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Autore: Candidate    17/03/2012    13 recensioni
Sesshomaru e Moriko hanno finalmente visto realizzato il sogno per il quale avevano tanto tribolato; la foresta sembra il luogo ideale per ospitare la loro semplice quotidianità spensierata. Il loro legame è così forte che permette loro di affrontare anche le prove più ardue. Ma i nemici di Sesshomaru non sono mai stati pochi: che cosa accade nel mondo quando gli astri imperturbabili si rifiutano di osservare? Alcuni riescono a scorgere la trama del destino, ma solo pochissimi arrivano a intravedere anche l'ordito. Riuscirà Moriko a sorreggere l'enorme peso che il destino le ha gettato sulle spalle? Sulle note delle sue canzoni, un bardo ve lo narrerà.
Sequel di Sigillo, prima storia storia della trilogia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I canti di Realtà, racconti sul destino circolare.'
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Capitolo 11
Tornato antropomorfo si sedette in terra, appoggiando la schiena al tronco dell'albero dietro il quale Moriko vomitava senza sosta. Non aveva mai visto una donna ridotta a uno stato simile durante una gravidanza. Pensò che, per ironia della sorte, quel birbante che cresceva dentro la sua donna iniziava già a dare problemi. E quell'odore di vomito insopportabile li accompagnava da giorni ormai... minacciava di inglobare nella sua massa putrescente l'amato profumo di Rin. Per la prima volta, dopo tre anni, desiderò con tutto il cuore un qualcosa che aveva conosciuto nel mondo moderno, un qualcosa di inventato dagli umani: la candeggina. Fosse stato per lui avrebbe riempito il mondo di candeggina, magari facendola sgorgare dalle fonti, pur di riuscire a eliminare quell'odore di rigurgito!
-Jaken porta dell'acqua e un telo, che si possa lavare.-
L'esserino verde, alquanto scocciato per il compito ingrato che gli toccava di svolgere, tentò di presentare rimostranze:
-Ma...-
-Ma?- La voce del demone tuonò minacciosa. -Ti devi togliere il vizio di rispondere “ma” ai miei ordini!- L'esserino verde si fece piccolo piccolo -Ora esegui senza fiatare.-
Il servitore sparì dalla sua vista.
L'orecchio del demone venne attirato da un vento sinistro che muoveva le foglie degli alberi. Osservò le fronde agitarsi convulse in versi opposti, disordinate, indicando tutte le direzioni della rosa dei venti. Ascoltò la voce del vento che si impregnava di magia ma le sue parole, sempre così chiare al suo orecchio di demone, sfumavano in un sussurro difficilmente interpretabile. Per la prima volta la foresta non lo rendeva partecipe dei suoi segreti. Oltre al penetrante odore di succhi gastrici di Moriko sentiva un odore non molto denso ma altrettanto pungente, come di erbe medicinali bruciate.
-Rin dobbiamo andare via.-
-Oh per carità... un attimo...-
-Qui si prepara qualcosa di nefasto.-
-Che intendi?-
-Mi sembra... un incantesimo.-
La ragazza sporse la testa da dietro l'albero per guardarlo con occhi sgranati, poi prese l'acqua che Jaken le porgeva e se la versò addosso velocemente, senza curarsi di poter rovinare i vestiti.
Il demone si guardò attorno sentendosi stranamente spaesato: gli sembrava di non riuscire più a sentire gli odori e nelle sue orecchie i suoni erano ovattati, come se il mondo intero fosse stato sommerso dall'acqua. Il sole diventava meno luminoso, al contrario il suo corpo incredibilmente si scaldava. Si sentiva ardere da un fuoco che non esisteva, un calore interno che gli diluiva il sangue e lo faceva scorrere vorticoso. Inspiegabilmente un senso di leggerezza e di oscurità rendeva cieca la sua mente, mentre un grosso peso gli veniva calato sulle spalle, così gravoso da fargli tremare le gambe. Era mai esistito qualcosa che potesse farlo vacillare a quel modo?
-Ah! Mio signore i vostri capelli!-
Jaken lo guardava come se avesse di fronte a sé la meraviglia più spaventosa che possa esistere. Non sentiva più l'odore di Jaken né quello di Moriko, li vedeva ma gli sembrava che non fossero corporei senza il loro odore. Solo un lieve olezzo di vomito gli ricordava di avere ancora un naso. Non andava bene per niente, tutto ciò non era normale. Il suo cuore batteva all'impazzata per l'ansia ma come effetto collaterale faceva riscaldare ancora di più il sangue nelle sue vene. Un senso di solletico sulla fronte lo indusse a toccarsi la pelle che risultò bagnata: sudore. Sudava e mai aveva sudato in vita sua, lui era un demone cane! Ma l'ansia si tramutò in paura quando, seguendo