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Autore: unleashedliebe    03/03/2012    4 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA: Sono già qui! Yeeeah :D
Non pensavate eh? Stavolta sono stata veloce! Volevo postare prima della mia partenza per la Germania jkfwef **
Vi avevo avvertite, è moooolto lungo! Potrebbero esserci vari errori sparsi perché non ho trovato tempo per correggerlo,
ho pensato di betare tutta la storia una volta conclusa ù__ù
Mh, è molto fluff come capitolo, per questo a me piace LOL
Spero piaccia anche a voi!
Lasciate qualche recensione però, battete un colpo se ci siete!
Anna 

Ps: mi farebbe piacere se leggeste anche queste: Pieces e Not enough. :)

(c)ADL

Capitolo XVII 

Era passata già una settimana dall’uscita con Bill e dall’incontro con mia madre, da allora non ero più riuscita a vederlo spesso in quanto lui era impegnato con la riabilitazione delle voce e quando era libero toccava a me avere le terapie oppure avere lezioni; questa “lontananza” indotta era servita solamente a farmi capire quanto presa fossi dal cantante, infatti ogni cellula del mio corpo percepiva l’incessante bisogno di lui, di una sua carezza, della sua risata. Come spiegare ciò? Ah, amore.
Sbuffai scuotendo la testa, Bill Kaulitz monopolizzava i miei pensieri leggermente troppo, e quella sera non era diverso visto che dovevo recarmi da lui per passare del tempo insieme, poiché il giorno successivo non saremo riusciti a incontrarci e lui si era ricordato del mio compleanno e voleva festeggiare; non aveva più fatto parola riguardante a una festa o possibili regali e ciò non poteva che farmi piacere.
Sistemai la maglietta che avevo scelto di indossare e mi recai per un’ultima controllata in bagno, quando sentì bussare; invitai ad entrare mollando un urlo e scoprì che l’ospite era la mia amica Julia.
-Buonasera quasi maggiorenne!- salutò piazzandosi sul mio letto.
-Buonasera anche a te rompipalle- ricambiai uscendo pronta e lanciandole un’occhiata di sbieco.
-Come siamo accoglienti- sbuffò mentre io scossi le spalle; -Senti, io i prossimi due giorni non ci sono perché ho un’uscita a Colonia con il gruppo- si interruppe per fare una faccia disgustata, -E quindi non possiamo festeggiare il tuo compleanno domani, perciò ho pensato di autoinvitarmi stasera; so che hai un incontro con Bill però.. potete vedervi comunque domani sera, magari per meno tempo.. mentre con me no- si incupì.
-Julia.. non posso dar buca al mio ragazzo.. insomma..- cominciai tentennante, mentre il suo viso assumeva sempre un cipiglio più triste e gli angoli della bocca si piegavano inevitabilmente all’ingiù. Ogni parola il suo sguardo diventava più vacuo e offuscato, lo faceva apposta quella ragazza!
-Oh ma cosa te ne esci con facce del genere? Mi vuoi far sentire in colpa?- esclamai.
-N-No..- rispose piano.
Maledissi l’avere una coscienza e poca resistenza alle moine, infatti mi arresi.
-Ah bene! Avverti Bill io corro a prendere il tuo regalo!- aveva ripreso subito vita però, la presi a parolacce mentalmente e presi il telefono per chiamare il nero.
-Pronto?-
-Ehi piccola, cos’è quel tono abbattuto?- colse subito la sfumatura depressa della mia voce.
-Julia si è praticamente stanziata in camera mia quindi stasera non riesco a venire da te- sospirai.
-Oh.. possiamo rimandare a domani- disse lui, lasciandomi un po’ perplessa, sembrava poco dispiaciuto. Sentì dei rumori di sottofondo che lui coprì mettendo una mano sulla cornetta, riuscì però a percepire parlasse con qualcuno.
-Bill, ci sei? Bill?- domandai sentendomi stupida.
-Si scusa, era arrivata l’infermiera a portare gli asciugamani puliti- scusa poco plausibile.
-Mh..-
-Ora devo andare, sono parecchio stanco. Ti chiamo domani mattina- fece sbrigativo, -divertiti- e mise giù.
Rimasi a fissare il telefono sbigottita finché Julia non irruppe in camera con il fiatone, circa cinque minuti dopo.
-Scusa, ho fatto una corsa- non si vedeva, aveva solamente le guance paonazze e il respiro corto.
-Non serviva corressi così eh, come mai ci hai messo tanto?-
-Non ricordavo dove avevo messo il pacchetto- non mi guardò negli occhi. –Comunque eccolo qui!- mise davanti ai miei occhi una bellissima confezione regalo.
-E io non ricordavo d’averti chiesto di farmi un regalo- sbuffai.
-Mi pare il minimo, no?- mi guardò di sottecchi, -Insomma, sei la mia unica amica e mi dispiaceva non farti qualcosa- s’imbarazzò facendomi sorridere.
-Oh vieni qui!- allargai le braccia e mi raggiunse sul letto, abbracciandomi.
-Vedo che con il passare degli anni diventi più affettuosa- mi prese in giro.
-Ah, sto morendo dal ridere, vedi?- affermai con faccia seria e sopracciglio alzato.
-Che palla sei! Comunque, che si fa?- domandò.
-Sei tu quella che si è invitata qui, dovresti averle tu le idee, io potrei andarmene a dormire-
-Aspetta- frugò nella sua borsa. –Ho portato un film, guardiamo questo? Così si fa mezzanotte- scossi le spalle e accettai solamente dopo aver costatato non era romantico ma una commedia, almeno mi risollevavo l’umore!
Inserì il dvd e fece partire il film, io intanto vagavo con i miei pensieri.
Bill mi era sembrato strano, distante.. e la cosa m’aveva spaventato non poco, cosa nascondeva?
Perché aveva chiuso la chiamata così velocemente?
Perché aveva mentito quando avevo sentito i rumori nella stanza?
Le immagini scorrevano mentre la mia testa si riempiva di paranoie assurde.
-Mel, sento le tue rotelle girare da qua, tutto okay?- mi scoprì Julia, fissandomi negli occhi curiosa.
-Non so neanche io- scossi le spalle, -Bill staserà mi è sembrato strano, come se volesse evitarmi- la sua faccia cambiò espressione, sbigottita.
-Sarà stata una tua impressione, forse era solo stanco- mi rassicurò con voce dolce, -Non devi farti castelli solo perché si è rivelato sbrigativo, okay?- Annuì.
-Ecco, e ora aspetta..- guardò l’orologio, -undici e cinquantasei, direi che puoi aprire il regalo!- mi porse la confezione entusiasta.
La presi e scartai lentamente la carta regalo e riversai il contenuto sul letto, arrossendo.
Dovevo immaginare un regalo di questo tipo da lei, un completo intimo nero con del pizzo ai bordi, sentì le mie guance imporporarsi.
-Ma ti imbarazzi per così poco?- scoppiò a ridere.
-Piantala- farfugliai. Lo rigirai, era molto carino anche se non del mio genere.
-Dai provalo, poi ti do l’altro- mi incitò.
-Un altro? E io che non volevo spendessi soldi per me- sbuffai, arrendendomi e entrando in bagno.
Indossai mutande e reggiseno guardandomi allo specchio; facevo la mia figura in effetti, il nero contrastava con la mia pelle dal colorito cadaverico e il completo metteva in evidenza le mie forme non molto pronunciate, anche a causa della mia magrezza.
-Fatti vedere su!- mi esortò Julia, eseguì imbarazzatissima.
Uscì e mi squadro dalla testa ai piedi, contribuendo solo a peggiorare la situazione.
-Ma dove tenevi nascoste quelle tette?- ridacchiò, -Ti sta benissimo! Ora tieni quello, voglio che scarti subito l’altro regalo!-
Farfugliai qualcosa di indistinto, mi rivestì il fretta e presi l’altro pacchetto, uscito dalla borsa. Lo aprì lentamente e mi venne spontaneo sorridere guardando il contenuto: una t-shirt lunga e azzurra, con una scritta stampata in nero, la quale diceva:

“Muse of the dark Superstar”

Mi sorprese l’uso dell’articolo determinativo, però infondo era corretto, ero la “musa” del cantante dark, Bill Kaulitz.
-Julia ma è stupenda! Grazie mille! Solo tu puoi farmi un regalo del genere!- scoppiammo a ridere.
-Sono contenta ti piaccia, volevo farti qualcosa di personale- fece l’occhiolino, gettando un’altra occhiata all’orologio.
Mezzanotte.
Mi travolse in un abbraccio inaspettato, tanto da farci cadere sul materasso e scatenare un’altra ondata di riso.
-Tanti auguri Mel! Sei maggiorenne! Piccole donne crescono- fece con aria tragicamente nostalgica. 
-Grazie mille! Eh sì, come passa il tempo!- tirai fuori la lingua e sbadigliai.
-Si vede l’età eh, già sonno? Beh meglio dormire, domani ti… cioè mi aspetta una lunga giornata- si corresse e la guardai stranita, senza darci però più di tanto peso.
-Meglio, sono esausta!-
Dopo esserci messe in pigiama e coricate sotto le lenzuola mi portai le cuffie dell’ipod alle orecchie, cercando una canzone che mi facesse da ninna nanna.

Unsere Träume waren gelogen 
Und keine Träne echt. 
Sag das das nicht wahr ist, 
Sag’s mir jetzt. 
Vielleicht hörst du irgendwo, 
Mein SOS im Radio! 
Hörst du mich?
Hörst du mich nicht?

Cullata dalle dolci note e melodiosa voce di Bill in “Rette mich” chiusi gli occhi e feci trasportare nel mondo dei sogni di Morfeo.

Sentì il mio corpo riprendere leggermente contatto con la realtà, seppur fossi ancora in dormiveglia. Nella stanza percepivo del movimento e capì che Julia s’era già alzata e stava parlando piano con qualcuno di cui non capì l’identità, in quanto ancora intorpidita dal sonno.
-Adesso la sveglio- la sentì dire e poi mi sentì scuotere e chiamare.
-Mh, Julia non rompere le palle e lasciami dormire- sbuffai.
-Cosa?  Dormire ancora? È quasi mezzogiorno e fra due minuti devo partire, ero passata a salutarti.. ma se non vuoi-
Con tutte le forze che avevo in corpo lottai e riuscì a tirarmi su, cercando di focalizzare l’ambiente, la mattina ci mettevo un po’ a connettere.
Passato un minuto a fissare il vuoto lanciai uno sguardo alla sveglia e istintivamente guardai male la mia amica.
-Quasi mezzogiorno? Non sono neanche le otto!- esclamai inorridita.
-Ops, scherzetto! È per una buona causa, capirai!- fece l’occhiolino, sparendo fuori dalla porta e lasciandomi imbambolata.
-Buongiorno Prinzessin- drizzai in piedi sentendo la voce provenire dal corridoio e vedendo Bill entrare e avvicinarsi al mio letto.
Bum, bum. Il mio cuore perse un battito per poi sobbalzare sempre più veloce.
-Buongiorno..- mormorai, imbarazzata, chissà com’ero messa.. –Cosa ci fai qui?- chiesi stupita.
-E’ il mio regalo di compleanno. Vestiti e poi ti dico tutto- generalmente le sorprese non mi piacevano, ma fatte da lui.. la storia era diversa. Andai subito in bagno e indossai le prime cose che trovai, jeans e maglia tanto per cambiare, neanche cinque minuti dopo ero di nuovo in sua compagnia.
-Curiosa eh?- ridacchiò.
-Sì- mugugnai.
-Prendi una borsa e metti dentro cellulare, caricabatterie, ipod, macchina fotografica, la tua agenda.. cose così, su dobbiamo sbrigarci!-
Feci ciò che m’aveva chiesto, ancora piuttosto confusa e in attesa di spiegazioni.
-Ecco, adesso usciamo che gli altri tre dei Tokio Hotel vogliono farti gli auguri-
 Prese la mia mano e subito sentì il sangue salire sulle guance e un calore innaturale avvolgermi, come sempre la sua presenza non mi faceva restare indifferente; mi condusse nell’atrio, dove i tre mi aspettavano decisamente assonnati.
-Ragazzi, buongiorno!- salutai, -Mi dispiace che qualcuno- sottolineai l’ultima parola, -che qualcuno vi abbia costretto ad alzarvi presto solo per farmi gli auguri!-
-Figurati Mel, una volta ogni tanto possiamo fare uno strappo alla regola!- rispose Georg sporgendosi verso di me per augurarmi buon compleanno, seguito da Gustav.
-Diciotto anni eh? Vedi di andare dall’estetista il prima possibile, noto già qualche ruga attorno agli occhi- osservò ovviamente Tom.
-Ah, come siamo gentili- sbuffai.
-Dai, vieni qui piccola rompiscatole conquistatrice di fratelli altrettanto rompipalle!- mi sorprese abbracciandomi e notai che, una volta staccatosi, lasciò qualcosa dentro la mia borsa, facendo l’occhiolino.
-Questi sono i nostri regali comunque- intervenne il batterista, -Abbiamo saputo tardi del tuo compleanno, ti avremmo fatto qualcosa di meglio sennò!- aggiunse imbarazzato.
-Non dovevate fare proprio nulla invece- sbuffai, guadagnandomi una brutta occhiata da tutti.
-Okay, okay sto zitta!- risi, mentre mi porgevano due pacchetti.
Scartai il primo e ridacchiai guardando il contenuto: una maglia di un gruppo tedesco a caso, Tokio Hotel.
Il secondo conteneva una borsa a tracolla, sempre dello stesso gruppo.
-Oh che bei regali! Come facevate a sapere che mi piace questo gruppo?- domandai sorridente.
-Piacciono a tutti, soprattutto perché il chitarrista è un gran bel ragazzo!- Esclamò Tom.
-Invece mi dicono sia perché in cantante è bellissimo..- ribatté Bill.
-Io trovo siano tutti carini invece!-
Lo pensavo davvero, la band oltre ad essere formata da quattro talenti, era formata da quattro ragazzi, uno più bello dell’altro. Erano particolari, diversi tra loro ma formavano un miscuglio omogeneo quando suonavano, il mio ragazzo m’aveva più volte spiegato a quante critiche erano sottoposti ogni giorno per la parte estetica, anche quanto ciò gli desse fastidio poiché non era quello che andava valutato, bensì la musica. Soggetti a giudizi parecchio superficiali, talvolta addirittura cattivi e distruttivi.
E ciò era servito solamente a renderli più forti, delle persone migliori.
-Grazie Mel, se non ci fossi tu come faremmo io e il povero Georg?- intervenne Gustav sorridendo allegro, era di una pacatezza incredibile, posato e timido. Tuttavia era il batterista, lui dava il ritmo a tutto, era energia pura nonostante l’apparenza ingannasse.
-Figurati, è quello che penso- feci l’occhiolino.
-Si, bando alle ciance adesso! È ora di andare, vieni principessa- ci interruppe Bill porgendomi la mano e trascinandomi via da lì.
-Cos’è tutta quest’irruenza?- domandai interrogativa, stupita dalla sua frettolosità.
-Mh, abbiamo un aereo da prendere- rispose semplicemente lui, mentre io spalancavo la bocca incredula, facendolo ridere.
-Un cosa?-
-Aereo, presente quel coso grande, con un motore che lo fa volare? Due ali, ruote, eccetera?- mi prese in giro.
-Ah, come sei simpatico! Hai mangiato pane e sarcasmo stamattina per colazione?- lo ammonì.
-In realtà devo ancora fare colazione, la faremo una volta arrivati lì-
-E, tanto per sapere sai, visto che non ho valigie ne altro, lì dove sarebbe?- troppo misterioso per i miei gusti.
-Non te lo dico, è una sorpresa!- mi fece una linguaccia, -non preoccuparti per le valigie, per organizzare tutto ho chiesto il permesso a tua madre e le ha preparate lei con l’aiuto di Julia- confessò.
In quel momento desiderai essere senza bagagli, un brivido mi percorse la schiena, l’idea di mia madre e della mia amica che complottavano per scegliermi i vestiti mi spaventava e non poco, quelle due insieme erano qualcosa di pericoloso, basta pensare a i completi intimi che m’avevano regalato! Me l’avrebbero pagata, certo.
-Posso denunciarti per rapimento se non me lo dici- esclamai soddisfatta.
-Invece no, non è un rapimento in piena regola. I tuoi genitori sanno dove sei, hai il cellulare, soldi per scappare e io non ti farei mai del male. Ho parlato anche con i medici, e hanno detto che puoi venire. Non ti piace proprio l’idea di passare del tempo con me?- mormorò mentre il suo sorriso spariva trasformandosi in un delizioso broncio.
Odiavo quando faceva così, perché con quell’espressione era impossibile non cedere, era impossibile non correre da lui e consolarlo.
Chissà quanto si era allenato per riuscirci, alla fine aveva un’arma micidiale dalla sua parte.
Perché esistevano persone così perfette? Da quando lo conoscevo me l’ero domandato tante, parecchie, troppe volte. 
-Non mi piace l’idea, io amo l’idea, adoro passare tempo con te. Solamente.. sono stupita e curiosa- risposi mordendomi il braccio, mentre salivamo nella macchina guidata dal fedele Saki.
-Solitamente, come avrai capito, sono una persona parecchio logorroica che fatica a tenersi le cose per sé, ma stavolta non riuscirai ad ottenere nemmeno un indizio. Capirai dopo siamo diretti una volta arrivati, anche perché non saliremo sull’aereo di linea, ma su quello privato della band, e ho detto al guidatore di non accennare alla destinazione. Non ti preoccupare comunque, restiamo in Germania-
-Sei uno stronzo- sbuffai, mentre mi guardava offeso, -un adorabile stronzo- aggiunsi ridacchiando.
-Vieni qui piccola- prese il mio braccio e mi trascinò addosso a lui; -so che hai dormito poco stanotte, anche colpa mia. Come avrai capito ho organizzato io l’irruzione di Julia nella tua camera, per questo ti evitavo, mi spiace abbia pensato male. Perciò riposa pure-
Mi parlò con tono dolce, accompagnandosi con gesti teneri prese le mie gambe e le allungò sul sedile, mentre accarezzò la mia testa posata sulle sue cosce. L’abitacolo si riempì delle melodiose note di “In die Nacht” e, accompagnata dal movimento ritmico della sua mano sul mio viso, mi lasciai cadere addormentata.

