-Sei squallida, Fitch, non mi stupisco che tutti i weekend torni a casa all'alba sola barcollando su quei trampoli dopo essere stata con non so quanti sconosciuti.
- E lasciala, Zayn.
- Harry, guardala, è la cosa più penosa che abbia mai visto.
- Falla andare a casa, non incasinarti per una troietta.
- Non è finita qui, Fitch.-
“Chi ti vorrebbe se tu non facessi la fame per avere quel corpo perfetto, non ti imbottissi il reggiseno per avere quelle due belle bocce e non ti tingessi i capelli tornando ad averli di quell’anonimo biondo slavato da ragazza della porta accanto?” Si tormentava con questi interrogativi che non avevano una risposta semplice.
Fanfiction in revisione.

Per anni si era eclissato nell'ombra, ma finalmente, stringeva fra le mani il galeone stregato che lo avrebbe condotto nel luogo in cui adesso si trovava... che lo avrebbe condotto da lei.
Sequel della precedente one shot Come whats may- i will love you until my dying day.

“Forse dovremmo solo andare a casa.” aveva aggiunto subito dopo poggiando le mani al lato dei suoi fianchi per tentare di alzarsi. Ma non era riuscita a farlo perché con uno scatto rapidissimo, Perrie era balzata in piedi e si era riseduta a cavalcioni sulle gambe di Jade stringendo le ginocchia intorno alle sue cosce per impedirle di muoversi. “Oppure potremmo provare anche noi.” aveva ribattuto, finalmente con un’affermazione, un attimo prima di poggiare le sue labbra su quelle dell’amica.
[Attenzione. La storia contiene Perrie/Jade esplicito.]

Era diventata un’ossessione quella ragazza. Se lui guardava le altre ragazze lei non poteva dire niente. Se lei veniva guardata da altri ragazzi, sarebbero stati guai. Aveva provato molte volte a ribellarsi, ma non aveva ricevuto altro che schiaffi.

Esco fuori e vedo Justin giocare a basket con i suoi amici. "Justin?" Lo chiamo. Afferra la palla e si gira verso di me.
"Dimmi."
"Ehm, posso parlarti un attimo?" Mi passo nervosamente le dita sul braccio.
"Torno subito." Lancia la palla a Chaz e mi raggiunge. "Stai bene?"
"Si, si. Vieni qui." Gli prendo la mano e me lo tiro dietro. "Ho bisogno di un favore."
"Ok, dimmi." Incrocia le braccia.
"Ecco, io... Tu... Puoi insegnarmi a baciare?" Mi mordicchio il labbro.

“Ehi”, dio. Perfino il saluto che le aveva rivolto era così scontato e smielato; un “ehi” mormorato sul collo, con quella maledetta voce roca e sensuale mentre, dopo averla fatta girare, le carezzava una guancia con la mano grande e calda.
“Ehi”, e subito si maledisse per aver imitato il suo tono dolce, “non mi ero accorta che fossi arrivato. La mancanza di urla e svenimenti mi ha tratto in inganno, scusa”, le dita che giocano con l’orlo della sua t-shirt, accarezzandogli leggermente collo e clavicole, e lo sguardo fisso su di esse, mentre lui le avvolgeva le braccia intorno ai fianchi e se la tirava più vicino.
(Rosso. Rosso. Het)

«Visto che le piace così tanto fare l’insegnante, credo che non le dispiaccia se dovrà dare ripetizioni di matematica a Malik che non ha ancora preso una sufficienza dall’inizio dell’anno» osservò Miss Barely, con uno strano sorriso dipinto sul volto, come se fosse fiera dell'idea che aveva appena avuto.
«Sta scherzando spero!» sbottai alzandomi di scatto dalla sedia.
Avrei dovuto spendere il mio prezioso tempo a spiegare a quello lì, che si atteggiava come se fosse Dio sceso in terra, perchè qualcunque numero moltiplicato per zero facesse, appunto, zero?
Pensai tra me e me indignata.

Emma non ebbe bisogno di alzare del tutto lo sguardo per capire chi fosse: soltanto una persona a scuola aveva la pelle ambrata di quella perfetta sfumatura che ricordava il miele, solo un ragazzo era talmente incurante delle regole da fumare a meno di un metro dalla porta d'ingresso e, sopratutto, soltanto dallo sguardo di un ragazzo, Emma, si sentiva trapassata da parte a parte. Non aveva bisogno di alzare gli occhi per incrociare quello sguardo, lo sentiva perfettamente su di sé senza bisogno di vederlo.
* Non c'era niente in lei che esprimesse disordine, o caos, che invece per lui erano parole all'ordine del giorno.

Jared e Shannon devono presenziare, assieme alla madre, ad una riunione di Famiglia in Luisiana. Ma Costance li obbliga a trovarsi delle fidanzate che li accompagnino. Cosa succederà?

“Aspetta” sento il cuore accelerare prepotentemente i battiti e mi fermo di spalle allo specchio non appena realizzo il suono inconfondibile di quella voce “come hai detto di chiamarti?” domanda Jared e con appena un filo di voce riesco a rispondergli “Elisa” sento la sua risata sconvolgente che somiglia quasi ad un ghigno e chiudo gli occhi mentre un brivido mi attraversa il corpo.
Quella voce…mi fa quasi del male, smuove angoli del mio essere che nemmeno credevo di conoscere prima d’ora, mi blocca il respiro e mi impedisce di fare pensieri coerenti…
“Voglio fare un piccolo esperimento con te Elise…non muoverti”

“Non hai visto nessuna cometa ammettilo!” ti rimbotto immediatamente, incapace di reggere lo scherzo, troppo assuefatta alla verità nuda del tuo sguardo.
“E anche se fosse?” Sorridi con sfida,
“Non ho certo bisogno di trovarle in cielo, la mia stella è già qui accanto a me”.

Mi volto di scatto e due occhi belli, tra l’azzurro cielo e il grigio ghiaccio mi perforano il cervello; è un mese che lavoro a stretto contatto con i 30 seconds to mars, ma non riuscirò mai ad abituarmi a quello sguardo tra il porco e l’omicida.

“Se vuoi iniziare, bisogna farlo dal principio. Devi imparare a conoscere il tuo corpo fino nei più profondi recessi di te stessa.”

"E' come se fossimo in un paradiso di sensi, un'Eva e due Adamo e nient'altro... niente prima, niente dopo.
Solo ora.
Noi. Lei. Qui.
O forse è l'inferno."
Nata da una scommessa fatta con Artemide82 e Princes_of_the_univers, una ff con qualche pretesa erotica.
E, come al solito, non conosco i Leto, nè voglio insinuare nulla su come fossero e come sono, non scrivo per lucro e mi sono inventata tutto (o quasi: solo chi mi conosce sa).