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Autore: Gloria Gerald    01/03/2012    6 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13 – La gelosia di Abel
 

 
 
- Oh Emma, è semplicemente stupendo – esclamò Georgie ammirando il corredo che l’amica aveva preparato per il bambino che portava in grembo.
Emma era contenta che a Georgie piacesse il suo lavoro. Ci teneva che lei avesse qualcosa di suo, in modo tale da ricordarla quando sarebbero state lontane, una volta che la sua cara amica avesse fatto ritorno in Australia.
- Se non era per il tuo aiuto non sarei riuscita a finirlo in tempo – disse Emma.
Georgie abbracciò l’amica calorosamente, dicendole – Ma ho fatto pochissimo. Era praticamente finito! Sei stata davvero brava Emma. E’ un dono meraviglioso -.
Emma sentì l’emozione prendere il sopravvento e mormorò – Almeno ti ricorderai di me quando sarai in Australia. E sarà il mio regalo per il tuo bambino, visto che quando nascerà io non ci sarò -.
Georgie si commosse a quelle parole e disse – Oh Emma, non sai quanto mi dispiace dirti addio. Sarà la cosa più difficile per me. Sei in assoluto l’amica più cara che io abbia mai avuto -.
Si abbracciarono e piansero un po’, ma cercarono di non abbandonarsi alla tristezza. Volevano vivere la loro amicizia nel modo più sereno possibile, fino alla fine.
- Dai basta con le lacrime – disse Emma – Non è da noi. Voglio ridere con te e non piangere -.
Georgie sorrise ed annuì – Sì, hai ragione. Basta piangere -.
Ripresero il loro cicaleccio femminile, mentre riponevano il corredino del bambino in una grande scatola.
E tra le chiacchiere, Georgie decise di fare una confidenza all’amica.
- Emma devo raccontarti una cosa strana che mi è successa stamattina mentre venivo da te – disse un po’ a disagio – Ho bisogno di un consiglio, come al solito -.
Emma comprese che Georgie aveva bisogno di confidarsi, così la invitò a sedersi sul vecchio divano del suo soggiorno, per un po’ di chiacchiere tra donne.
- Dimmi tutto – disse Emma fissando Georgie intensamente.
Georgie fece un bel respirò e le raccontò dell’incontro di poche ore prima con Lowell e di tutto quello che si erano detti.
- Cosa? Ha detto proprio così? – esclamò Emma stupita – Che ti amava a tal punto da voler fuggire con te anche se aspetti un figlio da Abel? -.
- Esatto – sospirò Georgie – E comprenderai il mio disagio nell’aver dovuto spegnere il suo entusiasmo. Non volevo farlo soffrire. Tra noi è finita da tempo ormai, ma voglio che lui stia bene. E invece ho dovuto parlargli chiaro e credo di averlo ferito profondamente. Mi dispiace molto. Spero davvero che possa dimenticarmi ed essere felice -.
- Mmm certo – disse Emma – Ma dimmi la verità Georgie…. rivederlo, sentire quelle parole, non ti ha turbato un po’? Non sei stata tentata nemmeno per un attimo? Voglio dire, è stato il tuo primo amore infondo e quando lo hai lasciato non lo hai fatto perché avevi smesso di amarlo, ma perché volevi che si curasse e tu sapevi che non avresti potuto dargli ciò di cui aveva bisogno. Sarebbe normale se dentro di te provassi ancora qualcosa per lui -.
Georgie sgranò gli occhi, stupita dalle parole di Emma.
- Ma che stai dicendo Emma, sei forse impazzita? – esclamò Georgie, con una punta di sdegno nella voce – Ma per chi mi hai presa? -.
Emma si sentì in imbarazzo, non voleva assolutamente offendere la sua amica – No Georgie, non prenderla per il verso sbagliato – si giustificò – Non volevo insinuare niente. Ti chiedevo solamente se per caso Lowell ha su di te ancora un certo effetto, tutto qui -.
Georgie scosse la testa e rispose – Nessun effetto Emma. Lo sai che amo Abel. Non sono il tipo di ragazza che sta con una persona se nel cuore prova ancora sentimenti per qualcun altro. Non lo farei con nessuno e tantomeno con Abel. Ci conosciamo da una vita intera, lo rispetto troppo per comportarmi così con lui. Con Lowell è semplicemente finita. Sono dispiaciuta per lui ed è stato brutto dargli una delusione, ma questo non centra con i sentimenti che provo per Abel. E’ lui l’amore della mia vita -.
- Capisco… ma allora – le chiese Emma – Non capisco perché hai voluto parlarmi di questa vicenda. Se non hai dubbi, cos’è che ti turba? -.
Georgie sospirò e spiegò all’amica la situazione – Vedi, non so come comportarmi con Abel ora. Una parte di me pensa che dovrei raccontargli tutto. Non è successo niente infondo e sarebbe corretto che lui lo sapesse, così avrà la conferma che con lui non ho segreti di nessun genere e che potrà sempre fidarsi di me -.
Emma ascoltò in silenzio, annuendo al ragionamento sensato dell’amica.
- Ma un’altra parte di me – continuò Georgie – Conosce Abel molto bene e sa che non reagirebbe nel migliore dei modi a questa rivelazione. Abel è un tesoro e mi ama così tanto che a volte mi lascia senza fiato. Però è irruento e geloso. Lo è sempre stato, anche quando credevo che fosse mio fratello. E ho ragione di credere che ora lo possa essere ancora di più, visto che sono sua moglie. Quindi ho paura di scatenare la sua ira verso Lowell. Sarebbe capace di andarlo a cercare e dargli un pugno. Cosa che ha già fatto in passato peraltro e sinceramente vorrei evitarlo. Capisci perché sono confusa? Non so che fare. Essere onesta e condividere tutto con mio marito o tenermi dentro un piccolo segreto per il quieto vivere? -.
Emma rimase per un attimo in silenzio a pensare, ma poi si rivolse all’amica con tono deciso – Diglielo. Sii onesta. Abel dovrà capire e controllarsi. Infondo potrà solo apprezzare la tua sincerità. Ora non è più un ragazzino e anche se sarà geloso dovrà imparare a contenersi. Del resto non è successo proprio nulla. Tu ti sei comportata benissimo, quindi non potrà arrabbiarsi. Credo che sia meglio così. Se un giorno dovesse venire a scoprire questo fatto, potrebbe sempre accusarti di non essere stata sincera con lui e magari nella sua testa inizierà a pensare che tu possa provare ancora qualcosa per Lowell. Diglielo e stai serena. Vedrai che non succederà nulla. Credo che Abel sia troppo felice di far ritorno a casa con te per farsi turbare da Lowell. E poi, obiettivamente, non ha nulla di cui preoccuparsi visto quanto sei innamorata di lui. Anzi, ti dirò di più, è un uomo fortunato ad averti accanto! -.
Georgie sorrise alle parole della sua amica e si sentì rincuorata.
- Oh grazie Emma – esclamò felice – Avevo proprio bisogno del tuo consiglio. Sei così saggia! -.
Emma ridacchiò, lusingata da quelle parole.
- Oh Georgie, per me è un piacere esserti d’aiuto – disse abbracciandola.
- Ora però devo andare. E’ quasi ora di pranzo – esclamò Georgie, alzandosi dal divano – Ho promesso a mio padre che sarei rincasata per mezzogiorno e non voglio fare tardi. E poi ho voglia di vedere Abel. E devo anche parlare con lui, quindi non voglio più perdere tempo -.
Si salutarono e Georgie uscì dalla casa di Emma, imboccando la via del ritorno.
Si sentiva più leggera. Aver parlato con la sua amica le aveva fatto bene. Era un buon consiglio quello che le aveva dato. Non vedeva l’ora di parlare con Abel.
Mentre camminava, strinse al petto la scatola che conteneva il corredino del suo bambino.
Era stato davvero un bel pensiero quello di Emma. Voleva assolutamente mostrarlo a suo padre e a suo marito.
Vedere quegli abitini le fece realizzare che presto sarebbe arrivato un bimbo o una bimba in carne ed ossa e che la sua vita e quella di Abel sarebbero cambiate definitivamente.
