CAPITOLO.19
Dopo
più di un anno, il centro di ristrutturazione di Edge e
recupero di Midgar,
chiuse i battenti per tempo indeterminato.
Era
questo ciò che era stato detto ai lavoratori e alla gente.
Ma era fin troppo
ovvio che, dopo quanto accaduto, sarebbe stato difficile vederlo
riaprire
Per
diverse settimane la situazione fu nel caos più completo.
Rufus Shinra era
stato ben abile nel celare la situazione e davvero in pochi erano a
conoscenza
dei ‘fatti’ reali.
Tuttavia,
nonostante la sua abilità nel gestire la situazione, e i
suoi validissimi
collaboratori e avvocati, su di lui era stata nuovamente stampata
l’immagine
del Rufus Shinra come quel potente proprietario della multinazionale.
La
situazione agli occhi della gente era esattamente questa: Il signor
Shinra
aveva sventato sì l’attacco dei ribelli, evitando
così di inquinare ed
avvelenare Edge.
Tuttavia
quel giorno doveva essere inaugurata la nuova filiale, dunque
perché far
correre un rischio simile alla città se era ben a conoscenza
dell’attentato e
della presenza del gas nocivo nelle tubature?
Era
evidente che qualcosa non quadrava e per Rufus ci volle davvero poco
per
vedersi piombare di nuovo addosso gli stessi occhi indagatori e
diffidenti che,
al contrario, sperava finalmente veder sparire.
Nell’ultimo
piano dell’azienda, Rude ed Elena esaminavano la situazione.
Rude piegò appena
le veneziane della finestra per intravedere la gente pronta a puntare,
ancora
una volta, il dito contro di loro.
La
bionda ex membro turk, invece, era seduta di fronte una scrivania e
rifiutava
categoricamente quel che stava succedendo.
Si
guardò attorno nostalgica e in nessun modo riuscì
a celare i suoi sentimenti.
“C’è
così tanto silenzio…” disse a malapena
incrociando le braccia e allontanando lo
sguardo da Rude.
Rude
la guardò. Probabilmente condivideva i suoi sentimenti. Si
ritrovò così ad
annuire per poi riprendere a fissare al di la della finestra.
Elena
intanto riprese a parlare.
“Fino
a ieri era tutto regolare e adesso? Siamo di nuovo noi. Da soli. Di
nuovo punto
e accapo…”
“La
storia della nostra vita, insomma.” Irruppe la voce
sarcastica di Reno. Elena
sobbalzò nel vederlo entrare così di soppiatto.
“Reno!”
disse sorpresa poi, vedendo Tseng apparire oltre la porta subito dopo
di lui,
arrossì e abbassò immediatamente la voce.
“Signor T-Tseng..!”
Reno
andò a prendere una sedia che portò accanto a
Rude, poi poggiò violentemente i
piedi sulla scrivania in cristallo.
“Dunque
è vero che chiuderemo i battenti?” chiese Rude con
fare distratto.
“U-uh.”
Annuì Reno accendendo una sigaretta e riempiendo velocemente
di fumo l’intero
ufficio.
A
quel punto, Tseng poggiò una ventiquattrore sulla scrivania
e, prima di
aprirla, con un gesto veloce scaraventò via i piedi di Reno,
che per poco non
cadde perdendo l’equilibrio.
“Probabilmente,
sono riuscito a ottenere un passaggio di proprietà. Dunque
non sarà necessario
chiudere. Ma ovvio che per il presidente non ci sia più
molto da fare qui.”
“Vuoi
dire che molla?” disse Reno, gettando una soffiata di fumo
dalla bocca.
“Partirò
con lui stesso domani. La nostra destinazione è
Junon.” Gli rispose Tseng
apatico. Aprì la valigetta ed estrasse dei documenti che
cominciò a sistemare.
“Ho dato le mie dimissioni. Ho solo bisogno di portare a
termine le
documentazioni lasciate in sospeso.”
Era
fin troppo chiaro che Tseng sarebbe andato con Rufus. Da quando Rufus
si era
ripreso dall’attacco di Omega Weapon, gli era sempre rimasto
accanto e così
avrebbe continuato a fare. Del resto, anche a lui non rimaneva
più molto, da
quando non esisteva più la Shin-Ra corporation.
L’intera esistenza di chi aveva
lavorato lì era legata completamente a quel mondo. Senza,
non avevano più un
luogo, dove andare.
“Oh,
cazzo. Ti sembra il modo di avvisare? E noi quando diavolo facciamo le
valigie
per Junon, non ci avevi pensato?” disse Reno scherzoso. Tseng
lo guardò
perplesso, alzando il sopracciglio.
“Non
siete automaticamente inclusi in questo discorso.”
“Beh,
hai pensato male, se contavi di liquidarci a qualcun altro
così. Staremo uniti
come buoni amichetti fino alla fine, mi spiace.” Gli rispose
con fare ovvio.
Tseng
annuì appena. Seppure i modi di Reno lo seccassero, ne
apprezzò le parole. Del
resto, quei quattro erano una vecchia squadra da sempre.
“Mio
malgrado non posso impedirtelo. Voi concordate, suppongo.”
Disse rivolgendosi
anche agli altri due ex-turk.
Regnò
per qualche istante il silenzio, poi Rude si rivolse a Tseng.
“Certo
che però…non stava andando poi così
male. Valeva la pena giocarsi questa carta
ancora per un po’.”
“Giusto!”
intervenne Elena. “Perché non abbiamo lasciato che
inalassero quel gas? Vittime
del loro stesso attacco! Il presidente non avrebbe rischiato nulla se
rimaneva
saldo sulla sua posizione!” irruppe Elena.
“Perché ha parlato?”
Elena
guardò Tseng non comprendendo affatto quel che era accaduto
realmente e perché.
L’azienda
aveva ancora tutte le carte in regola per reggere il gioco ancora.
Invece Rufus
aveva praticamente confessato platealmente, affondando la nuova azienda
con le
sue stesse mani.
Tseng
distolse lo sguardo e si avvicinò anch’egli alla
finestra. Loro non sapevano
nulla di quel che era accaduto nel profondo. Nel profondo
dell’animo di quel
ragazzo.
Era
accaduto un qualcosa che era andato oltre il successo,
l’ambizione, i piani
legati all’azienda.
“Lui
ha voluto semplicemente evitare che Tifa Lockheart corresse dei
rischi.”
Perché
Rufus si era innamorato di quell’AVALANCHE.
Gli
altri lo guardarono perplessi, meno che Reno, che già aveva
avuto modo di
capire che qualcosa stesse bollendo in pentola.
“Eh,
già. La Lockheart era lì. Un vero
peccato…” disse giocherellando apaticamente
con la sigaretta.
[…]
Forse
avrebbe dovuto supporlo fin da subito.
Non
ce l’avrebbe mai fatta. Aveva perso tempo inutilmente.
Sperava
che provarci fosse almeno una possibilità, e forse una parte
di lui ci aveva
creduto veramente. Tuttavia le cose erano andate così.
L’uomo
dai capelli biondi stava sbrigativamente sistemando i suoi effetti
personali in
valigia.
Mentre
finiva di controllare gli armadi, guardò fuori dalla sua
finestra. Raramente
gli capitava di trovare il tempo per riflettere, per questo gli
sembrò strano
sentirsi nostalgico proprio in quel momento. Si rese conto quanto gli
sarebbe
mancato quel luogo.
Una
volta distrutta la sua famiglia, Rufus non aveva più avuto
un posto dove
andare. O almeno un posto che potesse essere il suo rifugio, la sua
casa…
La
Shin-Ra era stata tutto, a quel tempo.
Ricordava
di essere spaesato, e abbattuto a quei tempi. Poi Tseng gli aveva
trovato quel
luogo: Healin Lodge. Un quartiere abbastanza lontano dalla
città di Edge, era
stato il posto ideale per lui.
Sia
per indagare sulle cause delle problematiche di Edge (tra cui il
geostigma),
che per evitare a chiunque di creare altro scompiglio per causa sua.
Era
un vero peccato abbandonare quella casa, pensava. Dopotutto, vi abitava
da
malapena un anno, e con quelle mura aveva condiviso forse i momenti
più
sofferti e sentimentali della sua vita.
Una
parte di sé era piena di rabbia e di timore verso il futuro.
Esattamente come
‘allora’, quando non sapeva bene cosa fare.
Aveva
perso tutto, eppure alla fine era uscito allo scoperto e aveva fondato
la sua
nuova azienda.
Così
aveva continuato a ricostruire Edge in maniera ancora più
partecipe.
Non
solo, si era ripromesso di sistemare la periferia e di recuperare
quanto più
fosse possibile della vecchia Midgar city.
E
adesso…tutto si era ripetuto. Era di nuovo in quella
straziante posizione
iniziale.
Forse
il suo traguardo era ancora lontano e si scorgeva a malapena, ma, ad
ogni modo,
ora non aveva più tanta importanza pensarci su.
Con
l’aiuto di Tseng e collaboratori vari, era riuscito a non
chiudere tutti i
contratti con le altre aziende, sicché era riuscito a
cederla a patto che fosse
lui stesso a dimettersi.