Sentivo dei rumori vicino a me e dei movimenti, ma ero troppo intontita per identificare ciò che stava succedendo.
-Ehi piccola, siamo arrivati- il respiro di Bill mi arrivò caldo sull’orecchio, riempendomi di calore e costringendomi ad aprire gli occhi.
-Dobbiamo prendere l’aereo?- mugugnai strofinandomi gli occhi con le mani, mi sentivo parecchio intontita. Bill scoppiò a ridere e lo guardai confusa.
-Che c’è?- domandai stranita.
-Guardati meglio attorno- suggerì.
Di malavoglia mi tirai su dal sedile e sussultai notando non eravamo più in macchina, bensì in un piccolo elicottero che stava per atterrare.
-Come..?- mormorai confusa.
-Dormivi proprio profondamente e non me la sono sentito di svegliarti, così Saki mi ha aiutato e ti abbiamo portato dalla macchina direttamente qua e tu non ti sei mossa, sonno da recuperare eh? Adesso siamo quasi a terra- sorrise con affetto.
Venni colpita dalla consapevolezza di essere a parecchi metri da terra e cominciai a tremare, viaggiare ad alta quota mi spaventava sempre, avevo paura dell’altezza, nonostante mi vergognassi ad ammetterlo.
-Ehi, calmati, non c’è nulla da temere- mi rassicurò Bill intuendo il motivo del mio cambiamento d’umore e stringendomi repentinamente a sé, mi concentrai sui battiti irregolari del suo cuore e alla fine mi tranquillizzai.
L’aereo planò e finalmente i miei piedi toccarono terra. Ad aspettarci c’era l’altra guardia del corpo, Tobi.
-Le valigie sono già in auto- mi informò, -portaci all’hotel grazie- sorrise al bodyguard.
Guardai distrattamente attorno, alla ricerca di qualche indizio che mostrasse dove eravamo atterrati, peccato che la pista fosse deserta e desolata, senza alcuna indicazione.
-Smettila di squadrare il paesaggio, fra poco capirai tutto- anticipò ogni mia domanda, io sbuffai.
Salimmo nuovamente il macchina ma stavolta il viaggio fu più breve, Bill mi tenne praticamente in braccio, sempre con lo sguardo fisso sul mio. Avevo capito era una tattica per non farmi capire dove ci trovavamo, ma come diversivo mi piaceva parecchio.
-Eccoci- annunciò l’uomo.
Ci trattenemmo nella vettura ancora un po’, il tempo per far uscire le valigie e consegnarle a qualcuno a me sconosciuto, poi finalmente il cantante si decise ad aprire la porta.
Spalancai gli occhi davanti all’albergo scelto per il soggiorno. Niente di meno che il Ritz di Berlino, trasudava lusso e ricchezza da ogni parte.
Era una struttura imponente, esclusiva, per uomini d’affari e personaggi famosi. Gente esclusiva quindi.
-Tu sei pazzo. Non puoi aver prenotato una camera al Ritz- mormorai ancora stupita. Notai come mi era uscita spontaneo dire ‘una camera’ e non due..
-Non l’ho fatto- lo guardai stranita, -Ho prenotato la suite imperiale- mi sorrise angelico.
-Ma cosa? Bill ma quanto ti costa, non te lo permetto!- affermai.
-Senti, sono una persona che ama fare shopping e neanche ti immagini quanti soldi riesca a fare fuori in una giornata. Ora pensa da quanto sono in clinica, ecco.. in questo tempo non ho fatto un minimo di shopping, quindi ho risparmiato e questo mi sembra un ottimo modo per spendere i miei soldi. Per stare con te, quindi rassegnati, ormai è tutto fatto- parlò sempre con quel sorriso insopportabilmente bellissimo stampato in faccia.
-Perché sei così cocciuto Kaulitz?- sospirai sconfitta.
-Oggi compi diciotto anni, è il minimo che posso fare per la ragazza di cui sono innamorato- spiegò con una semplicità disarmante e non me la sentì di ribattere, lo guardai commossa baciandolo leggermente. Mi meritavo un ragazzo così?
-Vuoi rimanere a consumare l’hotel con lo sguardo o entriamo?-
Senza aspettare che rispondessi mi prese per mano e mi trascinò all’interno, non potei che ammirare la bellezza dell’interno, chiedendomi cosa mi dovessi aspettare dalla camera.
-Saliamo in camera, è tutto lì- salimmo in ascensore silenziosamente.
-Oh..- incalzò poi lui, -ho preso una camera soltanto, non voglio tu possa pensare male!- arrossì gesticolando velocemente, facendomi ridere, -le suite hanno sempre due letti matrimoniali e due bagni, perciò non farti idee sbagliate- farfugliò imbarazzato.
L’idea di stare nella stessa stanza con Bill per più di una notte mi piaceva parecchio e non avrei mai pensato male, perché lui non era.. Tom.
Mi fidavo di lui, tanto.
Mi fidavo di lui però, anche per fare il passo successivo? Per concedere ciò che mai avevo concesso a nessuno?
Non mi ero posta il problema (?), non erano mai capitate situazioni ambigue. La risposta a quella domanda però arrivò in fretta, contemporaneamente dal cuore e dal cervello: sì.
Perché non avrei dovuto in fondo? Lo amavo! E poi era una di quelle cose che comparivano nella lista “cose da fare prima di morire”.
-Non ti preoccupare Bill- lo tranquillizzai vedendolo terribilmente imbarazzato, faceva una tenerezza infinita.
Ricambiò sorridendo e aprì la porta della camera.
Dio mio!” fu quello che pensai come primo impatto. Era tutto.. enorme. Di fronte a noi c’era un piccolo salotto con un divano in pelle e una televisione a schermo piatto, dall’altro lato una piccola cucino con piano bar, un corridoio conduceva alle due camera, una di fronte all’altra, con accanto i bagni. La ispezionai attentamente, lasciando qualche esclamazione sorpresa di fronte al letto a baldacchino, l’armadio immenso, l’altro televisore in camera da letto, la mega vasca da bagno nella toilette, c’era perfino un pianoforte in soggiorno! Era tutto perfetto.
-Ti piace?- domandò il mio ragazzo facendomi sobbalzare, mi ero fermata in contemplazione dell’ambiente.
-Se mi piace? È.. oddio non ho parole!- il suo viso si contrasse in un’espressione soddisfatta.
-Non so che altro dire se non.. grazie Bill- lo guardai con tutto l’amore possibile e non resistetti oltre, lo baciai con foga.
Ci staccammo per la mancanza d’ossigeno, io imbarazzata lui sorpreso e divertito.
-Dovrò organizzare sorprese così se le reazioni tue saranno.. queste- strizzò l’occhio.
Le mie guance si tinsero di rosso e lui me le accarezzò con dolcezza, facendomi andare in estasi.
-E’ troppo tardi per la colazione ormai. Ordino direttamente il pranzo in camera-
Annuì incapace d’aggiungere altro.
-Ma, quando partiamo per tornare a casa allora?- domandai dopo un poco.
-Dopodomani, la mattina- mi informò. Quindi due notti da passare assieme..
