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Autore: LaniePaciock    01/03/2012    6 recensioni
Due ragazzi e una ragazza faranno la loro apparizione in casa Castle e al distretto. Una dose di guai sarà in arrivo a causa di uno scambio di persona. Oltre che un rapimento e un omicidio. E Castle e Beckett vedranno parte della loro storia interpretata davanti a loro… li aiuterà a chiarirsi?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Cap.7 Bacon e Gordon

Tre… Due… Uno.
Esposito sfondò la porta con un calcio. Gli agenti entrarono urlando ‘NYPD’, le armi dritte davanti a loro. Beckett era in testa. Il piccolo salotto all’entrata era vuoto. Gli agenti allora iniziarono a disperdersi per le camere.
“Libero!” si sentì urlare da quella che doveva essere la stanza da letto e poi dal bagno.
“Beckett!” chiamò invece Ryan dalla cucina. Aveva allo stesso tempo un tono sollevato, triste e sorpreso. La detective, seguita a ruota da Castle, si avviò a passo spedito verso la cucina. Entrarono nella stanza. Ryan aveva gli occhi puntati a terra, dietro il tavolo al centro della stanza che mascherava il pavimento dietro di esso. Fecero il giro del mobile per guardare lo stesso punto fissato dal detective e finalmente lo videro. In una pozza di sangue, un uomo era steso a terra. Aveva un coltello piantato nel petto. Kate e Rick risalirono con gli occhi la figura fino a incontrarne il volto. Entrambi sussultarono. Davanti a loro, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta, giaceva il detective Gabriel Bacon. In quel momento entrarono anche Esposito, Maxwell e Torres che avevano appena finito di controllare le altre stanze. Esposito si bloccò sulla porta, irrigidendosi. I due agenti invece sbiancarono a quella vista. Maxwell era immobile, gli occhi sbarrati, la bocca serrata, il respiro veloce. Torres invece fece qualche passo indietro, nauseato e inorridito da quella scena. Avevano visto molti cadaveri, ma mai di un loro collega, per di più loro capo. Non erano propriamente amici, ma erano i suoi sottoposti e avevano lavorato insieme per diverso tempo. C’erano stati rispetto e fiducia tra loro. Finalmente Beckett si riprese da quella vista.
“Ryan, chiama Lanie e la scientifica. Devono venire qui subito.” Il detective annuì, ancora un po’ scosso, e tirò fuori il cellulare. Poi Beckett si girò verso Maxwell, unico agente della sezione rapimenti rimasto nella stanza.
“Ora il caso passa alla omicidi.”
 
La scientifica arrivò in meno di venti minuti. Questa volta si trattava dell’uccisione di un collega, quindi non potevano, né volevano, perdere tempo. Mentre aspettavano, Beckett si ricordò di Sonia e Mal.
“Ragazzi cominciate a fotografare tutto e a dare un’occhiata in giro per vedere se c’è qualche indizio utile. Io torno subito” disse rivolta a Ryan ed Esposito. Maxwell e Torres chiesero se potevano aiutarli. Si erano un po’ ripresi dallo shock e ora avevano bisogno di scovare informazioni utili a stanare il bastardo che aveva ucciso il loro capo. Beckett ci pensò un momento. Erano coinvolti, ma capiva il loro bisogno di giustizia. Inoltre due paia di occhi in più non avrebbero fatto male in quel momento, perciò li lasciò fare. Si avviò verso la porta, quando Castle la affiancò.
“Dove vai?”
“Vado ad avvertire Sonia” disse semplicemente. Era dispiaciuta per la morte di Bacon, ma era anche sollevata di non dover dire a Sonia che era capitato qualcosa a suo fratello. Lui annuì.
“Posso venire?” chiese poi.
“Da quando in qua mi chiedi il permesso?” rispose Kate con un mezzo sorriso. Lui alzò le spalle con una smorfia. Arrivarono al portone della palazzina in silenzio. Beckett cercò con gli occhi dove fossero i due ragazzi. Li vide qualche secondo dopo. Sonia era ancora intrappolata tra la sua auto e Malcolm. Kate si bloccò, la gola secca. Di nuovo il ricordo di Montgomery si fece più vivido che mai. Lei tra le braccia di Castle. Lui che cercava di calmarla, di alleviare un po’ quel dolore, quella consapevolezza di una morte imminente. Sapevano entrambi che il vecchio capitano sarebbe morto, ma fino all’ultimo sparo, avevano sperato che non succedesse. Sentì una stretta alla spalla destra. Rick era di fianco a lei, una mano sulla sua spalla. Aveva visto la donna bloccarsi e irrigidirsi. Sapeva a cosa pensava. Non sapeva però se la donna avrebbe accettato un conforto maggiore. Lo scrittore aveva solo voglia di abbracciarla, ma non voleva che lo respingesse. Così si era accontentato di quell’esiguo contatto, che però manifestava tutta la sua voglia di confortarla e starle accanto. Lei si girò a guardarlo, gli occhi leggermente umidi, e gli sorride debolmente. Aveva capito le sue intenzioni. Come sempre, bastava un gesto tra loro. Rick le sorrise in risposta. Un sorriso triste. Kate poi si voltò di nuovo verso i due ragazzi. Non li avevano ancora sentiti arrivare, Sonia troppo preoccupata, Mal troppo attento a calmarla. La detective sospirò. Per una volta almeno non dovrò dare cattive notizie… O almeno in parte pensò. Fece un cenno a Castle che annuì e spostò la mano. Poi entrambi si avviarono verso la macchina.