- Diventeremo genitori – pensò emozionata – Saremo felici e nessuno potrà mai separarci -.
Assorta in questi pensieri, arrivò a casa senza nemmeno quasi accorgersene.
Entrò canticchiando, di ottimo umore ed incontrò suo padre nell’ingresso.
- Rieccomi di ritorno! – cinguettò allegramente.
Il conte le rivolse un caloroso sorriso e le chiese – Allora, tutto bene dalla tua amica? -.
- Oh sì papà, tutto bene – e mostrandogli la scatola che stringeva al petto aggiunse – Il corredino che ha preparato Emma è semplicemente meraviglioso. Non vedo l’ora di fartelo vedere. Ma prima voglio mostrarlo ad Abel. Sai dov’è ora? -.
Il conte la guardò meravigliato ed esclamò – Ma io credevo che Abel fosse con te! -.
- Con me? – disse Georgie – Ma papà non ti ricordi che quando sono andata da Emma ho lasciato Abel a letto che dormiva? Dovrebbe essere a casa. Ma tu non l’hai visto? -.
- Certo che mi ricordo che lo hai lasciato a casa a riposare – rispose il padre – Ma appena sei uscita stamane, Abel è sceso nel salone e mi ha chiesto di te. Quando gli ho detto che eri andata da Emma da sola, ha deciso che ti avrebbe seguito. Ero certo che ti avesse raggiunta ed avesse passato la mattinata con te -.
- E invece io non l’ho proprio visto – disse Georgie pensierosa – Ma dove si sarà cacciato? Non vorrei che gli fosse successo qualcosa -.
Il conte abbozzò un sorriso e cercò di rassicurare la figlia – Non preoccuparti Georgie, cosa può essere successo ad un ragazzo come Abel in pieno giorno? Magari non ti ha incontrata e avrà deciso di fare qualcos’altro. Avrà semplicemente cambiato idea. Vedrai che tra poco sarà di ritorno -.
A Georgie sembrò che in effetti la cosa avesse un senso, ma non era da Abel sparire così senza avvertire.
- Magari strada facendo ha deciso di andare dal signor Allen – ipotizzò Georgie incerta – Chissà, forse non aveva voglia di passare la mattinata con me ed Emma. Forse aveva del lavoro da svolgere o doveva parlare al signor Allen dello studio che aprirà a Sydney -.
- Ma certo mia cara – disse il padre – E’ sicuramente andata così. Non preoccuparti. Vedrai che rientrerà presto. Tu piuttosto, sali in camera tua a cambiarti per il pranzo e a riporre il corredino. Lo mostrerai ad Abel nel pomeriggio -.
Georgie annuì e salì le scale, scacciando ogni preoccupazione per la momentanea sparizione di Abel e riprendendo a canticchiare.
Entrò in camera da letto e posò la scatola sul letto. Non potè fare a meno di soffermarsi un istante a pensare a questo bambino e a quanto fosse felice di condividere un’esperienza così bella con Abel.
Poi slacciò il cappello che indossava e si voltò per posarlo sul mobile accanto a lei, quando notò a terra dei cocci.
- Ma chi ha rotto il vaso che era qui? – esclamò nel vedere i pezzi taglienti sul pavimento.
- Bisogna fare attenzione – pensò tra sé e sé – Sono molto taglienti e c’è rischio di farsi male -.
Non riusciva a capire perché chi aveva rotto il vaso non avesse provveduto anche a ripulire. Ma non si soffermò più di tanto su questo punto. Decise piuttosto di raccogliere quei pericolosi cocci.
Ma prima di farlo decise che si sarebbe cambiata d’abito. Così si voltò per cercare un vestito più comodo e notò un movimento provenire dalla poltrona posta davanti alla finestra che vi era infondo alla stanza.
Quasi si spaventò. Pensava che non ci fosse nessuno in camera, non aveva notato che invece qualcuno era seduto su quella poltrona.
Ebbe un sussulto, ma subito si calmò perché riconobbe la figura di Abel.
Sorrise e gli andò in contro – Ecco dove ti eri cacciato – disse lei raggiante – Ma lo sai che mi hai fatto prendere un bello spavento? Perché non ti sei fatto vedere quando sono entrata? Ero convinta che non ci fosse nessuno. Ma lo hai rotto tu quel vaso? Bisogna assolutamente pulire perché c’è il rischio che qualcuno si faccia male -.
Disse tutte quelle parole di seguito. Aveva assolutamente voglia di stare con lui, parlare con lui e non sapeva trattenere l’entusiasmo. E quando era felice rischiava di essere logorroica.
Abel non le rispose, non voltò nemmeno la testa per guardarla.
Era una strana reazione, ma lei non ci badò. E continuò a parlargli.
- Abel devi assolutamente vedere il corredino che Emma ha preparato per il nostro bambino – cinguettò felice – E’ bellissimo! E nel guardarlo sto realizzando che presto nostro figlio sarà con noi e che potremo stringerlo tra le braccia. Ma ti rendi conto? Non riesco a pensare ad altro oggi, sono troppo felice, sento che il nostro futuro sarà radioso! -.
Era al settimo cielo e stava aprendo il suo cuore ad Abel, voleva assolutamente condividere con lui il fiume di emozioni positive che la stava attraversando e che la rendeva gioiosa e piena di ottimismo. Ma si stupì ancora una volta, perché da Abel non ottenne nessuna reazione.
Continuava a stare immobile sulla poltrona, fissando un punto indefinito fuori dalla finestra. Non si era neppure voltato a guardarla e sul suo volto era segnata un’espressione dura e distaccata.
Georgie non riuscì a capire quell’atteggiamento e cercò spiegazioni da lui.
Si avvicinò alla poltrona e posò una mano sul suo braccio – Abel ma che hai? Non stai bene forse? O c’è qualcosa che ti preoccupa. Mi sembra che tu mi stia ignorando. Ma hai sentito quello che ti ho appena detto? – chiese dolcemente, fissandolo preoccupata.
Abel ebbe un sussulto a quelle parole e al contatto della sua mano contro il suo braccio.
Voltò la testa improvvisamente, fissandola severamente e scosse il braccio, come per scacciare la sua mano.
Georgie indietreggiò a quella reazione, sgranando gli occhi per la sorpresa e per la paura. Ma che comportamento era quello? Sembrava quasi che Abel avesse ribrezzo del suo tocco. Non era possibile. Ma che stava succedendo?
Sentì una morsa allo stomaco e tutto il suo buon umore scivolò via, per lasciare spazio ad una strana angoscia che si impadronì velocemente di lei.
Dopo pochi istanti di silenzio, durante i quali lui la fissò duramente, finalmente Abel si decise a parlare.
- Certo che ti ho sentito – replicò freddamente, senza la minima emozione nella voce – Non sono sordo, Georgie -.
Georgie era come paralizzata. Il suo Abel era così strano, così freddo. La sua voce, i suoi movimenti, il suo sguardo erano così severi. Non capiva. Era abituata a sentirsi amata, adorata da lui. I suoi gesti verso di lei erano sempre caratterizzati da calore, dolcezza, amore e ora, a vederlo così, non sembrava nemmeno più lui.
Georgie si sentì improvvisamente sola, in preda al panico, di fronte ad un uomo che le sembrava di non conoscere. Un uomo che non aveva buone intenzioni per di più.
- Abel ma… - balbettò a fatica – Che sta succedendo? Mi sembri così diverso… -.
Abel la fissò e non rispose e lei si sentì sempre più piccola, sempre più fragile. Non sapeva spiegare il suo atteggiamento e aveva paura. Non aveva mai provato paura quando stava con Abel e questa nuova esperienza la stava sconvolgendo. Non lo aveva mai visto così con lei.
- Ti prego Abel, parlami – disse con le lacrime che le salivano agli occhi – Non riesco a capire … -.
Ma lui non le diede modo di finire la frase che la interruppe. Con quella voce fredda e risoluta, le disse – Georgie ti prego basta. Falla finita -.