Sorrise,
non sapendo se tutto quello che stava accadendo fosse frutto
dell’ironia o
della sua arroganza.
Guardò
i biglietti del treno.
Era
diretto a Junon e ci sarebbe andato la mattina del giorno seguente.
Rufus
aveva sempre vissuto a Midgar, tuttavia affiancava il padre come
vice-presidente
già dall’età di quindici anni, dunque
viaggiare o cambiare dimora rimanendo più
volte lontano da casa, gli aveva reso difficile aggrapparsi alle
proprie
radici.
Non
che in realtà l’avesse mai avuta, una
casa…
Infondo,
era consapevole da tempo che oramai ad Edge non c’era
più bisogno di lui.
Forse
solo dei suoi soldi. Era tutto quel che aveva sempre potuto fare, nel
suo
status.
Non
si sarebbe tirato indietro nel lenire il dolore arrecato, il fatto era
che lui
voleva contribuire in maniera ancora più concreta.
Ma
a quanto pareva, aveva preteso troppo.
Si
rassegnò quasi all’idea che, se per davvero voleva
essere un sostegno pratico
per Edge, doveva prima di tutto sparire.
Junon
sarebbe stata l’ideale per lui. Li avrebbe potuto per davvero
ricominciare da
zero.
Lì
le tensioni con la Shin-ra erano meno tese.
Posò
i biglietti dentro la giacca e si diresse nelle vicinanze
dell’ingresso.
Osservò
divertito il suo vecchio dark nation annusare le valige e guardarlo con
occhi
diffidenti, ma curiosi. Del resto, aveva sempre trovato quella bestiola
parecchio intelligente.
Sembrava
quasi costatare che ci fosse qualcosa che non andasse in giro, come a
dirgli
‘si parte di nuovo?’.
Lo
accarezzò appena, portando la sua testa vicino le ginocchia.
“Ah…Darkie.
Anche tu oramai ci hai fatto il callo, eh?” parlò
ironico.
Dalla
tasca estrasse un accendino e portò una sigaretta alla
bocca.
Si
allontanò da Darkie e prese a fumare quella sigaretta
così intensamente che
dovette accenderne un’altra di lì a pochi minuti.
Guardò,
nel frattempo, l’orologio che aveva sul polso e
notò che Tseng era in ritardo.
Lo attendeva già da un quarto d’ora in
verità, così si affrettò a chiamarlo.
Nonostante
la nostalgia, nonostante l’amarezza, anche lui, arrivato a
quel punto, voleva sparire
il più presto possibile.
Non
ne poteva più.
La
porta, proprio in quel momento, bussò e Rufus
posò la cornetta sospirando.
“E’
aperto. Tseng. Sai dove tengo i libretti. Provvedi da solo, vengo
subito.”
Disse mentre aveva la sigaretta bloccata fra le labbra.
“Veramente…io
non sono Tseng.” Disse una voce femminile al che Rufus si
girò aggrottando le
sopracciglia.
Si
girò e vide Tifa alle sue spalle, sul ciglio della porta.
Rimase
a fissarla qualche attimo senza dir una parola. I loro occhi si
andarono ad
incrociare e la donna non fece nulla per deviare quel contatto.
[…]
La
notte prima.
Tifa
si era alzata più volte durante la notte, non riuscendo a
prendere sonno.
La
mattina si sentì così spossata che le fu
difficile mostrarsi diversamente
davanti ai clienti del Seventh Heaven o ai suoi amici.
Non
che si aspettasse di un’improvvisa parola che le illuminasse
la giornata.
Sapeva
invece che qualsiasi parola in merito a ciò che le era
capitato sarebbe stata
una miccia pronta a farla esplodere.
Strofinò
i bicchieri così forte che si ritrovò a buttarne
un paio. Poco le importò,
comunque. Aveva tutt’altri pensieri per la testa.
Da
una parte sentiva come se tutto quello che l’aveva circondata
negli ultimi mesi
non fosse mai accaduto. Questo perché quella mattina stessa
lei si era alzata
ed era lì, al Seventh Heaven, a servire drink, nella sua
solita routine quotidiana.
O
almeno, quella di un tempo.
Gettò
l’ultimo bicchiere che le si era spaccato in mano, e si
allontanò dai banconi
per prendere posto sul divano.
La
coltre di nebbia che la devastava da quando aveva cominciato a lavorare
per
Rufus si stava dissipando o era divenuta più fitta di prima,
ora che tutto era
finito?
Era
questo ciò a cui non sapeva dare una risposta.
Rufus
era stato per lei un oblio profondo che l’aveva completamente
alienata da
qualsiasi cosa. Ora che invece sarebbe sparito dalla sua vita, le
sembrava come
se non fosse mai esistito.
Non
riusciva a capacitarsi di avere una sensazione simile addosso.
Prese
una birra e bevve un sorso. La testa di colpo prese a girare.
Guardò il cielo
ed effettivamente di mattina era davvero da k.o. bere una birra. Prese
un altro
sorso e sospirò intensamente.
Rufus...
Quel
nome l’aveva sentito così tante volte che le
sembrava così difficile, ora, da
cacciare dalla mente.
Si
era scontrata così tante volte con lui che alla fine
qualcosa si era finito per
smuovere. Era questo ciò che l’aveva poi fatta
crollare?
Forse,
anche in una situazione non analoga a quella, le cose sarebbero andate
comunque
così?
Continuava
a ripetersi che le cose dovevano andare così.
Perché le loro differenze, alla
fine, avrebbero comunque preso il sopravvento.
“E
finita…uno prima o poi si sveglia, no?” bevve.
“Di che mi sorprendo?”
Socchiuse
gli occhi e guardò dinanzi a sé con uno sguardo
apatico e distratto.
Era
colpa sua?
In
parte sapeva che le cose non stavano così.
Sentiva
che non aveva fatto nulla di male, eppure questo non leniva il suo
senso
d’inquietudine.
“Cazzo!
Io volevo fargli smettere di agire così! Di dimostrargli che
ci sono altre vie!
Ma non…” abbassò la voce di colpo.
“Ma non volevo che…finisse
così.”
Chiuse
gli occhi e avvicinò alle labbra la lattina, ma
l’allontanò da sé subito.
Di
certo bere non l’avrebbe aiutata a stare meglio.
Si
alzò e si affacciò fuori dalla finestra.
Con
un gesto fulmineo, scattò e si diresse verso
l’uscita.
Aveva…aveva
bisogno di capire.
La
chiesa del settore cinque.
Tifa
arrivò lì quasi di corsa.
Aveva il fiatone e
aspettò qualche attimo
prima di entrare nella chiesa.
Lì
dove tutto era cominciato.
Fece
per poggiare la pallida mano sull’antico portone in legno, ma
non ebbe il
coraggio di inoltrarsi.
Associava
a quel luogo il mondo che l’aveva così tanto
cambiata.
Vedere
la chiesa, ora a posto, le sembrava così strano.
Lo
scopo di tutto quel tempo passato in azienda era proprio quello che
adesso aveva
davanti agli occhi. Eppure sentiva che non avrebbe mai voluto che quel
tempo
finisse.
Voleva
che quella coltre di nebbia che l’aveva completamente
alienata da tutto,
continuasse ad accompagnarla. Così da trovare, forse, il
coraggio per ammettere
a sé stessa ciò che Tifa Lockheart non avrebbe
mai potuto fare.
“Sono
stata così cieca?” disse a sé stessa.
Un
rumore di passi di colpo attirò poi la sua attenzione. Si
girò, non appena si
rese conto che quei passi si erano attenuati proprio nelle sue
vicinanze.
Quasi
come un curioso gioco del destino, vide dietro di sé
l’ex-turk Reno.
Una
scena che le sembrò un Deja Vu.
Il
respiro, per un attimo, le si fermò in gola.
Reno
strizzò le spalle e portò le mani in tasca.
“Non
volevo interromperti, Tifa.” Disse lui scherzoso, poi si
portò affianco a lei.
“Avevi avuto già modo di vederla
finita?” parlò, indicando con gli occhi la chiesa
sconsacrata ora messa a nuovo.
“Più
o meno…” rispose lei con un filo di voce.
Reno
e Tifa rimasero in silenzio, l’uno accanto
all’altra.
La
ragazza guardò il rosso e si sorprese di vederlo
così assorto, lì con lei, fra
i suoi pensieri.
Accorgendosene,
Reno sorrise.
“Infondo
è probabile che proviamo la stessa cosa, no?” le
disse all’improvviso, col
volto allegro, ma ancora assorto.
“Cosa
intendi..?” gli chiese lei insicura, distogliendo gli occhi
d’impulso.
Reno
rise appena, poi levò una mano dalla tasca per portarla
dietro la nuca.
“Ah,
beh. Quando diventi uno di noi, anche se per poco, assorbi tutta
l’energia che
c’è dietro. Dietro noi della ‘Shin-Ra
intendo, se vogliamo ancora darci questo
appellativo.” La guardò. “Sei stata
nella nostra azienda, ora sai cosa
significa questo.”
Solo
allora Tifa comprese.