-Se vuoi puoi disfare la valigia o comunque farti un bagno, tutte le cose sono di fianco all’armadio. Io ho bisogno di una rinfrescata, mi stanco sempre a viaggiare- seguì il suo consiglio e mi recai a vedere cosa avevano messo in valigia. La prima cosa che mi saltò all’occhio furono i completi intimi regalati da mia madre, il regalo di Julia l’avevo ancora addosso. C’erano varie magliette, tutte abbastanza carine, jeans stretti e un paio di leggins, avevo pensato peggio, non c’erano tacchi neanche vestiti. Sospirai di sollievo.
Prelevai un paio di jeans, la maglietta – sempre regalo della mia amica – e presi l’occorrente per fare un bel bagno. Riempì tutta la vasca e mi ci infilai lentamente all’interno, sentendo ogni fibra del mio corpo rilassarsi a contatto col tepore dell’acqua e il profumo del bagnoschiuma alla fragola. Ero in estasi. Mi strofinai lentamente, pensando a ciò che aveva fatto Bill per me, mai nessuno aveva fatto un gesto così.
Mi venne l’istinto di scrivere qualcosa, purtroppo però non avevo carta e penna dietro, perciò mi rilassai e la mia testa fu invasa da una melodia dolce al piano. Mi tornava in mente ogni tanto, l’avevo iniziata a scrivere prima di entrare in clinica, qualcosa di semplice ma bello, poi non ero più andata avanti, per lo meno non l’avevo più provata, perché capitava le note mi risuonassero in testa e ne aggiungevo altre, col tempo.
L’arrivo del cantante nella mia vita m’aveva ridato l’ispirazione.
Cominciavo a sentire freddo, segno fossi stata troppo immersa nell’acqua – e nei miei pensieri – perciò uscì e mi rivestì velocemente, uscendo dal bagno con un sorriso radioso.
Il moro era seduto sul letto che si spazzolava i capelli neri, ancora umidi. Indossava una maglia rossa e dei jeans neri. Probabilmente era anche lui soprappensiero perché non si accorse del mio arrivo e sobbalzò non appena gli presi la spazzola di mano e iniziai a passargliela io.
Lo vidi chiudere gli occhi, mentre il viso assumeva una piega angelica.
-Profumi di fragola- mugugnò sorridendo.
-E tu di menta e vaniglia- ridacchiai, posando le mie labbra sul collo e posandovi un leggero bacio.
Rimanemmo nuovamente in silenzio, non so quanto andai avanti a spazzolare, mi piaceva vedere il suo viso completamente rilassato e avvolto da quell’aurea dolce. Fummo interrotti dall’arrivo del pranzo.
Il cameriere posò due piatti di spaghetti al pomodoro accompagnati da purè e sentì l’acquolina in bocca. Anche Bill pareva affamato come me, infatti ci fiondammo entrambi sui piatti e spazzolammo tutto velocemente.
-Che buono, non so da quanto non mangiavo qualcosa di così buono..- mugugnò soddisfatto.
-Concordo, sento potrei cominciare a rotolare da un momento all’altro- concordai.
Notai che mi squadrò, prima non aveva prestato particolare attenzione al mio abbigliamento, poi si soffermò sulla maglietta.
-“Muse of the dark Superstar”- lesse trattenendo un sorriso.
-Regalo di Julia- spiegai.
-Trovo sia.. azzeccato sai? La mia musa Melpomene-
Un calore improvviso scaturì dal mio cuore e sentì il risveglio degli elefanti nel mio stomaco, altro che farfalle!
-E tu la mia superstar- lo abbracciai.
-Sei perfetta, lo sai?- sussurrò contro la mia fronte.
-Tu, forse. Insieme siamo la coppia più imperfetta che esista- soffiai sul suo collo, vedendo piccoli brividi percorrere la sua pelle.
-Non credo. Dobbiamo.. solo sistemare i nostri pezzi insieme, puoi dire tutto quello che vuoi.. ma io la vedo così, noi siamo una cosa sola, come lo yin e lo yang- mi strinse ancora più forte a sé, sentivo i nostri cuori martellare allo stesso ritmo. 
Se fosse stato per me, mai mi sarei staccata da quel contatto, anzi! Purtroppo però il telefono si mise a squillare proprio in quel momento e fummo costretti ad allontanarsi, di malavoglia.
-Io devo fare alcune commissioni, ci metterò un po’- mi informò congedandosi con un bacio.
Io andai a recuperare il cellulare, la chiamata era di mia madre.
-Pronto Mel? Tanti auguri, di nuovo! Buon compleanno piccolina, oh non sei più piccola ora! Sei maggiorenne-
-Giorno mamma! Non ti commuovere- salutai di buon umore.
-Oh, sei allegra! Deduco la sorpresa ti sia piaciuta- la sentì ridacchiare attraverso la cornetta.
-Tanto- sussurrai fra le nuvole.
-Sei proprio innamorata! E anche Bill lo è, si capisce. È un bravo ragazzo, già lo sapevo ma adesso che ho confabulato con lui per organizzare la tua sorpresa posso solo riconfermare i miei pensieri-
-E’.. Bill è semplicemente perfetto- sorrisi, anche se non poteva vedermi.
-Allora dimmi, tutto bene fino ad ora?-
-Di più, tutto benissimo! Penso il mio cuore scoppierà d’amore prima o poi, lui è così dolce.. mi chiedo come può esistere una persona del genere!-
-Esiste e tu ne hai la prova, e sei fortunata perché l’hai incontrato, tienilo stretto, nonostante tutto!- mi ammonì.
-Si, si..- lasciai cadere il discorso.
-Ora ti lascio, poi voglio sapere tutto del viaggio eh!- disse allusiva.
-E quel tono cos’è?- imbarazzo, tanto imbarazzo.
-Nulla!- ridacchiò buttando giù il telefono.
Era impazzita, si comportava come una ragazzina! Però ero contenta di aver recuperato una parte del rapporto che avevo con lei.
Altra cosa per cui ringraziare Bill.
Ecco, ora che era uscito senza dirmi dove si recava mi trovavo libera e senza sapere cosa fare. Gironzolai un po’ e mi soffermai sul pianoforte; era una tentazione vederlo lì, da quanto non accarezzavo quei tasti d’avorio? Da quanto non mi lasciavo cullare dalla musica che usciva dalle mie stesse dita leggere? Come in trance mi sedetti sullo sgabello e, chiudendo gli occhi, iniziai a suonare melodie casuali.
Non so per quanto andai avanti, mi fermai quando le mie mani cominciarono a suonare le note che avevo in testa da un po’ autonomamente, mi concentrai e cercai di mettere insieme una composizione decente. Non fu difficile, tutto usciva da sé, senza pensare, dal cuore.
Tre minuti e cinquanta secondi dopo quelle note che da un po’ aleggiavano nella mia mente erano state trascritte nel libretto con i pentagrammi che portavo sempre dietro, nonostante lo aggiornassi.. molto raramente.
Soddisfatta lasciai il pianoforte a causa del mio stomaco che reclamava cibo, frugai un po’ qua e la e recuperai un pacchetto di patatine che finì in poco tempo.