l'esclamazione di Jaken, prese in mano una ciocca di capelli, constatando che il suo meraviglioso colore demoniaco sembrava sparito e i suoi capelli erano di un color castano chiaro. La ciocca stava attorcigliata a una mano che non era sua, eppure si muoveva al suo comando e spediva indietro la sensazione di contatto con la seta dei suoi capelli. Le sue mani avevano abbandonato il pallore sanguigno a cui era abituato, per diventare più scure. Osservò l'unghia dell'indice che pareva essersi spezzata in maniera singolare, dato che era corta ma perfettamente curata, non frastagliata. Sentirsi estraneo a sé stesso lo fece tremare e non si riconobbe nemmeno nella paura che provava: Sesshomaru-sama non temeva. Istintivamente diede comando al suo potere di rigenerare l'unghia. L'impulso svanì nel vuoto. Lui stesso si sentiva vuoto, non trovava più il suo potere all'interno del proprio spirito. Non riusciva a ragionare: con i suoi sensi perduti non riusciva a individuare il luogo di provenienza dell'attacco, se di attacco si poteva parlare; sentiva tossire qualcuno affianco a sé ma non riusciva a concentrarsi abbastanza per preoccuparsi di capire cosa stesse succedendo. Si sentiva completamente solo in un vortice di insensibilità e di nulla, tanto che non si accorse di essere in ginocchio a terra, tremante, con gli occhi spalancati di sorpresa: era lui, era sicuramente sé stesso, eppure non si riconosceva. Nessuna sicurezza in quelle percezioni così minime, tradimento del corpo. Cosa stava accadendo? Le membra pesavano come se avesse voluto muoversi in una tomba sepolta sotto molta terra, invece il cuore e l'anima sembravano liberi di scoppiettare in ogni direzione meno opportuna al minimo pensiero. Instabilità e pazzia, pensò. Sesshomaru aveva paura. Bakusaiga, al suo fianco, iniziò a emettere piccole scosse blu che gli pervadevano il corpo, riverberando su ogni tessuto, provocando lo spasmo agonizzante dei suoi polmoni. Sembrava una scossa elettrica terribilmente potente, non gli permetteva di respirare e gli mandava in fibrillazione il cuore, sentiva che se quella stranezza non fosse cessata sarebbe crollato sotto il potere della sua stessa arma. Con la vista annebbiata dalla mancanza di ossigeno fece forza sui muscoli e si separò dalla propria spada lanciandola poco lontano. Bakusaiga si placò all'istante e lui, sempre più confuso, ricominciò lentamente a respirare. Gli occhi sempre fissi su quelle mani non sue per evitare di veder spegnersi il mondo attorno a lui. Ancora più improbabile, non riusciva a reagire, non avrebbe nemmeno saputo dire a cosa.
Sentì qualcosa che gli perforava il fianco, qualcosa di piccolo si era conficcato in profondità, freddo e invasivo. Il dolore si spanse nel suo corpo come il sangue sul terreno. Gli sembrava terribilmente doloroso, anche se non quanto il perdere un braccio. Riuscì a togliere lo sguardo dalle sue mani, che sembravano così schifosamente umane, per cercare di capire che cosa lo avesse ferito: una freccia. Non l'aveva sentita arrivare. Come poteva non aver udito l'acuto fischio di una freccia scagliata a lacerare l'aria, come poteva la sua mano non essere schizzata in avanti per bloccarla? Soprattutto come poteva una banalissima freccia far tremare tutto il suo corpo per un dolore che doveva essere inesistente, frutto solo della confusione? Tuttavia il dolore lo riscosse dal suo stato di terrore e gli riportò la lucidità.
Moriko accanto a lui giaceva a terra scossa da tremiti simili a convulsioni. Tossiva forte e cercava di tenere le mani ferme sulle orecchie come se volesse tapparsele, gli occhi serrati e un ringhio a deformarle le labbra. Rimase basito nel vederla poiché sembrava la sua copia in versione femminile, assomigliava quasi a sua madre. I capelli d'ebano avevano perso la loro tinta diventando color della neve fresca e le sue dita delicate e affusolate erano terribilmente artigliate con unghie simili alle sue con le quali, nell'incapacità di controllare i movimenti per via delle convulsioni, si graffiava il viso. Non poteva vederle gli occhi.
Si accorse che il piccolo Jaken, il quale probabilmente era il solo abbastanza lucido da capire cosa stesse succedendo, o forse semplicemente il più disperato, usava la fiamma del Nintojo contro qualcuno che tentava di avvicinarsi.
-Fammi passare nanetto! Quel bastardo ha ucciso mia madre e io devo vendicarla! E' spacciato! La magia mi ha risposto! La magia ha deciso di renderlo umano, per me. E quella freccia è avvelenata. Si merita tutta l'umiliazione che ha dato a mia madre! Fai luogo dannazione!-
