-Ti è arrivata la partecipazione ?- Rachel era letteralmente in fibrillazione. Temevo che sarebbe esplosa da un momento all’altro.
-Certo, l’ho appena vista ! Stavo per chiamarti ma mi hai preceduta !- Dissi cercando di assumere un tono di voce convincente. In realtà erano giorni che non aprivo la posta. Mentre mi raccontava tutti i particolari sulla proposta di matrimonio che Finn le aveva fatto (Finn Santo Subito, io l’ho sempre detto) cominciai a rovistare fra un mucchio di fogli accatastati sulla mia scrivania, nella speranza di trovare qualche busta ancora sigillata.
-Oh, che romantico !- Sussurravo io di tanto in tanto, anche se le uniche parole che avevo colto erano state: Finn, Broadway, palco, fiori, musica e anello. Feci due più due e in dieci secondi cercai di ricostruire, almeno parzialmente, quello che lei aveva impiegato venti minuti a raccontarmi. L’anello, oltretutto, l’avevo scelto io con Finn.–Eccola !- Lo dissi a voce alta, e quando me ne accorsi era tardi.
-Eccola cosa ?- La sua voce si fece sospettosa. Pensa Quinn, pensa.
-La collana che mi hai regalato tu al mio compleanno ! Non la trovavo più e voglio indossarla al matrimonio- Dissi soddisfatta per aver trovato finalmente la partecipazione. “Hudson Finn e Barry Rachel sono lieti di invitarla al loro matrimonio”.
-Oh, ma che carina- Disse apparentemente convinta –Ma tu sarai una delle damigelle, perciò il vostro look dovrà essere curato nei minimi dettagli e… - Ricominciò a parlare velocemente con un tono di voce che poteva somigliare al falsetto di un usignolo. Parlammo per un bel po’ di tempo. Cioè, lei parlò, io ascoltavo in silenzio mentre lei mi descriveva per filo e per segno i tre vestiti da sposa su cui era indecisa, le sue idee sul ricevimento, un paio di scarpe che doveva assolutamente avere…
-Quinn, sei molto impegnata in questo periodo ?- La sua domanda mi riportò alla realtà. –Dico con lo studio e la scuola…-
-Perché me lo chiedi ?- Dissi curiosa.
-Beh sai, quel giorno vorrei essere bellissima… - Disse con un lieve accenno di imbarazzo nella voce. –E chi meglio di te può aiutarmi ?
 
Scendemmo dal taxi giallo barcollando, il volo notturno ci aveva distrutte. Il sole mattutino illuminava i nostri visi, risaltando sgradevolmente le nostre occhiaie. Cioè, le mie occhiaie; sulla pelle bronzea di Santana neanche si vedevano. Indossammo i nostri occhialoni da sole che avevamo comprato quell’estate in vacanza a Los Angeles, prendemmo le valige ed entrammo in casa di mia madre. A quell’ora era appena partita per andare a lavoro, quindi eravamo piacevolmente sole. Ci scambiammo uno sguardo d’intesa, buttammo a terra bagagli vari e giubbotti e ci buttammo di peso sul divano, accavallando i piedi sul tavolinetto di vetro posto al centro della sala. Mia madre aveva sempre odiato quando lo facevamo: fin da piccole e la mia amica attendevamo di restare sole per fare quella cosa che all’epoca era considerata “proibita”. Ci faceva stare bene, ci faceva sentire grandi. Ora grandi lo eravamo davvero, ed avevamo conservato quel rito gelosamente, come si fa con una collana o roba simile. Ma io e Santana non eravamo tipi da quelle cose. Guardai l’orologio: 7.30. Mi venne un flash.
-Sant, potremmo oziare pigramente tutta la mattina per poi oggi pomeriggio sentirci delle nullità…
-Oppure… ?- Roteò gli occhi, già sapeva dove volevo andare a parare.
-Oppure… Beth entra alle 8 a scuola, perciò…- Accennai un sorriso. Era davvero tanto tempo che Santana non vedeva Beth, e la piccola spesso mi chiedeva della sua zia Tana. Sbuffò col naso.
-Fabray, lo faccio solo perché prenderà le sembianze di un cucciolo di cane felice quando ti vedrà.- Sorrise. Stravedeva per mia figlia. La tirai per un braccio, salimmo sulla mia macchina parcheggiata nel garage e partimmo in direzione della casa di Shelby.
-Se siamo fortunate, sta facendo colazione- Dissi fuori di me dalla gioia, mi mancava la mia bambina.
Arrivammo dopo poco e suonammo la porta. Shelby arrivò ad aprirci ancora in vestaglia, ma comunque fu contenta di vedermi ed abbracciò sia me che la mia amica. Dopo pochi secondi scorsi una gnometta bionda arrivare in picchiata dalla cucina: doveva aver sentito la mia voce. Mi preparai e sollevai in aria, stringendola a me. L’ultima volta che ci eravamo viste lei era in lacrime, quindi vederla sorridere mi aprì il cuore. Santana aveva ragione: sembrava un dolce cucciolotto felice. Se avesse avuto la coda sono certa che avrebbe anche scodinzolato.
-Zia Tana !- Si sporse verso Santana che le diede un bacio sulla guancia, senza tuttavia lasciarmi. Ci abbracciammo per un lungo, interminabile intervallo di tempo. Sentivo il dolce profumo del suo balsamo alla pesca e dei vestiti puliti. Un odore puro, libero.
-Piccola bambolina bionda, come sei cresciuta !- Disse Santana accarezzandole dolcemente una guancia. –Zia Britt sarà felicissima di vederti, non appena tornerà da Los Angeles.- Disse la mora con un sorriso sognante. Ero con le due persone che rendevano la mia vita speciale giorno dopo giorno, eppure non mi sentivo completa. Mancava qualcosa. Mancava qualcuno.
 

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Angolo dell'autrice:

Scusate se ho aggiornato la FF solo ora, ma ho avuto un bel daffare tra la scuola e il resto. Comunque ora ecco a voi un capitolo nuovo di zecca, appena finito (: Spero vi piaccia, Giuls_x :3