I
turk, il presidente…
Davano
l’ anima per il loro lavoro.
Questo
perché, una volta, lo facevano per la vecchia
multinazionale.
Rufus
non aveva altro adesso, oltre il lavoro.
Per
questo vi dava tutto se stesso, nonostante ci rimettesse persino la sua
salute,
che era persino cagionevole per via dei forti stress.
Forse
per Reno e gli altri il discorso era analogo.
Persino
Tifa, che aveva lavorato lì per così poco, si
sentiva quasi strana nell’essere
ora la normale barista di sempre.
Reno
riprese a parlare.
“Però…alla
fine è soddisfacente. È venuta bene, non
trovi?”
“Sì.
È vero.” Disse lei e le si stampò sul
viso un leggero sorriso.
Debole,
ma sincero.
Di
colpo tirò un sospiro e si rivolse a Reno seria.
“Chiuderete, quindi?”
“U-uh.”
annuì lui.
“E…Rufus?”
azzardò con un filo di voce. “Non sto seguendo
molto il caso in televisione. Ma
so che non verrà processato.”
“Cosa
vuoi sapere?” le chiese.
“Cosa…farà,
credo.” Gli rispose.
Reno
si sgranchì un po’ e prese a camminare appena per
il vialetto circostante. Tifa
lo seguì con lo sguardo, col cuore che le prese a palpitare
sempre più
velocemente.
“Quello
è un figlio di puttana, se la sa cavare.” La
guardò beffardo il rosso. “Poi
siamo da sempre una equipe eccellente, noi, che ti credi? Ricordati che
il
nostro lavoro di turk era molto più duro! Nascondere due
cosette è più che
semplice, rispetto a bei vecchi affari sporchi della Shin-Ra.”
Tifa
si sentì infastidita dal quel discorso, ma non
poté dargli torto, dopotutto.
Reno era sempre abbastanza sfacciato. Infondo apprezzava che non avesse
peli
sulla lingua, anche nel ricordare la vecchia Shin-Ra. Sarebbe stato un
segno di
ipocrisia non ammettere certe cose.
“Mi
fa piacere…” Disse lei infine, tagliando corto.
“Sotto questo punto di vista
allora posso dire che è in ottime mani.”
Reno
a quel punto la guardò.
“Perché,
ti ‘farebbe piacere’? Non era proprio
‘cacciare il gatto fuori dal sacco’ il
tuo scopo?” le rispose lui schietto, sapendo dei sospetti che
Tifa aveva
nutrito verso di loro fin dall’inizio.
Lei
distolse lo sguardo e non seppe cosa rispondergli.
Non
aveva tutti i torti.
Augurarsi
il meglio per Rufus, essere in pensiero per lui, in quel momento
stonava
abbastanza.
In
parte era vero. In parte era tutta una bugia.
Non
sapeva cosa, fra la verità e la menzogna, la stesse
spingendo in quell’oblio
insopportabile.
Le
sue labbra presero a muoversi quasi da sole.
“A
me…piaceva quell’uomo che mi ha aiutata a
ristrutturare la chiesa. Perché,
dopotutto, non aveva intenzioni così diverse dalle mie. Ma
quello stesso uomo
aveva il nome di Rufus Shinra. Così stanno le
cose.”
Gli
rispose così, di getto.
Strinse
le spalle con le mani, avvertendo un forte gelo addosso.
Amava
un uomo incarnato in due completi estranei. Uno che amava e uno che
odiava.
Quale
dei due era vero?
Quale
dei due l’aveva soggiogata?
Reno,
dal suo canto, si ritrovò ad osservarla. In parte la
comprendeva, in parte per
nulla. Tifa era una donna che gli era sempre piaciuta.
Non
solo per le sue belle curve, come scherzava con Rude. Tifa era tosta,
determinata. Sebbene con atteggiamenti non sempre cortesi, aveva sempre
dimostrato di dare il cuore per tutto ciò che aveva di
più caro.
“Reno…dopotutto
ti devo ringraziare, mi sa.” Disse all’improvviso
Tifa, sorridendo, leggermente
malinconica. “Non so se sia stata un’esperienza
più piacevole che altro,
però…so che un po’ mi
mancherà.”
“Bah!
Certo che sei strana..!” le disse lui sentendosi leggermente
in imbarazzo.“Ti
conviene allora spendere due parole anche al boss o potrei sentirmi
troppo
coinvolto!”
“Cosa
dovrei mai dirgli?” gli rispose irritata. Supponeva che Reno
sapesse
perfettamente che non potesse più avvicinarsi a lui.
Giusto
o no che fosse, gli aveva voltato le spalle.
Lei
non avrebbe mai potuto fidarsi di lui. Lui non avrebbe mai potuto
fidarsi di
lei.
Non
erano fatti per stare assieme.
“Che
ne so. Voi femmine siete brave con le parole. Siccome andrà
via presto, pensavo
avessi qualcosa da dire.”
A
quelle parole, Tifa sgranò gli occhi.
“Rufus
partirà?”
Reno
annuì.
“Ovvio.
Oramai ha gettato le carte in tavola e ha perso. Un buon giocatore sa
quando è
ora di pagare il conto e andare via.”
Ma
Tifa non riuscì più a prestare la dovuta
attenzione a Reno.
Rufus
stava andando via. Questo significava che non lo avrebbe più
rivisto. Questo
significava che la coltre di nebbia sarebbe andata via con lui.
Rufus…sarebbe sparito? E con lui, anche ogni momento passato
assieme? Ogni
timore, ogni certezza?
Lo
sapeva. Lo sapeva fin dall’inizio, dopotutto, che sarebbe
andata a finire così.
Nel
nulla più assoluto della sua mente, si era aggrappata ad un
filo che non
l’avrebbe mai potuta sorreggere.
Aveva
costruito delle forti basi nella sabbia e tutto era inevitabilmente
crollato.
Perché
loro non avrebbero mai potuto stare assieme.
“Quindi…parte.”
Ripeté con voce bassa.
“Sì.”
Annuì di nuovo, distrattamente.
“Avrei
la possibilità di incontrarlo lì, in
azienda?” chiese.
Doveva
dirgli qualcosa, che non avrebbe mai potuto funzionare.
Dirgli
che probabilmente quello non era amore, e che era meglio per tutti
quella
situazione.
Anche
se erano una bugia…
Sporche
e comode bugie…
Anche
solo per poter litigare con lui, un’ultima volta…
Anche
solo per potersi riflettere nei sui delicati eppure pungenti occhi blu,
ancora
un’ultima volta.
“Prova,
non si sa mai. Però è un po’
imprevedibile, lo sai com’è.”
Tifa
annuì appena per poi chinare lo sguardo.
Forse
era giusto che finisse tutto lì, nell’agenzia dove
lo aveva imparato a
conoscere.
***
Quella
stessa mattina non era solo Tifa ad essere irrequieta.
Un
biondo ragazzo dai capelli a punta leggeva il giornale frettolosamente,
sfogliando le pagine fino a strapparle quasi.
“Se
ti ci metti anche tu, sarai più d’intralcio che di
aiuto, lo sai?” disse Aerith
poggiando un vaso pieno di fiori sul tavolo.
Erano
entrambi da soli a casa della ragazza. La bella fioraia
cercò di far calmare il
biondo, ma non ci fu verso. Già era complicato avere a che
fare con Cloud. Se
in mezzo c’era anche Tifa, la situazione diveniva addirittura
insostenibile.
Cloud
Strife, al contrario di Tifa, aveva seguito accuratamente il
susseguirsi delle
vicende che erano ruotate attorno al caso dell’ex- presidente
Shinra.
Era
adirato perché non poteva sopportare che
quell’uomo arrogante e meschino avesse
messo le mani addosso a Tifa.
Sebbene si fosse più volte scontrato con lui, non aveva
ancora avuto modo per
farsi sentire in modo soddisfacente.
Per
di più ora stava per andare via e sparire per sempre.
Voleva
che si levasse di torno, certo, ma non in quelle circostanze.
Non
poteva andarsene così dopo quel che gli aveva fatto passare,
sopratutto con
Tifa.
Guardò
Aerith che sembrò felice di essere finalmente ricambiata.
“Che
ore sono?” le chiese.
“Sono
le 7:00. Sei venuto parecchio presto, stamattina. Infatti,
io…”
Cloud
la costrinse ad interrompersi perché si alzò di
scatto dalla sedia e, infilando
un giubbotto in pelle, uscì senza dire una parola.
Aerith
lo guardò a bocca aperta.
Quel
ragazzo era davvero così problematico.
Si
affacciò appena fuori dalla porta mentre lo vedeva andare
via.
Una
volta sparito del tutto, prese posto sulla sedia dove era seduto il
biondo fino
al minuto prima e prese a sfogliare il giornale.
Sospirò.
Sebbene la critica ci fosse andata decisamente pesante, con le parole
d’accusa
nei suoi confronti, non era ben capace di giudicare. In quel momento
l’unica
cosa che la preoccupava erano i sentimenti di Tifa.
Aveva
corso un grande pericolo nell’inoltrarsi in
quell’ambiente da sola e vedere
Rufus inginocchiarsi per il suo bene era stato un qualcosa che non si
sarebbe
mai aspettata di vedere da parte dell’ ex-presidente della
Shin-Ra.
