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Autore: Sofy97    20/03/2012    1 recensioni
Dopo quell episodio al liceo non avevo più provato niente del genere per un ragazzo. Era qusi incredibile. Non riuscivo a stargli lontana. Quando non lo potevo vedere mi sentivo male per quanto mi mancava. Lo pensavo così tanto che quasi riuscivo a incontrarlo nei sogni...
Che cosa strana vero?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprii gli occhi ero stesa e davo le spalle a Ryuzaki che mi teneva abbracciata con le mani sulla vita. Aprii pigramente gli occhi e mi svegliai, quasi mi dispiaceva. Sentivo il suo calore sulla mia pelle e il calmo battito del suo cuore. Tolsi le sue mani dalla mia vita delicatamente in modo che non si svegliasse e uscii dal letto. Stando seduta su un lato del letto mi misi addosso della biancheria intima. Guardai l’orologio: 12:00, avevo dormito più del solito, ieri notte ero stanca ma Ryuzaki mi aveva regalato emozioni bellissime, non potevo negare che mi fosse piaciuto. Sentivo ancora il suo tocco e sentivo di essere ancora un po’ assonnata. Rivolsi lo sguardo verso Ryuzaki, mi avvicinai a lui e gli detti un bacio sulla guancia accarezzandogli i capelli neri. Dormiva stando girato su un fianco. Mi diressi in bagno dove  mi lavai la faccia e mi spazzolai i capelli arruffati. Uscita dal bagno accesi l’impianto di riscaldamento dell’appartamento e andai in cucina per preparare qualcosa per pranzo. Apparecchiai la tavola con due tovagliette colorate e dei tovaglioli bianchi che avevo comprato qualche tempo prima in un negozio di cianfrusaglie. Mentre apparecchiavo ripensai alla notte precedente.
“Ryuzaki…”pensai “…spero tu possa sempre starmi affianco, non so cosa farei se tu andassi via.”
Stavo mettendo una piccola pentola di acqua sul fuoco  quando il telefono suonò, indovinate un po’ chi era…Esatto, proprio Tatsuki.
“Pronto?” dissi
“Ciao Sofi! Sono io! Buon Capodanno!!! La festa di ieri sera è stata fantastica! Ryuzaki è un figo della madonna!!! Che mi racconti??” rispose lei.  Sospirai.
“Non so se sei la persona più giusta alla quale dirlo ma sei la mia migliore amica…”
“Pochi discorsi e  arriva al sodo!” disse lei strepitando.
“Ieri sera, dopo la festa. Io e Ryuzaki abbiamo fatto l’amore.” Risposi.
“Davvero?!?! Brava Sofi! Così si fa!!” squittiva lei dall’altra parte della cornetta.
“Veramente, è stato lui che…” tentai di dire ma non riuscii dato che lei continuò a starnazzare:
“Preparati al mio interrogatorio! E ti avverto che non sarà corto! Come è stato? E’ dolce? Come è il suo corpo? Dove lo avete fatto? Ti è piaciuto? Devi dirmi tutto, e non preoccuparti perché ho tempo libero!” gridò lei.
Dopo una luuuunga spiegazione e racconto dell’accaduto, interrotta varie volte dagli schiamazzi, urletti e commenti vari di Tatsuki, Ryuzaki si svegliò. Lo sentii dirigersi verso il bagno e aprire il rubinetto del lavandino con l’orecchi libero. 
“Tatsu, io dovrei…” cercai di dire, ma lei non aveva alcuna intenzione di lasciarmi andare.
“Va bene, uffa!  Ma permettimi da farti un’ultima domanda, dai!”
“E va bene, dimmi.” Risposi
“E’ carino quando dorme???” chiese ridendo.
“Perché, quando è sveglio è brutto?” risposi io ridendo con lei. Riattaccai la telefonata e mi misi ai fornelli facendo finta di non essermi accorta che Ryuzaki si fosse alzato. Continuavo a pensare alla notte passata con lui. Mentre fissavo il pentolino di acqua con sguardo perso sentii Ryuzaki mettermi le braccia sotto il seno e abbracciarmi, creando contatto tra i nostri corpi. Non potei fare a meno di sorridere. Mi piaceva stare tra le sue  braccia, speravo che quei momenti non finissero mai. Ma come potevo sapere quello che sarebbe accaduto? Il mio cuore batteva forte ogni volta che lui mi toccava, mi sentivo al sicuro tra le sue braccia. 
“Cosa ti và per pranzo?” chiesi.