Georgie continuava a non capire e con espressione confusa domandò – Ma farla finita con cosa? Abel ti prego spiegami, sto impazzendo -.
Abel cercò di trattenere la rabbia che gli stava montando in petto. Chiuse per un istante gli occhi, poi tornò a fissarla e, con una strana calma, disse – So tutto Georgie. Smettila con questo teatrino. Non mi incanti più -.
Georgie indietreggiò ancora di un passo. Sentì il mondo intorno a lei girare vorticosamente e perse quasi l’equilibrio. Si appoggiò ad una tenda per non cadere e tornò a fissarlo incredulo.
- Ma che stai dicendo Abel? – chiese spaventata – Non capisco le tue parole. Abel mi stai facendo paura. Ti prego, spiegami! -.
- Ma che brava la nostra Georgie! – disse sarcastico e, continuando a fissarla con rancore, continuò – Se non sapessi la verità, mi sarei lasciato abbindolare ancora una volta. Sai proprio mentire bene. Peccato che ora non sono più così ingenuo da crederti -.
Georgie continuava a non capire. Quella situazione era assurda. L’Abel che aveva davanti a sé era un estraneo. Non riusciva a comunicare con lui e a capire che cosa intendesse dire. E la cosa peggiore era che Abel era in collera con lei, come non lo aveva mai visto prima. E lei non sapeva come placarlo, cosa dirgli. Nulla aveva senso.
- Abel…io….non capisco – gli disse disperata – Non ti riconosco più. Cos’è che ti sconvolge così tanto? -.
Abel fece una secca risata sarcastica e disse – Povera piccola Georgie! Ma quanto sei spaventata! -.
Poi improvvisamente tornò a fissarla intensamente, più serio che mai, e aggiunse – Ti ho chiesto di smetterla una volta per tutte. So tutto Georgie! Tutto! E quando dico tutto, intendo che non puoi più raccontarmi menzogne. Abbi la decenza di essere leale almeno adesso -.
Georgie si portò una mano alle labbra. Continuava a non capire a cosa Abel si stesse riferendo, ma aveva paura di chiedere ancora. Temeva la sua reazione.
Abel iniziò a camminare lentamente avanti e indietro, fissandola con uno sguardo cupo, assente.
- Non sono uno stupido – riprese lui all’improvviso – Forse hai pensato che io lo fossi. Non posso darti torto. In effetti ero completamente abbindolato dalle tue moine. Ma appena ho avuto modo di realizzare come stavano veramente le cose, ho capito che cosa stava succedendo e me ne voglio tirare fuori. Non merito questo e tu lo sai. Quindi, in nome di tutti gli anni che abbiamo trascorso insieme, ti chiedo solo onestà e sincerità. Giunta a questo punto, cara mia, non puoi più continuare a mentire -.
Georgie era sempre più confusa e dentro di sé sentì un moto di coraggio ed orgoglio farsi strada tra il panico che stava provando. Doveva capire e non aver paura di parlare con lui.
Fece un profondo sospiro, lo guardò dritto negli occhi e disse – Io non voglio mentirti, non lo farei mai. Ma non capisco a cosa tu ti stia riferendo. E’ ovvio che sei ferito ed arrabbiato. Ma non so davvero che cosa posso aver fatto -.
Abel si girò di scatto e la guardò con occhi sgranati, da pazzo. Con due passi si avvicinò a lei come un leone fa con la preda. Le afferrò il bracciò con poca gentilezza e con tono grave le chiese – Cosa hai il coraggio di dire? -.
Georgie ebbe un sussulto, ma non volle dimostrarlo. Stava ritrovando fierezza e tenne testa a quello sguardo. Gli rispose, cercando di nascondere la paura – Sto dicendo che non so cosa ti ho fatto di così grave -.
- Basta! – tuonò lui, lasciando sgorgare tutta la sua ira – Ammettilo! Ammetti che cosa fai alle mie spalle! Dillo! -.
Georgie lo guardò senza capire, devastata da quel comportamento.
- Georgie ho visto tutto! Lo vuoi capire? Ti ho vista! – urlò lui in preda ad un fiume violento di rabbia e frustrazione.
Georgie scosse la testa e continuò a guardarlo.
Abel era disperato e devastato. Abbassando il tono, e con voce rotta dal dolore, disse – Eri con lui stamattina. Lo hai accarezzato. Te ne sei andata con lui. Non serve più mentire, so tutto -.
Georgie sgranò gli occhi e sussultò! Lowell! Ecco a chi si stava riferendo! Li aveva visti e aveva travisato ogni cosa! Ecco perché era così arrabbiato con lei. Ma non era come lui pensava. Doveva assolutamente spiegarglielo.
- No Abel! – si affrettò a rispondere – Non è come pensi tu. E’ stato un caso che io abbia incontrato Lowell stamani. Ti assicuro che non è successo nulla -.
Abel la guardò incredulo e disse – Hai ancora il coraggio di mentire? Speri di ingannarmi ancora inventandoti qualche scusa? Forse pensi che sono proprio uno stupido -.
Georgie corse verso di lui, aggrappandosi al suo braccio e guardandolo disperatamente – Abel ti giuro che non è successo nulla! E’ così, davvero. Te lo avrei detto non appena tornata a casa, ma tu non me ne hai dato modo. E’ venuto da me perché dice di amarmi ancora, ma io l’ho rifiutato. Gli ho detto che amo solo te. E’ vero che gli ho dato una carezza, ma era un gesto di amicizia, credimi. Gli stavo dicendo addio. Non me ne sono andata via con lui. L’ho semplicemente accompagnato alla carrozza che lo stava aspettando proprio qui dietro casa. Lui se ne è andato e io ho proseguito il mio cammino. Sono stata con Emma tutta la mattina, te lo giuro. Puoi chiederlo a lei, se non mi credi -.
Abel sorrise e scosse la testa. Guardò il pavimento e con voce amareggiata mormorò – Smettila con queste scuse patetiche. Ti sarai semplicemente messa d’accordo con Emma. Siete amiche e sono certo che ti proteggerebbe con qualunque menzogna -.
- Ma Abel come puoi credere una cosa simile! Tu mi conosci, non sarei mai capace di farti del male – disse Georgie tra le lacrime.
Abel continuò ad evitare di guardarla. Gli faceva troppo male. Si sentiva debole e disperato. Non riuscì a trattenere qualche lacrima, ma proseguì il suo discorso – E’ questo che mi ha ferito più di tutto. Pensavo di conoscerti. Credevo che fossi sincera. Vedere quella scena mi ha sconvolto, ma almeno mi ha fatto capire come stanno davvero le cose e che razza di persona tu sia, Georgie – si interruppe brevemente per un profondo sospirò e continuò – Aveva ragione mia madre nel dire che ci avresti rovinato la vita. Guarda i risultati ora -.
Se in quell’istante Georgie avesse potuto scegliere, avrebbe preferito ricevere uno schiaffo da Abel piuttosto che sentirgli pronunciare quelle parole.
Indietreggiò sconvolta, devastata da uno strano sentimento che era un misto di repulsione e delusione. Era questo che Abel, suo marito e padre del figlio che stava aspettando, pensava di lei dopo un’intera vita trascorsa insieme?
- Mi fai ribrezzo – mormorò Georgie con un filo di voce. Ora era lei a non provare più emozioni e a sentirsi fredda e distaccata.
Abel la guardò e disse – Ti faccio ribrezzo perché ho capito tutto? Perché ora non sono più un burattino nelle tue mani? -.
- Smettila! – urlò lei disperata – Come osi dirmi queste parole dopo tutto quello che ho fatto per te? Credevo di averti dimostrato in più di un’occasione di amarti! Credevo che quello che stavamo vivendo fosse speciale. Come puoi pensare che io sia l’amante di Lowell mentre sono sposata con te e porto in grembo tuo figlio? Che razza di mostro pensi che io sia? -.
Abel la guardò sconcertato e le rispose – E’ questo che mi ha sconvolto più di tutto. Come puoi stare con lui, farti amare da lui, mentre hai dei progetti con me, una vita con me? Non riuscivo a spiegarmelo, ma poi ho capito -.