Tuttavia
quel che era accaduto…quel gas nelle condutture…
Avevano
comunque dimostrato la sua grande scaltrezza.
Aerith
prese in mano il cellulare e guardò fisso lo schermo.
Cosa
mai avrebbe potuto dire a Tifa?
Se
l’amica le avesse chiesto un consiglio, cosa le avrebbe
dovuto dire?
Seguire
il cuore in certi momenti della vita era complicato. Ma Tifa amava
Rufus.
Quell’uomo, dopotutto, si era guadagnato il suo rispetto.
In
quel momento si decise finalmente a premere i pulsanti del suo telefono
e
chiamò al Seventh Heaven, ma non ottenne risposta.
“Tifa…”
disse fra sé.
***
Quella
mattina, Rufus era venuto in azienda fin dalle primissime ore del
giorno.
Guardò
il suo ufficio.
Era
ben illuminato, come pronto a far partire l’azienda, come
ogni giorno.
Ma
quel giorno Rufus non avrebbe aperto.
L’azienda
era al momento chiusa e sarebbe tornata in moto solo quando lui se ne
sarebbe
andato via.
Per
certi versi si ritenne persino fortunato.
Aveva
delle persone in gamba attorno a sé e i suoi avvocati,
profumatamente pagati,
erano stati abili nel divincolarlo da quella situazione così
sfavorevole.
“Mi
chiedo se sono ancora qualcosa all’infuori di
questi…” Disse guardando i suoi
libretti di assegni.
Stava
facendo così tanto per Edge che spesso chiedeva a
sé stesso come facesse a far
tornare i conti.
Fiumi
di soldi sparivano come un niente, e nonostante questo, si ritrovava
sempre punto
e accapo.
Nessuno
gli aveva mai riconosciuto nulla.
Si
poggiò appena sulla scrivania ed incrociò le
braccia.
Sapeva
che gli sarebbe mancato tutto quello.
Dalla
penombra fuori l’ufficio poi, intravide la porta aprirsi. Con
un gesto lento,
ma deciso.
Il
dark nation si mise subito in difesa, cominciando a digrignare i denti
minaccioso.
“Allontana
da me quel mostro o non avrò scrupoli nel
colpirlo.” Disse secco il giovane
uomo che si presentò di fronte a lui.
Rufus
accarezzò appena il capo del dark nation e questi subito si
sistemò alle spalle
di Rufus, continuando comunque a ringhiare.
“Strife.
Non saprei dire se questa sia una visita piacevole o meno, vista la mia
attuale
situazione.” Disse sarcastico.
“Mi
sembra tu abbia poco da ridere, visti i pessimi rapporti che hai con la
maggior
parte delle persone.” Rispose lui freddo.
In
tutta risposta, Rufus rise appena, trovando irritanti quelle parole.
Purtroppo,
però, erano vere.
“Cos’è
che vuoi?” gli chiese, preferendo tagliare corto.
“Le tue visite non sono mai
di piacere. Nel caso…accomodati.”
Indicò
con gli occhi la sedia in pelle, ma Cloud non gli diede affatto corda.
Gli
si avvicinò e fulmineo lo afferrò per il colletto
della camicia.
Rufus
rimase a guardarlo, in silenzio, con fare indifferente.
“Tu
sei proprio una merda.” Disse Cloud, vedendolo
così disinteressato. “Dietro
tutto questo ci sono stato io! Quel qualcuno che ha voluto regalare
alla sua
amica il giocattolo che tanto desiderava sono stato io. Ma quel
‘giocattolo’
era la speranza di rendere felici delle persone e tu, maschino quale
sei, ne
hai approfittato.” Avvicinò Rufus a sé.
“Questo non te lo perdonerò mai.”
Rufus,
dal suo canto, non disse una parola.
Non
ritenne opportuno spendere del tempo a spiegare a Cloud mesi di lavoro
dove,
anche con la sua preziosa Tifa Lockheart, era successo di tutto.
Cosa
mai avrebbe potuto capire solo da poche parole?
No…
Ne
Cloud, ne nessun altro avrebbe mai potuto comprendere ciò
che c’era stato fra
loro.
L’alchimia
che si era generata dopo tanti contrasti e disaccordi.
Sarebbe
stato inconcepibile per chiunque. Per chiunque tranne che per loro che
avevano
vissuto sulla loro pelle tutto quello, passando entrambi per quello
stato di
inquietudine, di incertezza, di odio…fino a capovolgere
totalmente quegli
stessi sentimenti, che inspiegabilmente però continuavano a
legarli.
Sì,
perché l’avversione e le loro diversità
erano quegli stessi elementi che invece
li avevano portati a legarsi.
Solo
lui e Tifa avrebbero potuto ricordare quei mesi, consapevoli di
ciò che lentamente
era cambiato fra loro. In verità con una
spontaneità illogica, questo sì.
Ma
il tutto in modalità così naturali che persino
loro non se ne accorsero subito.
Rufus…si
era innamorato di Tifa. Realmente.
Lui
che non aveva amato nemmeno i suoi genitori, aveva amato lei. La sua
“ex-nemica”.
La
ragazza del suo nemico.
Il
membro AVALANCHE che aveva cercato di uccidere in una camera a gas come
capro
espiatorio.
La
ragazza che lo aveva sempre guardato con odio.
La
ragazza che non faceva che rinfacciargli i mali della Shin-Ra.
La
ragazza che aveva dato un senso alla sua voglia di
‘rinascere’ e di essere un
nuovo Rufus Shinra.
La
ragazza, il cui bacio, il cui sguardo, il cui corpo, la cui mente, lo
avevano
ammaliato, più di quanto lui stesso non fosse capace di fare
con gli altri.
Tifa
lockheart…un solo nome. Una donna come tante.
E
che invece aveva fatto tutto questo.
Si
ritrovò così a sorridere.
Intanto
Cloud sbottò.
“Cazzo,
dì qualcosa!” disse spazientito, scaraventandolo
via.
Rufus
emise diversi colpi di tosse.
Non
aveva preso i suoi medicinali, quella mattina, e il colpo di Cloud,
sebbene non
particolarmente violento, era stato sufficiente per smuovere la sua
salute
cagionevole.
“Cos’è
che vuoi sapere, Strife? Se mi sono divertito con la tua amichetta? O
magari…
vuoi sentirmi dire che la amo?” gli disse beffardo, ma Cloud
non stette fermo
nel vederlo sogghignare e gli sferrò un colpo immediatamente.
Rufus
barcollò.
Tuttavia
non reagì, si limitò ad osservarlo con i suoi
gelidi occhi azzurri.
Cloud
era furente di rabbia nei confronti di quell’uomo, si
chiedeva cosa lo
trattenesse nel colpirlo ancora e distruggere ciò che aveva
creato in
quell’azienda.
Ma
ancora di più, ciò che lo mandava in
escandescenza, era che si trattava di
Tifa.
Era
di lei che stavano parlando e mai avrebbe dovuto permettere che uno
come lui le
si avvicinasse.
“’È
di Tifa che stai parlando! Non dimenticartene mai! Quella stessa che
ora ti ha
gettato nella polvere! Non mi risulta che uno che vuole giocare si
lasci far
cadere da un pupazzo!” gli urlò con gli occhi
pieni di rabbia.
Rufus
era un vero diavolo. Un uomo senza scrupoli. Un uomo che stentava a
credere che
potesse riuscire ad ingannare persino una donna come la sua amica
d’infanzia.
Tuttavia
era ben conscio di ciò che lui provava per lei.
Perché
Cloud si era perfettamente reso conto dei sentimenti che Rufus nutriva
nei
riguardi di lei, Tifa.
Rufus
infatti non aveva esitato, nemmeno un istante.
Non
aveva giocato la sua carta vincente, il suo asso nella manica.
Aveva
invece gettato le carte in tavola ammettendo la sconfitta.
Ammettendo
di preferire l’incolumità di lei alla sua rovina.
Gli
sferrò un pugno che Rufus riuscì a deviare,
questa volta.
Fece
frettolosamente un veloce cenno al suo Darkie perché non
attaccasse il biondo.
Al
suo posto, fu lui stesso a girarsi di scatto e a colpire in pieno viso
Cloud il
quale si ritrovò quasi a terra.
Solo
allora Rufus gli mostrò le nocche delle dita, facendogli
vedere il tirapugni di
ferro che aveva con se.
Cloud
si pulì la bocca guardandolo con disprezzo, ma in qualche
modo felice di
potergliele suonare ‘alla pari’.
Rufus
mantenne un atteggiamento freddo.
Questa
volta non si lasciò andare al suo solito modo di fare
beffardo. Fu pronto a
ricevere il contrattacco di Cloud, che fermò prontamente,
nonostante non fosse
abile nel combattimento come lui.
I
due continuarono a farsi guerra, attraverso pugni e giochi di sguardi
minacciosi.
Alla
fine, sfiniti, ed entrambi col sangue alla bocca, si guardarono in
cagnesco.
