… Lei
Prendo
il casco che ho lasciato sul tavolo.
“Dove
vai?” mi chiede Shinra.
Dove
vai. Cosa fai.
Quante
domande. Tutte domande a cui non vorrei nemmeno
dover dare una risposta.
Tiro
fuori il PDA e gli scrivo la mia risposta.
Tic
tic tic.
Un
suono che ormai è diventato la
mia voce.
Gli
mostro il display.
“A
fare un giro” legge lui, scandendo le parole.
“A
fare un giro?” mi chiede, con uno sguardo
interrogativo.
Infilo
il casco prima che possa farmi altre domande ed
esco fuori dall’appartamento.
Scendo
in strada, ma senza la mia Moto.
Sono
le otto e mezza di un lunedì mattina soleggiato, e
le strade sono piene di studenti ritardatari che corrono verso la
scuola.
Questo
mi ricorda qualcosa.
Una
donna senza testa può avere un sorriso amaro?
Flashback:
Sono
ferma all’angolo della strada, sulla mia Moto.
“La
motocicletta nera!”
“Ehi,
guarda!”
“E’
veramente lei???”
Sento
a dire alla gente. Almeno duecento occhi, in quest’angolo di
terra, sono
puntati su di me.
Shinra
mi saluta con la mano.
“Celty-saaan!”
urla, continuando a sventolare la mano destra.
Affianco
a lui c’è un ragazzo molto più alto e
biondo.
Ma
non un biondo naturale.
Ha
schiarito i suoi capelli con dell’acqua ossigenata?
Mah,
sicuramente da un parrucchiere non è andato. E’
troppo evidente che è un lavoro
fatto senza esperienza.
Però
non è di certo per i suoi capelli che non riesco a smettere
di fissarlo.
Questo
ragazzo ha qualcosa di … strano.
Veramente
insolito.
Indossa
la stessa uniforme studentesca di Shinra, ma non sembra della sua
età.
Sembra
molto più grande.
Un
uomo .
Un
uomo intrappolato nella
divisa di uno
studente.
Anche
lui mi sta fissando.
Mi
sta studiando , esattamente come io sto studiando lui.
Nei
suoi occhi curiosi, però, riesco a leggere
un’angosciante solitudine.
Questo
ragazzo, quest’uomo.
Lui
non è intrappolato solo nella divisa.
Il
suo sguardo, ancora fisso su di me, è cambiato.
Riesco
a leggere … solidarietà?
Ma
che …?
Mi
sta leggendo dentro.
Distolgo
lo sguardo da lui, fingendo di essere improvvisamente interessata alla
strada.
Io
non ho la testa, che diamine!
Come
diavolo è riuscito a capire cosa provo?
Dovrebbe
aver visto solo la sua immagine riflessa sul mio casco!
Continuo
a camminare tra le gente di Ikebukuro.
Sono
tutti indaffarati, vanno tutti di fretta.
Cinquecento
teste , che corrono di qua e di là a fare
chissà cosa.
E
io non li ho mai odiati così tanto.
Non
parlano più di te.
Da
quando non vedono più automobili,bidoni e pali della
luce volare per aria,gli abitanti di questo quartiere hanno smesso di
parlare
di te, Shizuo.
Come
se la tua assenza bastasse a cancellarti.
Come
se si potesse veramente far finta
di nulla.
Come
se tu fossi solamente la Bestia da non far
arrabbiare, il nemico che mai vorresti avere.
Come
se tu non fossi semplicemente Shizuo Heiwajima.
L’uomo
che conosco io.
L’uomo
senza il quale non posso andare avanti.
Mi
guardo intorno, fingendo di essere interessata a
quello che vedo.
Tra
la folla scorgo quei due ragazzi, Mikado e Anri,
che a loro volta mi vedono e mi salutano con la mano.
Chissà
come stanno.
Potrei
avvicinarmi a loro e chiederglielo.
Potrei
prendere in mano il mio PDA e
fare una piccola conversazione con loro.
E
tutti, intorno a noi, si chiederebbero: “Che cosa ci
fa il Cavaliere
senza Testa con quei due
ragazzi?”.
Potrei.
Ormai
essere sotto gli occhi di tutti è diventata un
abitudine.
Potrei,
ma non voglio.
Oggi
non ho voglia di fare nulla.
Oggi farei
volentieri un giro con te. Con o senza Moto.
Flashback:
Lui
è appoggiato al muro.
Il
viso verso il Sole, la sigaretta appesa alle labbra, è
evitato da tutti i
passanti.
Qualche
metro più in là un distributore di lattine
è per terra,ammaccato, nella
direzione diametralmente opposta a dove dovrebbe essere.
Mi
avvicino a lui, che abbassa il suo sguardo verso di me e mi sorride,
beato.
“Ehi,
corriere.” Dice, dopo aver buttato fuori il fumo.