Due ore dopo e Bill non era ancora tornato, mi stavo decisamente annoiando. Avevo esaurito le cose da fare, perciò optai per ascoltare un po’ di musica: presi l’ipod e, nel momento in cui l’estrassi dalla borsa, mi ricordai che Tom v’aveva infilato qualcosa la mattina. Frugai alla ricerca del pacchettino e lo estrassi con cautela, era una confezione piccola e rettangolare, scartai delicatamente dall’involucro e ne estrassi una bellissima moleskine con un elegante stilografica. La accarezzai in venerazione, era semplicemente meraviglioso! Aprì la prima pagina e notai la dedica del gemello.

Mh, appena l’ho vista ho pensato a te!
Questo è anche per chiedere nuovamente scusa (non far leggere a nessuno questo, grazie!)
per come mi sono comportato all’inizio.. mi sono ricreduto su di te,
anche perché da quando sei entrata nella vita di Bill lui non smette un attimo di sorridere,
era da tanto che non lo vedevo così felice (:
Quindi boh! Tutto qua, sai.. sì.
Mi raccomando, che questo rimanga fra noi, altrimenti posso dire addio alla mia reputazione da duro!!
Tanti auguri Mel,
TomsostitutodelsolenonchéSexGottKaulitz

Un sorriso ampio si fece spazio sul mio volto, quel ragazzo era una sorpresa continua! Lo stavo scoprendo giorno dopo giorno ed ero felice avesse ritirato la maschera da duro con me, avevo capito che oltre allo stronzo c’era una persona dolce, anche se faticava a venir fuori.
Pensai a qualcosa da scrivere per inaugurare la prima pagina bianca – seconda considerando la dedica del chitarrista.

L’anno scorso festeggiavo i miei diciassette anni.. sola.
Quest’anno è cambiato tutto.  Ho diciotto anni e non li sento.
E so di chi è la colpa, sempre sua, sempre e comunque di Bill Kaulitz.
Riesce a farmi sentire una ragazzina, un suo sorriso manda il tilt il mio
già precario sistema nervoso, fatico a elaborare frasi sensate in sua presenza.
Ma.. mi va anche bene. Sono spensierata quando sono con lui,
mi dimentico della malattia, tanto mi fa sentire bene.
Perché ha quegli occhi che mi fanno traballare l’anima,
scavano dentro, leggono. Sciolgono, parlano. Amano.
Oh ragazzo, che mi hai fatto? Mi hai ammaliata.
Grazie Bill, ti amo, sai? Sei la mia superstar. Sei..
No, non vale la pena cercare altri aggettivi per descrivere,
sarebbe inutile. Ancora da inventare qualcosa per etichettare l’effetto che hai su di me.
Afrodisiaco. Curativo. Fuoco che arde e fa sciogliere ogni atomo nel mio corpo.
Per sempre sacro.

Rimisi l’agendina in borsa e con aria trasognata andai verso il terrazzo, per ammirare il panorama, non l’avevo ancora fatto prima.
I pensieri si fossilizzarono per un istante. Davanti a me si presentava un bellissimo paesaggio, Berlino  e la vita frenetica, palazzi che si elevavano al cielo, macchine rinchiuse nel traffico. Ero affascinata da ciò, tanto che non mi accorsi della presenza del mio ragazzo finché non mi raggiunse da dietro e mi strinse la vita in un dolce abbraccio. Sospirai, mentre sentì le sue labbra poggiarsi vicino alle mie orecchie.
Sentivo il suo cuore battere sulla mia schiena, prese un respiro e cominciò a cantare una melodia a me ancora sconosciuta.