Rufus
poggiato contro il muro, piegato quasi a metà, ansimante.
I
suoi capelli solitamente perfetti, ora ricoprivano buona parte del viso.
Cloud
invece era premuto contro la scrivania, contornato da tutte le carte di
lavoro
del biondo presidente, oramai inesorabilmente in disordine.
Dopo
il lungo momento in cui stettero a guardarsi, senza dire una nulla, fu
il
ragazzo dai capelli a punta a prendere parola.
“Ti
disprezzo…”
“Lo
so, Strife.” Rise Rufus, ancora affannato.
I
due non spezzarono quel contatto visivo per nessun motivo.
D’improvviso
Rufus vide Cloud chinare il viso e fare per rimettersi in piedi. Il
presidente
sentì di poter abbassare la guardia anch’egli,
così lo imitò e si sollevò anche
lui.
Il
ragazzo dai capelli a punta gli diede le spalle e stette in silenzio
per
qualche attimo, poi girò il viso e lo guardò in
cagnesco.
“Falla
soffrire ancora… e sappi che sarò la tua
persecuzione una vita intera.” Gli
intimò. Rufus sapeva che non scherzava affatto.
Dapprima
sorpreso per quelle parole, il presidente quasi subito ne
afferrò il loro
senso.
Chiuse
gli occhi e chinò il capo. Poi rise leggermente. Per qualche
motivo, quelle
parole gli avevano fatto piacere, in un certo senso.
Tuttavia…oramai
era troppo tardi.
I
suoi occhi tornarono a incrociarsi con quelli del biondo.
“Suppongo
questo sia il momento degli addii.” Gli rispose, poi lo
guardò. “Non avremo il
tempo di perseguitarci a vicenda, Strife.”
A
quel punto si inoltrò nell’ombra, al di la della
scrivania, e vi prese posto.
Poggiò i gomiti sui braccioli e girò la sedia per
rivolgerla verso la grande
vetrata che affacciava su tutta Edge. Sebbene le veneziane abbassate,
riusciva
ad intravederla abbastanza bene.
“Domani
partirò. Tifa non lo sa. Non lo sa quasi nessuno.
Così chiuderò questo lungo
capitolo.” concluse.
“Così
fuggi con la coda fra le gambe, Shinra?” Lo
provocò Cloud.
“Forse…”
ammise Rufus, non mancando questa volta del suo innato sarcasmo.
Tifa
avrebbe sofferto?
Forse
sì.
Ma
il dolore sarebbe stato lenito, prima o poi.
Rufus,
rimanendole accanto, non avrebbe fatto altro che rendere la voragine
nel suo
cuore sempre più profonda fino a separarli in maniera
irrimediabile.
Non
avrebbe mai preteso che lei lo seguisse.
E
questo al di la di come erano andate a finire le cose.
Tifa…
Sembra
imbarazzante
pensare certe cose, ma il mio cuore si è inaspettatamente
aperto a te.
Non
avrei mai potuto
credere che potesse succedere anche ad un uomo come me.
Un
uomo che non ha
mai dato grossa importanza a certe cose.
A
certe cose…come
l’amore.
Nonostante
le nostre
rispettive divergenze, il mio lato sentimentale, che credevo oramai
morto, ha
creduto potesse funzionare.
Il
mio orgoglio mi ha
spesso portato a dire che stavo solo ‘giocando con
te’.
Che
ci siamo ‘divertiti’,
che è stato un ‘momento’.
Tuttavia,
posso
prendere in giro persino me stesso fino a questo punto?
Ti
amo.
Sì…
Perché
nonostante
tutto…io continuo a desiderarti incessantemente.
Entrambi
abbiamo
amato condannare le nostre vite a vicenda.
Entrambi
inspiegabilmente non siamo riusciti a capire cosa stesse succedendo,
eppure è
successo.
Ed
è per questo…che
me vado.
…Ti
amo a tal punto
da preferire lasciarti andare.
Dio,
non avrei mai
creduto di poterlo fare.
Io
che ho sempre
lottato per avere a tutti i costi ciò che desideravo.
Qualunque cosa essa
fosse.
Invece,
ecco che me
ne vado e ti lascerò per sempre.
Perché
riconosco che
saresti più felice senza di me.
Il
mio cuore è a
pezzi.
Sento
come se avessi perso
una parte di me.Una parte che credevo perduta, oppure che non fosse
addirittura
mai esistita.
E
quella parte
l’avevi composta tu.
L’avevi
composta in
un uomo che ha costruito la sua intera esistenza lontana dai sentimenti
e non
conosceva niente di tutto questo.
Per
questo…preferisco
lasciarti.
Niente
addii, niente
parole…
Voglio
conservare per
sempre il tuo ricordo, e spero che anche tu possa conservare il mio.
Almeno
quel poco di
buono che riuscirai a ricordare, eh, eh…
Sembra
che io non sia
destinato ad avere qualcuno accanto…
Addio.
***
Cloud
si inoltrò fuori l’azienda, e si
ritrovò presto a ciondolare per il viale di ghiaia
che la contornava.
Aveva
ancora la mente assorta nei suoi pensieri quando in lontananza, nei
pressi del
cancello, vide Tifa.
Tifa
era ferma e sembrava averlo già notato da un po’.
Si
avvicinò alla lucente moto nera dell’amico e
attese che Cloud la raggiungesse.
“Tifa.”
“Ciao,
Cloud.” Si fermò. “Ehi…ma che
ti è successo?” disse vedendogli la faccia
segnata dai lividi.
“Niente.
Lascia stare” tagliò corto lui, ovviamente
Tifa
portò con le dita una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Cloud era sempre
così, inutile insistere.
Poi
gli si rivolse con fare leggermente esitante.
“Rufus
è qui, vero?” chiese. “Ho parlato con
Reno, mi ha detto che forse sarebbe
venuto.”
Cloud
sembrò tentennare, poi sospirò appena e, montando
sulla moto le rispose.
“Non
c’è. Suppongo abbia il suo bel da fare. Avrai
sentito in che casino si è
cacciato.”
Cloud
preferì mentire.
Sapeva
benissimo che Rufus era nel suo ufficio, ma non era sicuro che
incontrarlo
sarebbe stata la cosa migliore per Tifa.
Tifa
sembrò quasi capire che Cloud gli stesse nascondendo
qualcosa, ma Tifa non
aveva visibilmente voglia di indagare oltre.
“In
verità no..” disse lei. “Non ho avuto
il…cioè, non ho trovato il tempo per
informarmi molto.” Poi aggiunse. “Immaginavo non
fosse qui, non avrebbe nemmeno
tanto senso.”
Cloud
annuì appena.
“Vuoi
un passaggio?”
La
ragazza scosse la testa, sorridendogli. Lasciò dunque il
ragazzo per la sua
strada.
Nel
cuore, avvertiva ancora una forte pesantezza.
Tifa
aveva lasciato andare Cloud senza indagare troppo perché era
fin troppo evidente
il perché fosse giunto in azienda a quell’ora e
proprio quel giorno.
Le
sue azioni avevano spiegato più delle parole.
Che
Rufus fosse davvero lì o meno, non lo sapeva. Poteva
immaginare, però, cosa avesse
spinto Cloud a mentirle, nel caso.
Non
trovò il coraggio di entrare.
Ritornò
così al Seventh Heaven, scossa e all’improvviso
uno strano tremolio la pervase.
“Stu…stupida!
Che mi prende?” disse a sé stessa, portando una
mano sulla fronte, e in quel
momento si rese conto di non essere sola in casa.
Marlene
era seduta su uno dei divani del bar. Tifa la guardò con gli
occhi sgranati
mentre lei faceva per chiudere un libro per bambini e dirigersi verso
di lei.
Tifa
rimase immobile, poi all’improvviso si smosse e si rivolse
alla ragazzina.
“Marlene..!
Non sapevo fossi in casa.” disse, attonita.
La
piccola la guardò quasi infastidita.
“Io
leverei quella faccia fossi in te.” Le disse.
“Quale
faccia?” chiese negando l’evidenza.
Tifa
si sforzò di sorridere e fece per dirigersi ai piani
superiori, dove era la sua
camera da letto. La voce di Marlene la bloccò.
“Papà
non mi ha voluto dire niente, ma la Tifa che conosco io è la
persona che ha
sempre saputo dirmi cosa fare quando avevo paura di
sbagliare.” Alzò gli occhi
e Tifa la ricambiò girandosi verso di lei. “Quindi
sappi che io penso che tu
sia capace di fronteggiare qualsiasi cosa! Non so che cosa succede a
voi
grandi, ma so chi sei! Quindi non essere così
triste.”
Gli
occhi di Marlene di colpo si fecero umidi. Era fin troppo ovvio che la
bambina,
vivendo con Tifa da quando non aveva nemmeno quattro anni, avesse
imparato a
conoscerla. Negli ultimi mesi era stata così distante. Il
lavoro l’aveva
sommersa e Rufus…
Non
aveva avuto il tempo di pensare a quelle persone così care
come, appunto, la
dolce figlia di Barrett.
Tifa
si inginocchiò di fronte a Marlene e
l’abbracciò con un gesto così saldo che
la
piccola se ne sorprese.