“Sono
contento di vederti.”
Tic
tic tic.
“Non
credi di aver esagerato, ANCHE stavolta?” scrivo,e poi gli
mostro lo schermo.
Leggendo
quello che ho scritto, corruga la fronte.
Poi
torna a guardarmi, e a sorridermi.
Cos’è
questa strana sensazione, Celty?
Perché
il tuo battito cardiaco è accelerato?
Cos’è
quel brivido che ti attraversa?
Shizuo
non sembra volermi rispondere.
Continua
a guardarmi, il sorriso beato e dolce sulla faccia.
Un
sorriso che credo di aver visto solo io, fino ad ora.
Alla
fine getta via la sua sigaretta, ma senza piegarla.
Il
che è un ottimo segno.
“Ti
va di bere qualcosa?”
Annuisco.
Senza
dire altro, ci allontaniamo verso il bar più vicino.
La
gente è tranquilla.
La
gente, osservata in questo momento, sembra quasi
essersi dimenticata dei pericoli di Ikebukuro.
Sembra
quasi che non abbiano più paura neanche di me.
Corrono
da una parte all’altra.
E
non parlano di te.
Qui,
alle nove e mezza di lunedì mattina, nessun
distributore o palo della luce vola in aria.
E
nessuno urla con tutta la rabbia che ha in corpo.
Ikebukuro
è diventata davvero invivibile, adesso.
Però
qualcosa attira la mia attenzione.
Un
uomo con i capelli rossi, all’angolo della strada,
sta suonando una ballata che mi pare di conoscere.
Con
la chitarra tra le braccia, comincia a canticchiare
la canzone ad alta voce, ondeggiandosi a destra e a sinistra.
“By a lonely prison
wall
I heard a young girl calling
Michael they have taken you away
For you stole Trevelyn's corn
So the young might see the morn.
Now
a prison ship lies waiting in the bay”
Non
ho dubbi, questa canzone la conosco. E’ una vecchia
canzone irlandese.
L’uomo
continua a cantare, senza curarsi delle
ricorrenti stonature:
“Low lie the fields
of Athenry
Where once we watched the small free birds fly
Our love was on the wing we had dreams and songs to sing
It's so lonely 'round the fields of Athenry”.
Possono
le parole ferire più
di un coltello?
Puo’ una canzone
toglierti l’anima in mezzo secondo?
La
strada, le persone, i lampioni, i palazzi… tutto,
davanti alla mia vista, perde colore e diventa indefinito.
Quelle
parole mi vibrano dentro. Quelle parole mi
vibrano dentro in una maniera così forte che le gambe
cominciano a tremarmi.
Il
casco chino sul petto e la vista offuscata, sono
scossa dai singhiozzi.
E
non poter versare lacrime è davvero frustrante.
Devo
andare a casa. Devo correre a ricompormi.
Non
voglio che questa gente meschina e insensibile sia
partecipe dei miei sentimenti.
Io
ne ho bisogno.
Ho
bisogno … ho bisogno di …
Corro,
corro tra questa gente vuota in queste strade
che per me sono deserte.
L’uomo
più forte di Ikebukuro,e forse dell’intera
Nazione, non è più qui.
E’
vero, quello che ho detto. Sei l’uomo più forte
che
io abbia mai conosciuto.
Se
tu adesso mi sentissi, distoglieresti lo sguardo,
lievemente irritato dall’imbarazzo.
Ma
tutto quello che dico è vero, ed io l’ho sempre
pensato.
Questa
è la stessa risposta che ho dato a quel giornalista.
Quando
ho cominciato a parlare di te a quell’uomo, il
battito del mio cuore ha cominciato ad accelerare.
Sembrava
che la materia che scorre dentro di me si
agitasse, e sono sicura che se avessi avuto un volto sarei arrossita.
Non
riuscivo proprio a trovare un paragone per te.
E
questo mi succede ancora, Shizuo. E non solo per la
tua forza fisica.
Anzi,
credo che la tua forza eccezionale c’entri
veramente poco.
E’
stato in quel momento che ho capito tutto.
In
quel momento ho capito che per me non sei un Lupo
Mannaro, o un Colpo di Pistola.
Irrompo
nell’appartamento, disperata e confusa.
“Celty?”
mi chiama Shinra, affacciato sulla porta del
suo Studio.
“Che
cosa succede?”
Io
non gli rispondo. Rimango ferma ad ansimare, con i
pugni chiusi.
Adesso
lui è a due centimetri da me, che mi guarda
preoccupato.
“Celty,
dimmi che cos’hai.” Mi dice, mettendomi le mani
sulle spalle.
No.
Non voglio.
Non
posso.
Mi
dispiace, ma non posso.
Non
posso continuare ad impormi di amare una persona
per il semplice fatto che mi ama.
