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Autore: Susi Echelon Hu    18/03/2012    0 recensioni
Qualcosa di traumatico è successo a Jenny Humphrey e lei non sa bene come trattare la cosa. Attenzione: contiene materiale MOLTO oscuro.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jenny Humphrey, Nate Archibald
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Disclaimer: sfortunatamente non possiedo nulla.


 

Ero consapevole di starmi rassettando il davanti del vestito giallo che Lily mi aveva costretta a mettere con lo sguardo del nipote di Vanya addosso, di nuovo.
 
Nei pochi minuti impiegati per andare dalla sala del buffet alla madre di Vanya, BeBe, come mi aveva severamente detto di chiamarla, mi aveva fatto conoscere Luka il Pervertito. In qualche modo, la scorsa notte le avevo fatto una buona impressione, (nonostante non ricordassi di aver conversato con una pazza anziana), per via del mio modesto abito e della mia indole timida.
 
A quanto pareva, il mio essere lunatica e la mia scontrosità nel parlare con le persone erano per lei un codice che indicavano che in realtà ero solo un timido fiorellino.
 
Figuratevi.
 
Sembra che pensi che sia una brava ragazza, a differenza delle altre giovani signorine in sala, così ha gentilmente preso la decisione di sistemarmi con uno dei pochi bravi ragazzi presenti, il quale non sono così in tanti poiché la mia scelta è ristretta solo al Pervertito, al tizio che puzza di formaggio cattivo e al ragazzo in piedi ad un angolo della stanza con le dita costantemente infilate nel naso.
 
Cyrus attirò la mia attenzione dal tipo con i palmi sudati quando ci chiese di raccoglierci tutti attorno a Vanya e Dorota. Mi trovai dietro ad un ragazzo ridicolmente alto, e i miei tacchi mi regalavano quel poco di vantaggio che mi bastava per vedere da dietro la sua spalla, con Dan ed Eric al mio fianco.
 
Sentii Eric lasciarsi sfuggire un sommesso sbuffo; lo guardai cautamente con la coda dell’occhio, badando a malapena alle voci dei due sposi che si giuravano amore eterno, per vedere se avesse intenzione di perseguitarmi di nuovo con le sue domande.
 

Per fortuna non sembrava badarmi più di tanto, anzi, i suoi occhi erano fissi al centro della sala da ballo, come se qualcosa avesse catturato completamente la sua attenzione. Seguii il suo sguardo concentrato e vidi una brunetta della nostra età in compagnia di una ragazza bionda. Vidi la ragazza metterle un braccio attorno alla vita e stringerla a sé.
 
Ritornai a guardare Eric quando lo vidi distogliere velocemente lo sguardo dai movimenti della bruna. I suoi occhi si trovarono fissi nei miei e feci per aprire bocca quando la mia attenzione venne richiamata al centro della stanza quando tutti cominciano ad applaudire.
 

Vidi Vanya e Dorota baciarsi tenendosi per mano, pronti per vivere nella felicità il resto della loro vita insieme.
 
“Ed ora è il momento di sposarsi!” esclamò felice Cyrus, gettando entusiasta le mani in aria, mentre gli applausi continuavano. “Allora, la fortunata coppia che scorterà questi due sposini all’altare può fare un passo avanti?”, chiese, indicando a Chuck e Blair di avvicinarsi a Vanya e Dorota. Chuck eseguì il passo, ma Blair aveva la schiena girata e non si muoveva di un millimetro.
 
“Miss Blair? Va tutto bene?” domandò Dorota, avvicinandosi a lei e posandole una mano sulla spalla.
 
“Non posso farlo”, rispose Blair, girandosi verso la donna. Le lacrime le rigavano le guance mentre scuoteva il capo.
 
“Miss Blair?”, ripeté Dorota, confusa.
 
“Non posso continuare a fingere e non posso mentirti, Dorota”, disse l’altra mentre nuove lacrime le bagnano il viso. “Chuck ed io non siamo felici, per niente. E se vi scortiamo, il vostro matrimonio andrà a rotoli”, continuò, facendo abbassare lo sguardo di Chuck sul pavimento. “Mi dispiace. Non posso” aggiunse, prima di immergersi nella folla e scappare nella stanza sul retro.
 
Resistetti a stento alla tentazione di gemere davanti al suo comportamento melodrammatico, mentre Dorota la rincorreva.
 
Lasciate fare a Blair, che troverà sempre il modo di rendere sua la giornata di qualcun altro.
 


 
Dopo di che, il matrimonio andò avanti senza intoppi, salvo l’evidente tensione tra Chuck e Blair.
 
E adesso mi trovavo in una sala in cui ci avevano tutti radunato per poter fare gli auguri ai due sposi e per goderci il pesce e il pollo che erano restati al calore del sole per tutto il giorno.
 
Suona delizioso, non è vero?
 
