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Autore: Anjulie    01/07/2003    1 recensioni
Lui, Benjiamin Price, è il famoso SGGK. Lei, Martine, una bambina di soli tre mesi. Accanto a loro gli amici, i compagni di squadra e una giovane donna… Clare, il cui passato è segnato da una tragedia che le ha sconvolto la vita. Saranno proprio Martine e Clare che, seguendo la traccia del cuore, insegneranno giorno dopo giorno, al tenebroso e solitario campione cosa significa amare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con un nuovo capitolo della mia ff.

Mi scuso per il ritardo ma purtroppo sto vivendo un periodo un po’ frenetico, con molti impegni, parecchie scadenze e il tempo per scrivere si è un po’ ridotto.

Ringrazio sempre tutti coloro che mi scrivono e recensiscono “Scent of Hearts”. Il vostro appoggio, la vostra collaborazione, i consigli e gli incoraggiamenti sono un carburante eccezionale e un incentivo a fare sempre meglio.

Auguro a tutti un buon 1° maggio e buona lettura.

Un saluto affettuoso e ad  maiora!

 

CAPITOLO XIV

 

“A cui devo la gioia palpitante

che tiene desti i miei sensi nella veglia

e il ritmo che governa il riposo del sonno

Il respiro comune

di due che si amano

che profumano l’uno dell’altro

che pensano uguali pensieri

e non hanno bisogno di parole

e si sussurrano uguali parole

che non hanno bisogno di significato.

L’irritabile vento d’inverno

non potrà gelare

il rude sole del tropico

non potrà mai disseccare le rose

di quel giardino che è nostro e nostro soltanto.

Ma questa dedica

è scritta

affinché altri la leggano.

Sono parole private che io

ti dedico in pubblico.

(T.H. Eliot)

 

 

Il campo di allenamento del Bayern Monaco era una moderna e attrezzata struttura all’interno della quale tutta la squadra poteva dedicarsi tranquillamente ad una scrupolosa preparazione atletica senza timore di essere disturbata da curiosi e giornalisti.

Erika Langel sedette sulla panchina al bordo del campo soddisfatta di essere arrivata appena in tempo. L’allenamento in previsione della prima partita di campionato stava per terminare e lei aveva potuto di nuovo ammirare le splendide prestazioni di Benji Price.

Le ricerche di Jordan non avevano dato i risultati sperati e sembrava davvero che quella ragazza bionda, che era stata fotografata tra le braccia di Benji dopo la partita con la Corea, fosse comparsa dal nulla e nel nulla fosse ritornata.

Nessun nome, nessun’altra fotografia, neppure il più piccolo trafiletto che sciogliesse il mistero sull’identità di quella giovane donna.

Erika aveva sospirato di sollievo. Se nessuno la conosceva e non faceva parte del bel mondo poteva essere tranquillamente ricompresa nel novero di donne che erano transitate nella vita di Benji Price: belle, più o meno famose e dimenticate nell’arco di una giornata.

Non valeva la pena affannarsi quella che sembrava, al pari di molte altre, una scappatella senza importanza.

Il SGGK era tornato più in forma che mai e anche durante quel semplice allenamento aveva messo in serie difficoltà le punte del Bayern che non riuscivano a trovare una breccia nella sua inespugnabile difesa.

In quel momento il portiere era impegnato all’estremità del campo in una sessione speciale con Schneider, che tirava un rigore dietro l’altro con la precisione di una macchina da guerra. Solo dopo una discreta serie di tentativi l’attaccante riuscì a superare la difesa del portiere, centrando un bellissimo goal alle sue spalle

- Dannazione, Price! - il Kaiser ansimò pesantemente al termine dell’azione – Guarda cosa mi tocca fare per far entrare un pallone in quella maledetta rete. -

Benji si rialzò da terra sistemandosi la visiera del cappello e abbandonando per un istante la sua proverbiale concentrazione. Immediatamente il volto di Clare gli si affacciò alla mente, fissato indelebilmente nella sua memoria e ancora una volta si stupì nel constatare come il pensiero di lei non lo abbandonasse un solo istante.

Clare era rimasta entusiasta di Monaco e si era ambientata con facilità nella nuova città. Spesso usciva con Martine a passeggio, andava a fare la spesa per impratichirsi nella lingua e gli aveva raccontato di aver visto l’annuncio di un vernissage di Andrew Binder, uno dei suoi pittori preferiti, presso una galleria del centro.