“Me lo chiedi come se non lo sapessi…” rispose lui con aria ironica. Sospirai. L’acqua che avevo sul fuoco cominciava a bollire e Ryuzaki continuava a tenermi tra le sue braccia.
“L’acqua per il ramen sta bollendo. Che devo fare perchè  tu mi lasci?” dissi.
“Dammi un bacio.” Rispose lui di netto. Spensi il fuoco sotto la piccola pentola, mi girai verso di lui e ci baciammo. Quando ci baciavamo mi sentivo felice. Sentivo il mio cuore battere intensamente nel petto. Mentre lo baciavo gli misi le braccia intorno al collo e gli toccai i capelli neri e spettinati. I suoi capelli…mi piacevano tantissimo, anche se erano sempre spettinati non avevano tracce di nodi.  Una volta finito di baciarci lui mi liberò dal suo abbraccio come aveva promesso. Mentre io finivo di preparare il ramen per me e tagliavo una fetta di torta per lui, Ryuzaki si mise a sedere accovacciato su una sedia davanti al tavolo della cucina. Mi misi a sedere davanti a lui e cominciammo a mangiare. Mentre mangiavo notai come era vestito Ryuzaki, come potrete immaginare aveva la stessa maglia bianca e gli stessi jeans del giorno prima. Stavo succhiando i ramen fuori dal brodo quando Ryuzaki mi disse:
“Certo che sei buffa quando mangi…” inghiottii e gli risposi:
“Bhè, parli tu. Stai sempre seduto in quel modo strano e tocchi tutto con la punta delle dita…” glielo dissi in modo ironico, ma non vidi nessun cenno di un sorriso sul suo volto;  mi guardava con aria quasi sconsolata. Abbassai lo sguardo e lui mi disse:
“Scusa ma non sono bravo a capire gli scherzi…di solito mi siedo così perché sennò la mia intelligenza cala del quaranta per cento, mi sembrava di avertelo già detto.” Io e Ryuzaki ricominciammo a mangiare.
“Senti, dato che oggi è il 31 tutti i negozi del centro sono aperti. Ti và se andiamo a fare un giro? Tanto per non restare sempre chiusi in casa.” Proposi io alzando la testa e sorridendogli. Ryuzaki ci pensò un attimo, appoggiò la forchetta e rispose:
“Sì, perché no. Mi farebbe piacere stare un pomeriggio in centro con te.” Mi alzai da tavola e sparecchiai. Ryuzaki si alzò anche lui e si diresse verso la camera. Prima che uscisse dalla cucina mi tornò in mente di aver visto una lettera gotica tatuata sul suo petto, così  gli chiesi:
“Ehm, Ryuzaki…scusa la curiosità, ma come mai hai una lettera gotica tatuata sul petto?”  lui si fermò di colpo e mi rispose serio, guardando davanti a se:
“E’ complicato, forse è il caso più complicato che non sono mai riuscito a risolvere…è una cosa triste, ora non voglio parlarne.” Dopo aver detto questo continuò a stare in piedi sulla soglia della porta della cucina tenendo la testa bassa. Avevo toccato un tasto dolente, dovevo fare qualcosa. Buttai via la scatola di ramen, lo raggiunsi e da dietro la schiena, lo abbracciai. 
“Anche tu non hai avuto una vita facile, vero? L’ho capito subito.  Ne parleremo quando te la sentirai, ok?” dissi e lo lasciai. Lui si girò e mi disse:
“Non avevi detto che dovevamo andare a fare un giro in centro?” gli sorrisi e dissi:
“Vado a vestirmi. Ti avverto appena sono pronta.” Andai in camera dove mi vestii con dei collant neri con degli shorts di jeans strappati, una maglia a maniche lunghe e una felpa nera pesante con l’immagine di un disco dei Led Zeppelin . Mi misi gli anfibi, mi truccai, mi spazzolai i capelli e mi riempii di borchie e di orecchini. Dopo una mezzora ero pronta per uscire. Ryuzaki si infilò malamente, come al suo solito, le scarpe da ginnastica. Io mi misi un capotto nero in similpelle lungo fino alle ginocchia, anche questa volta obbligai Ryuzaki a mettersi la sciarpa rossa e nera intorno al collo. Per completare l’opera presi la mia macchina fotografica a rullino della Canon che avevo comprato in Italia due anni prima. La utilizzavo qualche volta per immortalare degli eventi a cui tenevo, ad esempio i tramonti a Firenze e quel freddo giorno di Dicembre quando in Italia nevicò. Ryuzaki guardava la fotocamera incuriosito, quando osservava qualcosa in quel modo sembrava un bambino. Mi chiedevo che vita potesse aver avuto…
“Ti hanno mai fatto una foto?” gli chiesi mentre uscivamo di casa.