“Sonia…” la chiamò Kate. La ragazza girò la testa nella loro direzione, spaventata. Aveva gli occhi gonfi e rossi. Malcolm, praticamente sopra di lei, voltò anche lui la testa. Era molto pallido. Prima che potessero trarre conclusioni, Beckett disse subito “Cris non c’era.” Vide Sonia riprendere a respirare. La ragazza chiuse gli occhi e portò indietro testa fino a poggiarla alla macchina, sollevata. Mal invece chiuse gli occhi, ma portò la testa in avanti, contro la ragazza, andandosi praticamente ad appoggiare con il capo sopra la sua spalla. Poi lo tirò su di nuovo e chiese con le sopracciglia aggottate
“E… il sangue?”
“Crediamo sia della vittima trovata all’interno dell’appartamento” rispose Rick lanciando uno sguardo a Kate.
“Vittima?” riuscì a domandare con voce roca dal pianto Sonia rialzando la testa.
“Il detective Bacon è stato trovato morto all’interno” rispose Beckett con voce atona. Quell’uomo non le era mai piaciuto, ma era bravo nel suo lavoro. Possibile che avesse scoperto qualcosa e non ci abbia avvertito? si chiese la detective frustrata, aggrottando le sopracciglia.
“Mi dispiace…” disse l’interprete. Sonia annuì a conferma delle parole di Malcolm.
“Senza di lui… Senza di lui si riuscirà comunque a…?” cominciò poi la ragazza con voce fievole.
“Lo troveremo” esclamò convinta Beckett, guardandola negli occhi.
“Ragazzi perché non andate a casa?” disse infine Rick, vedendo, come fosse un libro aperto, che la mente della sua partner aveva già iniziato a lavorare sul caso. I due annuirono e Mal si staccò velocemente da Sonia, come se avesse capito solo in quell’istante l’estrema vicinanza che c’era tra di loro. Sembrò essere così anche per Sonia, perché arrossì. Ma dopo neanche un passò però, Mal si portò una mano al fianco lanciando un piccolo gemito.
“Mal?” lo soccorse la ragazza spaventata. Subito si avvicinarono a lui anche Rick e Kate. Mal aveva la mano al fianco sporca di sangue. L’interprete l’aveva immaginato. Aveva sentito chiaramente, mentre portava via di peso Sonia, alcuni punti rompersi, ma non se ne era preoccupato. In quel momento non era la cosa più importante.
“Credo mi si siano staccati dei punti… Niente di grave” rispose il ragazzo, non riuscendo però a reprimere una smorfia di dolore.
“Lo sapevo che era troppo presto” mormorò la Sonia arrabbiata. Poi cambiò tono. “Scusami è tutta colpa mia. Hai dovuto portarmi fino a qui e io non ho pensato minimamente che tu…”
“Ehi” la bloccò Mal portando la mano pulita sulla sua “Non ci pensare ok? Ora vado in ospedale e mi ricuciono per bene. Non ti libererai di me per un paio di punti rotti” disse facendole l’occhiolino. Lei sorrise debolmente e annuì. Nel frattempo la scientifica era arrivata e si era già portata sulla scena del crimine.
“Dobbiamo andare. Voi non muovetevi da qui. Vi faccio portare da due agenti in ospedale e poi a casa” disse Beckett con un tono che non ammetteva repliche. I due annuirono. Chiamò Esposito e gli disse di mandargli giù Maxwell e Torres. Voleva staccarli da quella scena del crimine così personale. Dopo un po’ di rimostranze dei due, alla fine riuscì a ordinargli di portare via i due ragazzi e di sorvegliarli. Castle aiutò Mal a sedersi senza troppo dolore sul sedile dell’auto dei due agenti. Salirono anche gli altri e partirono. Kate si ricordò in quel momento che aveva ancora indosso il giubbotto antiproiettile. Se lo tolse e lo lasciò nel bagagliaio dell’auto. Stava per chiudere, quando un altro giubbotto venne lanciato all’interno. La scritta WRITER sul davanti la fece sorridere. Si voltò verso Rick, con una mano ancora sulla chiusura del bagagliaio.
“Anche tu non ti libererai facilmente di me, lo sai vero?” chiese Castle con un sopracciglio alzato, un sorriso e le braccia conserte, come a non voler sentire repliche. Kate scosse la testa e chiuse la macchina, sempre con un vago sorriso sulle labbra. Lo so scrittore da strapazzo. Lo so. Musa e scrittore tornarono seri sulla scena del crimine. I tecnici stavano rilevando il sangue e le impronte sulla porta e nel resto dell’appartamento. Ryan ed Esposito invece cercavano indizi e scattavano foto. Lanie, in cucina, era impegnata a fare i primi rilevamenti sul cadavere di Bacon.
“Lanie” salutò Kate per richiamare l’attenzione del medico legale.
“Detective” disse quella in riposta alzando appena la testa. “Scrittore” continuò poi vedendo Castle appena dietro Beckett.
“Lanie” rispose lui con un mezzo sorriso e un cenno del capo.
“Allora cosa abbiamo?” chiese Beckett abbassandosi vicino al medico legale. Lanie fece un gesto ampio con la mano per indicare il cadavere.