Georgie lo guardò sconvolta. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Lui si era dato una spiegazione. Trovava plausibile che lei potesse agire in quel modo.
- Vedi – proseguì lui – So che non sei cattiva. Ho capito che sei stata semplicemente vittima degli eventi. Ho ricostruito nella mia testa la situazione e ho trovato la mia risposta -.
Georgie non aveva nemmeno più la forza di starlo ad ascoltare. Era folle. Completamente folle.
- E come sarebbero andate le cose secondo te ? – chiese lei a metà tra il sarcasmo e la tristezza.
- Hai dovuto lasciare Lowell anche se lo amavi. Immagino che tu abbia sofferto molto. Ti sei trovata all’improvviso sola e senza amore. Io ti sono stato vicino in un momento delicato, in cui eri vulnerabile. Ti sei attaccata a me perché rappresentavo la tua ancora di salvezza. E poi la storia della mia incarcerazione e della condanna a morte hanno fatto il resto. Ti sei sentita di nuovo sola e la disperazione del momento ti ha fatto travisare i sentimenti che provavi per me. Probabilmente hai fatto l’amore con me in quella cella più per un moto di pietà verso un condannato a morte che non perché intendessi davvero farlo. E io ero troppo cieco per vederlo. Troppo bisognoso del tuo amore per capire la situazione. Per tua sfortuna, però, sei rimasta incinta e io sono sopravvissuto e ti sei ritrovata intrappolata in questa relazione. Mi hai sposato per dovere e questo ti fa onore, ma credo che tu abbia capito fin da subito che l’unico amore della tua vita era Lowell. Non mi è solo chiaro quando hai ripreso a vederti con lui. Forse mentre io ero a Telford. Avevi il campo libero e ne hai approfittato. E ora che abbiamo deciso di tornare in Australia, hai bisogno di vederlo e di stare con lui fino alla partenza. Sai che dovrai vivere un’intera esistenza senza l’uomo che ami e approfitti di ogni istante per stare tra le sue braccia. Stamattina mi hai lasciato dormire per mettere in atto il tuo piano e vederti con lui -.
Abel si interruppe un attimo, per asciugare una lacrima e per riprendere fiato. Trovò la forza e continuò – La cosa che più mi sconvolge è come tu sia riuscita ad essere mia moglie per tutto questo tempo. Quando facevamo l’amore sembrava che davvero fossi con me. E invece ora sono certo che con la testa pensavi a lui. Era da lui che avresti voluto essere abbracciata e baciata, non da me. Mi chiedo solo come hai potuto fingere così, ingannarmi così. Non hai mai pensato che non mi meritavo questo trattamento? -.
Georgie era sconvolta dalle parole di Abel. Nella sua follia era riuscito a darsi una spiegazione plausibile ed era agghiacciante. Secondo la sua teoria lei altro non era che una sgualdrina traditrice e bugiarda e questo la devastava.
Fece due passi per allontanarsi da lui. Sentì la testa girare vorticosamente e tutto attorno a lei si fece cupo. Sentì la nausea attanagliarla e non seppe trattenere le lacrime.
- Ti sei dato la tua spiegazione – mormorò disgustata – Tutto ha un senso ora, vero Abel? -.
Abel fissò il vuoto, ma sentì quella domanda e le rispose spaesato – Purtroppo sì Georgie, ora tutto ha un senso -.
Si voltò a fissarlo. Era arrabbiata con lui. Una collera che non aveva mai provato prima, che nemmeno avrebbe mai immaginato di saper provare.
- E nel tuo folle disegno io sono una donnaccia. Una capace di farsi mettere incinta da un uomo, sposarlo, fingere di amarlo e nel contempo essere l’amante di un altro. Una sgualdrina che sa essere tanto falsa da poter condurre una doppia vita. E’ questo che pensi di me, dunque – chiese lei con sdegno.
Abel la fissò. Aveva perfettamente compreso quanto lei fosse in collera ora. Non le rispose, né fece un cenno di assenso, ma continuò a fissarla.
- E non ti sei chiesto neppure per un istante se questa follia in realtà non corrispondesse al vero. Per te è solo plausibile la tua versione dei fatti. Qualunque cosa io dica o faccia a questo punto non ha più valore, perché ormai tu pensi che io sia una bugiarda. Secondo te lo sono stata quando ti ho detto di amarti, quando ho fatto l’amore con te, quando ti ho sposato e anche ora che nego ogni coinvolgimento sentimentale con Lowell. Se io ti giuro che tra me e lui non c’è nulla e che hai travisato ogni cosa, tu non mi credi. Ormai ci sei solo tu e la tua folle teoria. Giusto Abel? – disse lei con tono rabbioso.
- E a cosa altro dovrei credere? – rispose lui sarcastico – Alle parole di una donna che stamattina accarezzava un altro uomo e ora spera che io sia tanto stolto da prendere per vera ogni sua stupida scusa? Hai poca stima di me se pensi che io sia così ingenuo -.
Georgie lo guardò quasi con pena – Si Abel, ho poca stima di te – disse delusa – Non perché penso che tu sia un ingenuo, ma perché penso fermamente che tu sia vittima della tua folle gelosia tanto da non vedere quanto tu sia ingiusto con me in questo momento. Non ti sei posto nemmeno per un istante il dubbio che io stia dicendo la verità. Non mi conosci affatto se pensi davvero che avrei potuto mentirti per tutto questo tempo. Non mi merito tutto questo Abel -.
Abel sentì nuovamente la rabbia montare dentro di sé e non seppe far altro che rispondere in maniera rude a quelle parole.
- Smettila! – urlò – Non voglio più sentire nulla! Mi hai stufato con il tuo teatrino! Possibile che tu non abbia ancora capito che tu non hai più alcun effetto su di me? Non sono più il fantoccio innamorato che crede ad ogni singola parola tu proferisca. Non torno più indietro Georgie, non sono più disposto a farmi prendere in giro né da te, né da quel damerino viziato -.
Mentre diceva quelle parole, Abel figurò nella sua mente Georgie nuda tra le braccia di Lowell e sentì l’ira e la gelosia divampare dentro di lui e martellargli la testa fino a fargli esplodere le tempie. Non seppe trattenersi e sfogò la frustrazione verso Georgie, che ai suoi occhi era la causa del dolore che lo stava devastando.
- Dimenticati tutto Georgie – tuonò esasperato – Dimenticati ogni cosa. L’Abel che conoscevi non esiste più. Non provo più nulla per te, se non disprezzo e rancore. Non ti amo più, ho cancellato dal cuore ogni sentimento per te. Fa ciò che vuoi della tua vita ora, non mi interessa più. Mi sei totalmente indifferente. Non voglio avere più nulla a che fare con te. Puoi andare da lui ed essere la sua amante. Sei libera da ogni menzogna e da ogni costrizione. Fa ciò che più ti rende felice, ma dimenticati di me, dimentica il mio nome, perché non ci sarò più per te. Nemmeno quando lui ti farà soffrire, perché sarà così. Quel bamboccio viziato non saprà mai renderti davvero felice, ma io non asciugherò più le tue lacrime. Non saprà mai amarti come ti amavo io, ma questo ormai è un tuo problema. Io vado avanti. Ma cerca di capire bene una cosa, Georgie – e finì la frase avvicinandosi a lei con fare minaccioso – Non permetterò mai a quel damerino di crescere mio figlio. Non avrà neppure il permesso di guardarlo! Tu puoi fare le scelte che vuoi, ma scordati che mio figlio ti seguirà. E’ un Buttman e starà con suo padre. Tu lo potrai vedere se vorrai, ma mai ti permetterò di farlo vivere con Lowell, mai! Avrà mia moglie, ma non mio figlio! -.
Georgie ebbe l’impulso di schiaffeggiarlo, ma si fermò. Lo guardò dritto negli occhi e disse con tono severo – Ti meriteresti uno schiaffo per tutto il fango che stai gettando su di me, ma non lo faccio perché comunque resti il padre di mio figlio e ho ancora troppo rispetto per te per cedere alle tue basse provocazioni -.