“Ich halt mich wach - für dich
Wir schaffens nicht beide - Du weisst es nicht
Ich geb mich jetzt für Dich auf
Mein letzter Wille hilft Dir raus
bevor das Meer unter mir - zerbricht
Ich glaub an Dich
Du wirst für mich  immer heilig sein“

Appena riconobbi la canzone il mio cuore prese a galoppare freneticamente, impazzito.
Una cosa era udire la sua voce attraverso delle cuffie, una cosa era percepire quella canzone cantata con tanto amore direttamente di fronte a me, ogni parola colpiva e graffiava l’anima, ogni parola lasciava una traccia indelebile su di me. Ogni singola sillaba era cantata con amore.
Mi sembrava d’essere in apnea, talmente immersa nelle emozioni che lui mi causava faticavo a ricordarmi come si respirava.

„Ich sterb - für unsere Unsterblichkeit
Meine Hand - von Anfang an
über Dir - Ich glaub an Dich
Du wirst für mich - immer heilig sein“

Cominciai a tremare mentre le parole si imprimevano come marcate a fuoco nel mio cervello e nel mio cuore. Chissà se capiva che effetto destabilizzante avesse quella canzone su di me, la sua voce su di me.

„Meine Hand - von Anfang an
über Dir - Ich glaub an Dich
Du wirst für mich - immer heilig sein“

Soffiò le ultime parole dolcemente mentre ero sopraffatta da tutte le emozioni che era riuscito a darmi in soli tre minuti di canzone.
Neanche mi ero accorta di piangere finché non sentì il sapore amaro delle lacrime sulle mie labbra e fui scossa da singhiozzi. Bill mi girò prontamente e rifugiai la testa sul suo petto, sentì chiaramente il suo cuore battere velocemente come il mio.
-Ehi, che c’è?- sussurrò dolcemente, cullandomi.
-E’.. tu.. oh! Dio, non riesco neanche a esprimere quanto..- sbuffai esasperata, esprimendomi come riuscivo.
Presi il suo viso confuso fra le mani, lo fissai negli occhi cercando di far capire cosa provavo e lo baciai dolcemente.
-Sei meraviglioso, Bill- gli accarezzai le labbra con la lingua, assaporandone il sapore.
-Devo ancora darti il regalo, sai?- mi guardò colmo d’affetto e.. felicità.
-Sei pazzo, regalo? E questo cosa sarebbe scusa?- domandai esterrefatta, indicando la camera d’hotel.
-Ti pare che per i diciotto anni non ti faccia un altro.. pensierino?- inarcò un sopracciglio.
Il tono con cui disse “pensierino” mi fece sussultare, chissà cosa intendeva lui con il diminutivo.
Cercò qualcosa dalla tasca e tirò fuori una piccola confezione accuratamente incartata, lunga, sottile e rettangolare.
-Spero ti piaccia- disse con tono timido, porgendomela insicuro. Amavo anche quel lato del suo carattere, il fatto che, nonostante tutto, non si fosse montato la testa e fosse rimasto quel ragazzo che si imbarazzava e non affrontava il mondo con strafottenza solo perché aveva i soldi.
Con le mani ancora tremanti presi in mano l’oggetto e lo scartai attentamente. Spalancai gli occhi, incredula: sulla confezione era stampato con calligrafia elegante il nome “Tiffany & Co”. La aprì e fui subito attratta da una catenina fine e raffinata d’oro bianco, poi la mia attenzione si spostò sul ciondolo, che era in realtà un anello – stile fedina. Lo presi tra le mani rigirandolo, notai poi una parola iscritta all’interno “Heilige Muse” – musa sacra. Nuovamente i miei occhi si riempirono di lacrime. Lo porsi a Bill affinché me lo legasse al collo e lo sistemo sul mio collo pallido, chiudendo il laccetto.
-Nessuno ha mai fatto questo per me, nessuno- mormorai piano, cercando di ricacciare dietro le lacrime. –Grazie- aggiunsi.
-Sono contento ti piaccia- mi sorrise accarezzandomi il volto e spazzando via le lacrime.
Si piegò su di me e mi baciò a lungo, mentre mi beavo della sua vicinanza.
-Ora basta piagnistei, non vorrai mica avere gli occhi gonfi stasera?- domandò ammiccando.
-Perché? Che facciamo stasera?-
-Sorpresa! Vediamo, hai un’ora per sistemarti, poi andiamo fuori a cena e vedrai! I vestiti te li ho messi prima in camera, a dopo!- ultimo bacio e sparì nella sua stanza, lasciandomi lì sola.
Sbuffai recandomi verso il mio letto, notandovi sopra due borse. Segnale d’allarme! Sbirciai nella prima e tirai fuori un vestito, osservandolo critica. Era blu scuro, di seta, arrivava poco sopra al ginocchio, stretto in vita e largo sul fondo, senza spalline con una fascia nera brillante stretta sul seno. Per quanto non amassi i vestiti, dovetti ammettere a me stessa che quell’abito era semplicemente stupendo, senza troppi sfarzi sembrava fatto su misura per  me. Lo accarezzai sentendone la morbidezza. Passai poi al pacchetto a fianco. Sicuramente scarpe, scossi la testa non appena lessi la marca: jimmy choo. Aprì la confezione e estrassi un paio di decolleté nere, con un tacco di almeno dieci centimetri. Come avrei fatto a camminarci? Sentivo già salire il panico perciò optai per un’altra immersione nella vasca, così da rilassarmi. Riempì di bagnoschiuma alla fragola, tanto amato dal cantante e mi ci immersi completamente, mentre ogni fibra del mio corpo si distendeva. Ne uscì una mezz’ora dopo, rinfrescata e tranquilla: stavo combattendo la leucemia, dovevo avere paura dei tacchi?
Passai alla preparazione per la serata, immaginai il luogo in cui dovevamo recarci fosse lussuoso, visto l’abbigliamento scelto. Guardai cosa mi avevano messo mamma e Julia nella valigia e estrassi il beauty, tirai fuori uno smalto blu scuro e lo passai accuratamente sulle unghie. Aspettai che si asciugasse e mi dedicai al make-up, non ero molto pratica ma la mia amica m’aveva insegnato qualcosa. Estrassi una trousse non mia e guardai le graduazioni di colori, cercando qualcosa di appropriato. Scelsi e cominciai ad applicare l’ombretto bianco perlato su tutta la palpebra, poi lo sfumai sul grigio e sul marrone. Aggiunsi cautamente una linea di eye-liner nero sopra l’occhio e applicai della matita bianca sotto, infine misi del mascara sempre scuro. Completata l’opera quasi non credevo ai miei occhi: ero davvero riuscita a truccarmi da sola, così bene? Avevo scelto il make-up giusto, l’azzurro degli occhi era particolarmente evidente e risaltava benissimo. Sorrisi soddisfatta di me. Tornai in camera e indossai il completo intimo sempre regalo di Julia e il vestito. Cadeva perfettamente lungo il mio corpo, evidenziando le curve non molto pronunciate e valorizzando la mia magrezza – anche eccessiva –e le gambe lunghe, slanciate ancor di più da quei tacchi. Come ultimo tocco misi un berretto nero in testa e mi fissai allo specchio, rimanendo sbigottita dall’immagine che rifletteva: una Mel più bella, radiosa come non mai. Ero davvero io? Sorrisi e recuperai un cappotto lungo dalla valigia – chissà da dove spuntava visto che non apparteneva al mio armadio – e uscì pronta. Bill era già in salone che mi attendeva, mi concessi di osservarlo bene prima di farmi vedere.
Stranamente indossava un maglioncino nero con scollo profondo a v, smalto alle unghie e parecchi braccialetti a contornare le braccia magre. Portava un paio di pantaloni stretti e strappati, un paio di scarpe da ginnastica in tinta. Aveva i capelli lisci sulle spalle, sopra gli occhi uno strato leggero di matita nera.
Bill Kaulitz quella sera – come sempre anzi – era l’emblema della bellezza.
Non lo si poteva etichettare come “figo”, perché non lo era. Meraviglioso, quello sì. Sentì uno strano calore propagarsi per tutto il mio corpo, desiderio?
Fingendo sicurezza mi avvicinai a lui e, non appena mi vide, si illuminò.
-Sei bellissima- commentò prendendomi fra le braccia.
-Non ho aggettivo per descrivere te, invece- sorrisi.
-Sei pronta?- domandò. Lo fissai negli occhi, di fronte a uno sguardo del genere mi trovavo inerme. Annuì, chissà cosa aveva in serbo per me.