Prima
ci riuscivo, ma adesso per me è impossibile.
Non
posso continuare ad essere lo specchio dei
sentimenti di qualcun altro.
Non
posso scegliere chi amare. Mi illudevo di poterlo
fare, ma ho capito che non posso.
Non
posso più.
Allontano
Shinra da me e corro nella mia camera. Quando
chiudo la porta dietro le mie spalle ricomincio a singhiozzare.
Ho
voglia di urlare, Shizuo.
Ho
voglia di urlare il mio dolore a questo mondo
ottuso. Ho voglia di tornare ad essere una Creatura senza sentimenti.
Sempre
che io lo sia mai stata.
Quando
il mio respiro si calma, poso lo sguardo sulla
foto sulla mia scrivania.
E’
una foto che ho scattate a te e Shinra due estati
fa.
Shinra
sorride, il tuo braccio attorno al suo collo. Tu
sembri leggermente a disagio, ma felice.
Una
donna senza testa puo’ avere un sorriso amaro,
Shizuo?
…Lui
Gli
abitanti di Kita sono rumorosi. Quasi più rumorosi
di quelli di Ikebukuro.
Cammini
tra di loro, con lo sguardo perso e la
sigaretta tra le labbra.
Un
fantasma disinteressato in un inferno che non gli
appartiene.
E’
lunedì mattina e il tuo orologio dice che sono le
otto e mezza.
Le
strade sono piene di studenti e lavoratori.
Gente
che si tuffa in qualcosa per fuggire da
qualcos’altro.
Per
dimenticare.
Un
po’ come te, Heiwajima. Con la differenza che tu non
ci riesci.
Non
c’è modo di dimenticare, e quello che hai dentro
una triste rabbia, ancora più depressa e distruttiva del
solito.
Quello
che c’è di buono è che qui la gente non
ti
evita, non ancora.
Non
ti hanno mai visto furioso.
Del
resto sei qui solo da ventiquattro ore.
Però
Ikebukuro ti manca. E tu non puoi proprio negarlo.
Proprio
come non puoi negare il fatto che quando dici
questo, non stai affatto pensando alle gang che infestano il quartiere.
O
a Simon.
O
a Tom.
O
a Shinra.
Il
tuo sguardo si posa su una ragazza all’angolo della
strada.
Deve
avere 16 o 17 anni, e aspetta che il semaforo
diventi verde per attraversare.
Gli
occhi di lei sono incollati sullo schermo del suo
cellulare, e le sue dita si muovono velocemente sulla tastiera.
Ti
ricorda nulla, Shizuo?
Ti
ricorda forse qualcosa, o meglio qualcuno, a cui non
riesci a smettere di pensare?
Flashback:
Lei
è ferma , appoggiata alla sua moto.
Gli
idioti, dietro di te, hanno smesso di urlare e in cuor tuo stai
sperando che
non siano morti.
Non
ti piace essere violento, e già ti odi per aver perso il
controllo ancora una
volta. Se quegli stronzi morissero, non potresti perdonartelo.
Ti
accendi la sigaretta e torni a guardarla.
Lei
scuote la testa, e tu ti senti morire.
Le
hai di nuovo dimostrato di non essere all’altezza delle tue
emozioni.
Comunque
ti avvicini a lei, con la coda tra le gambe.
Un
bambino che cerca il perdono della Mamma.
“Stai…
stai bene?” le chiedi, stupidamente.
Lei
comincia a scrivere sul suo PDA.
Tic
Tic tic.
Un
suono che ami.
“Sì.
Chi non sta bene sono sicuramente quei ragazzi.”
Tu
torni a guardala. Le tue labbra si increspano in un sorriso.
Per
un po’ non riesci a dirle nulla. Sei completamente
sprofondato in quella dolce
sensazione di mille parole non dette.
Celty
ti mostra il PDA.
“Andiamo?”
Tu
annuisci e butti via la tua sigaretta.
Senza
piegarla,però.
La
corsa in moto ti aiuta decisamente a perdere gli ultimi residui della
tua
rabbia esplosiva.
Il
vento tra i capelli, il petto contro la sua schiena e le braccia
intorno alla
sua vita, hai appena realizzato che per te la Pace esiste solo quando
sei con
lei.
Shizuo
Heiwajima, sei un idiota. Un perdente, una
feccia completa.
Passi
la vita a piangerti addosso per la mancanza di
legami, ma poi cosa fai?
Corri
via dall’unica persona che ti abbia mai compreso
e che ti abbia mai amato per quello che sei.
La
donna che dopo ogni tua perdita di controllo, era
pronta a tranquillizzarti.
L’unica
persona in grado di vedere le tue ferite. E di
curarle.
Dicevi
di poter uccidere per lei.
Ma
alla fine, cosa hai fatto?
