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Autore: MiaStonk    13/03/2012    3 recensioni
Ci sono cose che non ho scelto e quelle cose mi hanno cambiato.
Non ho scelto di perderlo, ritrovarlo e perderlo ancora; non ho scelto di vederlo scomparire dietro quel dannato velo, di osservare le sue labbra dischiudersi e sussurrare qualcosa che mai più sentirò; non ho scelto di amarlo e al contempo odiarlo solo perché si è impossessato della mia vita, dei miei sogni e del mio cuore.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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                                                                                                  Ombra



L’Ombra di Noi

 

Le tue labbra morbide si arricciano in una smorfia divertita, gli angoli della tua bocca si alzano verso l’alto in quello che dovrebbe essere un sorriso pigro. Ma quello che io vedo, piuttosto, è un ghigno sprezzante, uno di quelli solo tuoi, che ti rendono ciò che sei: spavaldo e cinico. Sorridi raramente Sirius, e solo se a parlarti è James. La tua risata è qualcosa di così raro e prezioso che, ogni volta che le miei orecchie se ne riempiono, sento di aver ricevuto un dono più unico che raro. Ma ora che ti trovi qui, dinanzi a me, non sorridi e i tuoi occhi non hanno quella luce meravigliosa che li rende ancor più belli; mi fissi con quel sogghigno che detesto, con quell’aria spavalda e lievemente divertita. Ami prenderti gioco di me, adori fare un passo in avanti e cento indietro; ti diverte avere in mano la situazione e gestirla a tuo piacimento.

Cosa sono io per te, Sirius? Un burattino le cui fila sono ben salde nelle tue mani?

Scosto la sedia che emette un suono stridulo e fastidioso; mi alzo, afferrando quel libro che cercavo di leggere senza riuscirci; le mie dita sono già ferme sulla maniglia, pronte ad abbassarla, quando ti sento dietro di me. Alzo lo sguardo, osservando la tua mano che tiene ferma la porta, accertandoti che io non la apra. Avverto il tuo respiro caldo sul collo e stringo con più forza il testo che ho tra le braccia, eppure resto immobile, attendendo una tua mossa, un tuo cenno: una stupida marionetta, ecco cosa sono.

<< Non ho ancora finito >>

Vorrei dirti che per me la faccenda è conclusa, che non ho più intenzione di ascoltare le tue parole strascicate, né di fissare i tuoi occhi che cercano di penetrarmi l’anima. Vorrei dirti di lasciarmi andare, di non fermarmi; non lo faccio. Le parole restano incastrate in gola e deglutisco rumorosamente, nel tentativo di far qualcosa e non restarmene lì impalato ad aspettare che tu mi dia il colpo di grazia.

<< Non è finita >>

La tua mano lascia la superficie lignea della porta per posarsi sul mio braccio; risale piano fino a sfiorarmi il collo ed è naturale, per me, rabbrividire a quel contatto. Inclino la testa di lato, permettendo alle tue labbra di posarsi sulla mia pelle, di assaporarla prima lentamente e poi morderla. Quelle labbra che sanno di peccato, che sono inferno e paradiso insieme. Avverto i tuoi denti affondare nella carne e il libro che con forza stringevo, ricade a terra con un tonfo sordo; sono inerme tra le tue braccia. Resti in piedi dietro di me e le tue mani si posano sul mio stomaco, mi cingono e mi stringono al tuo corpo; un mugolio roco fuoriesce dalle mia labbra e ti sento sorridere contro di me: ti fa sentire appagato il darmi piacere, il vedermi completamente succube delle tue attenzioni.

<< Perché mi hai trascinato qui? >>   Riesco a dire con la bocca impastata dal piacere.

<< Non l’ho fatto, tu mi hai seguito >>

Riapro gli occhi che avevo socchiuso l’attimo prima, fissando la parete di fronte a me; avverto le ginocchia molli ed il cuore battere in maniera forsennata e incontrollabile.

Sono stato io a volere questo? A volermi accontentare di baci che sanno di errore e parole taglienti? Di incontri clandestini e sguardi fugaci? Probabilmente la mia condizione mi ha spinto ad avere una vena melodrammatica e decisamente autolesionista; nessuna persona relativamente stabile avrebbe mai accettato una simile relazione.

Mi libero dalla tua presa con una furia eccessiva e mi volto, deciso a fronteggiarti. Sei impassibile dinanzi a me, affondi una mano nella tasca e con l’altra sposti un ricciolo cadutoti sulla fronte; le tue labbra, quelle labbra che decine e decine di volte hanno sfiorato le mie, si incurvano in un accenno di sorriso sprezzante.