Un bagliore accecante.
Non fece a tempo a riflettere sulle parole di quella donna, forse nemmeno ci provò dato che le sentiva lontane come se fossero state pronunciate dall'estremità opposta del bosco. Fu tutto velocissimo: fra le urla di Jaken una donna dai capelli scomposti dalla furia emerse dalle fiamme del Nintojo brandendo un pugnale e attaccò. Perché il suo corpo rispondesse così lentamente era inspiegabile. Incredibile che non riuscisse né a schivare, né tanto meno a vincere in forza bruta una semplice donna. Seppe ghermirle il polso, bloccandolo in alto, ma un altro pugnale apparve dal nulla. Con uno scatto repentino e la luce della follia negli occhi, la donna sferrò un fendente diretto alla sua gola. Arretrò per sottrarsi, ma non abbastanza: la lama fredda sul petto, oltre la stoffa del kimono, oltre la pelle, fin dentro, fino a stridere sulle ossa come un gesso su una lavagna, e lo squarcio che si apre di scatto mostrando la carne bianca e calda, l'istante dopo già rossa di sangue che scorre copioso. La donna, liberandosi facilmente da una stretta ormai inesistente, usò lo slancio di forza centrifuga che la forza per sferrare il fendente le aveva messo a disposizione per ruotare su sé stessa, accumulare più energia, e affondare il pugnale nel ventre del suo nemico. Sesshomaru fu sconquassato nel corpo e nello spirito da un dolore che mai aveva provato prima di allora, con tutte le battaglie che si era lasciato alle spalle. Era qualcosa che si avvicinava alla sensazione paralizzante dell'amputazione, quel tipo di dolore che si scatena non solo per avvisarti di esser stato colpito, ma per far avanzare in prima posizione, in una mente che non può più ragionare, l'idea chiara e netta che si sta per morire. Cercò di prendere fiato ma non ci riuscì. La luce abbandonava il mondo, o forse erano i suoi occhi che diventavano cupi. Si sentì soffocare e tossire era atroce, sputava sangue contro la donna che lo guardava pietrificata dalla soddisfazione e dall'orrore di assistere alla morte di una persona.
-Sei finito, grande demone!-
Il grido di vittoria della sconosciuta. O solo un sibilo fra i denti di una smorfia amara. Le gambe di Sesshomaru cedettero di nuovo. Nell'istante in cui le sue ginocchia toccarono terra un tonfo vicino a lui lo risvegliò dallo shock: una testa dai capelli disordinati rotolava sull'erba mentre una pioggia rossa lo bagnava dall'alto. Il corpo femminile crollò al suolo, ancora agitato dall'adrenalina, rivelando la figura di Moriko che osservava la sua mano artigliata grondante sangue e acido che gli colò sulle spalle mandandolo sull'orlo dello svenimento. Solo gli occhi di Moriko poterono tenerlo sveglio: erano rossi fiammeggianti, come i suoi quando attivava il proprio potere per trasformarsi. La sua mente, infine, riuscì a realizzare l'accaduto. Cercò di non svenire, per lei, per riuscire a bloccare una trasformazione che lei non sarebbe mai riuscita a controllare. La ragazza avvicinò la mano al viso e la guardò con quegli occhi così demoniaci, ma con l'espressione di un bambino che si accorge di aver fatto del male alla propria madre. Un pizzico di umanità tornava nella mente della ragazza:
-Non la smetteva più di urlare... le orecchie... mi fanno male... tutti urlano... sento un'energia esplosiva dentro di me... aiutami...-
Lui umano, lei demone, le loro essenze scambiate. Quello l'incantesimo a cui la magia aveva risposto. E da quella constatazione la cruda verità si palesò beffarda di fronte a lui: Moriko non era in grado di controllare un potere demoniaco forte come il suo e... dall'altra parte... lui era davvero spacciato. La disperazione creò un macigno sul petto che rendeva ancora più difficile la respirazione. Non aveva tempo, doveva agire, non aveva tempo. Per la prima volta il tempo, sempre suo alleato nei secoli, voltava bandiera. Per la priva volta si trovava a combattere contro il tempo che scorre inesorabile, una battaglia persa per definizione.
Doveva bloccare assolutamente la trasformazione e rendere il flusso di sensazioni sconosciute per la ragazza più sopportabili. Lui si sentiva invece così intorpidito... Sforzandosi per muoversi il più velocemente possibile, cercando di ignorare in tutti i modi il dolore che lo faceva ansimare, afferrò l'enorme pelliccia che portava sulla spalla destra e la avvolse attorno alla testa di Moriko. Quella pelliccia era impregnata del suo stesso odore e Moriko avrebbe dovuto riconoscerlo come compatibile con il potere demoniaco che si agitava in lei; allo stesso tempo avrebbe fatto un minimo da isolante acustico e non le avrebbe permesso di vedere. Gli serviva che la ragazza fosse praticamente cieca: era l'unico modo per isolarla dal mondo e costringerla a concentrarsi esclusivamente su ciò che accadeva dentro di lei.