“Sì. Una volta me ne fecero una…avrò avuto circa dieci anni.” Rispose.  
“Ti dispiace se ti faccio alcune foto durante la giornata?” chiesi. Non so bene perché, ma da quando ci eravamo incontrati avevo paura che un giorno sarebbe potuto partire, andarsene e lasciarmi sola; sentivo il bisogno di stare con lui più di qualsiasi altra cosa. Camminavamo per strada, lui stava con la schiena piegata, lo tenevo per mano. Alcune persone ci guardavano, ma  non ci feci molto caso. Ero con lui, e quella era la sola cosa che mi importava. Passammo il pomeriggio ad Okkaido. Passeggiando, guardando vetrine e  parlando. Gli feci alcune foto e in tutte Ryuzaki teneva gli occhi spalancati. Erano circa le 19:00, eravamo stati a spasso tutto il giorno e cominciavo a essere un po’ stanca ma dopotutto era capodanno, se mi fosse venuto sonno in quel momento non mi sarei più ripresa.  
“Sei stanca?” mi chiese Ryuzaki.
“Un pochino…ma non ti preoccupare. Possiamo camminare ancora se vuoi.” Risposi sorridendo.  In effetti, ero un po’ stanca ma non volevo essere un peso per lui così negai. Negare…nascondere…mentire….anche quelle erano cose che sapevo fare bene. Dentro di me potevo anche stare malissimo, avere un dolore insopportabile, ma non lo dimostravo. Anche quando Andrea mi ferì, quando mi tradì con una ragazza della sua età, perfino quando ci lasciammo io non versai una lacrima. Non mi piaceva farmi vedere in lacrime dalle altre persone, mi sarei mostrata una persona debole. Vidi Ryuzaki estrarre il telefono dalla tasca dei jeans con la punta delle dita.
“Di solito a capodanno si sta svegli fino a tardi, giusto?” chiese. Non feci in tempo a rispondergli che lui compose un numero e chiamò Watari. Parlò con lui per circa una decina di minuti e quando riattaccò mi disse:
“Watari verrà a prenderci tra poco, così andremo nella stanza del Teito e ti potrai riposare un po’. La notte è lunga.” Annuii senza pensarci. Un ragazzo “normale” mi avrebbe trascinata in giro a sbronzarmi per tutta la notte, ma con lui era diverso. Tutto era diverso…aveva una dieta sregolata, si metteva seduto in modo strano, aveva delle occhiaie profonde che gli cerchiavano gli occhi, viveva con quell’anziano signore, e poi…aveva quella lettera gotica tatuata. Anche se non gli avevo chiesto più nulla era dalla mattina che ci pensavo. Una lettera…forse era l’iniziale della sua ex-ragazza. Ma era così importante da farsela tatuare addosso? Mentre i dubbi crescevano arrivò la limousine nera guidata dall’anziano uomo chiamato Watari. Salimmo nella parte posteriore della macchina, Ryuzaki era accovacciato come sempre. Mi sedetti accanto a lui e gli ricominciai a tenere la mano. Mi piaceva tenergli la mano; mi dava sicurezza. Appoggiai la testa contro di lui, anche se non aveva addosso alcun giubbotto il suo corpo era tiepido. Arrivati al Teito, io Ryuzaki e il signor Watari prendemmo l’ascensore ed entrammo nella stanza  1114. Una volta entrati appoggiai diedi il mio cappotto a Watari che gentilmente lo appoggiò sopra una poltroncina. Da un’altra stanza si sentì un trillo, Ryuzaki mi lasciò la mano e mi disse:
“Io devo andare un attimo nell’altra stanza. Cercherò di fare più in fretta possibile, tu aspettami  qui.” Prima ancora che potessi annuire Ryuzaki sparì nella stanza dalla quale proveniva quel trillo. Rimasi in piedi a faccia a faccia con il signor Watari. Mi sentivo un po’ in imbarazzo, non sapevo cosa dire così decisi di abbassare lo sguardo e fissare il pavimento. Il signore vestito di nero percepì il mio disagio e, per allentare la tensione mi tese la mano e mi disse:
“Io sono Watari, sono il tutore di Ryuzaki. Probabilmente le avrà già parlato di me.” Il suo tutore? Allora Ryuzaki è orfano, e io che pensavo fosse un suo parente…Gli strinsi la mano e gli dissi:
“Molto lieta, io sono Sofia. Scusi per la scortesia, ma Ryuzaki non mi aveva parlato di lei, o almeno non mi aveva detto che fosse il suo tutore…” ci lasciammo la mano e Watari mi invitò a sedersi su una poltrona. Mi sedetti. Sopra il tavolino c’era un vassoio con una caffettiera, delle tazzine e una zuccheriera. Watari mi disse di prendere ciò che volevo, mi riempii una tazzina di caffè ma non ci misi zucchero. Il sapore del caffè mi piaceva forte, amaro e deciso; quasi mai mettevo lo zucchero. 