“Quello che vedi. Bacon è stato ucciso con un solo colpo di coltello al petto. Non mi sembra abbia colpito organi vitali. È probabile che sia stato ferito, ma che poi sia morto dissanguato” disse con un cenno al sangue che circondava il corpo.
“Ora del decesso?”
“Fra le 3 e le 5 di questa mattina direi, ma sarò più precisa dopo l’autopsia.” Beckett annuì. “Inoltre sembra che si sia difeso” continuò Lanie indicando le dita di Bacon e poi un taglio al labbro che prima non avevano notato.
“Impronte?” chiese Kate osservando il coltello.
“Diverse. Sono già state tutte rilevate” rispose l’omopatologa.
“Non sembra un coltello da cucina” osservò Castle con la testa leggermente inclinata, socchiudendo gli occhi.
“Infatti non lo è” rispose Esposito, entrato proprio in quel momento nella cucina. “È un coltello da caccia, ma usato qualche volta anche dai militari. Si chiama Randall Knives, modello Airman, a giudicare dall’impugnatura. Non sono molti quelli che vendono questi tipi di armi” disse con fare esperto. L’essere stato nelle forze speciali gli dava una vasta conoscenza in fatto di armi.
“Meglio” disse Beckett rimettendosi in piedi. “Esposito trova tutti i rivenditori di coltelli in città. Vedi chi commercia questo tipo particolare. Poi prendi Ryan e vai parlarci. Voglio sapere a chi è stato venduto. Sono quasi sicura che questo coltello appartenga al nostro Gordon” mormorò poi mentre il detective usciva “ma spettiamo le impronte e la conferma della compravendita”
“Beckett!” la chiamò Ryan dall’altra stanza. La detective e Castle entrarono nella camera da letto. Il letto non era stato usato e sembrava essere tutto in ordine. Ryan era vicino a una piccola cabina armadio nell’angolo della stanza. Appena li vide gli fece un gesto per dirgli di avvicinarsi.
“Guardate qui” disse indicando l’anta socchiusa. C’erano impronte insanguinate e tracce di nastro adesivo, questa volta più recenti rispetto a quelle trovate all’appartamento di Gordon. Mettendo una mano sopra si poteva sentire ancora la colla. C’erano anche dei pezzi di nastro adesivo rotti e alcuni avevano delle parti di foto strappate ancora attaccate.
“Doveva essere molto di fretta, quando ha tolto queste stavolta…” commentò Castle. La detective annuì.
“Forse l’ha chiuso di nuovo nell’armadio, come a casa sua” disse Beckett iniziando a cercare qualcosa sul pavimento della cabina. “Trovato” esclamò dopo pochi secondi. In un angolo c’era un’altra piccola macchia di sangue. Ryan corse a chiamare uno dei tecnici della scientifica.
“Questo vuol dire che continua a sanguinare?” chiese Rick, lo sguardo puntato sulla chiazza rossa a terra. Kate scosse la testa.
“Non lo so. Potrebbe essere. In ogni caso dobbiamo trovarlo il prima possibile” dichiarò la donna turbata. “Comunque se non è qui, vuol dire che molto probabilmente è ancora vivo”
“Forse sta cercando di comunicare con noi” teorizzò Castle, le sopracciglia aggrottate, mentre si spostavano per lasciar lavorare i tecnici. Beckett alzò un sopracciglio.
“Comunicare chi?”
“Cris. Magari sta cercando di dirci dove è stato utilizzando le tracce di sangue” spiegò guardandola. “In fondo se non ci fosse stata quella macchia nell’armadio di Gordon, avremmo solo supposto che si fossero nascosti lì.” Beckett fece una smorfia. Poteva essere, ma non le piaceva l’idea che il piccolo perdesse apposta sangue per lasciare una scia di briciole dietro di lui.
“Non lo so, Castle. Spero solo non faccia niente di stupido” disse infine. Lasciarono quindi l’appartamento e tornarono al distretto. Era ora di pranzo, quindi Castle ordinò qualcosa al cinese. Beckett intanto andava ad aggiornare il capitano Gates. La donna non era stata per niente contenta di apprendere la morte del miglior segugio di New York e intimò a Beckett di sbrigarsi a trovare l’assassino.
La detective uscì dall’ufficio del capitano e prese un’altra lavagna. Immaginava che l’assassino fosse Gordon, ma in momentanea mancanza di prove aveva deciso di prenderlo come un caso a sé stante. Iniziò ad aggiornarla con un pennarello blu. Castle intanto l’aveva raggiunta. Mentre mangiavano, Rick le chiese della famiglia di Bacon. Kate rispose che Bacon aveva solo i genitori in Canada e che stavano già arrivando. Questa volta era stato il capitano, di sua iniziativa, a voler informare della morte di Bacon i genitori. Non era mai facile dare una notizia del genere, ma in fondo era successo nel suo distretto, sotto la sua sorveglianza, e si sentiva in colpa anche se non ne aveva motivo. O almeno questo era quello che pensava Beckett. Un’ora dopo Lanie chiamò Kate.
“Lanie trovato qualcosa?” chiese diretta la detective entrando in obitorio insieme a Castle.