Adorava Ville Rose, il salone delle feste con i suoi magnifici vetri cattedratici, e trascorreva moltissimo tempo in giardino in compagnia di Martine e di Guerriero. Benji era rimasto stupito nel vedere come l’alano, di solito piuttosto diffidente, seguisse Martine e Clare come un’ombra protettiva durante il loro girovagare per i prati.

L’unico momento di imbarazzo era stato quando la sua riluttante fidanzata, dopo essere stata accompagnata nella camera padronale, aveva spiegato a Mrs. Bauer che avrebbe preferito avere una stanza tutta per sé. Sotto lo sguardo impassibile di Benji la governante aveva osservato con una punta di sconcerto che, con il matrimonio di lì a pochi giorni, quella sarebbe diventata la sua stanza ma Clare aveva insistito ostinata, il volto soffuso di rossore.

Era stato lui a troncare bruscamente la conversazione ordinando alla governante di preparare la camera da letto accanto alla sua, vicino alla nursery, e Clare aveva sospirato di sollievo rivolgendogli un pallido sorriso di ringraziamento.

Gli allenamenti erano iniziati con regolarità e i momenti da trascorrere in compagnia della sua futura moglie si erano ridotti a brevi e serene parentesi che entrambi dedicavano tacitamente a Martine come una qualsiasi coppia di genitori. Erano quelle le occasioni in cui Benji imparava a poco a poco a fare il padre e Clare partecipava marginalmente, lasciandogli spazio, osservando il legame sempre più saldo che andava a forgiarsi tra il campione e la figlioletta di pochi mesi. In quei momenti Clare abbassava la guardia, lasciandogli scorgere il lato gioioso del suo carattere, la sua timida esuberanza, e osava prenderlo in giro, scherzando dolcemente. 

La mattina quando si alzava presto per andare al campo di allenamento trovava Clare già in piedi, intenta a fare il bagnetto a Martine o a darle da mangiare e, a volte, complice l’atmosfera di intimità e la presenza della bambina, si scambiavano affettuosità senza un perché. L’umore facile all’ira di Benji era stemperato da quei piccoli gesti quotidiani e il luminoso sorriso di Clare gli faceva sembrare la giornata appena iniziata un po’ più luminosa.

Non vedeva più la paura annidata in fondo a quegli occhi di ambra splendente, quando gli permetteva di stringerla tra le braccia, ma era come se lei lo tenesse a distanza… come se in qualche modo avesse ancora paura di lui.

Ogni volta doveva riprendere ad attaccare le sue difese daccapo, per poi vederla abbandonarsi con il desiderio negli occhi ed infine strapparsi dalle sue braccia negandogli quella passione, quell’assoluzione che lui desiderava disperatamente.

A tarda sera sentiva i movimenti di lei nella stanza, mentre passeggiava per addormentare Martine o si preparava per andare a letto. 

Quante notti era rimasto sveglio al buio ascoltando il lieve mormorio della voce di lei che intonava una ninnananna attraverso lo spesso pannello del muro?

Più di una volta si era ritrovato a vagare per la casa in piena notte, ossessionato dal ricordo dei suoi baci, incapace di prendere sonno. La notte precedente, alla fine del suo vagabondare, si era ritrovato ai piedi del letto di lei a guardarla dormire e improvvisamente la consapevolezza di quello che stava facendo lo aveva attraversato come una scossa elettrica.

Si era catapultato fuori dalla stanza e aveva afferrato una giacca e le chiavi dell’auto

- Sto impazzendo. – aveva borbottato tra sé e sé mettendo in moto – Tutta questa storia mi sta facendo uscire fuori di testa. -

Aveva guidato in città per buona parte della notte, cercando di dare un senso al confuso groviglio dei suoi pensieri e poi era venuto direttamente al campo di allenamento, iniziando con cura meticolosa gli esercizi, cercando di stremare il corpo, annebbiando la mente.

Il calcio era sempre stato la sua valvola di sfogo, la sua carriera, l’unica cosa che non lo avrebbe tradito mai e a cui aveva dedicato tutta la sua vita, ma da un po’ di tempo sembrava non essere più sufficiente.

Non aveva mai pensato di poter provare un trasporto simile per una donna. Clare… così dolce, forte, fiera… così dannatamente attraente… così fragile…

Nel suoi baci c’era stato desiderio, un desiderio così bruciante e totale che gli aveva attraversato l’anima come una saetta e lo aveva sconcertato profondamente. Avrebbe voluto tenerla fra le braccia e affondare il volto nei suoi capelli, dare sfogo al bisogno che aveva di lei. Clare era entrata sotto la pelle, come un nemico sconosciuto e silenzioso, e aveva attaccato le sue difese demolendole una ad una, rompendo il preciso equilibrio a cui era improntata tutta la sua esistenza. Non era mai stato un uomo dalle emozioni facili e non era abituato a perdere il controllo di sé, ma quando le si trovava accanto non riusciva a dominare le sensazioni che gli nascevano dentro.