“Quindi…” comiciai io per abbassare il livello di tensione “lei conosce Ryuzaki da tanto tempo?” che domanda stupida…
“Sì, lo conosco da quando aveva otto anni. Le ha mai raccontato del suo passato?” faci cenno di non con la testa. Non era da molto che stavamo insieme e, per un motivo o per un altro, Ryuzaki non mi aveva  mai accennato nulla riguardo alla sue vita.
“Vede…” iniziò Watari “ …Ryuzaki ha perso i genitori quando era piccolo, avrà avuto all’incirca sette anni.” Mi si strinse il cuore. Ora capivo perché Ryuzaki non aveva toccato questo argomento.
“Non penso che sia giusto che sia io a dirglielo. Dovrebbe parlare con Ryuzaki, lui si fida di lei. E’ veramente innamorato, mi creda. Non l’avevo mai visto così felice. Forse lei non lo sa,” disse Watari bevendo il caffè “ma Ryuzaki non riesce a dimostrare bene le emozioni. La notte non dorme quasi mai, posso assicurarglielo. ” Quando l’anziano signore finì di parlare non sapevo cosa dire; non avrei mai pensato che soffrisse così tanto. Ero confusa. Mi alzai, feci un piccolo inchino e dissi:
“Mi perdoni, ma dovrei andare un attimo al bagno.” 
“Seconda porta a sinistra.” Rispose gentilmente Watari. Arrivai in bagno e chiusi la porta a chiave. Perché? Perché Ryuzaki non mi aveva detto di tutto questo? Stavamo insieme, no? E allora perché queste cose le ero venute a sapere dal suo “tutore”? Lui di me sapeva quasi tutto e io non sapevo nulla di lui. Mi calmai. Sì, lo so. Ero infantile a prendermela così, ma d’altronde era quello il mio carattere. Aprii la porta e mi ritrovai Ryuzaki davanti. Aveva sempre la sua espressione assente con gli occhi spalancati. Mi prese per mano e mi portò nel salottino dove prima ero con Watari.
“Watari per favore, lascaci soli.” Disse Ryuzaki. Il signore annuì, si mise il cappotto e uscì dalla suite numero 1114.  Forse Ryuzaki aveva ascoltato la nostra conversazione, perché quando parlò con Watari mi sembrò quasi arrabbiato. Mi prese per mano e ci dirigemmo nella stanza da letto.  Era piuttosto grande come stanza, ma non era quello che mi interessava in quel momento; volevo chiarire le cose con Ryuzaki una volta per tutte. Volevo capire se era serio o mi stava prendendo in giro tenendomi nascoste le cose come faceva Andrea. Mi appoggiai con la schiena alla parete, tendo le braccia  conserte ed evitando il suo sguardo. Silenzio.
“Ryuzaki,” iniziai: “io voglio sapere. Ti amo e non voglio rimanere all’oscuro di nulla.” Lui mi guardava con gli occhi spalancati e tenendo il dito indice appoggiato sulle labbra. Odiavo quando faceva così. Quando mi fissava con quegli occhi spalancati come se avessi detto chissà quale idiozia. Lasciai cadere la mie braccia lungo i fianchi, ma continuai a tenere la testa inclinata lateralmente e a guardare il pavimento di moquette. 
“Watari te l’ha detto, vero?” Chiese lui. Feci cenno di sì con la testa anche se non avevo ben capito cosa intendeva. Ryuzaki si avvicinò e mi abbracciò. Non accolsi bene quell’abbraccio; pensavo che mi stesse prendendo in giro. 
“Sei una ragazza sveglia, non avrei potuto tenertelo nascosto ancora per molto…” mi disse. Quelle parole mi fecero arrabbiare. Staccai le sue mani dal mio corpo e lo spinsi via da me.