<< Sei arrabbiato Moony? >>  Persino la tua voce sa di derisione.

<< No >>  Sussurro con voce roca  << Sto soffrendo, tu dovevi essere migliore di così >>

<< Ma non lo sono >>  Le tue labbra si distendono in un sorriso vero, stavolta  << Non puoi governare me o quello che abbiamo: ho un brutto carattere e potrei ferirti, potrei scappare e tu mi odieresti >> Ascolto rapito ogni sillaba, e le braccia mi ricadono lungo i fianchi, inermi  << So che questo ti fa paura perché sono l’unica cosa reale nella tua vita, l’unica certezza a cui vuoi aggrapparti >> Mi si avvicina, sfiorandomi il collo << Devi saper rischiare Remus >>

 

 

Riapro gli occhi nell’ennesima, solitaria alba della mia vita; fisso le ante malridotte di una finestra, da cui zampillano i fiochi raggi di un sole appena sorto. Sbatto ripetutamente le palpebre ed il ricordo di un sogno appena dissolto, resta incastonato nelle mie ciglia: l’immagine di Sirius è nitida nella mia mente e il cuore perde l’ennesimo battito, mentre prego con tutte le forze di non udirne più nessuno, di sentirlo fermarsi, inesorabilmente.

Ogni notte, il fantasma di ciò che siamo stati mi tormenta; ogni notte, rivivo quell’ultimo giorno in cui un bivio si aprì dinanzi a me: avrei potuto rischiare, avrei potuto starti accanto e privarmi di me stesso, per donare a te ogni lembo del mio essere; avrei potuto, ma da buon vecchio vigliacco ho scelto la strada più semplice. Credevo di avere tutto il tempo di questo mondo, nonostante una guerra, credevo che mai ci saremmo persi, che avrei potuto riaverti al mio fianco.

Uno stolto, ecco cosa sono stato; ed ora raccolgo i pezzi di una vita finita, di un cuore spezzato e un’anima dilaniata dal rimpianto.

Mi libero della coperta consunta, mi alzo e ho bisogno di poggiarmi al comodino di legno accanto al letto, per evitare di cadere. Le membra stanche e pesanti mi impediscono di far un passo senza sentir dolore, senza avvertire che qualcosa si rompe dentro di me, in ogni gesto che compio. E’ come se ogni cosa avesse perso il proprio senso, come se mi costasse fatica vivere.

Ci sono cose che non ho scelto e quelle cose mi hanno cambiato.

Non ho scelto di perderlo, ritrovarlo e perderlo ancora; non ho scelto di vederlo scomparire dietro quel dannato velo, di osservare le sue labbra dischiudersi e sussurrare qualcosa che mai più sentirò; non ho scelto di amarlo e al contempo odiarlo solo perché si è impossessato della mia vita, dei miei sogni e del mio cuore.

Non ho scelto una vita pregna della nostalgia di cose mai accadute, ma ora decido di chiudere gli occhi e rivederlo, cercando di rammentare il suo profumo e la sensazione di calore al petto che l’essergli vicino mi provocava. E resto immobile, senza permettere a nessun muscolo del mio corpo di muoversi, ordinando persino al mio cuore di decelerare i battiti; e spero, e attendo qualcosa che non accadrà. Non rivivrò nessuna di quelle sensazioni, non lo sentirò più dentro le ossa e sotto la pelle, non lo riavrò.

Mi accascio nuovamente sul letto, stendendomi e coprendo le palpebre con una mano; l’unica cosa che posso fare è ricordarlo e maledire me stesso per non aver scelto lui, in quel giorno lontano. E’ in quel momento che il sonno ritorna ad impossessarsi del mio corpo, ad intrappolarmi nelle sue maglie ingannatrici.

 

 

<< Tu consumi tutto l’ossigeno che mi sta intorno, sei asfissiante, pressante e io ho bisogno di uscire da qui >> Indietreggio e lo guardo un’ultima volta, mentre arriccia le labbra in una smorfia insofferente, mentre i suoi occhi brillano di una luce quasi maniacale.

<< Stai commettendo un errore Remus, se vai via, non torni più >>

Chiaro è il rumore della maniglia che si abbassa, della porta che si apre, richiudendosi poi alle mie spalle; chiaro è il rumore dei miei passi che per sempre mi allontanano da Sirius.

 

 

Ho aspettato troppo, ed ora è tardi per l’amore, è tardi per noi.

 

 

 

 

 

 

   
 
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