“Beh, ora ti posso dire che il detective Bacon è morto tre le 4 e le 4.30 di stamattina. Ho fatto l’autopsia e, come supponevo, ci sono diverse contusioni che indicano che ha lottato” disse scoprendo parte del corpo di Bacon. Al centro del petto bianco un taglio scuro attirò subito la loro attenzione. Castle rimase qualche secondo a fissarlo, lo sguardo triste. Beckett invece si sforzò di continuare a seguire i punti indicati da Lanie con la penna, invece che quello squarcio. “Vedete il labbro spaccato, questi segni sulle mani e i lividi?” chiese. Beckett annuì. “Inoltre ho controllato le impronte” disse poi il medico legale prendendo un foglio con i risultati. “Quelle trovate sul coltello sono le stesse trovate a casa di Gordon e per tutto l’appartamento”
“Quindi è stato Gordon a pugnalarlo…” mormorò la detective. La sua ipotesi era corretta. Lanie annuì.
“E il sangue?” chiese Castle. Lanie prese una cartelletta con i risultati delle analisi.
“Il sangue sulla maniglia e sull’anta dell’armadio è di Bacon”
“Gordon deve essere scappato velocemente subito dopo averlo pugnalato” commentò Castle.
“E il sangue nell’armadio invece?” chiese Beckett. Lanie la guardò per un momento.
“Quello è di Cris” disse infine. Kate scambiò uno sguardo con Castle.
“C’è altro Lanie?” chiese con un sospiro la detective.
“In realtà sì… Più che altro è una cosa strana” disse la dottoressa, cercando uno dei fogli nella cartella. “Abbiamo trovato diverse macchie di sangue tra la cucina, la camera e la porta. Analizzandole ho scoperto che alcune non sono di Bacon, né di Cris”
“Quindi quel bastardo si è ferito?” chiese animandosi Castle.
“È una cosa frequente con i coltelli, soprattutto se non si è abituati a usarli. Ma la particolarità è un’altra. Il DNA trovato nel campione è in parte riconducibile a Bacon” disse porgendogli il foglio che stava cercando. Beckett aggrottò le sopracciglia.
“Che significa?”
“Significa che chi ha perso quel sangue era probabilmente un parente di Bacon. Non uno stretto come un fratello, un genitore o un figlio. Credo siamo sul grado del cugino, primo o secondo grado probabilmente”
“Aspetta…” la interruppe Castle. “Mi stai dicendo che Gordon potrebbe essere imparentato con Bacon?? Ma non aveva familiari” esclamò poi rivolto a Kate, che era stupita quanto lui.
“Evidentemente c’è qualcosa che non sapevamo… Grazie per la velocità Lanie” disse la detective salutando il medico legale e uscendo dall’obitorio per tornare alla sua scrivania con Castle. Aggiornò la lavagna con l’ora del decesso di Bacon. In quel momento tornarono Ryan ed Esposito.
“Beckett abbiamo trovato il negozio in cui è stato venduto il coltello. Si chiama “Il coltellaio pazzo”, in Kansas Street, vicino all’appartamento di Gordon. A quanto pare il proprietario ha venduto un Randall Knives modello Airman due giorni fa a un tale Billy Hook. Ti dice niente?” chiese Ryan.
“È lo stesso nome che Gordon ha dato per affittare l’appartamento” esclamò la detective.
“Già. Gli abbiamo anche mostrato la foto di Gordon. È lui” continuò Esposito.
“Bene” disse Beckett segnando l’informazione. “Quindi il coltello l’ha acquistato poco tempo prima del rapimento. Questo significa che forse sapeva anche già dove andare…”
“Non è possibile” la interruppe Esposito. “Abbiamo controllato i tabulati e non ha mai chiamato il proprietario prima di ieri alle 4.30pm”
“Ricontrollate. Andate indietro di qualche giorno.” I due annuirono e si avviarono alle loro scrivanie.
“Allora, Gordon ha portato Cris all’appartamento in Washington Street dopo la chiamata” iniziò a ricostruire i fatti Beckett. “Bacon è stato con noi qui al distretto fino alle 8 ieri sera. Ha parlato con il capitano per fornirgli le ultime novità. Poi, a quanto mi aveva accennato Maxwell, è tornato a casa”
“Alle 4am però è stato ucciso in Washington Street” continuò per lei Castle. “Questo vuol dire che ha saputo dove si nascondeva” Kate si morse il labbro inferiore e fece una telefonata.
“Maxwell?”
“Sì detective. Abbiamo portato i due ragazzi prima in ospedale e poi a casa” aveva un tono stanco, triste.
“Bene, ma volevo domandarti una cosa. Ieri sera hai fatto tu la lista dei possibili nascondigli di Gordon, vero?”
“Sì, ma non avevo trovato niente. Al solito ho mandato i risultati al detective Bacon. Poi questa mattina Esposito mi ha chiamato per avere anche lui i risultati. Alla fine, incrociando con i tabulati, siamo riusciti a scoprire dov’era Gordon…” rispose sorpreso dalla domanda. Beckett annuì, anche se Maxwell non poteva vederla.
“Va bene grazie. Ah, un’ultima cosa. A che ora hai mandato i risultati a Bacon?”
“Credo fossero le 11pm… poi ho staccato e sono andato a riposare”
“Ottimo grazie” e chiuse la telefonata. Poi si rivolse a Castle che attendeva impaziente davanti a lei gli esiti della chiamata.
“Maxwell ha mandato i risultati dei possibili nascondigli ieri sera verso le 11pm a Bacon” annunciò trionfante.