Tobi ci aveva lasciati davanti a un ristorante nella periferia berlinese, con l’ordine di passare due ore dopo, avevamo cenato in tranquillità ed ora mi trovavo all’esterno per rispondere alla telefonata di Julia.
-Allora Mel, voglio sapere tutto quello che c’è da sapere!- esordì non appena ebbi accettato la chiamata.
-Tipo?- di sicuro non era successo niente di quello che si aspettava, purtroppo – aggiunse una vocina dentro di me.
-Com’è il Ritz? Probabilmente non ci entrerò mai io- sbuffò, -Se non per farci le pulizie-
-Ma dai piantala! Cosa vuoi che ti dica? È l’albergo più lussuoso che abbia mai visto! La camera è stupenda, praticamente è un appartamento!-
-Ma.. come vi siete sistemati per.. la notte?- domandò maliziosamente.
-Ci sono due letti matrimoniali- la informai, rendendomi conto del tono usato: amareggiato.
-Oh e allora? Nessuno dice che dobbiate usarli entrambi!- esclamò ovvia.
-Senti, io non sono esperta di queste cose! Come dovrebbe succedere scusa? Mi infilo nel suo letto mentre dorme?- replicai con sarcasmo.
-Semplicemente gli dici vorresti dormire accanto a lui, dormire! Poi se deve succedere succederà, non sono cose che si programmano!-
-Non sono sicura, è.. la prima volta per me, non so come ci si comporta..- ammisi imbarazzata.
-Siete innamorati, non ho mai visto nessuno come voi due, e Bill sarà rispettoso nei tuoi confronti, sai che non ti costringerà mai a fare niente- mi rassicurò.
-Ma.. io.. voglio lui. Sono solamente spaventata- confessai mentre le guance andavano a fuoco.
-Ah! Allora è diverso, quindi sei pronta- costatò con tono affettuoso, -Niente paura, ti assicurò che sarà tutto perfetto-
-…Possiamo cambiare argomento per favore?- implorai.
-Va bene capitano! Piaciuto il vestito?-
-Sì, stasera mi sento bellissima, non mi succedeva da tanto. E poi anche Bill ha apprezzato- sorrisi ripensando a come mi aveva guardato ammaliato non appena avevo tolto il cappotto al ristorante.
-Immaginavo!- ridacchiò, -La cena com’è andata? Piccioncini- mi prese in giro.
-Bene! Sembravamo una coppia normale, passare del tempo con lui mi piace sempre, mi diverto e mi fa sentire bene, inoltre non ci sono momenti di imbarazzo o di silenzio, l’amore- sospirai felice.
-Sono contenta per te!-
-Ora vado, Bill mi sta aspettando in macchina, chissà dove si va ora! A presto, ti voglio bene!-
-Anche io Mel, buon divertimento!-
Chiusi la chiamata e raggiunsi il mio ragazzo, dispiaciuta d’averlo lasciato solo per così tanto; aprì la portiera e lo trovai intento a scrivere.
-Che scrivi?- domandai e lui sussultò colto alla sprovvista.
-La canzone, quella che non usciva.. ora sta uscendo- sorrise.
-Posso vedere?- annuì poco convinto passandomi il blocco.

Bist du irgenwo da draussen
Alleine mit dir
Hast dich irgendwo verlaufen
Und weisst nicht wofür
Ein Herzschlag
Den keiner Fühlt
Bist du irgendwo da draussen
Zu schwach um zu weinen
Vor allen Menschen
Wegglelaufen
Um einer zu sein
Ich seh dich
Schau durch die nacht
Zoom Dich zu mir
Ich Zoom mich zu dir
Wir werden scheinen
Weit weg von hier
Durch raum und zeit
Zoom dich zu mir „

-Che testo stupendo- affermai sinceramente, -posso sentire come sarebbe?- chiesi dolcemente.
-Ehm, non è ancora pronta, cioè.. ormai scritta è scritta, ma non sono convinto- mormorò afflitto, lo guardai incoraggiante e intonò le parole impresse su carta, che pian piano invasero l’aria.
Era una melodia calma, dolce. Mi tornò alla mente quella che avevo composto il pomeriggio, sembravano fatte per diventare un’unica cosa.
-E per la musica, cos’hai pensato?-
-Ecco il problema, le parole sono troppo delicate per accompagnarle anche solo con la chitarra classica- sbuffò.
-Io.. se vuoi posso aiutarti- pigolai timidamente, -Oggi mentre mancavi ho suonato un po’ col piano e ne è uscita una cosa beh.. secondo me potrebbe star bene con il testo, quando torniamo te la faccio sentire se vuoi- sorrisi e lui ricambiò entusiasta.
-Grazie mille, sei la mia salvezza, sai? Poi non vedo l’ora di sentirti suonare- mi accarezzò un braccio, prendendomi per mano.
-Eccoci qua, scendiamo- mi accompagnò fuori, non riuscì a trattenere un’esclamazione di felicità davanti all’edificio: teatro.
-Ho chiesto consiglio a tua madre per questo, avevo un’idea ma non ero sicuro di cosa ti piacesse. Mathilda mi ha suggerito l’”Aida”, quindi eccoci qui-
Non riuscivo a dire una parola, era una delle mie opere preferite. L’avevo vista a dieci anni insieme ai miei genitori e ne ero rimasta totalmente affascinata, una storia d’amore bella quanto tragica, dolce quanto amara.
-E’ la mia preferita, come faccio a ringraziare per tutto questo?- mi strinsi a lui.
-I tuoi occhi e il tuo sorriso ricambiano abbastanza, mi basta vederti così felice- mi baciò la testa, -ora andiamo!-