La abbracciò stretta cercando di ignorare lo svarione della sua mente e lo sfrigolio della sua carne sotto l'acido che le mani di Moriko gli spargevano sulle braccia nel convulso tentativo di aggrapparsi a lui.
-Ho paura...-
Un demone non può permettersi di avere paura, avrebbe dovuto impararlo presto.
-Moriko mi devi ascoltare. Ti aiuto io ma tu fai quello che ti dico e impegnati.- Percepiva un tono di supplica nella propria voce ma non aveva tempo per pensare a controllarsi, invece iniziò subito a istruirla. -Segui le linee vorticose dell'energia che senti dentro di te, seguile fino ad arrivare al nucleo concentrico. Devi trovarlo Moriko. E' il punto da cui proviene la tempesta che hai dentro, bisogna placarla.-
Le parole uscivano meccaniche dalle sue labbra, le stesse che secoli prima suo padre gli aveva rivolto, quel giorno in cui si era arrabbiato perché la spada era troppo pesante per il suo piccolo corpo di cucciolo e il suo potere si era manifestato, per la prima volta, prorompente e sconvolgente, fuori controllo. Per questo un demone non può permettersi di perdere il controllo, un demone senza autocontrollo è energia distruttiva allo sbaraglio, un potere che può arrivare ad auto distruggere la stessa persona. Tempo fa... Tempo... Incredibile. Il tempo era davvero un tiranno, allora. Non se n'era mai accorto sebbene più di una volta il tempo gli avesse mostrato la sua faccia più crudele. Da piccolo le giornate volavano e trasportavano la polvere del campo d'allenamento, suo padre pareva muoversi più veloce del tempo, e i suoi fendenti piovevano sul suo giovane corpo senza ci fosse modo di vederli arrivare, uno dopo l'altro, un secondo dopo l'altro. Quando aveva cominciato, lentamente, a riuscire a percepire quel ticchettio crudele, a parare quei maledetti colpi e a riuscire ad attaccare, il tempo era diventato suo compagno. La vita di un demone è lunga, si ha il tempo di costruire, senza fretta, un grande impero. La sua tranquillità consisteva nel sapere che, a meno che la morte non fosse venuta a reclamarlo durante una battaglia, avrebbe avuto tempo. Ma il tempo è traditore... Il tempo è una prostituta che sorride al tintinnio dell'oro: quando Rin era morta il tempo si era fermato e ogni maledettissimo secondo durava un'ora, ogni ticchettio rimbombava nella sua mente come la campana di una chiesa... come la campana della chiesa avvolta dalla nebbia che imprigiona Avalon. Se per tutta la sua vita ogni lustro gli era sembrato un'ora, in quel periodo ogni ora gli era sembrata un secolo. Per dieci infiniti anni si era consolato pensando che il tempo può anche scorrere lentamente, ma scorre inesorabile. Si era arreso al tempo, quella volta, e non riuscendo più a sopportare l'attesa troppo lunga si era fatto sigillare. Diciassette anni di speranza durante i quali aveva aspettato l'alba di un nuovo giorno, impaziente, per ricominciare a cercare. Infine la prospettiva che ottanta anni sono pochi, terribilmente pochi per un demone, e la coscienza che la vita umana è segnata dalla caducità, e pregare il sole di non sorgere, sperare che il tempo si fermasse all'istante di felicità, desiderare che quegli ottanta anni non passassero mai, solo per bearsi per sempre del fremito del suo cuore caldo di fronte allo spettacolo del sorriso di Moriko. Infine scoprirsi a non avere tempo. Il suo secolare tempo demoniaco svanito nel nulla, per magia, scoprire che la morte è lì, pronta a ghermirti, che si avvicina, ogni secondo di più. Quanto gli sarebbe rimasto, con quelle ferite, con quel corpo umano? Venti minuti, lasciando il pugnale conficcato nel ventre, cinque al massimo, se lo avesse estratto. Solo venti minuti. Venti secoli davanti a lui che diventavano venti minuti. Rintocchi... Aveva avuto tanti sogni nella sua vita, e il tempo li avrebbe realizzati, aveva avuto l'amore per qualche secondo, un amore che lo avrebbe fatto sognare ancora. La porta dei sogni gli veniva sbattuta in faccia. Si era dimenticato che la morte era sempre dietro l'angolo, pronta a strapparlo via alla felicità come alla disperazione. Si era distratto. In quel momento tutto ciò che aveva ancora da offrire era la colpa di aver sognato. Tempo.