“Ma come faceva a sapere dove andare? Erano molti gli indirizzi trovati” chiese Castle con le sopracciglia aggrottate.
“Era il miglio segugio, no?” rispose Beckett. “Bacon inoltre abitava non troppo lontano da dove è morto. Quindi…”
“… quindi conosceva la zona e probabilmente sapeva i problemi di quell’indirizzo” continuò Castle balzando in piedi dalla sua sedia e raggiungendo la detective davanti alla lavagna.
“L’unica cosa che mi lascia perplessa è il legame di sangue…” mormorò Beckett guardando il foglio delle analisi appeso davanti a lei.
“Forse in realtà si conoscevano. Ti ricordi la faccia di Bacon quando ha visto la foto di Gordon?” chiese Castle.
“Sì. Mi sembrava alquanto perplesso di riconoscerlo. Eppure al suo nome non aveva battuto ciglio…”
“Magari ha cambiato nome” propose lo scrittore. La detective annuì piano.
“Potrebbe essere” commentò solo. In quel momento si aggiunsero anche Ryan ed Esposito.
“Abbiamo ricontrollato i tabulati” disse Esposito “anche dei giorni precedenti, fino a una settimana prima. Il proprietario dell’appartamento in Washington Street non l’aveva mai sentito prima di ieri pomeriggio”
“Però abbiamo trovato un’altra cosa” continuò Ryan passandogli un foglio con un numero di telefono evidenziato. “Era tra le chiamate ricevute. C’è ne siamo accorti solo ora esaminando di nuovo i tabulati. È il numero di Bacon”
“Cosa??” esclamarono insieme Beckett e Castle.
“È così” si inserì Esposito “Bacon ha chiamato Gordon questa notte verso le due. Sapeva dove trovarlo”
“Sì, aveva la lista, deve aver guardato tutti i possibili indirizzi…” disse sovrappensiero Beckett “Ma perché chiamarlo? E perché andare da lui? Perché non ci ha avvertito?” disse frustrata la detective.
“Forse so perché…” mormorò Castle. Tutti si girarono verso di lui e lo scrittore indicò il foglio con le analisi del DNA attaccato alla lavagna. “Se erano cugini, o qualcosa di simile, magari ha cercato di aiutarlo. Potrebbe averlo chiamato per farlo ragionare e poi essere andato in Washington Street per convincerlo a lasciar andare Cris. Una volta lì però qualcosa non ha funzionato. Ricordi cosa ci aveva detto il detective Finnik? Gordon è aggressivo, oltre che ossessivo. Potrebbero aver cominciato a litigare e, arrabbiato, Gordon ha colpito Bacon con il coltello con cui aveva ferito Mal e minacciato Cris”
“Perché lasciare l’arma lì però?” chiese perplesso Ryan.
“Perché forse ha trovato qualcosa di meglio…” sussurrò con un cattivo presentimento Beckett. Chiamò Lanie per una conferma sotto lo sguardo confuso dei tre uomini. Quando mise giù la chiamata, fece un sospiro e si rivolse di nuovo a loro. “La pistola di Bacon è sparita. La fondina alla cintura è stata trovata vuota”
 
Nel tardo pomeriggio arrivarono al distretto i genitori di Bacon, Henry e Marion, dal Canada. Beckett li fece entrare in una piccola saletta con un divano. Era un posto creato per parlare in tranquillità con i parenti delle vittime o per avere delle informazioni senza far sembrare il tutto un interrogatorio. Li fece accomodare e la detective prese posto in una poltrona davanti a loro dall’altra parte del basso tavolinetto al centro della stanza. Castle si sedette sull’altra poltrona presente.
“Signori Bacon, mi dispiace per la vostra perdita. Era un ottimo agente e…” cominciò Beckett.
“Non si preoccupi detective. Sapevamo che il lavoro di Gabriel era rischioso” la interruppe il padre. Era un uomo robusto e alto, come lo era stato il figlio. Aveva i capelli brizzolati tagliati a spazzola. Sembrava una versione più vecchia del detective Bacon che avevano conosciuto. La moglie invece era piccola e minuta. Aveva dei lunghi capelli neri che ora le ricoprivano in parte il volto tormentato dal dolore, gli occhi rossi e gonfi. Gabriel era il loro unico figlio. Il signor Bacon strinse leggermente il braccio sulle spalle della donna per avvicinarla di più a sé e confortarla. “Sapevamo fin dall’inizio i pericoli in cui sarebbe incorso mio figlio” continuò poi l’uomo. “Lo sentivamo per telefono. Cercava di parlarci il meno possibile del suo lavoro, o almeno delle parti peggiori”
“Ogni volta che salvava qualcuno però era come una festa” mormorò con dolcezza la madre. Non aveva ancora parlato fino a quel momento. Il signor Bacon annuì.
“Già, ci chiamava e diceva che aveva salvato un’altra persona dalla paura e i familiari dall’incertezza” disse con un misto di orgoglio e rimpianto, un mezzo sorriso a quei ricordi. Kate e Rick non poterono fare a meno di sorridere leggermente. Forse il detective Bacon non era uno con un grande tatto, ma era una brava persona. Beckett li lasciava parlare. Spesso il modo migliore per avere informazioni in più era semplicemente ascoltare.
“‘Loro almeno potranno vivere senza questo senso di impotenza continua’ diceva…” ricordò la madre con un sospiro.