“Marlene...”
sussurrò. “Non sono la persona forte che credi. Ci
sono cose…difficili. Ci sono
cose difficili da fare.”
Marlene
ricambiò il suo abbraccio.
“Ma
tu fai tante cose difficili…” le rispose.
“Pensi
che potrei riuscire sempre?” le chiese quasi ingenuamente.
Era come se una
parte di lei volesse le parole innocenti di un bambino. Aveva il forte
bisogno
di qualcuno che le dicesse che avrebbe trovato la forza per affrontare
qualsiasi situazione.
“Certo!”
Marlene
le sorrise e allora anche Tifa la ricambiò. La giovane si
sorprese di vedere
quella che considerava quasi una super eroina, scoppiare a piangere.
Era
solo un inganno della sua mente che Rufus fosse sparito dalla sua vita.
Sebbene
le cose non fossero andate verso un lieto fine, avrebbe voluto trovare
tanto la
forza di parlare, di trovare quelle parole giuste che al momento le
sfuggivano
completamente.
Quella
bambina, però, la fece quasi sentire più forte.
Sentì che forse valeva la pena
per davvero sentirsi potenti e sicuri per non crollare.
Non
esisteva un modo giusto per dire addio a Rufus, o per guardarlo negli
occhi
senza paura.
Tifa
si riabbandonò in quel dolce abbraccio, sperando per davvero
che quelle lacrime
facessero sparire il lato insicuro di sé per far spazio ad
una Tifa ‘rinata’.
Sperava
che potesse per davvero essere la donna che vedeva Marlene e che fosse
solo lei
a non rendersi conto di quanto fosse forte in verità.
Dall’angolo
delle scale, intanto, Barrett stava guardando la scena.
Era
irritato, eppure inquieto e triste nel vedere Tifa in quello stato.
Vedendola
con Marlene, aveva preferito non intervenire. Del resto, Marlene, la
sua
bambina, forse aveva trovato persino delle parole migliori delle sue.
Osservò
Tifa, quella ‘bambina’ che vedeva quasi come una
figlia, e gli sembrò strano quanto
soffrisse per quell’uomo, Rufus.
Nei
giorni che erano passati dall’attacco all’azienda,
l’aveva vista apatica e
disinteressata, sebbene si fosse sforzata molto per nascondere il suo
forte
disagio.
A
Tifa…piaceva per davvero ‘quello’?
Non
poteva accettarlo, assolutamente!
Avrebbe
tanto voluto ritrovarselo davanti per fare di lui una poltrona da
mettere in
salotto come trofeo.
Ma
Tifa gli voleva bene. Lei voleva parlargli.
Probabilmente,
sapeva anche del suo fallimento.
Sebbene
non avesse seguito i notiziari con loro, probabilmente aveva
già intuito che
per lui la situazione non era affatto facile.
Barrett
abbassò lo sguardo e si rese conto che avrebbe dovuto fare
un passo indietro.
Non
era quello, purtroppo, il momento in cui chiedere spiegazioni. Non era
quello
il momento per sapere cosa era accaduto e cosa provasse Tifa.
***
Era
stato così che, quello stesso pomeriggio, Tifa aveva deciso
che sarebbe andata da
lui. A casa sua, ad Healin. In azienda non ci era riuscita e alla fine
era
andata via non trovando il coraggio di affrontarlo.
Tuttavia
aveva bisogno di guardarlo in faccia per l’ultima volta, o di
tentarci almeno.
Incoraggiata
da Marlene, aveva ritrovato la forza per rialzarsi e comprendere che
Rufus non
poteva sparire così dalla sua vita.
[…]
….e
Rufus era effettivamente lì.
Tifa
era entrata e, trovando la porta aperta, se lo era trovato dinanzi,
intento a
sistemare casa.
Guardandosi
attorno, notò i tanti pacchi posti all’ingresso.
Rispetto
l’ultima volta che aveva visto casa di Rufus, ora dava
un’impressione
completamente diversa.
Era
vuota, senza quel tocco che la rendeva una casa moderna e perfetta per
uno come
lui.
Non
c’era più nulla, gli scaffali erano vuoti, e vi
erano tanti scatoloni
d’imballaggio.
Sul
suo volto si disegnò una nota di malinconia e
capì che quel che stava vedendo
rispecchiava la realtà dei fatti: Rufus stava per davvero
lasciando Edge.
Vedere
tutto questo con i suoi occhi le fece affrontare la realtà
in maniera così
tangibile, che Tifa si sentì quasi presa alla sprovvista.
Rufus
intanto era lì, a fissarla, in parte sorpreso, in parte
curioso.
Non
si fece molte remore nel rivolgersi a lei.
“Tifa.
La tua visita mi lascia senza parole. In tutti i sensi.”
Poggiò una mano sul
comodino che aveva affianco a sé. “Sul serio. Mi
chiedo il perché di questa tua
visita.”
Rufus
non si avvicinò, come era abituata a vederlo fare,
né le sorrise o prese a
beffeggiarsi di lei.
Il
tono della sua voce era ironico, ma assolutamente serio e senza alcuna
voglia
di fare inutili giri di parole.
Tifa
posò nuovamente lo sguardo sugli scatoloni, poi, gli si
rivolse.
“Ho
saputo che vai via.” Tentennò un attimo.
“Per questo sono qui.”
I
suoi occhi si andarono a incrociare con quelli del ragazzo, che
sembrava per
davvero non comprenderla.
Accattivante,
lui prese a camminare verso di lei, con quel suo atteggiamento
irritante e
irresistibile.
“Sii
sincera, tesoro. Cos’è che ti aspettavi, venendo
qui? Pensavi avessi voglia di
parlarti? O che…avessi qualcosa da dirti?” sorrise
appena. “Gli addii di
circostanza mi sembrano inutili, se non irritanti, Tifa.”
“Addii
di circostanza? Che vai dicendo!? Ovvio che sarei venuta, non ti
sembra?” gli
rispose con toni alti, risentita da quell’atteggiamento e da
quelle parole.
“Perché
dovrei aspettarmi i tuoi saluti? Tu che non mi hai lasciato nessuna
scelta,
d’avanti alla tua folle azione!”
Rufus
sembrò rispondere assolutamente irritato, come raramente lo
aveva visto fare.
Non aveva un volto costruito, ma era sincero. Era sinceramente
arrabbiato.
“Ti
avrei messo io con le spalle al muro, adesso?” gli
urlò lei di getto. “Sarò
stata anche impulsiva, ma non è colpa mia! Tu avevi una
scelta! Per la tua cara
Shin-Ra, potevi benissimo lasciar…”
“Non
c’era una scelta.” La interruppe lui fermo,
guardandola dritto negli occhi.
Il
suo sguardo era glaciale e distante come non mai.
A
Tifa sembrò quasi come trovarsi davanti ad uno sconosciuto.
Anzi
no.
Conosceva
quel tipo di sguardo, da parte sua.
Era
lo sguardo che aveva sempre visto dietro il suo volto beffardo e
arrogante. Lo
sguardo di un uomo che si era sempre rifiutato di sbattere la testa a
terra.
Rufus
adesso era crollato, ma non era ancora capace di chinare il capo. Non
era
capace di mostrare a Tifa l’orgoglio della sua famiglia
vacillare.
Il
biondo fece per prendere una valigia posta vicina a lui, ma un
improvviso
capogiro lo fece un po’ traballare. Lei lo
affiancò immediatamente.
Notando
lo sguardo di Rufus perplesso, che la guardava sistemandosi dopo quel
piccolo
malore, Tifa si rese conto di quel che aveva fatto e si
sentì a disagio.
Lei
si preoccupava ancora molto per lui.
Chiuse
la bocca stringendola quasi come una morsa.
Avrebbe
voluto dirgli di prendersi più cura di sé. Voleva
dirgli di consultare un
dottore che non gli desse medicinali così
potenti…o forse, desiderava solo
dargli le sue solite ‘strigliate’.
Perché
avrebbe tanto voluto che sapesse quanto pensasse ancora a lui.
Rimasero
di fronte l’uno all’altra per un po’,
distogliendosi a vicenda lo sguardo.
“Lo
sai, no? Lo sai che non abbiamo più granché da
dirci.” Le disse, con voce
rauca, lui.
Tifa
annuì, continuando a tenere il capo chino.
“Io…ho
saputo che eri qui, in attesa di sistemare le cose in
azienda.” Disse, poi.
Rufus
annuì e abbozzò sulle labbra un aspro sorriso.
“Sistemare
le mie cose, ah? Cosa dovrei sistemare più in
azienda?”
Tifa
lo guardò perplessa. Rufus strinse le spalle trovando Tifa
persino divertente.
Lei
si accorse di questo suo atteggiamento e se ne risentì.
“Qui
è tutto pronto, oramai. Anzi, levarmi di torno è
stato semplicissimo.” Riprese
a parlare il biondo. Guardò Tifa e quasi la costrinse a
ricambiarlo. “Da come
sono andate veloci le cose, suppongo che la mia assenza giovi a molte
persone.