Aveva scombinato la sua vita in modo imprevedibile, aprendogli nuove prospettive, regalandogli Martine. Lo rendeva del tutto simile agli altri uomini, lo costringeva a confrontarsi con i suoi tormenti, con una coscienza che non sapeva neppure di possedere… lo faceva sentire bene. Ma in quella nuova dimensione aveva capito che avrebbe dovuto dare qualcosa di sé… che le regole del gioco e Clare stessa non gli avrebbero consentito di trattenere le emozioni, di non lasciarsi coinvolgere.

Avrebbe dato qualunque cosa per leggere negli occhi di lei quello che più desiderava… che non era soltanto un’illusione e, al contempo, avrebbe voluto allontanarla per sempre.

Essere amato da quella giovane donna stava diventando la sua ossessione, l’unica cosa importante della sua vita…

Lui, il SGGK, che aveva affrontato con noncuranza una sfida dietro l’altra e non era mai indietreggiato di fronte a nulla e nessuno, si era ritratto spaventato perché temeva che non sarebbe mai riuscito a farsi amare da lei.

Aveva paura… lui che non aveva mai avuto paura.

Già… perché per orgoglio non poteva permettersi di giocarsi il cuore.

- Per la miseria! – ringhiò a voce alta dando un potente calcio al pallone che schizzò lontano facendo voltare i compagni che si stavano allenando. Si scambiarono tutti uno sguardo un po’ stranito, temendo di trovarsi di fronte ad una delle sue leggendarie esplosioni di collera e Schneider lo fissò stupito, i penetranti occhi azzurri fissi sul portiere

- Non è il caso che te la prendi in quel modo – ribatté mentre il SGGK gli voltava le spalle – Era solo un goal… o forse non è per quello che sei così nervoso… –

Benji sussultò ma rimase in silenzio non sapendo cosa rispondere e Karl gli si avvicinò – E’ per Martine? – chiese abbassando la voce – Sai quando è prevista l’udienza per l’affidamento definitivo? -

Il SGGK lo fissò con uno sguardo penetrante – Ho risolto il problema. – affermò calmo – L’avvocato Kraser ha mandato per potare avanti le procedure per l’adozione. -

- Adozione? – Karl spalancò la bocca per la sorpresa – Vuoi dire che adotti la figlia di Liesel? -

Il volto del portiere era una maschera indecifrabile. Un secco cenno d’assenso.

Karl fissò l’espressione granitica dell’uomo e non poté frenare la domanda che gli premeva sulle labbra

- Sposi Erika? -

Un’occhiata fulminante lo trapassò da parte a parte e il Kaiser si rimangiò subito quelle parole affrettate

- Ok…chi è la fortunata, allora? -

- Non la conosci. -

Karl lo guardò perplesso, ormai abituato ai suoi modi imperscrutabili. Non aveva mai visto Benji Price preoccupato per una donna. Decise che doveva essere qualcosa di davvero importante.

- Va bene. Aspetterò di vederla con i miei occhi… quando? – chiese cercando di soffocare la curiosità.

- Giovedì pomeriggio. In Comune. Sii puntuale. -

La risposta brusca del portiere lo prese alla sprovvista e Karl si lasciò sfuggire dalle labbra un fischio stonato – Caspita, se avete fretta. – Poi vedendo l’occhiataccia di Benji cercò di rimediare – Non volevo dire che ci fosse niente di male – tenne a precisare – solo mi sembri parecchio nervoso. -

- Non è per quello. – Benji si asciugò il sudore dalla fronte, calcandosi in testa il cappello e nascondendo il viso al suo sguardo attento.