Bill aveva pensato a tutto, avevamo due bellissimi posti su un palchetto di fronte al palco, da cui si vedeva tutto benissimo e anche l’acustica era perfetta. Per quanto amassi quello spettacolo però, non riuscì a godermelo al massimo. Qualcosa, anzi, qualcuno mi distraeva.
Il cantante era seduto al mio fianco, la mano stretta nella mia e vi tracciava figure immaginarie, lo sguardo puntato al palchetto, occhi che brillavano di curiosità, bocca socchiusa.
Quella sera l’opera d’arte era lui, non ciò che accadeva sopra a quel palcoscenico. Era lui il mio spettacolo.
Una volta finito tutto ciò che m’era rimasto in mente erano distratti e frammentati pezzi dell’“Aida“, mentre avevo fissato tutte le espressioni del moro. 
-Piaciuto?- mi interrogò una volta fuori all’aria aperta.
-Tanto, davvero.. interessante..- sorrisi, -a te?-
-Per quello che ho visto sì, non ero mai stato a teatro per vedere cose così, però mi sono distratto sempre.. a causa tua- confessò e io arrossì subito, facendolo ridacchiare.
-Viva la sincerità- commentai, scosse le spalle in risposta.
-Ora torniamo in albergo, non vedo l’ora di sentirti suonare! Sei stanca?-
-No- risposi subito; nonostante la giornata non fosse stata delle più leggere, mi sentivo piena di energia come mai prima.
-Bene- mi strinse al suo fianco e mi tenne così per tutto il viaggio, neanche qualcuno mi portasse via! Tuttavia non protestai, mai l’avrei fatto. Amavo stare fra le sua braccia.
Silenziosamente raggiungemmo la camera, l’albergo era silenzioso, quasi inquietante. Tolsi il cappotto e mi posizionai di fronte al pianoforte, con Bill seduto accanto a me, con occhi brillanti.
-Spero.. vada bene- mormorai imbarazzata.
-Sono sicuro sarà così- mi rassicurò. Ciò bastò a imprimermi sicurezza, lo spartito era lì davanti ma le note le conoscevo già. Chiusi gli occhi e feci scivolare le dita sui tasti, mentre il cantante accanto a me ascoltava attento. Finì e non disse nulla.
-Non ti..- incalzai, ma mi bloccò.
-Suona ancora- chiese. Lo guardai stranita ma obbedì.
Ripresi a suonare quando sentì che, alle note, si aggiunse la sua voce lieve. Era fatta, andavano a pennello insieme. Come noi..
Aprì gli occhi e mi voltai verso di lui, anche lui mi fissava mentre cantava.
Ero intrappolata dal suo sguardo, così caldo e pieno d’amore.

„Ich seh dich
siehst du mich?

Oh, eccome se lo vedevo. Occhi concentrati, bocca tremante, guance arrossate, la sua mano appoggiata sul mio affianco, il fiato che soffiava sul mio viso.. lo guardavo imprimendo nella memoria ogni fotogramma del momento.

Durch den sturm
Durch die kälte der nacht
Und die ängste in dir
Weit weg von hier
Durch raum und zeit “

Attraverso tutto, con lui. Bella prospettiva, irrealizzabile ma bella. Sognare non costava nulla, in fondo. Cantava e i suoi occhi non lasciavano i miei. Si era impadronito della mia anima, del mio cuore.

„Zomm dich zu mir“

Esalò le ultime sillabe avvicinandosi a me e bloccandomi in un bacio mozzafiato.
Le mie mani lasciarono subito il freddo dei tasti per circondargli le spalle, attaccati l’uno all’altro i cuori battevano in sincrono.
-Questa canzone è un capolavoro, è diversa, completa. È..- iniziò dolcemente fra un bacio e l’altro.
-Questa canzone siamo io e te. È nostra. Siamo noi- completai io mentre piano mi alzava dallo sgabello per farmi aderire al suo corpo.
Un altro bacio, un altro ancora. Una carezza, e un’altra di nuovo. Passava le sua mani dal mio viso alla mia schiena, ritmicamente.
Io facevo lo stesso. Ci stavamo esplorando a vicenda. Ci stavamo conoscendo.
Sentì il suo naso contro la mia guancia, lo avvicinai ancora di più a me. Lo volevo vicino. Lo volevo mio.
Sentivo caldo, i nostri respiri si fondevano, entrambi affannati.
-Prinzessin, cosa.. cosa stiamo facendo?- mormorò a fatica contro la mia fronte.
Presi la sua mano e la portai sul mio cuore, per fargli sentire come batteva forte grazie a lui.
-Non voglio farti male.. non voglio costringerti a fare niente- mi fissò serio.
-E io voglio te- sussurrai mentre le mie guance prendevano calore. Ero sicura, lo desideravano come mai prima.
-Sei mia Melpomene- esalò a un millimetro dalla mie labbra secche dall’emozione.
-E tu sei mio, Bill Kaulitz-
Nessuno aggiunse altro, la lingua era impegnata in un’altra attività, di tipo ben differente.
Raggiungemmo il letto senza staccarsi se non per prendere aria. Delicatamente caddi sul materasso, seguita dal cantante. Si mise sopra di me e piantò i suoi occhi nocciola sui miei azzurri. Senza perdere il contatto mi alzai verso di lui e mi rituffai sulle sue labbra, sentendone già la mancanza. Presi coraggio e abbandonai la timidezza, misi le mani sotto la sua camicia accarezzando l’addome magro e sentendolo rabbrividire al mio tocco. Lentamente il suo maglioncino finì a terra. Cercai di non far vagare lo sguardo sul suo petto troppo a lungo, non volevo perdermi nel suo fisico quando il viso era ancora più bello. Fu il suo turno, passò le mani lungo le mie spalle, accarezzandomi poi le braccia e passando alle cosce lasciate scoperte dal vestito, lentamente abbassò la cerniera e andò a finire anch’esso sul pavimento. Mi sentivo accaldata, emozionata e allo stesso tempo spaventata. Mi trovavo in intimo davanti a un ragazzo e stavo per andare a fuoco, lui se ne accorse e tornò a succhiarmi le labbra con bramosia, mentre io impacciata toglievo di mezzo i pantaloni.
Pelle contro pelle, ogni centimetro di me che veniva a contatto con lui ardeva, piccole goccioline di sudore cadevano dalle nostre fronti. Tornò a guardarmi attento, attendendo il permesso per continuare. Come potevo fermarlo quando lo desideravo così fortemente? La mia risposta non si fece attendere e tornai a lambire le sue labbra. Ci spogliammo completamente, ero nuda davanti a lui e non solo fisicamente.
Gli stavo donando tutta me stessa. Anima, cuore e cervello erano già suoi, mancava il corpo.
Il giorno del mio diciottesimo compleanno si appropriò anche di quello, fra lenzuola di seta e sospiri affannosi, baci ardenti e carezze rubate. Dolore? Un attimo durò, fu sostituito dalla sensazione più bella e travolgente che mai avessi provato. Avevo fatto l’amore con il ragazzo che amavo, l’avevo stretto, assaporato. Respirato ciò che aleggiava nella camera in quel momento, amore.

 

 

   
 
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