Ah, ah!” disse, non trattenendo, alla fine, una risata
maligna. Una risata che
racchiudeva tutta l’amarezza della frase da lui stesso
pronunciata.
“Smettila!
Come puoi parlare così! Con tanta gente che ha creduto nei
progetti fatti!” gli
urlò lei, stanca di quelle parole.
“Come
te..?” gli rispose lui fulmineo.
Lo
sguardo di Rufus era sempre può sinistro e il suo sorriso
era irritante e
pungente.
Tifa
sentì molte sensazioni invaderla, in quel momento. Prese a
tremare.
“Sei....”
disse con tono basso. Poi urlò. “ Sei stato solo
vittima di te stesso! Ora non puoi
prendertela se qualcuno ti biasima!”
Il
presidente la guardò con sprezzo. Si chiedeva come Tifa
potesse dirgli quelle
parole. Lei che sapeva i dietro le quinte più di chiunque
altro.
Non
stette a rifletterci troppo, comunque.
Si
avvicinò all’imboccatura delle scale,
allontanandosi da lei.
“Inutile
parlare, allora. Piuttosto rasserenati, domani non sarò
più un tuo problema.”
Disse secco avviandosi all’ingresso.
Tifa
si girò di scatto.
“Perché
domani?” gli chiese, leggermente sulla difensiva.
Rufus
rise di nuovo.
“Non
te l’hanno detto? Domani vado via da qui.”
A
Tifa le si gelò il sangue.
Tutta
la cattiveria che li per li aveva nutrito per Rufus
all’improvviso sparì.
Rufus
partiva così presto?
Non
l’avrebbe più rivisto..?
Era
il loro ‘addio’ , quello?
La
sua vita… sarebbe tornata definitivamente quella di
sempre…
Tutto
sembrò sparire.
Sia
Rufus che Tifa si abbuiarono. I loro occhi si spensero e, con essi,
anche ogni
loro emozione, sebbene i loro rispettivi cuori battevano più
forte che mai,
consapevoli che quello non fosse l’epilogo giusto della loro
storia.
“Allora…
per davvero non abbiamo più molto altro da dirci.”
Gli disse lei, infine.
“Eh,
già...” le rispose lui, e sospirò.
[…]
Ecco
che la vita
prendeva ancora una volta una piega diversa.
Rufus,
un uomo di
grande ambizione, per l’azienda e per se stesso, pur di non
preferirsi morto si
era rialzato e si era fatto avanti. Era stato pronto a redimersi e
ricominciare
in qualche modo. Eppure niente gli aveva negato quel terribile destino
a cui
sarebbe inesorabilmente andato incontro.
Tifa
aveva cambiato,
in qualche modo, le cose.
Si
erano scontrati e
lui aveva fatto di tutto per demolirla. Ma, forse, a furia di colpirla,
qualcosa invece si era scalfito. Forse persino più in lui
che in lei.
L’amore
e l’odio.
Erano
stati entrambi
i fattori.
Era
stata un’inesorabile
conseguenza?
O
faceva parte anche
quello del gioco?
Loro
erano solo un
ex-presidente e una ribelle avalanche. Cosa c’era da
illudersi?
No…
Non
si possono
cambiare le regole di gioco.
Una
partita può
essere migliore di un’altra. Ma le regole rimangono sempre le
stesse.
Invece,
ironia della
sorte, quello stesso inganno avrebbe portato nuova sofferenza e
devastazione.
Avrebbe
portato altra
solitudine per quello stesso gioco che avevano accettato di fare pur
sapendo del
pentimento in agguato.
“Rufus…provi
la
stessa cosa?”
Altrove,
Rufus era nel buio della sua casa proprio come Tifa. A riflettere.
Forse…aveva
persino paura.
Paura
verso il futuro. Avvertì di nuovo
quell’inquietante sensazione che lo faceva
sentire in colpa di essere ancora vivo.
Portò
le mani sul capo, rannicchiato in quell’angolo di casa.
In
realtà, c’erano tante cose che balenavano nella
sua mente, in quel momento.
Forse
per via della sua giovane età, o della sua testa piena di
idee spesso assurde.
Ma aveva la sensazione in corpo che, invece, non era così
che dovevano andare
le cose.
Una
parte di sé si convinceva sempre di più che era
un illuso a credere che quella
situazione era più grande di lui e che sarebbe stato molto
meglio non dirsi
nulla più.
Rufus
volle credere a questo.
Tuttavia
riconosceva che in quel momento egli stava ingannando persino se stesso.
Nello
stesso tempo, Tifa alzò gli occhi al cielo, nel buio della
sua stanza.
“Io…cosa
provo,
invece?”
Tifa
scosse la testa, cercando di prendere sonno. Ma era anche quella una
copertura.
Era ancora vestita, con canotta bianca e gonna corta nera. Non
c’era da
prendere in giro nessuno. Non aveva bisogno di dormire.
Così
come non aveva bisogno di tutto quell’odio.
Quell’odio…
Quello
che provava per Rufus….
Era
solo una convenzione.
Lo
odiava perché era convenzione che fosse così.
Perché le saliva il cuore in gola
se diceva il contrario.
Ma,
del resto, quando mai le cose giuste erano state anche le
più facili da
accettare?
Alzò
lo sguardo verso l’orologio e lesse che erano già
le cinque di mattina.
Eppure
era ancora buio.
Si
alzò e si diresse fuori.
Mentre
guardava le strade deserte e sentiva sulla pelle l’aria di
primo mattino, si
sentì quasi stupida di trovarsi lì. In quel
momento.
“Rufus…chissà
se sei già andato via..” si chiese, con voce bassa.
Sorrise,
sentendo quasi che, una parte di sé, fosse pronta a correre
a casa sua, alla
stazione, stesso a Junon…pur di dirgli quello che davvero
voleva dirgli.
Tentennò
un attimo e avanzò di qualche passo, ma il suo super-io era
così potente che la
fece bloccare.
Lentamente,
si diresse di nuovo al Seventh Heaven.
Mentre
faceva per chiudere la porta, un malessere interiore la pervase
nuovamente.
Tuttavia sigillò nuovamente i suoi sentimenti nel suo cuore
e rientrò.
[…]
“Tifa!
Svegliati!”
“Eh?
Co…sa?”
Tifa
aprì gli occhi. Si era addormentata sul divano e affianco a
lei c’era Aerith.
Sembrava preoccupata. Difatti l’aveva svegliata piuttosto
bruscamente.
“Guarda
che Rufus sta andando via! L’hanno detto prima in
televisione!” le urlò.
Tifa
aveva ancora la vista annebbiata ma, a quelle parole, subito si smosse
una
reazione.
Guardò
l’amica con gli occhi sbarrati e l’espressione
tipica di chi non crede alle
proprie orecchie.
Di
colpo però ritornò mogia e poggiò
nuovamente la testa sul bracciolo del divano.
“Cosa
dovrei fare?” disse con tono spento.
“Non
credo a quello che sto sentendo!” disse Aerith,
disapprovandola enormemente.
“Io non sono allenata come te e rischierei un collasso, ma se
fossi in te sarei
corsa a dirgli qualcosa!”
Tifa
la guardò a malapena. Sentiva una forte apatia in corpo.
“Per
dirgli cosa, scusa? Mi odia…e io odio lui.”
La
ragazza in rosa si alzò.
“Non
ci credo!”
“Cosa
non credi?”
Aerith
portò le braccia sul petto e le incrociò.
“Se
lo pensassi davvero, saresti già corsa a
dirglielo!”
“Perché
mi dici questo?” il cuore le prese a battere forte. Poi di
colpo, sbottò.
“Credi forse che sia impazzita? Ovvio che vorrei urlargli
contro ancora
parecchie cose! A quello Shinra bastardo! Ovvio che non pensavo sarebbe
partito
così! Ma cosa posso fare, ora?!”
Alla
bruna vennero quasi le lacrime agli occhi.
Era
finita.
Nonostante
tutto, loro erano già giunti al capolinea. Perché
avevano cominciato a
camminare senza rendersi conto di essere praticamente alla fine.
Entrò
Cloud nel bar.
Tifa
lo guardò smarrita.
Lui
non la degnò di uno sguardo e, noncurante, prese gli
occhiali da sole dalla
tasca e li indossò.
“Su
muoviti.” Disse.
Tifa
lo guardò perplessa.
“Guarda
che sto parlando a te.” ripeté, con un volto
parecchio scocciato.
“E
perché?” disse lei in tutta risposta,
completamente smarrita.
A
Cloud sembrò persino ridicolo che fosse lui, in quel
momento, a dare
spiegazioni. Lui che non era affatto pratico di sentimentalismi .
“Ho
una consegna da fare vicino la stazione e mi accompagni.”
Tifa
lo guardò contrariata mentre faceva per alzarsi.
“Io
non ti accompagno da nessuna parte! Non sono nemmeno pronta! Non
indosso
nemmeno le scarpe!”
Il
biondo, in tutta risposta, fece per uscire. Poi, non vedendo ancora
Tifa
affianco a sé, si girò di scatto.
“Come
sarebbe a dire non sei pronta?” di colpo alzò la
voce. “Non c’è bisogno di
essere pronti. Scattare! Al mio tre voglio vederti lavorare con quelle
gambe e
muoverti qua!”