Flashback:
Sei
seduto sulla sua moto, il casco in testa.
Quello
che lei ti ha appena detto è terribile.
Ma
tu, per la prima volta nella tua vita, sei tranquillo.
Qualcuno
ha cercato di ucciderla.
Qualcuno
ha cercato di ucciderla e tu, Shizuo Heiwajima, hai preso una decisione
drastica senza incazzarti.
Ed
è la prima volta che ti succede.
Lei
sta cercando di farti capire che non ce n’è
bisogno.
Ma
tu non la stai ascoltando.
Ti
posizioni meglio sul sedile.
Lo
ucciderai.
Odi
lo violenza? Sì. Ma questo non c’entra nulla.
Ha
cercato di farle del male? Beh, allora deve morire.
Niente
rabbia. E’ solo una conseguenza logica.
Pensando
a tutto questo, sei arrivato di fronte ad un
bar.
L’Irish
Bar.
Un
segno del destino?
Beh,
tanto vale entrarci.
Questo
posto puzza di fumo, il che è fantastico. Vuol
dire che non devi buttar via la tua sigaretta.
“Un
bicchiere d’acqua” ordini.
“Arriva
subito” mormora il barista, un uomo magrolino e
pelato.
Dietro
di te, un gruppo di balordi sghignazza per
chissà quale motivo.
Qualcuno
ha messo su un disco, e la musica comincia a riempire
la sala.
“Ecco
a lei” dice il barista, piazzando il bicchiere
davanti a te.
Cominci
a sorseggiare la tua acqua … E rifletti su
questa musica.
Perché
sei sicuro di averla già sentita.
By
a lonely
prison wall,
I heard a young girl call:
"Michael, they have taken you away,
For you stole Trevelyn's corn,
So the young might see the morn.
Now a prison ship lies waiting in the bay."
Come
diavolo hai potuto dimenticarla?
E’
la vecchia canzone che lei ti fece ascoltare.
Un testo
maledettamente vostro.
Low
lie the
fields of Athenry
Where once we watched the small free birds fly
Our love was on the wing
We had dreams and songs to sing
It's so lonely round the fields of Athenry.
Un
ubriacone, un uomo del gruppetto dietro di te,
credi, ti da’ una pacca sulla spalla.
“Ehi,
cameriere.” Dice, ridacchiando.
“
Lo sai che sei proprio un bel damerino?”
Sono lontani i campi di Athenry
Dove una volta guardammo gli uccellini volare
Il nostro amore era al massimo.
Avevamo sogni e canzoni da cantare
È così solitario attorno ai campi di Athenry.
Parole
che ti feriscono, come la lama di un coltello.
L’uomo
continua a fissarti, ridendo.
“Allora,
me lo porti un drink?”
Come
quella volta che ti hanno sparato e tu hai pensato
a lei.
“Ma
sei sordo, damerino del cazzo?!”
Come
quella volta che eri a terra, con il tuo sangue
dappertutto.
“Ti
ho detto di portarmi un drink!”
E
adesso?
Che
cosa hai fatto, essere inutile?
Il
bicchiere ti si rompe tra le mani.
L’hai
persa per sempre.
La
tua mano sta sanguinando, e le tue tempie pulsano.
Qualcosa
dentro di te sta per esplodere.
“MA
CHE CAZZO?!” urla l’ubriacone, mentre lo sollevi
per aria.
E
qualche secondo dopo è finito sul tavolo dei suoi
amici.
“Aiuto!”
“Fermatelo!”
Ed
è di nuovo il Caos.
Vetri
rotti, urla concitate, sangue, se ce n’è.
La
tua rabbia e la tua frustrazione prendono possesso
dei tuoi arti, e gli oggetti che colpisci sono oro colato.
E
fortunatamente adesso Lei non puo’ vederti.
“ Brutto
stron…”
urla l’uomo dietro di te, e tu senti la lama del suo coltello
sferzare l’aria.
Ma
due secondi dopo il brutto ceffo è a terra, stordito
e dolorante.
Come
tutti, in quel bar.
“Qualcuno
chiami la polizia!” Li senti dire, mentre tu
sei già fuori.
E
ora sei in fuga.
Di
nuovo.
Ma
stavolta non è solamente da te stesso.
O
dai tuoi sentimenti.
Ora
fuggi da questa merda di mondo, di cui sei parte
integrante.
E
te lo meriti.
Insomma,
te lo aspettavi.
Hai
lasciato Celty, no?
Sei
andato via da Ikebukuro.
Dall’unico
barlume di speranza
che ti era rimasto.
Sei
stanco di camminare, ti fermi e ti accendi una
sigaretta.
Sono
le nove e mezza e la strada è piena di genta, ma
tu non sei mai stato così solo.
Una
prigione completamente vuota.
“È così solitario attorno ai campi di Athenry….”