Abel rise sarcastico e disse – Rispetto. Questa è una parola di cui nemmeno sai il significato -.
Georgie lo guardò con terrore e sussurrò – Abel, tu stai vaneggiando. Non vorrei essere in te quando finalmente capirai quanto tu sei ingiusto con me ora -.
Abel la guardò con disprezzo per un istante, poi le voltò le spalle e disse – Ora vattene -.
-Cosa? – esclamò lei stupita – E dove dovrei andare? Questa è casa di mio padre… -, ma non ebbe modo di finire il discorso che lui la interruppe.
- Lo so – disse Abel – Non ti sto chiedendo di lasciare la sua casa. Sarò io a farlo. Ma ora dammi un attimo. Ho bisogno di stare da solo. Devo calmarmi, poi raccoglierò le mie cose, parlerò con tuo padre e me ne andrò. Ma fino ad allora sparisci dalla mia vista, ti chiedo solo questo. Dopo tutto quello che mi hai fatto, direi che non ti sto chiedendo molto. Torna per l’ora di cena, non mi troverai più e sarai libera di fare ciò che vuoi -.
Georgie sentì un brivido percorrerle la schiena. Era tutto vero. Tutto orribilmente vero. Abel la credeva un’adultera e la stava ripudiando. La stava lasciando e lei si sentiva impotente. E tutto quell’ inferno per uno stupido fraintendimento. Ma a nulla valevano i suoi sforzi di spiegargli la verità, lui non le credeva.
- Abel… - mormorò Georgie tra le lacrime.
- Vattene! – urlò lui piangendo – Lasciami in pace e vattene! Ti odio, non voglio più vederti! -.
Alle parole “ti odio” Georgie non seppe più trattenersi. Esplose in un pianto a dirotto, afferrò la mantella che aveva posato poco prima sul letto ed uscì di corsa da quella stanza, lasciandolo solo con la sua folle ira.
Percorse il corridoio senza nemmeno vedere dove stava andando, perché le lacrime non le permettevano di vedere nulla.
Scese le scale di volata e per poco non rischiò di cadere. Ma non riuscì nemmeno a spaventarsi, perché era troppo sconvolta.
Corse fuori dalla casa, oltre il portone, oltre il vialetto, oltre il cancello e si trovò in strada.
Era disperata e sola. Riusciva solo a piangere e a pensare alle terribili parole che Abel le aveva rivolto. Questa volta era davvero tutto finito.
Stava male, molto male e sentiva il bisogno di trovare un rifugio. Aveva la necessità di avere accanto a sé una persona che le volesse bene, che la facesse sentire amata ed al sicuro e che la capisse.
Non ebbe dubbi su dove andare. Piangendo, riprese la sua corsa, cercando di raggiungere la sua meta in minor tempo possibile.
 


Abel rimase in silenzio, con la testa china, cercando di trattenere le lacrime e di arginare quel dolore devastante.
L’aveva persa per sempre. Tutto quello che aveva condiviso con lei era stato solo un abbaglio. Aveva commesso il tragico errore di crederle ed ora era a pezzi.
Si sentiva solo, deluso, privo di voglia di vivere.
Se non ci fosse stato il bambino, di sicuro non avrebbe esitato a farla finita. Del resto che senso aveva continuare a vivere? Si sarebbe buttato nel Tamigi, come suo fratello, e finalmente avrebbe trovato la pace.
Ma c’era un figlio in arrivo e doveva vivere per lui. Doveva vincere anche questa battaglia, forse la più devastante, ed essere un buon padre per suo figlio, anche senza Georgie accanto a lui.
Cercò di ricomporsi e di ragionare. Forse aveva sbagliato a scacciare Georgie. Lei era incinta e mandarla via di casa, anche se solo per poche ore, non era stata una scelta saggia.
Avrebbe dovuto essere abbastanza maturo da sopportare la sua presenza ancora quel pomeriggio e, una volta fatti i bagagli, avrebbe potuto andarsene da quella casa e da lei.
- Sono stato uno stupido – mormorò tra sé e sé – La salute del bambino è la priorità. Devo andarla a riprendere e riportarla qui -.
Così deciso, uscì dalla stanza, scese le scale e si apprestò ad aprire la porta di casa, quando sentì la voce del conte Gerald alle sue spalle.
- Abel ma dove stai andando? – chiese il conte.
Abel non volle scaricargli addosso tutta la sua frustrazione, né farlo preoccupare eccessivamente. Il conte non meritava questo, era sempre stato un amico con lui e, nonostante i suoi dissapori con Georgie, lo rispettava profondamente.
Si voltò per guardarlo e cercò di non dimostrare il suo stato d’ animo fino in fondo.
- Sto andando a cercare Georgie – disse.
- Ma se è salita poco fa in camera sua per prepararsi per il pranzo – esclamò il conte – Ti stava cercando, voleva mostrarti il corredino per il bambino. Non vi siete visti? Oggi continuate a girarvi intorno senza mai incontrarvi, è bizzarro -.
Abel annuì e rispose – Ci siamo visti. Abbiamo parlato e ora lei è scappata e io devo riportarla a casa -.
- E’ scappata?? – si allarmò il conte – Ma che dici? Non capisco -.
Abel ritenne doveroso spiegare al conte Gerald la situazione. Si avvicinò a lui e disse – Abbiamo litigato poco fa. Io le ho detto di sparire dalla mia vista e lei è uscita, ma mi sono reso conto che non è corretto che il bambino ci rimetta a causa nostra. E’ incinta e devo preoccuparmi di mio figlio. Ecco perché la sto andando a cercare. La riporterò a casa, andrà tutto bene -.
Il conte rimase perplesso e temette di non capire più niente.
- Aspetta un attimo figliolo – disse il conte confuso – Spiegami bene il motivo della vostra lite e che cosa è successo. Voglio vederci chiaro in questa vicenda -.
Abel sospirò sconsolato e raccontò per filo e per segno tutta la storia.
- Capite conte – concluse amareggiato – Vostra figlia mi ha tradito. Chissà da quanto tempo conduce questa doppia vita. Io non posso far finta di nulla. Non riesco neppure più a guardarla negli occhi. Mi ha ferito profondamente -.
Il conte rimase sconcertato e mise una mano sulla spalla di Abel – Senti ragazzo, non metto in dubbio che tu mi stia dicendo la verità. Se in effetti hai visto Lowell e Georgie insieme posso anche capire che tu abbia dei sospetti e che sia geloso, ma non posso credere che mia figlia ti farebbe una cosa del genere. Ti ama, non ci sono dubbi su questo. Lo esprime ogni giorno e non solo a parole. Basta vedere come ti guarda, come si preoccupa per te. Vuole solo vederti felice, credimi. Una donna che si comporta così non può avere un amante. Lo escludo -.
- Ha ingannato tutti – rispose Abel – Anche io la vedevo così come mi raccontate voi, ma evidentemente era solo apparenza. Dentro al suo cuore continuava ad amare Lowell. Io sono solo stato uno scherzo del destino per lei. Rimanere incinta l’ha incatenata a me e per correttezza e per il bene del bambino ha deciso di sposarmi, ma non ha mai smesso di amare Lowell. Forse ci ha provato ad iniziare una nuova vita con me, ma l’amore e l’attrazione per lui hanno avuto la meglio. Forse per lei sarebbe stato meglio se il giorno dell’esecuzione io fossi morto. Si sarebbe tolta un peso -.
Il conte lo guardò severamente e disse – Abel non pensarlo neppure per un istante. Lo escludo totalmente. Tu non c’eri e non hai potuto constatarlo, ma quando eri in prigione ho temuto che Georgie si potesse ammalare. Era preoccupata per la tua vita. Soffriva disperatamente e ha fatto di tutto per liberarti. Mi sono dato così tanto da fare per te, perché speravo che lei si potesse sentire meglio. Ho subito capito che quello che provava per te non era semplice affetto fraterno, ma qualcosa di molto più profondo. E vogliamo parlare di come ti è stata vicina mentre tu lottavi in un letto tra la vita e la morte? Non si è staccata da te neppure un attimo. Non si comporta così una persona che spera di vederti morto. Senza contare come è stata male quando sei andato a Telford. Non usciva dalla sua stanza, non mangiava, dormiva appena, piangeva in continuazione. Era spaventata che ti potesse succedere qualcosa. Abel, quella ragazza ti ama. Io credo che ci sia una spiegazione a quello che hai visto stamattina. Forse dovresti crederle. Sono certo che stia dicendo la verità -.
