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Autore: Buildingalife    09/03/2012    3 recensioni
Aspira, espira, fumo che vola via.
Solo quello?
Silenzio.
Piede mosso, vaso rotto.
Mondo crollato addosso.
Ma la ragazza non ricorda.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una “chiacchierata” tra i due vidi Leo allontanarsi.
“Che ci fai con lui?” chiese Davide con tono secco.
Ero ancora confusa per il fatto che erano fratelli.
Prima che potessi rispondere mi interruppe: “E che ci fai qui?!”
“Non puoi sempre controllare dove mi trovo. Mi sono un po’ rotta di stare sempre in casa.”
“Me lo potevi dire.”
“Mi avresti detto di no.”
Non poteva rispondere, sapeva che era vero.
“Torniamo a casa.”
“Tornaci tu, voglio parlare con Leo.”
“Non pu-“ lo interruppi subito.
“Lasciami prendere le mie decisioni.”
“Fai come vuoi.”
Se ne andò con aria strafottente.

Leo stava ancora in giro, iniziai a camminare verso di lui.
Quando alzò lo sguardo, mi vide e mi chiese: “Com’è stai qua? Sei riuscita a non farti rapire?”
Osò un sorrisetto.
Sorrisi anche io, ma dopo poco interruppi il silenzio: “Cos’è successo?”
Non riuscivo a credere che dopo tanto tempo, mi ritrovai a chiedere sempre la stessa domanda ma a una persona diversa.
Dopo la mia domanda, il suo sorriso si spezzò,  e nei suoi occhi vedevo frustrazione.
“Penso sia mio dovere spiegartelo.”
“Non so di chi sia il dovere, voglio solo una risposta.”
“Andiamo a sederci su quella panchina.” disse indicandone una.

Ci fu una pausa di circa cinque minuti, si stava preparando psicologicamente penso.
Anche io.
Non sapevo cosa aspettarmi.
“Io e te stavamo insieme. La nostra era una storia speciale. E’ banale dirti che non eri una delle tante, che eri unica, ma è così. Eri la luce dei miei giorni. Con te potevo fare tutto. E combinavamo anche molti casini, eravamo un po’ spericolati. Giorgia, io non sono un principe azzurro. Non sono l’uomo delle favole. Forse per te lo ero, ma tutti mi hanno sempre visto come un pericolo. E non si sbagliavano, ti ho quasi portato alla morte a causa di un incidente. Sì, sono io la causa di tutto. Non sono stato prudente, e tutto ciò ne è la conseguenza. Vorrei che non fosse mai successo. Vorrei essere stato più sobrio quella sera.”
Rimasi “paralizzata” mentalmente. Non era facile sapere tutto questo in un minuto, e non mi sarei aspettata neanche una storia del genere.
Ma la vera cosa che non riuscivo a capire era questa: perché Davide e la mamma continuavano a  tenermi tutto ciò nascosto?
“Perché non mi hanno detto niente?”
“Chi?”
“Davide e mamma.”
“Ricorda ciò che ti ho detto pochi secondi fa: tutti mi hanno sempre visto come un pericolo. Tua madre non mi ha mai apprezzato molto, ma ha sempre avuto grande stima per mio fratello. Lui è quello che può essere considerato un principe: attento, prudente e tutta quella roba là che non ti sto ad elencare. E a lui…Beh diciamo che a lui non sei mai dispiaciuta.”
Ora ditemi, qualcuno che mi ha tenuta segreta una cosa del genere, per spacciarsi per qualcun altro, giusto per avermi, era un “principe azzurro”?
“Io penso che tu ti sbagli.”
“In cosa? Le cose in cui sbaglio sono talmente tante.”
“Hai definito Davide come il principe della situazione. Ma uno che si comporta così, come può esserlo?”
Rimase in silenzio per un po’.
“Forse hai ragione. Ma per quanto possa essere grave, mi preoccuperei un po’ di più di come abbia potuto agire in questo modo tua madre.”
Anche quello era vero.
Mia madre. La donna a cui avevo associato il colore lilla, che per me significava delicatezza e gentilezza.
Chi era veramente quella donna?
“Il principe azzurro della situazione qua mi sembri tu, sei l’unico che mi ha raccontato le cose come stanno.”
Ridacchiò.
Lui era più bello di Davide.
In quel momento feci l’atto più infantile che avrei mai potuto fare: finsi di addormentarmi sulla sua spalla, per vedere cosa avrebbe fatto.
Non si mosse, mi lasciò dormire là senza approfittarne né niente.
Dopo circa dieci minuti, feci finta di risvegliarmi improvvisamente.
Rise. “Sei sempre la solita!” disse.
“Perché? Che ho fatto?”
“Ti conosco troppo bene.”
Mi aveva scoperto quindi.
Risi anche io.

Lo sentii dire a bassa voce, forse per sbaglio, forse era solo un’allucinazione, ma mi sembrò di sentire: “Quanto ti posso amare?”
“Cosa?” chiesi io.
“Non ho detto niente. E’ tardi ti accompagno a casa.”
   
 
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