La comprensione si fece strada nella mente di Karl come un faro acceso all’improvviso

- Ah… allora non hai calcolato l’imprevisto. - Il tono di voce del Kaiser era calmo come se facesse una semplice constatazione ma i suoi occhi azzurri scintillarono divertiti – Non prendertela, sei un essere umano anche tu dopotutto. –

Benji lo fissò furibondo ma prima che potesse replicare il capitano del Bayern Monaco gli voltò le spalle e si allontanò dirigendosi al dischetto dei rigori

- Aspetterò di conoscerla per giudicare – gli urlò da dietro le spalle – Ma ora vediamo di darci una mossa, ho intenzione di perfezionare ancora il mio fire shot. -

A bordo del campo Edmund Langel si affiancò alla figlia nell’osservare l’allenamento e sospirò soddisfatto

- Sono certo che quest’anno faremo un ottimo campionato! – commentò 

Erika sbirciò il padre di sottecchi – Veramente pensavo che la tua ambizione per questa stagione fosse quella di vincere la Champions League. –

Il presidente del Bayern Monaco ridacchiò – Non ne parlo per scaramanzia, lo sai! – esclamò

- Già. – scosse la testa con leggera disapprovazione – Ma so anche che hai messo su una squadra che è davvero incontenibile. -

Edmund fissò la figlia – Si, Price e Schneider sono davvero quanto di meglio possa offrire la Bundesliga e i risultati con loro sono praticamente assicurati. Non vorrei mai che uno dei due decidesse di lasciare la squadra per passare alla concorrenza. –

- Si, infatti. – il tono di Erika divenne impaziente – Senti papà, sai qualcosa di come procede la pratica per l’affidamento di Martine Hauermann? Perché io… -

Lui sollevò una mano per interrompere il discorso – Questa vicenda ti sta molto a cuore. – osservò con tono sospettoso - Continui a volere che io mi interessi della faccenda ma, come ti ho già detto, questo è un problema che deve risolvere Price. Vorrei sapere perché la cosa ti interessa tanto. -

Il viso di Erika si stese in un sorriso compiaciuto mentre fissava lo sguardo sul SGGK impegnato in una parata

- Prima che Benji partisse per il Giappone abbiamo parlato di Martine e io gli ho detto che l’avrei sposato. -

Edmund Langel fissò la figlia come se le fossero improvvisamente spuntate due teste

- Si può sapere che cosa ti sei messa in  testa? -

- Voglio sposare Benji Price prima della fine dell’anno. – dichiarò calma – E tu mi aiuterai. -

Il viso del presidente del Bayern Monaco scosse il capo – Stai scherzando, vero? – poi rendendosi conto della determinazione della figlia divenne improvvisamente severo - Sai benissimo che non mi intrometto nella vita privata dei miei giocatori. -

Erika sospirò pesantemente - Si ma in questo caso non significherebbe proprio intromettersi. – spiegò cercando di persuaderlo -  Potresti solo aiutarmi a convincerlo che questa è la soluzione migliore. -

- No, è impossibile. -

Erika sgranò gli occhi verdi meravigliata dal suo tono duro. Suo padre che non le aveva mai negato nulla… proprio su questa cosa così importante faceva tanto il difficile!

- Non vedo perché… - iniziò seccata

Edmund la interruppe nuovamente con un gesto secco della mano – Devi smetterla di correre dietro a Price – chiarì seccamente evidando inutili giri di parole – Questo è solo un altro dei tuoi capricci. Non possiamo permetterci di perdere quel portiere per questo grillo che ti sei messa in testa. –

Erika raddrizzò la schiena offesa e sbirciò il padre imbronciata – Io non corro proprio dietro a nessuno. Lui ha bisogno di una moglie per ottenere l’affidamento di quella bambina e io… -

- Senti, Erika, il problema non si pone neppure. Price mi ha già annunciato che si sposerà presto con una ragazza che è venuta con lui dal Giappone. -

Erika boccheggiò sbarrando gli occhi - Si sposerà? – gracidò mentre il sangue le defluiva dal viso.

Il padre annuì lentamente – Me lo ha annunciato questa mattina assicurandomi che non ci saranno problemi per il campionato. – La guardò preoccupato – E’ uno dei nostri azionisti di minoranza e uno dei pilastri del Bayern e io non ho intenzione di rinunciare al miglior portiere che la squadra abbia mai avuto per i tuoi capricci. -

Lei scosse la testa ancora incredula. Benji Price aveva trovato una moglie! In Giappone per di più!

In quel momento Herr Browswer fischiò la fine dell’allenamento e fece un cenno di saluto al presidente del Bayern Monaco, il quale voltò le spalle al campo mentre i giocatori si dirigevano verso gli spogliatoi.