Ecco a voi i link che vi porteranno alla canzone colonna sonora di questo capitolo. Il primo riporta la versione studio della canzone mentre il secondo è la versione live che preferisco. Spero che apprezziate l'abbinamento con il capitolo, soprattutto se voleste cogliere la sofferenza della voce di David Bowie, la solitudine, il disorientamento e il phatos ben evidenti nella versione live, nonché il sensuale crogiolarsi nella disperazione. Vi prego di considerare che il “La la la” della canzone non è altro che un farsi forza cercando di sbeffeggiare il tempo quando si è perfettamente consapevoli che sarà estremamente impietoso con noi mortali. Direttamente dal pensiero di Ziggy Stardust, David Bowie in Time.
http://www.youtube.com/watch?v=MQSZR3NSqm8
http://www.youtube.com/watch?v=42IjsYRGLAE&feature=related
Vi prego di considerare che questa canzone si inserisce nel vangelo di Ziggy Stardust quindi il suo significato originario è da trovarsi nel contesto appropriato.
Il testo della canzone è stato preso dal sito www.velvetgoldmine.it
 


TIME
Time - He's waiting in the wings
He speaks of senseless things
His script is you and me boys

Time - He flexes like a whore
Falls wanking to the floor
His trick is you and me, boy

Time - In Quaaludes and red wine
Demanding Billy Dolls
And other friends of mine
Take your time

The sniper in the brain, regurgitating drain
Incestuous and vain,
and many other last names
I look at my watch it say 9:25 and I think
"Oh God I'm still alive"

We should be on by now (x2)
La, la, la, la, la, la, la, la (repeat)

You - are not a victim
You - just scream with boredom
You - are not evicting time

Chimes - Goddamn, you're looking old
You'll freeze and catch a cold
'Cause you've left your coat behind
Take your time

Breaking up is hard, but keeping dark is hateful
I had so many dreams,
I had so many breakthroughs
But you, my love, were kind, but love has left you
dreamless
The door to dreams was closed.
Your park was real greenless
Perhaps you're smiling now,
smiling through this darkness
But all I had to give was the guilt for dreaming

We should be on by now (x5)
La, la, la, la, la, la, la, la (repeat)

Yeah, time!


TEMPO
Tempo — Aspetta dietro le quinte
Parla di cose senza senso
Il suo copione siamo tu ed io, ragazzi

Tempo — Si piega come una puttana
Cade masturbandosi a terra
Le sue beffe siamo tu ed io, ragazzo

Tempo — Quaaludes e vino rosso
Chiedendo Billy Dolls
E altri amici miei
Non aver fretta

Il cecchino nel cervello, che rigurgita fogne
Incestuoso e vanitoso,
e molti altri nomi
Guardo l'orologio, fa le 9 e 25 e penso:
"Oh Dio, sono ancora vivo"

Dovrebbe toccare a noi ormai (x2)
La, la, la, la, la, la, la, la (ripeti)

Tu — non sei una vittima
Tu — solo un grido di noia
Tu — non puoi sfrattare il tempo

Rintocchi - Maledizione, sembri vecchio
Gelerai e prenderai un raffreddore
Perché non hai preso il cappotto
Non aver fretta

Smetterla è difficile, ma vivere nel buio è odioso
Avevo tanti sogni,
ho avuto tanti successi
Ma tu, amore, eri gentile, ma l'amore ti ha lasciata senza
sogni
La porta per i sogni era chiusa.
Il tuo parco era davvero inaridito
Forse ora stai sorridendo,
sorridendo attraverso questa oscurità
Ma tutto quello che avrei potuto darti è la colpa di sognare

Dovrebbe toccare a noi ormai (x2)
La, la, la, la, la, la, la, la (ripeti)

Si, tempo!
   
 
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