Abel scosse la testa e disse – Non posso crederle conte. Non posso far finta di non aver visto nulla. Non riesco a dimenticare quella carezza. La loro vicinanza. C’era un’intimità che mi ha sconvolto.  E poi sono certo che quando si sono allontanati siano andati via insieme. Non posso ostinarmi a credere che lei mi ami, mentre si comporta così con un altro uomo. Devo imparare a fidarmi del mio istinto e a smetterla di credere alle favole. E’ duro da accettare, ma è così. E’ come con Arthur. Ho voluto essere ottimista e poi ho ricevuto la delusione finale, soffrendo ancora di più. E con Georgie mi sta capitando lo stesso. E’ ovvio che lei ama un altro. Voler far finta che non sia vero non è la giusta scelta. Mi porterebbe a soffrire ancora di più e io sono stanco di tutto questo dolore. Voglio solo essere lasciato in pace -.
Il conte lo guardò con una triste luce negli occhi e gli mise una mano sulla spalla – Mi dispiace figliolo. Sei un bravo ragazzo, non meriti di soffrire così. Rispetto il tuo pensiero, ma rimango certo di quello che ti ho detto. Mia figlia ti ama e non ti tradirebbe mai. Non posso obbligarti a stare con lei se non hai fiducia nel vostro amore, ma almeno ti chiedo di riportarla a casa. Sono molto preoccupato per lei -.
Abel lo guardò ed annuì – Ve la riporterò conte. State tranquillo -.
Il conte cercò di ricomporsi e pensò alle cose pratiche. Si rivolse ad Abel dicendo – Ma il problema ora è sapere dove è scappata. Spero che non le succeda niente -.
Abel rise sarcastico e rispose – Non ci vuole molto ad immaginare dove sia Georgie ora -.
Il conte lo guardò confuso e Abel divenne più esplicito – E’ sicuramente a casa di Lowell. Andrò da lui ora e cercherò di convincerla a tornare a casa da voi. Lo faccio per il bene del bambino e per rispetto a voi che ora siete preoccupato -.
Il conte sospirò sconsolato – Non sono così certo come lo sei tu che Georgie si trovi a casa di Lowell, ma se vuoi tentare fallo. Cerca solo di riportarmi la mia bambina sana e salva, ti prego -.
Abel annuì ed uscì di casa.
Decise di non prendere il cavallo, aveva bisogno di camminare, lo aiutava a stemperare la tensione.
Sentiva un peso sul cuore ed un nodo allo stomaco. La lite con Georgie lo aveva sconvolto. Non si erano mai parlati così in malo modo in passato e, anche se aveva tentato di nasconderlo, soffriva per quel litigio e soffriva per tutte le brutte parole che le aveva detto.
Ma non aveva potuto fare altrimenti, lei lo aveva ferito così tanto che non poteva trattenersi. Del resto era una normale reazione per un uomo profondamente innamorato che vede la propria moglie con il suo amante.
Era sconvolto, nauseato, distrutto. Non c’era più amore, gioia o entusiasmo in lui.
Camminava per inerzia, senza guardarsi intorno, perso nei suoi tristi pensieri e si ritrovò davanti alla dimora dei Grey senza nemmeno accorgersene.
Si fermò davanti al cancello e guardò la grande casa, che sembrava schiacciarlo con la sua imponenza.
Fissò le finestre al piano superiore e si chiese quale potesse essere la camera di Lowell.
- La sua stanza da letto è dietro una di quelle finestre – pensò Abel triste – E’ lì che lui la spoglia, la accarezza, la bacia e la fa sua…. -.
Il pensiero lo fece piangere. Dovette appoggiarsi al muro di recinzione della villa per non cadere.
Si lasciò andare ad un momento di debolezza e pianse lacrime amare, che non riuscivano a dargli nessun sollievo.
Cercò di calmarsi e di riprendere il controllo di sé. Non poteva dare soddisfazione a quel damerino. Non poteva mostrargli il suo dolore. Questo mai!
Si fece coraggio ed entrò nel giardino antistante la grande casa, arrivando fino all’ingresso.
Bussò ed attese risposta.
Improvvisamente la porta si aprì ed apparve una governate di mezza età, con l’aria educata e raffinata.
- Buongiorno signore – disse la donna rivolgendogli un sorriso – Posso esservi utile? -.
Abel sentì le ginocchia tremare e lo stomaco chiudersi. Era giunta la resa dei conti.
Avrebbe avuto la dimostrazione che la sua teoria era giusta. Che Georgie era corsa dall’uomo che amava per farsi consolare.
Guardò oltre la governante, sbirciando la parte di casa che si poteva intravedere dall’uscio.
Vide subito un grande scalone di marmo che portava al piano superiore, dove sicuramente vi erano le camere da letto.
- Sarà da qualche parte lassù – pensò Abel amareggiato – Nuda nel suo letto, mentre lui si prende ciò che doveva essere mio -.
- Signore, state bene? – chiese ancora la donna.
Abel udì quella voce che lo stava richiamando e scacciò quel terribile pensiero dalla testa, ritornando a guardare la donna di fronte a lui.
- Sì, ecco… - mormorò Abel – Sto cercando la contessa Georgie Gerald -.
La governante lo guardò con stupore e disse – Chi? Scusate, ma temo di non conoscere nessuna contessa Gerald. Forse vi siete sbagliato. La persona che state cercando non abita qui -.
Abel si affrettò a spiegare – Sì lo so che non abita qui, ma in questo momento dovrebbe essere ospite in questa casa -.
La governante scosse la testa e tornò a guardarlo sconcertata – No signore, vi posso assicurare che non vi è nessuna donna qui che corrisponde al nome che mi avete appena fatto -.
Abel si spazientì, e mettendo da parte le buone maniere, esclamò – Che c’è? Anche voi li proteggete? Siete loro complice forse? -.
La donna sussultò indignata e rispose seccamente – Ma che state blaterando? Complice? Signore voi dovete essere pazzo o ubriaco! Io sto semplicemente dicendo che in questa casa non c’è nessuna contessa Gerald – e così dicendo, fece per chiudere la porta ma Abel prontamente la fermò, mettendo una mano sull’uscio.
- Aspettate – disse lui con un certo affanno – Sentite, non volevo mancarvi di rispetto. E’ solo che sono certo che la contessa Gerald sia qui ora. Magari voi non l’avete vista entrare, ma vi assicuro che lei è qui dentro -.
La governante lo guardò stupita e disse – Io so sempre chi entra e chi esce da questa casa. E vi posso assicurare che qui dentro non c’è la persona che voi cercate -.
Abel cercò di mantenersi calmo e si spiegò meglio, abbassando il tono della voce – Cercate di capirmi, ne ho la certezza. Forse si è introdotta in questa casa senza farsene accorgere. Vedete….lei è l’amante di Lowell Grey -.
- Cooosaaaa???? – urlò la governante indignata – Ma che state cercando di insinuare? Smettetela con queste cialtronerie! Il signorino Lowell è una persona per bene, non è certo il tipo che si porta a casa le ragazze di nascosto. Non so neppure chi siete voi. Andatevene per cortesia, prima che chiami aiuto. Siete chiaramente un pazzo -.
Abel rimase di stucco per quella reazione e cercò di ribattere, ma quella governante non gli dava tregua.
- Allora? Siete ancora qui? – incalzò lei.
- Calmati Rosie, ci penso io – disse una voce proveniente dalle scale.
Abel alzò lo sguardo e lo vide. Lui, il suo nemico. L’uomo che gli aveva portato via la felicità.