Eric mi aveva abbandonato per scappare in bagno dopo aver saputo che il ragazzo su cui aveva puntato gli occhi era già impegnato. Vorrei provare un po’ più di simpatia verso di lui alla luce della sua bastonata d’amore, ma credo di essere seccata dal fatto che la sua speranzosa ricerca di un nuovo fidanzato con cui andare in giro per la mano, lo distolga da qualsiasi oscura preoccupazione su di me.
 
Certo, era ovvio che non gli avrei confidato niente, ma prima era stato così insistente che poteva almeno fingere d’importargli ancora.
 
Buttai giù in un solo sorso il resto dello champagne, reprimendo una smorfia alla sensazione del liquido che scorreva dentro il mio stomaco vuoto, e mi guardai attorno.
 
Papà e Lily erano intenti a chiacchierare con gli sposi, e sembravano molto coinvolti nella discussione che vergeva senz’altro su uno quei noiosi argomenti tipiche delle coppie sposate. Nate, Serena, Chuck e Blair erano tutti assenti, ma probabilmente si stavano azzuffando tra di loro o cercando di abbattere qualcuno che aveva fatto qualcosa a loro.
 
Nessun altro aveva notato lo schema ripetitivo cui erano impantanati?
 
Diedi un’occhiata alla mia destra e quasi mi feci scappare un gemito quando vidi il baldanzoso Luka dirigersi proprio verso di me. Girai velocemente su me stessa e andai quasi a sbattere contro un cameriere, pur di precipitarmi giù per le scale.
 
Mi barricai velocemente dentro la prima stanza che vidi, evitando accuratamente il pensiero che Luka si stava divertendo a corrermi dietro, come se stessi giocando con lui. Emisi un sospiro di sollievo mentre mi accasciavo contro la pesante porta in quercia massiccia della stanza dove mi ero rifugiata.
 
Era un’altra grande stanza da feste e ricevimenti con un’enorme bancone da bar incassato nella parte sinistra della sala, già provvisto di sgabelli. Ma non fu quello che attirò la mia attenzione.
 
Nate era seduto su uno di quelli. Doveva aver sentito il rumore della porta sbattuta contro il telaio, ma non si era dato la pena di voltarsi per guardare chi fosse stato, scegliendo invece di continuare a fissare il fondo del suo bicchiere di Jack Daniels.

 
Mi avvicinai cautamente a lui, conscia del fatto che ad ogni passo espirava bruscamente. Presi posto nello sgabello accanto, continuando a tenergli gli occhi addosso. Lui sollevò le mani, e i suoi occhi incontrarono i miei, e lessi subito il messaggio nascosto che mi stava telepaticamente mandando prima ancora che aprisse bocca.
 
“è partita con lui”, disse con tono burbero, non preoccupandosi di nascondere il dolore nella sua voce mentre prendeva un altro sorso direttamente dalla bottiglia.
 
“Perciò, lei-” tagliai a metà la frase e abbassai lo sguardo verso il bancone, prima di continuare. In realtà, non volevo sapere la risposta, perché non volevo sentirmi dispiaciuta per lui.
 
“No, non l’ha fatto”, rispose lui, facendomi alzare di colpo il capo. Lo fissai, sentendomi sempre più confusa di secondo in secondo, mentre lo guardavo alternarsi tra lo stare immobile a fissare il muro che gli stava davanti e a bere dalla bottiglia che si stava velocemente svuotando.
 
“Non capisco”, dissi infine.
 
“Cosa c’è da non capire?”, mi chiese senza emoziono o convinzione nella voce.
 
“Se lei non ti ha tradito, allora perché te ne stai qui con quest’espressione come se lei avesse appena ucciso il tuo cane?”
 
“Perché lei se n’è andata con lui”, disse, serrando il pugno finché le nocche non gli divennero bianche.
 
“Uh huh, e quindi?”, chiesi, aspettando che ragionasse.
 
“Che altro c’è da dire? Ha scelto lui invece che me”, dichiarò, per poi voltarsi verso di me.
 
“Come fai a dirlo?”
 
“Le ho chiesto di punto in bianco di non parlare più con lui e le ho detto che l’avrei aiutata io a trovare suo padre e, invece di accettare il mio aiuto, ha scelto di partire con lui” spiegò, sbuffando di rabbia.
 
“Non vedo il grosso problema” dissi, stando attenta a non fargli girare la rabbia verso di me.
 
“Il grosso problema è che mi ha mentito sui suoi contatti con Carter, e l’unica ragione per cui alla fine mi ha detto la verità è perché l’avevo già scoperta da te e, infine, quando le ho detto di scegliere tra me e lui, ha scelto lui”, sbottò, prima di abbassare lo sguardo da me al bancone.
 
Non seppi cosa dire, perciò finimmo col stare semplicemente seduti in un goffo silenzio senza che nessuno dei due proferisse parola per alcuni minuti. Alla fine, dopo averlo visto prendere un sorso dalla bottiglia per la quarta volta, decisi che ne avevo abbastanza del suo piagnisteo e che dovevo porre fine.
 