“Mi stai prendendo in giro, vero? Te ne stai approfittando perché sono la solita extracomunitaria tonta? Guarda che io non sono venuta fino qui in Giappone per fare da amica di letto a uno come te! Ci conosciamo da solo una settimana, ma io ti amo. Ti amo, dannazione! C’è forse qualcosa di sbagliato in questo??” Ryuzaki mi si riavvicinò e mi abbracciò nuovamente. Stavolta però non mi opposi.
“Hai ragione. Non avrei dovuto tenerti alcune cose nascoste. Ho stupidamente giocato con i tuoi sentimenti e voglio chiederti scusa perché... Anche io ti amo.” Disse lui. Per la prima volta mi sembrò che avesse detto qualcosa di più umano del solito.  Ci baciammo e poi lui mi disse:
“Se vorrai mai perdonarmi potrò raccontarti tutto quello che non ti ho mai detto.” Annuii. Stavolta ricambiai l’abbraccio , ero comunque disposta a perdonarlo. 
“Scusa se me la sono presa in quel modo prima, ma ero delusa…” dissi. Ryuzaki mi lasciò dal calore del suo abbraccio e ci stendemmo sul letto. Stavamo stesi una accanto all’altro tenendoci la mano e guardando il soffitto della stanza. Sospirai. Guardai Ryuzaki, forse ero stata troppo dura con lui. 
“Mi dispiace di non avertene mai parlato; ma non me l’ero mai sentita…” cominciò. Gli continuai a tenere la mano e a guardare il soffitto della stanza.
“Ma ora non ho più dubbi. Tu sei la persona giusta, vorrei che tu restassi al mio fianco. Dunque, sono nato il 31 ottobre 1979 a Londra. I miei genitori morirono quando ero piccolo, avrò avuto all’incirca cinque anni. Watari venne a conoscenza di questo tramite il mio assistente sociale, mi portò a Winchester e mi inserì nell’orfanotrofio “Whammy’s House”. Era un posto per orfani con quoziente intellettivo superiore  fondato dallo stesso Watari. Quando avevo otto anni mi misero al comando della polizia Mondiale e salvai il mondo dalla Terza Guerra Mondiale. Quello stesso anno, come riconoscimento mi assegnarono appunto quella lettera, L, che ho tatuata sul petto.  C’è anche un’altra cosa che non ti ho detto, il mio vero nome non è Ryuzaki, ma Lawliet…o almeno credo…” Ascoltavo attentamente ogni sua parola, stavo cominciando a tranquillizzarmi. La cosa che mi lasciava più perplessa era il fatto del suo nome…Ryuzaki, Lawliet, L…chissà se almeno uno di quelli era vero o se erano tutti pseudonimi. Continuavo a pensare a quanto potesse essere triste essere orfani, e a come lui fosse riuscito da così piccolo a salvare il mondo. Pensavo e lo lasciai continuare, intanto mi giravo verso di lui continuando a tenergli la mano:
“La mia infanzia, come penso la mia vita fino ad ora sono svanite come un sogno. Ho rischiato la vita da quando sono nato, mi sono sempre comportato in modo irrazionale, la notte non riesco a dormire. Ho le immagini dei volti di tutte quelle persone che sono morte come vittime per le quali non ho potuto fare nulla, non me ne sono mai scordato una; anzi, penso di non essermi mai scordato nulla in vita mia…a vedermi posso sembrare un pazzo, ma io sono il detective del secolo. Finchè io sarò vivo ci sarò giustizia, anche se dovrò continuare a portare un enorme peso sulle spalle da solo.” Sentivo tantissima tristezza nelle sue parole, quasi mi veniva da piangere. Sentivo che lui aveva bisogno del mio amore più di chiunque altro. Mi avvicinai ancora a lui e lo abbracciai. Quando lo lasciai ci alzammo e io dissi:
“Sono felice che abbiamo chiarito, ricordati che io ti amo e che ti amerò per sempre. Sarò la spalla sulla quale portai piangere, potrai sempre confidarti con me.” Gli sorrisi. Ci baciammo. Uscimmo ancora, andammo a vedere insieme le Tokyo Tower illuminata a giorno e ci divertimmo fino a tardi passeggiando per Roppongi. Quando furono le quattro di mattina Ryuzaki mi riportò a casa. Mi spogliai, mi lavai e mi infilai dritta a letto.

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*Note Autrice*

E anche questo capitolo è andato xD
Scusate se ci ho messo tanto, ma non riuscivo a scrivere
Vi informo che dal prossimo capitolo non racconterò più giorno per giorno, ma parlerò di giorni particolari in mesi dell’anno
Ringrazio Samyss per farmi da editor e vi prego di continuare a seguirmi ^^ 
 
  
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