- Non angustiarti – le disse comprensivo, guardando il volto pietrificato della sua bella figlia – Benji Price è un uomo estremamente corretto, un grande campione, ma non è l’uomo giusto per te. Non è interessato a te e io vorrei che la mia bambina trovasse invece un uomo in grado di farla felice. Quando stamattina è venuto ad annunciarmi la sua intenzione di sposarsi mi ha riferito della conversazione che avete avuto prima che lui partisse per il Giappone. Era dispiaciuto che tu potessi aver in qualche modo frainteso le sue intenzioni. -

Erika distose lo sguardo dal viso del padre, incapace di emettere alcun suono. Quella notizia le era precipitata addosso all’improvviso e ancora stentava a razionalizzarne l’incredibile portata.

Suo padre le mise una mano sulla spalla costringendola a sollevare lo sguardo

- Non posso convincerlo a sposarti. E’ una scelta che spetta solo a lui. Se mi avesse chiesto la tua mano non avrei avuto nulla in contrario… ma così… -

Il volto di Erika da pallido si fece paonazzo.

Annuì lentamente e il volto del padre si fece più disteso.

- Brava la mia bambina. Sapevo che avresti capito. – Le diede un affettuoso buffetto sulla guancia e si avviò verso l’uscita del complesso sportivo – Ci vediamo questa sera a cena. -  

Erika non rispose e si voltò a guardare il campo da calcio deserto.

Una moglie! Giapponese per di più!

Non poteva essere…

Lei non poteva arrendersi in quel modo! Doveva parlare a Benji farlo ragionare!

Si avviò ansiosamente verso gli spogliatoi, i tacchi sottili delle sue scarpe che picchiettavano sul pavimento piastrellato del corridoio. La porta era socchiusa e oltre il pannello di formica le giungeva attutito il vociare dei calciatori sotto le docce. La stanza comune era deserta e il suo sguardo fu attratto immediatamente dall’armadietto aperto del SGGK. Si avvicinò silenziosamente osservando gli indumenti riposti con cura e con una mano sfiorò il sottile tessuto di cotone delle camicie di lui, impilate ordinatamente su di un ripiano.

Chi poteva essere la donna che lo aveva convinto a sposarla? Dove l’aveva incontrata?

La mente di Erika brulicava di interrogativi senza risposta e per un attimo sentì montare dentro una collera talmente grande da spaccare ogni cosa.

Cercò di calmarsi e prese a riflettere velocemente: non poteva affrontare Benji così su due piedi e chiedergli il resoconto dell sue scelte. Doveva prepararsi… studiare con attenzione la situazione. 

L’immagine di quella giovane ragazza bionda fotografata fra le sue braccia al termine della partita con la Corea le balenò alla mente come un lampo accecante. Era lei la misteriosa promessa sposa?

I rumori oltre il muro che separava la stanza dalle docce si fecero più vicini ed Erika si accorse che alcuni dei giocatori avevano terminato di fare la doccia e di stavano dirigendo verso i loro armadietti. Afferrò velocemente una camicia dell’uomo e si precipitò fuori dalla stanza, incurante dello sbattere della porta.

Doveva scoprire chi fosse la candidata a diventare la moglie di Benji Price o non avrebbe potuto fare niente per impedire quel matrimonio.

 

Il suono cristallino di una risata femminile penetrò attraverso le portefinestre aperte del salotto e per Erika quella fu l’ulteriore conferma della presenza di una donna a casa di Benji Price.

Del resto, quando quella mattina si era presentata alla villa, ad un’ora sufficientemente tarda perché il padrone di casa fosse già uscito, si era preparata all’incontro con la donna che, facendo uso di chissà quali arti femminili, aveva convinto Benji Price al matrimonio.

Mrs. Bauer l’aveva fatta accomodare senza esitazioni, invitandola a raggiugere la signorina Clare e Martine in giardino ed Erika aveva potuto osservare con un moto di stizza l’evidente contentezza della governante.

Le faceva rabbia pensare che quella donna, che Benji aveva cara e stimava, fosse così entusiasta della futura moglie del SGGK, quando a lei non aveva mai riservato niente di più di una tiepida accoglienza e del dovuto rispetto.

Facendosi schermo con una mano al sole brillante uscì sotto il porticato posteriore, ammirando il prato falciato di fresco e le aiuole ben curate della villa in cui era già stata ospite, assieme al padre, parecchie volte.

Fece un profondo respiro e raddrizzò per bene la schiena: aveva il vantaggio della sorpresa e sapeva che l’avrebbe colta del tutto impreparata.

Il suono di quella risata si ripeté, mescolato all’abbaiare felice di un cane e finalmente Erika poté vedere l’oggetto di tutte le sue considerazioni in piedi al centro del prato, voltata di spalle, con in braccio quella che doveva essere sicuramente la figlia di Liesel Hauermann.