La governante si voltò di scatto e cercò di spiegare – Signorino Lowell, quest’uomo sta cercando una persona che non conosco e che chiaramente non è in questa casa. Ho provato a dirgli di andarsene, ma insiste - .
Lowell scese le scale lentamente, con fare sicuro, mentre fissava Abel dritto negli occhi.
- Non ti preoccupare Rosie – continuò Lowell rivolto alla governante – Lo conosco. E’ un vecchio amico -.
Abel non accettò quella sfida e ribattè prontamente – Amicizia non è certo la parola più adatta per definire il nostro rapporto -.
Lowell gli rivolse uno sguardo di sufficienza, poi tornò a guardare la governante e disse – Un amico che non conosce le buone maniere, ma pur sempre un amico. Vai pure Rosie, a lui ci penso io -.
La governante comprese che tra i due uomini non correva buon sangue e decise di non intromettersi tra loro e si congedò.
- Qual buon vento? – chiese Lowell sarcastico.
- Hai il coraggio di prendermi in giro? – ruggì Abel, al limite della sopportazione.
Lowell lo guardò stupito e disse – Scommetto che hai parlato con Georgie e ora sei qui per… -, ma non ebbe modo di finire la frase che Abel si avventò contro di lui, afferrandolo per il bavero.
- Stai bene attento Lowell – lo minacciò Abel – Ho già sopportato abbastanza, non tollero che tu vada oltre. Ho deciso che non ti toccherò, perché non voglio sporcarmi le mani con un verme come te, ma tu mancami ancora di rispetto e non mi tratterrò oltre. Te la faccio passare io la voglia di sorridere, damerino -.
Lowell tolse le mani di Abel dal collo della sua camicia e lo fissò negli occhi – Non permetterti mai più di minacciarmi in casa mia. Non ho paura di te -.
- E invece dovresti – replicò Abel calmo.
I due si ricomposero per un attimo e Abel tornò a parlare – Non ho voglia di passare qui tutto il giorno. Falla scendere, suo padre la sta cercando -.
Lowell lo guardò con espressione attonita, senza capire. Era convinto che Abel fosse andato da lui per dirgli di stare alla larga da sua moglie. Di sicuro Georgie gli aveva raccontato del loro colloquio e ora lui stava facendo valere i propri diritti. Ma non riusciva a comprendere il senso della sua richiesta.
- Che stai dicendo, scusa? – chiese Lowell confuso.
Abel lo guardò severamente e disse – A che gioco stai giocando Lowell? Sei come lei. Mentite fino in fondo – poi tornò ad alzare la voce – Ti ho detto di farla scendere. La devo riportate a casa da suo padre. Tornerà da te in un altro momento -.
Lowell rimase a bocca aperta, incapace di parlare. Non riusciva a capire cosa Abel volesse da lui.
Abel si spazientì e sbuffò – Vuoi proprio che ti prenda a pugni? Non tollero che tu ti prenda gioco di me in questo modo. Falla scendere! – e non ottenendo nessuna risposta, proseguì – Torna su da lei, dille che si rivesta e che scenda subito. Non è per me che deve tornare a casa, ma per suo padre -.
- Ma di chi diavolo stai parlando? – balbettò Lowell in preda alla confusione.
Abel si trattenne da scagliarsi contro di lui, ma ebbe uno scatto d’ira e lo spinse da parte. Si fece largo ed entrò nella casa.
Come se sapesse dove andare, corse su per le scale. Lowell lo guardò stupito e cercò di raggiungerlo.
Arrivato in cima alle scale, lo vide aggirarsi nel corridoio, mentre, aprendo ogni porta che si trovava di fronte, urlava – Georgie vieni fuori. Lo so che sei lì. Devi tornare da tuo padre, deve parlarti! -.
Lowell pensò che fosse impazzito e cercò di gestire la situazione.
- Abel vuoi calmarti dannazione – urlò – Vuoi dirmi che stai cercando? -.
Abel si voltò di scatto. Lo fissò disperato. Lowell comprese che c’era qualcosa che non andava e che era davvero sconvolto.
Si avvicinò e con un tono di voce più calmo gli chiese ancora – Abel, che cosa stai cercando? -.
- La tua stanza da letto – mormorò lui con gli occhi lucidi.
Lowell fece pochi passi ed aprì una porta, facendo ad Abel cenno di entrare.
Abel si sentì un nodo in gola. Sapeva che lei era lì dentro. Sua moglie, la sua Georgie. Non aveva idea di come avrebbe potuto reagire nel vederla lì, ma si fece forza ed entrò.
La stanza era vuota, completamente illuminata dal sole. Il letto era stato rifatto e sembrava che nessuno ci si fosse steso sopra di recente.
Si guardò in giro e non vi erano tracce di vestiti da donna. Nulla.
Rimase attonito per un attimo, ma non si fece abbindolare da quella calma apparente.
- So che sei qui dentro – disse con tono di sfida.
Improvvisamente corse verso il letto, si abbassò, alzò le coperte e guardò che lei non si fosse nascosta là sotto. Ma ancora una volta Abel non vide nulla.
Si alzò prontamente ed aprì l’armadio, ma al suo interno vi erano solo abiti maschili e nessuna donna in cerca di nascondiglio.
Allora si avvicinò alla finestra, per vedere se qualcuno stava fuggendo dalla casa passando per il giardino, ma ancora una volta nulla.
Si voltò in preda all’agitazione, guardando ogni angolo di quella stanza, ma non c’erano tracce di Georgie.
- Me lo dici che cosa ti è preso? – chiese Lowell avvicinandosi lentamente a lui.
- Stavo cercando Georgie. Ero convinto che fosse qui – mormorò Abel.
Lowell lo guardò stupito e rispose – E perché mai dovrebbe essere qui? Ti assicuro che lei non c’è. Se vuoi ti faccio perlustrare tutta la casa -.
Abel si mise una mano alla fronte, cercando di raccogliere i pensieri e capire quello che stava accadendo.
- Ma come è possibile … - mormorò in preda al panico.
Lowell si avvicinò ancora e gli posò una mano sulla spalla.
- Dimmi cosa è successo Abel – disse in tono amichevole.
Abel lo guardò sconvolto e rispose – Vi ho visti stamattina. Eri con lei. Ho visto che ti ha accarezzato e che siete andati via insieme -.
Lowell lo ascoltò con un’espressione colpevole sul volto, ma non lo interruppe.
- Io ero nascosto dietro un muro – continuò Abel affranto – Avrei voluto prenderti a pugni, ma ero troppo sconvolto per farlo. L’ho aspettata fino al suo ritorno e ho parlato con lei. Ha cercato di negare, ma non le ho creduto. Le ho scaricato addosso tutta la mia rabbia e l’ho fatta piangere, poi le ho detto di andarsene. Ero convinta che fosse qui da te -.
- E perché mai avrebbe dovuto venire qui? – chiese Lowell.
- Semplice – rispose Abel con aria triste – Perché sei il suo amante -.
Lowell sgranò gli occhi e sussultò a quelle parole – Cosa??? – esclamò – Il suo amante? Ma cosa vai a pensare Abel! -.
Abel si accasciò al suolo, vinto dal dolore e gli disse – E che cosa dovrei pensare dopo avervi visto scambiarvi tenerezze ed andare via insieme? -.
- Non è come pensi tu Abel – incalzò Lowell prontamente – Le cose non sono andate così. Te lo giuro -.
Lowell fece una breve pausa per raccogliere le parole giuste da dire e poi riprese il discorso – Ieri sono stato invitato con Elisa ad un thè e ho sentito dire che la figlia del conte Gerald stava per tornare in Australia con il marito. Non so che mi è preso, ma mi è venuto il panico. Sapevo che lei aveva scelto te, che stavate per avere un bambino, ma l’idea che se ne sarebbe andata per sempre e in una terra così lontana per giunta mi ha fatto stare molto male. Ho capito che provo ancora dei sentimenti molto forti per lei. Sono fidanzato con Elisa, ma non sono felice con lei. Forse è colpa mia. Non ci provo nemmeno a conoscerla e la tengo a distanza, ma è più forte di me. Non faccio altro che pensare a Georgie, a quello che ho provato con lei e non riesco ad arrendermi all’idea che lei non farà mai più parte della mia vita. Così stamattina ho fatto l’ultimo tentativo e sono andato da lei. E’ stata una follia, lo so, ma dovevo provarci -.