“Sembrava conoscere bene la sensazione” disse curioso Castle lanciando uno sguardo a Beckett. I coniugi annuirono.
“Sì, è così. Vede mio figlio Gabriel voleva diventare poliziotto da quando era bambino, ma ha deciso solo dopo di entrare nella sezione rapimenti e scomparsi. Tutto a causa del povero George…” sussurrò tristemente la donna.
“George? Chi è?” chiese la detective.
“Era il figlio di mia sorella. George Coen” rispose triste la signora Bacon. “È scomparso quando aveva 10 anni…”
“Gabriel aveva 22 anni. Era appena entrato in polizia e teneva molto al cugino. Erano come fratelli. Anche George voleva entrare in polizia, per seguire le sue orme, sa?” continuò per la donna il marito. Castle e Beckett si guardarono. Forse avevano trovato una pista.
“Signori Bacon, avete per caso una foto di George?”
“Sì… da quando è scomparso ne abbiamo sempre tenuta una” rispose la donna cercando l’immagine nella borsa. Quando la trovò gliela porse. “Questa è stata scattata qualche tempo prima che sparisse. Scusate, ma perché queste domande su George?” chiese quindi la signora Bacon, turbata. Prima di risponderle, Beckett diede uno sguardo alla fotografia. Bingo!
“Perché crediamo che il detective Bacon abbia ritrovato suo cugino prima di morire” disse Kate, girando la foto in modo che anche Castle la vedesse. Lui rimase a bocca aperta. Il ragazzino della foto era sicuramente Samuel Gordon. Certo era più giovane, ma non era cambiato molto. L’immagine lo ritraeva sorridente. Un ragazzino felice. La donna davanti a loro si portò una mano al petto e l’altra alla bocca, incredula. Gli occhi dell’uomo invece erano sgranati.
“Davvero?” chiese solo il padre, con una punta di speranza, mentre con un braccio stringeva la moglie. Beckett li osservò per un momento. Come faceva ora a dirgli che il figlio era stato probabilmente ucciso dal cugino che tanto avevano sperato di trovare? Sentì gli occhi di Castle su di sé e si girò a guardarlo. Poteva leggergli il suo stesso dubbio in mente insieme alla domanda ‘Dobbiamo dirglielo?’. Kate sospirò e annuì.
“Crediamo che il detective Bacon abbia ritrovato George sotto un altro nome durante un caso di rapimento. È probabile che sia stato lui a ucciderlo.” I signori Bacon erano increduli e si rifiutarono di crederle.
“Mio nipote e mio figlio erano come fratelli” continuava a ripete mormorando la madre, mentre l’uomo si stava scaldando continuando a dire che era impossibile. Riuscì a farli calmare e promettergli che alla conclusione delle indagini avrebbero scoperto la verità. Al momento non poteva dare altre informazioni. I signori Bacon se ne andarono più stanchi e provati di quando erano arrivati. Appena usciti dalla saletta, Beckett chiamò Ryan ed Esposito dalle loro scrivanie. Disse al primo di fare un controllo su un certo George Coen. Quando gli diede l’immagine anche il detective rimase a bocca aperta, ma si riprese subito e si mise al computer. Ad Esposito invece commissionò una ricerca sulla famiglia Gordon.
Beckett e Castle andarono ad aggiornare la lavagna, mentre i due detective cercavano la conferma alla loro ipotesi. In quel momento venne in mente a Kate una frase pronunciata da Rick, durante il loro primo caso. Riguardava lei però. Quando lo scrittore aveva iniziato a scoprire la sua vita prima della polizia. ‘C’è sempre una storia. C’è sempre una serie di eventi che da senso al tutto’.Bacon era entrato alla sezione rapimenti e scomparsi per lo stesso motivo per cui lei era entrata alla omicidi. Giustizia. ‘Il punto è che c’è sempre una storia, bisogna solo trovarla.
 
Un’ora dopo Ryan ed Esposito terminarono la loro ricerca e si presentarono alla lavagna davanti a cui erano Castle e Beckett.
“Ok ragazzi, partiamo dall’inizio. Questa volta però non da Cris, ma da Bacon e Gordon o Coen o come si chiama” disse Beckett mettendosi di fronte ai tre uomini, tutti schierati seduti sulla scrivania. Cominciò Ryan.
“Allora, ho cercato questo George Coen. È scomparso da Bedford, Canada, dove abitava con i suoi genitori, a 10 anni. È uscito da scuola e nessuno l’ha più visto. Erano state avviate molte ricerche. Si supponeva che l’avessero rapito, non che fosse andato via volontariamente. Infatti i genitori, i signori Coen, avevano un’azienda bene avviata di riciclo rifiuti e sembra che fossero stati minacciati diverse volte da un uomo, tale Strike, che sosteneva di essere il proprietario della stessa. Nonostante ciò, nessuno ha mai chiesto soldi alla famiglia. Però ho trovato una cosa interessante. Due giorni dopo la scomparsa c’è stato un incidente d’auto appena fuori New York. L’auto era intestata a questo Strike, deceduto nell’incidente. Dei testimoni però sostengono che nell’auto fosse presente anche un ragazzino che però non è stato trovato da nessuna parte”
“Potrebbe aver cercato di portato fino a qui per nasconderlo, ma poi l’incidente ha cambiato i piani” disse Castle.
