Harry sapeva che era un sogno. Ne era cosciente, come era cosciente del fatto che la persona davanti a lui, pallida ed evanescente come un fantasma, eppure così concreta, non era reale. Non poteva essere reale. Andiamo, si ricordava benissimo di essersi addormentato nella Stanza delle Necessità, costretto da una Pozione Antisogno a dormire per un paio d’ore prima della fatidica Battaglia Finale. Ricordava benissimo il senso di oppressione e paura che si respirava nel castello, gli sguardi disperati e supplici che gli venivano rivolti, le occhiate dei suoi amici e dei membri dell’Ordine che sembravano dirgli che sì, loro sapevano che lui avrebbe vinto, perché doveva. Perché tutto quello per cui avevano lottato non poteva svanire in un soffio di vento.
Ricordava persino l’ansia, il senso di inadeguatezza che lo aveva pervaso, rendendosi conto che lui, il Ragazzo Che È Sopravvissuto, il Prescelto, non meritava tutta quella fiducia. Si era sentito un fallito, non abbastanza potente per proteggere le persone che amava, che alla fine sarebbero morte, come Sirius, e i suoi genitori, prima di tutto.
Quindi non poteva realmente essere lì, nella Camera dei Segreti. E soprattutto, non poteva avere davanti un Tom Riddle diciassettenne.

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