Rimase colpita. Si era aspettata di trovarsi di fronte una giapponesina bruna e sofisticata ma i lunghi capelli biondi, raccolti in una semplice coda di cavallo, avevano sfumature tali che nessun parrucchiere al mondo sarebbe riuscito ad eguagliare. Era piuttosto alta e il fisico snello e flessuoso era vestito semplicemente con un paio di jeans e un largo maglione di cotone azzurro cielo.

Lanciò il bastone di gomma a Guerriero e l’alano scattò in avanti, stendendo i muscoli potenti. Il cane afferrò l’oggetto al volo e ritornò indietro caracollando, per poi posarlo ai piedi della donna che lo lodò generosamente.

Accortosi della presenza di un estraneo sotto il portico, Guerriero abbassò le orecchie ed emise un basso ringhio facendo voltare Clare per la sorpresa. 

Vide una bellissima donna bruna, abbigliata suntuosamente con un tailleur verde bottiglia bordato di pelliccia, in piedi, davanti alla portafinestra aperta.

- Buono, Guerriero. A cuccia. – Al suono morbido di quella voce dall’accento straniero l’alano si mise a sedere obbediente, mentre la giovane si avvicinava.

- Buongiorno – la salutò salendo le scale del portico con Martine in braccio.

Lo sguardo di Erika era incollato sul volto della donna che aveva di fronte, i biondi capelli leggermente arruffati, le guance un po’ arrossate dalla fretta che facevano apparire più chiari e trasparenti gli occhi dorati.

Era giovane, molto più giovane di quanto si sarebbe aspettata e, chiaramente, non era giapponese!

Per un attimo ristette in piedi impietrita, del tutto impreparata a quella vista, perché Clare era ciò che Erika più temeva: una giovane donna incredibilmente bella, dal fascino garbato e discreto. Le bastò una sola occhiata a Clare Miller per comprendere il motivo di quel matrimonio, la possibile infatuazione di Benji e ciò che poteva affascinarlo. La cosa la spaventò terribilmente.

Gli occhi dorati di lei la stavano osservando con aria interrogativa e sotto quello sguardo così diretto Erika ritrovò la voce – Sono Erika Langel – disse, continuando a scrutare attentamente la rivale – la figlia del Presidente del Bayern Monaco. –

Clare sorrise – Sono lieta di conoscerla, signorina Langel. Io sono Clare Miller. – si presentò tendendo la mano che l’altra afferrò meccanicamente – Mi dispiace ma, se voleva parlare con Benji, è già uscito per andare al centro sportivo. L’aereo per Amburgo parte alle dieci. -

Erika guardò esitante l’espressione di scusa sul viso della ragazza cercando di riacquistare un po’ di sangue freddo

- Per la verità signorina Miller sono venuta a conoscerla di persona. -

- Me? – Clare era genuinamente stupita ma fece cenno ad Erika di rientrare ed accomodarsi in salotto.

- Si proprio lei. – Erika sedette posando accanto a sé la borsetta e un pacchetto avvolto in carta marrone. Si spazzolò con aria assente il posino di visone della giacca, togliendo un invisibile peluzzo.

Clare le sedette di fronte sistemandosi in braccio Martine, che rideva agitando le manine, e ringraziò con un sorriso Mrs. Bauer che si era preoccupata di servire il tè alla loro ospite.

Erika accettò volentieri una tazza dell’infuso bollente ma la posò nervosamente sul tavolino con un leggero tintinnio, non appena la governante uscì con il vassoio.

Incontrò lo sguardo calmo della giovane donna e per un istante ebbe un’inspiegabile moto di indecisione nel leggere la fermezza presente nelle profondità dorate.

- Ero molto curiosa. – ammise.

- Davvero? – Clare notò meravigliata l’occhiata di valutazione della donna - Posso chiederle il perché? - 

Erika si strinse nelle spalle – Volevo vedere la donna che sembra essere riuscita a mettere il laccio al collo di Benji Price. –

Sentire definire in quel modo il suo rapporto con Benji la infastidì ma Clare le sorrise con gentilezza

- Riscontro la sua approvazione, signorina Langel? – chiese

Erika rise ma la sua era una risata priva di allegria – Non essere così formale, mia cara. - replicò un po’ incerta sul modo di procedere – Sei molto bella. – aggiunse quasi con riluttanza.