“Sì, ma il ragazzino? Che fine ha fatto? C’era davvero nell’auto?” chiese Backett pensierosa.
“Sembra sia stato trovato un ragazzino morto, con i vestiti laceri dell’incidente, circa 3 anni dopo. Sotterrato in un fosso. Si pensò fosse stato sepolto da qualche vagabondo”
“Aspetta Ryan, in che zona è avvenuto l’incidente?” domandò Esposito iniziando a cercare tra i fogli della sua ricerca. Ryan diede uno sguardo al taccuino in mano.
“Statale 87, all’incrocio con la 287. Perché?” Esposito fece un sorriso trionfante.
“Perché la casa di campagna dei Gordon era a Nanuet all’epoca, ad appena un paio di chilometri dall’incrocio”
“Quindi potrebbe essere arrivato fino dai Gordon a piedi” commentò Beckett. Stavano facendo supposizioni, ma al momento era l’unica cosa che potevano fare.
“Perché non denunciarlo alla polizia allora?” chiese Ryan.
“Forse posso risponderti io” disse Esposito. “I Gordon avevano un figlio, Samuel, gravemente malato. Era una cosa che non riuscivo a spiegarmi. Sono andati da diversi medici e in ospedale più di una volta fino a 18 anni fa. Poi più nulla. Come se all’improvviso si fosse ripreso”
“Non avranno mica scambiato i figli??” disse sbalordito Castle, capendo subito il ragionamento del detective.
“Beh, il ragazzino, all’epoca di 10 anni, assorbiva parecchio del loro stipendio a quanto pare” rispose quello. “Comunque poi sono caduti in disgrazia a causa di alcuni investimenti sbagliati del signor Gordon. Quando sono morti 10 anni fa, erano quasi sul lastrico. Il figlio Samuel, diciottenne, prese poco o niente.
“Tutto questo e il ragazzo non ha detto niente?” chiese Beckett confusa.
“L’incidente è stato violento a quanto diceva il rapporto. Magari aveva perso la memoria e i Gordon l’hanno accolto approfittando del fatto che non sapesse più chi era” ipotizzò Ryan. Beckett sospirò con un mezzo sorriso.
“Ok Castle junior, mettiamo che sia così. Andiamo avanti. Bacon diventa poliziotto e Gordon inizia a fare diversi lavori per tirare avanti. L’incontro con Julia lo stravolge”
“È ossessionato da lei, tanto da indurla a scappare. Se davvero ha confuso i genitori morti con quelli reali, magari c’era la paura di rimanere nuovamente solo a spingerlo a comportarsi così” ragionò Castle. “Quindi l’incontro con Sonia. Sono uguali e lui pensa di avere la possibilità di riprendersela”
“La segue e vede che è sempre insieme a Cris. Quindi lo rapisce per arrivare a lei. A questo punto però c’è un problema. Bacon” continuò Beckett.
“Già, Bacon l’ha riconosciuto quando gli abbiamo fatto vedere la foto. Magari voleva incontrarlo di persona. Così lo trova attraverso l’elenco di case datogli da Maxwell. Lo chiama. Forse cerca di convincerlo a ragionare e lasciare Cris, forse solo per dirgli che vuole vederlo”
“Alla fine si incontrano. Gordon però non sa chi è lui o forse ricorda qualcosa. Bacon cerca di convincerlo a tornare a casa forse, a lasciare questa storia alle spalle”
“Lui però non collabora. Litigano e in un momento di rabbia, Gordon prende il coltello che aveva usato per minacciare Cris e lo pugnala”
“Capisce però di aver fatto una sciocchezza. Prende la pistola di Bacon per continuare a tenere sott’occhio Cris. Poi lo tira fuori dall’armadio, strappa le foto ed esce per cercare un nuovo nascondiglio…”
A questo punto si bloccarono. Si erano avvicinati molto durante il loro scambio di battute. Ryan ed Esposito si scambiarono uno sguardo divertito.
“Già ma dove va? In quali posti può andare ora?” chiese la detective con una smorfia.
“Aveva fretta, forse in uno conosciuto” propose Castle.
“Ryan, Esposito, controllare tutti i luoghi in cui ha abitato o lavorato e vedete se riuscite a scovare dove si nasconde.” I due annuirono e si allontanarono verso le loro scrivanie.
“Secondo te perché non ha ancora chiesto niente?” domandò Castle guardando l’immagine del giovane George.
“Credo non abbia avuto tempo. Continua a cambiare posto. Quando troverà una sistemazione, che reputerà sicura, cercherà di contattarla” rispose Beckett, anche lei concentrata sull’immagine come se potesse parlare e dirgli il nascondiglio. Dopo qualche minuto Castle guardò l’ora. Erano già le 8.30pm.
“Forse è il caso di tornare… Qui non abbiamo altro da fare e possiamo dare il cambio a Maxwell e Torres” disse lo scrittore. La donna annuì. Salutarono i due detective e sia avviarono all’appartamento di Castle.
 
In casa l’atmosfera era tranquilla, anche se un po’ tesa. L’unica chiamata ricevuta era stata dai genitori di Sonia. Mal si era fatto ricucire in ospedale in mattinata e gli avevano intimato di non fare sforzi o l’avrebbero ammanettato a uno dei letti dell’ospedale. Stavano scherzando ancora su questo quando Rick e Kate tornarono, dando il cambio a Maxwell e Torres, ancora un po’ provati dalla giornata. Sonia andò a prendersi un bicchiere d’acqua scuotendo la testa, mentre Mal continuava a parlare, sotto lo sguardo divertito di Alexis e Martha.
