo collo.
Una grande mano comparve alle spalle della ragazza e, con delicatezza, spostò i capelli della rossa dietro al suo orecchio.
Dall'altra parte, l'uomo, le stava asciugando una lacrima con l'indice della seconda mano.
Elle trattenne il respiro e si voltò.

 
Bzz. Bzz.
-Cosa diavolo..- grugnì prima ancora di aprire gli occhi.
Meledettissimo telefono, pensò.
Con fare esausto sollevò un braccio, tastando il comodino alla ricerca del cellulare. Non appena lo avvertì sotto il suo piccolo palmo lo afferrò e lo portò al suo orecchio.
-Che cazzo vuoi Gabriele?- ruggì a denti stretti.

-Mh, ci siamo svegliati con la luna storta?-
-Cosa c'è, Gab..- sbuffò lei.
-Indovina cos'ho comprato proprio dieci minuti fa?-
Elle voltò la testa verso la sua sveglia. Sbarrò gli occhi incredula.
-Ma Gab, sono solo le dieci ed è Domenica mattina!- sbraitò.
-Poco importa, principessa sul pisello. Intanto io ti ho rimediato un biglietto per, indovina chi-
-Non mi sembra il momento giusto per gli indovinelli-
-Indovina!- urlò Gab dall'altra parte.
-Bon Jovi?-
-No-
-Queen?-

-Sicuramente.- rispose in modo cattivo lui.
-Non lo so, cazzo, dimmelo tu- tagliò corto.

-Slash- urlò nel telefono Gab.
Elisa rimase immobile. Con gli occhi sbarrati fissava il bianco soffitto in silenzio.
Intanto, Gab, continuava a parlare, ma lei non lo sentiva più.
Il suo cuore smise di battere per un secondo; un secondo interminabile.
Chiuse gli occhi. Improvvisamente le balenò davanti agli occhi il sorriso di sua madre mentre, ballando, metteva su un disco dei Guns n' Roses, la sua band preferita.
La sua infanzia le passò accanto insieme a tutti i sorrisi di sua madre, alla sua voce, ai suoi sguardi.
La grossa voce di Gab la riportò in men che non si dica alla realtà.
-Dunque? Ci stai?- la voce speranzosa di Gabriele la fece quasi commuovere.
Prese un profondo respiro, socchiudendo gli occhi.
-Si, ci sto.- 

  
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