Clare la fissò, incerta su come interpretare la lusinga - Posso ricambiare il complimento? -

Erika annuì leggermente e si chinò a solleticare il mento di Martine – Ed ecco qui la figlioletta di Liesel – tubò con un sorriso – Certo che sei cresciuta, piccolina. Quando Benji ed io ti abbiamo portata a casa eri solo un frugolino. -

Clare non replicò ed Erika si ritrasse un tantino infastidita. Si batté l’indice contro il mento

 - Clare… Hai detto che ti chiami così, vero? Puoi chiamarmi Erika, dopotutto io sono un’amica di Benji da parecchio tempo. Almeno quattro anni, mi pare. -

La frase, che poteva essere banale e del tutto innocente per chiunque avesse ascoltato, suonò stonata e piena di doppi sensi alle orecchie di Clare

- Sono certa che allora continueremo a frequentarci – si costrinse a dire, evitando di guardarla in volto e mettendo fra le mani di Martine un animaletto di pezza. Di colpo si pentì di non aver indossato un abito più formale e di non aver curato di più l’acconciatura limitandosi ad una semplice coda. I capelli dell’altra erano acconciati alla perfezione, l’abito tagliato in maniera sapiente metteva in risalto il corpo proporzionato e procace. Disperata, Clare si sforzò di soffocare l’apprensione che l’aveva invasa non appena quella donna aveva iniziato a parlare.

Erika si accorse immediatamente dell’incertezza della ragazza e approfittò del vantaggio - Oh, sicuro. – gorgheggiò, chinandosi leggermente verso di lei – Dopotutto tu conosci Benji da così poco tempo… avrai bisogno di qualcuno che ti consigli, che ti illumini su quello che non gli va a genio e… - fece una pausa ad effetto - … sui suoi piaceri, anche. – Sorrise con sicurezza, incoraggiata dal silenzio della ragazza - Lo dicevo proprio ieri a Benji che questo matrimonio non cambierà nulla nei nostri rapporti. -

Clare la fissò, stringendo Martine e cercando di mantenere un’espressione serena, nonostante le sembrasse che una fredda lama le avesse appena trapassato il petto – Perché sei venuta a dirmi queste cose? – chiese con voce soffocata.

Erika rimase spiazzata dalla domanda – Non ho intenzione di rinunciare a Benji. -

Clare si sforzò di arginare il panico che l’aveva colta e guardò Martine che sedeva tranquilla rigirando il pupazzo tra le piccole dita. Alzò lo sguardo ad incontrare quello sicuro dell’altra, fingendo una sicurezza che in realtà non provava

- Allora non sei tanto diversa da me. Perché vedi… anch’io lo amo. -

Erika la fissò esasperata - Ma come puoi se lo conosci appena? -

La giovane si strinse nelle spalle – E’ successo. -

Erika si rimproverò di non essere più risoluta in quella faccenda e strinse il mento caparbiamente – Almeno abbiamo messo in chiaro le cose tra di noi. Per quanto mi riguarda questo matrimonio è una farsa e la tua presenza non cambia nulla. Presto se ne accorgerà anche lui e per allora mia cara farai meglio a trovarti un’altra sistemazione. – disse prendendo in mano la borsetta

Di fronte al suo sguardo sbalordito, si alzò in piedi di scatto e tese a Clare l’involucro marrone

- Per la verità sono passata anche per chiederti di restituire questa a Benji – aggiunse, lacerando la carta e mettendo in mostra una delle camicie dell’uomo, con il monogramma ricamato all’altezza del petto – L’ha dimenticata ieri e, insomma… - Erika finse un po’ di turbamento – Un simile indumento potrebbe essere molto compromettente considerando che adesso sta per sposarsi… -  

Clare prese meccanicamente il pacchetto, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla camicia e cercando di ignorare i pugnali che le stavano devastando il cuore

- Grazie – replicò cercando si simulare un po’ d’allegria – Sei stata molto gentile. Sono certa che Benji ti sarà grato. E’ stata una sbadataggine imperdonabile da parte sua. –

Erika annuì lentamente, stupita dalla fredda calma della ragazza e si avviò alla porta.

- Ci rivedremo presto. -

Pochi istanti dopo Clare udì il rumore dell’auto che sia allontanava nel vialetto ma rimase seduta sul divano, con Martine in braccio, immersa in mille pensieri che affollarono la sua mente creandovi un caos indescrivibile.

Non aveva mai neppure lontanamente immaginato che avrebbe dovuto affrontare una situazione simile… che Benji e quella donna potessero essere amanti. Non c’era da meravigliarsi perché Erika fosse tanto irritata dalla sua presenza e dal loro matrimonio, dopotutto era pur sempre lei l’estranea, non Erika.