Abel lo ascoltò con estrema attenzione, senza proferire parola.
- Così l’ho avvicinata sotto casa di suo padre – continuò Lowell – E le ho chiesto di fuggire con me. Le ho detto che la amavo troppo e che sarei stato disposto a tutto. Ma lei non ha avuto dubbi, nemmeno per un istante. E’ stata gentile, ha cercato di non essere troppo rude e di non ferirmi, ma mi ha rifiutato, senza lasciarmi una minima speranza. Mi ha detto che ti ama e che è con te che vuole stare. La carezza che tu le hai visto darmi non è stato niente di che, credimi. Direi che è stato più un gesto di compassione che un gesto d’amore. E non siamo andati via insieme. Mi ha semplicemente accompagnato alla carrozza che mi aspettava proprio dietro l’angolo. Io me ne sono tornato a casa mia e lei ha proseguito per la sua strada. Ti sarebbe bastato seguirci per appurare che sto dicendo la verità -.
Abel rimase attonito, non sapeva che replicare.
Lowell si rese conto di aver causato molti danni e cercò di scusarsi con Abel – Non sono fiero di quello che ho fatto. Georgie è tua moglie e io avrei dovuto rispettare il vostro matrimonio e non importunarla, ma è stato più forte di me. Ti chiedo scusa se ti ho mancato di rispetto. Non ho nulla contro di te Abel. So che sei un bravo ragazzo e so che ami Georgie più della tua vita. Ma sono invidioso di te -.
Abel lo guardò sorpreso ed esclamò – Invidioso di me? Dovrebbe essere il contrario! Guardati. Sei nobile, ricco, vivi in una casa da sogno, sei ambito da molte ragazze. Io sono un contadino. Sono povero e la mia casa è una piccola fattoria sperduta tra le praterie australiane. Non so nulla di galateo e di buone maniere. Cosa hai da invidiarmi? -.
Lowell sorrise tristemente e rispose – Georgie. Tu hai lei e non c’è ricchezza o grande casa che possa reggere il confronto. E sai cosa? Non capisco come faccia ad essere così innamorata di te. Non capisco perché ti ami così profondamente e ti sia così devota. L’hai trattata malissimo e ora non sai nemmeno dove sia -.
Abel scosse la testa e replicò – Lo so, hai ragione. Mi sono comportato da stupido. Non la merito. Anzi, sono certo che dopo oggi non vorrà più vedermi. Ma io ero convinto che lei mi tradisse. Dopo quello che ho visto…io… -.
Abel balbettava in preda al panico. Si rese conto del grande errore che aveva commesso e non seppe che fare.
- Potevi venire da me subito – tuonò Lowell – Potevi venir qui e chiedere spiegazioni a me. Ti avrei capito se mi avessi dato un pugno dicendomi di starmene al mio posto. Me lo sarei meritato. Ma non ti perdono di non aver concesso a lei il beneficio del dubbio. Hai subito pensato che fosse una bugiarda traditrice e ora è sola, incinta, chissà dove -.
Abel crollò sotto le dure parole di Lowell. Avrebbe voluto urlargli di tacere, ma aveva ragione. Era stato crudele con Georgie.
Prese la testa fra le mani e si disperò, mentre Lowell continuò severo – Sarai anche più forte di me Abel, ma ti assicuro che se succederà qualcosa a Georgie, io ti verrò a cercare e non avrò pietà con te -.
Lowell era molto in collera per l’atteggiamento insensato di Abel e sperava vivamente che a  Georgie non succedesse nulla. Cercò di ridare un po’ di coraggio ad Abel. Era ovvio che stava soffrendo molto e il senso di colpa lo stava schiacciando, ma quello non era il momento di piangere. Era il momento di reagire e di andare a cercare Georgie prima che calasse la sera.
- Ora ti alzi e vai a cercarla – gli urlò Lowell – E fai di tutto per ritrovarla sana e salva -.
Abel lo fissò intensamente ed annuì. Si alzò e corse fuori da quella casa. Non c’era tempo da perdere.
Doveva assolutamente riparare al danno che aveva commesso. Un danno enorme, che gli pesava sul cuore come un macigno.
Pensò a come aveva trattato Georgie, alle parole terribili che le aveva rivolto. L’aveva insultata nel peggiore dei modi, aveva cercato di ferirla, era arrivato addirittura a dirle che la odiava. Ma non era vero. La amava, la amava disperatamente. Era solo ferito ed accecato dalla gelosia. Il destino gli aveva tirato uno scherzo crudele e lui aveva abboccato.
Si rese conto della gravità della situazione. Aveva gettato tutto alle ortiche. Era certo di averla persa per sempre dopo quella lite.
Che avrebbe fatto senza di lei? Era nel panico più totale.
Sentì la terra mancargli da sotto i piedi. Stava cadendo in un baratro e non seppe trattenere la disperazione.
Che cosa aveva fatto? Come aveva potuto attaccarla in quel modo?
- Sono una persona orribile – disse piano tra sé e sé – Non merito di essere felice, non merito Georgie al mio fianco -.
Non avrebbe dovuto trattarla così, avrebbe dovuto crederle. Invece si era comportato da idiota. Era un mostro senza cuore e non poteva perdonarselo.
- E chissà ora dov’è – si chiese in preda al panico – Dove sarà andata? E se le fosse successo qualcosa? No! Non può essere… non me lo perdonerei mai! Georgie, dove sei? – e così esclamando, si lasciò andare alla disperazione.
Gli parve che il mondo fosse finito, che non ci fosse più speranza per lui. Aveva dato un calcio alla felicità e aveva fatto soffrire ingiustamente la sua Georgie. Non si meritava il suo amore, non osava neppure sperare in un perdono. Ma doveva ritrovarla e riportarla a casa. Questa era l’unica cosa certa.
Cercò di ricomporsi e di trovare lucidità. Non poteva lasciarsi andare alla disperazione, doveva pensare. Si chiese dove potesse trovarsi Georgie. Di sicuro era sconvolta quando se ne era andata, ma non era una stupida. Non si sarebbe cacciata nei guai. Avrebbe tutelato il benessere del figlio. Quindi era probabile che si trovasse in un luogo sicuro. Ma dove?
Rimase assorto nei suoi pensieri per qualche istante, cercando di trovare una risposta, poi ebbe un sussulto ed esclamò – Ma certo! -.
Forse ora gli era chiaro dove Georgie avesse potuto cercare rifugio e si diede dello stupido per non averci pensato prima.
Guardò il cielo e notò che stava per tramontare il sole. Non c’era più tempo da perdere. Doveva sbrigarsi, doveva trovare Georgie.
Era devastato, perché aveva capito di aver sbagliato e di aver ferito Georgie. Era certo di averla persa per sempre, ma ora non doveva essere egoista. Non doveva concentrarsi sul suo dolore. Doveva pensare al bene di Georgie, doveva riportarla da suo padre.
Si diede una mossa e prese a camminare velocemente, per poi incalzare l’andatura e iniziare a correre.
Nella testa aveva solo Georgie. Gli passò davanti agli occhi l’intera vita che aveva condiviso con lei, fino a quella terribile lite.
Visualizzò il volto di Georgie, mentre devastata ascoltava i suoi insulti, mentre cercava di dirgli la verità e lui non le credeva. Vide i suoi occhi pieni di lacrime e sentì una morsa al cuore.
Come aveva potuto trattarla così? Perché la gelosia riusciva a trasformarlo fino a tal punto?
Sapeva di averla ferita, ma in quel momento più che mai seppe di amarla.
- Georgie perdonami, ti prego – disse con affanno mentre si precipitava da lei, in quella folle corsa contro il tempo.
 
 
TBC……. 

   
 
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