“No dai, mi lasceresti davvero lì? Ma è peggio di una prigione! E da una prigione invece mi tireresti fuori almeno?” le urlò dietro. Stava cercando in ogni modo di tirarle su il morale e ci stava riuscendo. Rick e Kate si avvicinarono ai presenti e si sedettero sul divano, lei composta, lui stravaccandosi, non prima di aver dato un bacio alla figlia.
“Di che parlavate?” chiese poi Castle con un sorriso stanco.
“Gli ho raccontato di quel vecchio caso in cui un infermiere ha tirato fuori di prigione la sua donna, accusata ingiustamente, rischiando tutto” rispose la ragazza con un sorriso. “Era così romantico”
“Eh, io l’avevo detto. Anche a te Richard, ricordi?” Lui annuì e sorrise. E come poteva dimenticarlo? ‘Rischieresti la carriera per farla scappare di prigione? Perché questo, ragazzo mio, è il vero amore’. Lanciò sottecchi uno sguardo alla detective accanto a lui.
Stai tranquillo ti tiro fuori io, se vai in prigione. Ma non aspettarti il mio aiuto per scappare dall’ospedale” disse ridacchiando Sonia, rientrando dalla cucina. Rick spalancò la bocca sorpreso dalla risposta e la guardò. Quindi spostò lo sguardo prima sulla madre, che le sorrise facendole l’occhiolino, poi sulla donna seduta accanto a lui. Lei non sapeva cosa si erano detti madre e figlio, ma le sue parole rivolte a Castle, le stesse che ora aveva pronunciato Sonia, la fecero sorridere. Quando poi vide lo sguardo sbalordito e buffo di Richard vicino a lei non poté fare a meno di mettersi a ridere. Inoltre la faccia dello scrittore era molto simile a quella che aveva fatto quando lei stessa aveva detto quella stessa frase. Quando Sonia si sedette però tornarono seri, perché la ragazza chiese le ultime novità.
Cenarono mezz’ora dopo e subito dopo Malcolm tornò a casa. In fondo doveva riposare anche lui. Sonia sembrava dell’idea di rimanere tutta la notte ancora sul divano. Erano le 10.30pm quando il campanello dell’appartamento squillò. Aprì Castle, con Beckett appena ad un passo da lui con la pistola pronta dietro la schiena. Si trovarono davanti un enorme mazzo di rose rosse. Il ragazzo delle consegne disse che era per la ragazza mora che abitava lì. Si girarono verso Sonia, la cui testa spuntava curiosa, insieme a quella di Alexis, dal divano. La ragazza si avvicinò circospetta alle rose.
“Da parte di chi sono?” chiese curiosa Alexis. Poi le si aprì un sorriso “Mal?” Da dietro il mazzo nessuno aveva notato che Sonia aveva trovato un piccolo bigliettino. Nascosta dai fiori, nessuno la vide impallidire e coprire con una mano il piccolo pezzo di carta. Solo Rick e Kate, i più vicini, videro un quasi impercettibile triangolino bianco uscire dalla mano della ragazza.
“Sì, sì sono di Mal…” rispose più turbata di quanto forse avrebbe dovuto essere. Poi disse che doveva andare in camera e vi si chiuse dentro con i fiori. Beckett e Castle si guardarono sospettosi. Finora la ragazza non si era mai mossa dal divano, ma immaginarono tutti volesse stare un po’ sola. Inoltre pensavano che ci fosse un biglietto personale all’interno, quindi la lasciarono in pace. Alexis e Martha andarono a dormire poco dopo, mentre Beckett e Castle rimasero vigili, nonostante la stanchezza, sul divano. O meglio Kate rimase vigile, mentre lo scrittore verso l’una si addormentò di botto con la testa reclinata all’indietro sul divano.

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Ciao!! :D
E così si è scoperto di chi è il sangue... Ok Bacon forse non mi era così antipatico in fondo, mi spiace, ma era già predestinato a morire (da me)! ù.ù
Allora questo capitolo è un po' lungo (non come l'altro), ma stavolta è molto parlato! :) Spero di essere riuscita a rendere un minimo della velocità di ragionamento di quei due! X)
Ah, mi scuso in anticipo se non vi piacciono le indagini, non so se sono riuscita a descriverle bene... Lo so che per fare ricerche e analisi ci vuole tempo e io invece ho affrettato il tutto, ma fate conto che l'assassinato è un collega quindi tutti diventano Speedy Gonzales! ;)
Ormai siamo quasi alle battute finali (o almeno nella mia testa... XD), perciò tenete duro! :)
Boh dovrei aver detto tutto... recensione di qualunque foggia sono sempre più che gradite! :D
Al prossimo capitolo!! :)
Lanie

Ps: lo aggiungo solo ora perché mi sono dimenticata di dirlo prima, ma le due cittadine, Bedford e Nanuet, esistono davvero! :) Come anche le statali che si incrociano poco sopra Nanuet! Nanuet è poco sopra New York, mentre Bedford è vicino al confine, ma in Canada! :) I miracoli di Google Maps! XD Ah anche il modello di coltello esiste davvero! :) Volevo rendere il tutto un po' più reale! ;)
  
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