Benji non le aveva forse detto che limitarsi a fare da madre a Martine sarebbe stato più che sufficiente?

Il matrimonio era solo un mero scrupolo per salvare le apparenze e tutto sarebbe andato avanti come prima.

Al colmo dell’infelicità sentì come se un peso incredibile le fosse gravato addosso e cercò di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di traboccare. Con mano malferma accarezzò la testolina bruna di Martine e posò un bacio sulla piccola fronte, cercando di convincersi che non era importante, che non avrebbe mai dovuto aspettarsi nulla da qual matrimonio.

Tuttavia la gelosia è un verde mostro che divora l’anima e scoprire l’amore le aveva fatto conoscere anche il suo aspetto più doloroso.

Quando mezz’ora dopo Mrs. Bauer ripassò davanti alla porta aperta del salotto, Clare si trovava nella stessa posizione e alla governante bastò un’occhiata di sfuggita alla camicia spiegata sul tavolino per capire che doveva essere successo qualcosa.

Non era sua abitudine ficcare il naso nelle faccende dei padroni ma quella ragazza era così giovane e amava così tanto Martine. Si poteva ben capire perché il padrone se ne fosse infatuato e avesse deciso di sposarla, così, su due piedi, senza quasi sapere come si chiamasse. Eppure qualcosa fra loro sembrava non funzionare per il verso giusto.

Anne Bauer non si riteneva una persona dall’animo spregiudicato ma le sembrava strano che Clare avesse chiesto una camera tutta per sé a pochi giorni dalle nozze. Non solo… i due fidanzati non dormivano insieme e nei loro sguardi era del tutto assente quella felicità, quella trepidazione che accompagna un uomo e una donna che presto sarebbero diventati marito e moglie.    

Bussò alla porta del salotto e vide Clare sollevare da terra uno sguardo smarrito e pieno di dolore

- E’ arrivato questo. – disse tendendole un voluminoso pacco e facendo forza su se stessa per non intromettersi e consolarla. Sapeva che, qualunque problema lei e Benji Price avessero avuto, avrebbero dovuto risolverlo da soli.

Clare la guardò incerta – E’ per me? – chiese dubbiosa cercando di fare un pallido sorriso – Non sono sicura 

di volerlo aprire adesso. Ho già avuto abbastanza sorprese per oggi. -

Mrs. Bauer le sorrise comprensiva – Viene dal Giappone. E’ della signorina Gatsby. –

- E’ di Patty? – Clare tese Martine alla governante e si accinse ad aprire la scatola voluminosa alla quale era accluso un biglietto affettuoso.

Una decina di fotografie si sparpagliarono sul basso tavolino e una Patty e un Oliver raggianti le sorrisero felici, splendidi nei loro abiti da cerimonia.

La neo signora Hutton si diceva molto dispiaciuta che non avessero potuto assistere alla cerimonia nuziale e inviava a Clare un regalo per il suo imminente matrimonio, certa che prima o poi ne avrebbe fatto buon uso. Il tono del biglietto era così scherzoso e pieno di brio tanto che a Clare sembrò di avere Patty vicina e per un attimo provò un’acuta nostalgia dell’amica.

Dalla velina in cui era avvolta emerse una nuvola di impalpabile pizzo color avorio, e Clare trattenne il fiato di fronte alla camicia da notte più bella che avesse mai visto.

La tenne sospesa davanti a sé, mentre Anne si profondeva in esclamazioni di meraviglia, e vide che era talmente lunga da arrivarle quasi fino alle caviglie. Le maniche che si allargavano a campana erano fermate al gomito da nastri di seta, mentre la parte inferiore della camicia si apriva in morbide pieghe, tagliata appena sotto l’anca in uno spacco che avrebbe lasciato intravedere la linea della gamba. La scollatura intagliata terminava a punta, appena sotto il seno, ed era quanto di più audace e provocante potesse immaginare.

Era una camicia da notte concepita per una moglie, per una sposa, e come tale era studiata per accendere il desiderio di un uomo.

Nel suo biglietto Patty le consigliava di indossarla in una serata speciale, assicurandole che sarebbe piaciuta moltissimo a Benji la notte delle nozze.

A Clare sembrò quasi uno scherzo del destino ricevere in quel momento un simile dono e le lacrime traboccarono improvvisamente, senza che riuscisse a frenarle. Sotto gli occhi sconcertati di Anne Bauer ripose con cura la camicia nella sua carta protettiva, ora più che mai incerta del futuro.

 

  
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