Mi alzai in piedi sul bancone, afferrai la bottiglia e lo spinsi lontano da lui.
 
“Jenny, restituiscimela”, m’intimò con le palpebre mezze abbassate e accompagnando la richiesta con la mano sollevata e un sospiro infastidito, non dandosi però il disturbo di alzare lo sguardo verso di me.
 
“No”, dissi, incominciando ad indietreggiare verso l’altra metà del bancone.
 
“Jenny”, m’implorò di malavoglia, continuando ancora a non darsi la pena d’incrociare i miei occhi.
 
“No”, ripetei facendo dondolare la testa verso di lui e sentendomi l’ombra di un sorriso incominciare ad incurvare le mie labbra dipinte mentre un ribelle ricciolo castano mi cadeva sugli occhi, oscurandomi brevemente la visione.
 

“Andiamo”, sbuffò lui, alzando finalmente lo sguardo ostile verso di me. Aggrottai un sopracciglio, confusa, mentre vedevo la sua espressione mutare dalla rabbia allo shock e allo stupore.
 
“Che c’è?”, domandai imbarazzata, cercando di aggiustarmi il vestito e infilandomi il boccolo ribelle dietro l’orecchio. Lui scosse solamente la testa, facendomi sentire ancora più nervosa e agitata. Decisi di scendere dal bancone, e provai subito sollievo nel constatare che l’attimo di disagio che avevo provato poco prima si stava attenuando, mentre cercavo di scendere in più fretta possibile.
 
Il mio piede scivolò improvvisamente dal sedile dello sgabello e caddi all’indietro, sbattendo la testa contro il ripiano del bancone. Il panorama incominciò a girare. Mi lasciai sfuggire una risatina, mentre sentivo una mano dal tocco gentile posarsi sulla mia fronte, in attesa che le stelle sparissero dalla mia vista. Aprii gli occhi per trovarmi Nate che mi stava fissando con occhi pieni di preoccupazione, mentre faceva strofinare dolcemente il pollice sulla mia fronte, disegnando dei rilassanti cerchi concentrici. Mi sentii di nuovo preda della sensazione di disagio di poco fa, quando mi accorsi che lui si trovava tra le mie gambe aperte e che il mio vestito si era un pò alzato.
 
“Stai bene?”, mi chiese sorridendomi gentilmente dall’alto. Annuii lentamente e mi tirai su fino a quando non mi fui messa a sedere, aspettando che lui se ne andasse dall’interno delle mie cosce.
 
Non lo fece, anzi, decise di sporgersi ulteriormente verso di me, posandomi una mano sulla nuca e accarezzandomi dolcemente i capelli. Mi umettai le labbra, guardandolo nervosamente i suoi occhi seguire il modo in cui la punta rosa della mia lingua passava sopra il labbro inferiore, per poi imitarmi.
 
Infilò velocemente le dita tra i miei capelli e mi spinse verso di lui, facendo incontrare le nostre bocche.
 
Piazzai le mani sulle sue spalle, cercando di spingerlo via, ma più lo facevo e più lui sembrava ignorare i miei tentativi di respingerlo. Le sue mani scesero dai miei capelli alla schiena, per poi passare ad alzare un lembo del mio vestito mentre cercavo senza risultati di fermarlo.
 

Incominciai a sentirmi nel panico quando sentii il palmo della sua mano sinistra risalire verso le mie cosce. La mano aveva appena incominciato ad insinuarsi sotto l’orlo del vestito quando gli morsi il labbro con forza.
 
Mi lasciò immediatamente andare mentre ero impegnata ad un ultimo tentativo di fuga, causandomi una caduta all’indietro, bloccata soltanto dalla prontezza delle mie mani ad afferrare il bordo del ripiano del bancone, per poi issarmi di nuovo su a sedere. Avevamo tutti e due il fiatone e mi presi un fugace senso di soddisfazione nel vedere il labbro che gli sanguinava, prima di alzare lo sguardo verso i suoi occhi pieni di rammarico e richiesta di perdono mentre sentivo i miei riempirsi di lacrime.
 
“Mi dispiace”, mormorò, continuando a respirare pesantemente. Un ghigno apparve sulle mie labbra non appena udii la sua debole richiesta di scusa.
 
Non era dispiaciuto.
 

La mia mano si mosse così velocemente che non mi resi conto di quello che avevo fatto finché non sentii un forte bruciore sul palmo e il rumore dell’impatto che risuonò per tutta la sala. Lui mi guardò shockato per poi posarsi una mano sulla guancia arrossata mentre mi seguiva con lo sguardo allontanarmi dal bancone e dirigermi verso la porta.
 

La spalancai e uscii lasciandolo solo, scegliendo di non riconoscere il suono di vetri infranti e delle sue imprecazioni mentre correvo fuori dall’edificio a strofinarmi disgustata le labbra con il dorso delle mano.
 
 


 
NdT:Perdonate la mia ingiustificata assenza ç_ç 

  
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