“C-che
atteggiamento alla Wallace è?!” gli
urlò, portatosi di fronte a lui prima che
Cloud cominciasse per davvero a contare. “Tu non urli mai!
Perché ora lo fai?”
“Perché
vedo che ha funzionato.” Disse soddisfatto.
Tifa
sgranò gli occhi.
Cosa
doveva fare a questo punto?
Vide
intanto Cloud prendere posto sulla moto e attenderla impazientemente.
Quando
l’amico prese di nuovo a parlare a mo’ di generale
dell’esercito, Tifa scattò e
si andò a sistemare dietro di lui.
“Che
poi tu eri un soldier! Non un comandante!” gli
urlò, mentre Cloud metteva in
moto e faceva per dirigersi a destinazione.
“Lo
so, ma avevo la stoffa.” Disse.
Tifa
si sentì quasi presa in giro, ma il lungo silenzio che le
serbò Cloud da quel
momento in poi, fu l’ottima scusa per riflettere. Al che di
colpo si illuminò.
Di colpo, capì il perché della presenza di Cloud
in quel momento.
“Cloud!
Tu non vorrai..?” disse sorpresa.
“Io
non voglio proprio niente.” Le rispose visibilmente seccato.
Forse neanche lui
credeva a cosa stesse facendo…
“Cloud…”
disse, senza parole.
Con
una moto come quella di Cloud le ci sarebbero voluti pochi minuti per
arrivare
alla stazione. Una volta arrivata lì…
Sarebbe
corsa, forse sarebbe arrivata in tempo, ma poi?
Cosa
poteva mai dire a Rufus?
Non
aveva molto tempo per pensarci e forse aveva persino paura.
Avrebbe
preferito rintanarsi a casa sua. Evitare di affrontare quella
situazione.
“Te
ne pentiresti, fidati.” Le disse improvvisamente il biondo,
infine.
“Pentire?”
gli chiese.
“Siamo
arrivati.”
La
moto si fermò di colpo.
Tifa
era con Cloud di fronte la stazione di Edge.
A
Tifa sembrò strano pensare che proprio qualche giorno prima
aveva solcato
quella stessa stazione con Rufus.
All’improvviso,
un avviso rimbombò nella stazione.
Era
l’avviso della partenza del treno diretto a Junon.
Tifa
rimase immobile, impietrita. Guardò le sue pantofole e
toccò appena i capelli,
che non aveva nemmeno pettinato.
“Cloud
io non..!”
Cloud
riaccese le moto.
“Io
vado. Decidi tu che vuoi fare e pensa dopo ad affliggerti.” Le disse il biondo dai
capelli a punta.
Pur
contrariato, ciò che Cloud aveva voluto dare a Tifa era una
‘carta’. Una
‘mossa’ che avrebbe potuto almeno lenire in parte
il dolore e l’angoscia che
l’avrebbe afflitta.
Poi
avrebbe deciso lei cosa fare, ma almeno doveva tenere quella carta in
mano, e
decidere se giocarla o meno.
La
sua carta, quella che lui le aveva dato, era quella di essere
lì. Ed avere la
possibilità di incontrarlo, almeno. Rufus Shinra…
Così
Cloud rimise in moto la fenrir e si allontanò. Da quel
momento in poi, la
partita era di Tifa.
Lei
lo guardò andare via e allora cominciò a
guardarsi attorno. Si sentiva
smarrita.
Cosa
doveva fare? Dove doveva andare?
E
se non avesse fatto in tempo?
Con
tutta quella confusione sarebbe stata capace di trovare Rufus? E
parlargli? E
cosa diavolo gli doveva dire?
“Il
treno diretto a
Junon è in partenza con ritardo di tre quarti
d’ora. Ci scusiamo con i
passeggeri per il ritardo. Il treno diretto a Junon è in
partenza con ritardo
di tre quarti d’ora. Ci scusiamo con i passeggeri per il
ritardo…”
“Cazzo!”
urlò Tifa e, presa dalla fretta, si accorse che per davvero
non aveva nemmeno
un secondo da perdere.
Si
ritrovò così a correre per la stazione, senza
curare la gente che la guardava
perplessa mentre avanzava. Non sapeva se era il momento o no di
chiedersi tante
cose e, in verità, la testa le si annebbiò a tal
punto che non ci fece più
troppo caso.
Sapeva
solo che doveva correre e raggiungerlo.
All’improvviso
sorrise.
“Certo
che…facciamo sempre tutto di corsa, eh?”
Cominciò
a sentire il fiatone soffocarla sempre di più, ma non
accennò minimamente a
rallentare la corsa.
Rufus…doveva
vederlo.
Un’ultima
volta. Ci doveva riuscire.
Non
riusciva effettivamente a rendersi conto come Cloud avesse preso una
decisione
simile. Perché l’avesse portata lì.
Aveva
visto qualcosa che lei non vedeva?
In
verità credeva che a tutti, maggior ragione per lui, facesse
piacere
quell’epilogo in cui avevano deciso di lasciarsi.
Invece
ora era lì.
Rifletté
a quanto fosse buffo il fatto che aveva avuto lo stesso pensiero alle
cinque di
mattina. Lì certo avrebbe avuto tutto il tempo necessario.
Si, anche per
prepararsi.
Rise
fra sé pensando che, vedendo Tifa in quello stato, Rufus
avrebbe potuto perfino
spaventarsi.
Lo
aveva negato fino all’ultimo. Aveva negato da sempre la loro
esistenza.
L’esistenza dei suoi stessi sentimenti.
Aveva
detto a se stessa e a tutti che era meglio così. Che le cose
non potevano che andare
in un’unica direzione.
Era
una bugia.
Erano
tutte una squallida bugia.
Non
era vero che Rufus l’aveva accecata, raggirata.
Tifa
sapeva fin dall’inizio lui chi era. Sapeva fin
dall’inizio dei suoi piani e
della sua ambizione.
Si
era solo nascosta dietro quella facciata, affinché le fosse
stato più facile,
un giorno, allontanarsi da lui.
Scese
le scale e arrivò nei pressi di un binario, che
trovò vuoto.
Si
bloccò di colpo e le si gelò il sangue.
“Anf…anf…è
già…andato?” disse, scioccata.
Aveva
ancora il fiatone, che le rendeva quasi impossibile parlare, tuttavia
cercò
comunque di guardarsi attorno, senza perdere la calma.
“Da
quanto tempo è partito il treno per Junon?” chiese
ad una persona a caso.
L’uomo
la guardò perplesso.
“Non
è ancora partito. Parte nel binario qui dietro, a
momenti.”
“Non
è ancora partito? Davvero?” disse illuminandosi
all’improvviso. Corse di colpo
via, ringraziando l’uomo che la ricambiò perplesso.
Non
era ancora partito! Il treno era ancora li. Aveva solo sbagliato
binario.
Si
sentì rasserenata, ma non era ancora detto tutto. Doveva
ancora raggiungere il
treno prima che tutti i suoi sforzi fossero stati vani.
Era
stanca, tantissimo. Correre a perdifiato in quella circostanza, con il
cuore a
mille e senza un benché minimo preavviso, era insostenibile. Ma Tifa
dovette ammettere che
Cloud aveva avuto ragione.
Era
un qualcosa che doveva fare o se ne sarebbe pentita per sempre.
***
Rufus
intanto aveva parlato già più volte con il
capotreno, stanco e irritato di quel
terribile ritardo.
Gli
avevano detto che era una questione di pochi minuti, ma Rufus era
troppo
altolocato per sopportare un trattamento simile.
Si
mise sulla poltroncina e guardò l’orologio nervoso.
Era
da tre quarti d’ora che gli dicevano che il treno sarebbe
partito a minuti.
E
poi era lui che apparteneva ad una famiglia di imbroglioni.
Rimase
diversi minuti fermo, senza pensare. Del resto, aveva pensato fin
troppo, in quegli
ultimi giorni.
All’improvviso
quella catenina dorata attirò la sua attenzione.
La
catenina era appesa al suo collo e solo allora si ricordò
che, da quel giorno,
non l’aveva più tolta.
La
prese fra le mani delicatamente e la guardò.
Qualcosa
si smosse dentro di lui e non provò affatto rabbia.
Più…rammarico.
Sorrise
pensando che era davvero un peccato non averci provato ancora un
po’.
Socchiuse
gli occhi sapendo che sarebbe stata dura, adesso.
Era
stata dura sapere che l’unica persona che a cui si fosse mai
affezionato, di lì
a poco sarebbe sparita.
Aveva
solo quella catenina, alla quale assegnava più significati.
Un
ricordo, un simbolo del loro amore, un simbolo
d’addio…
Quale
vincesse sull’altro non ne aveva idea.
Del
resto…quella era la sua Tifa.
Si
affacciò distrattamente dalla finestra e guardò
la gente.
Sentiva
un’insolita calma, come se per qualche attimo, in quel
momento, si ritrovasse
in uno spazio bianco. Di lui adesso non esisteva nulla.
Non
provava nulla, e per certi versi, si sentì persino
rasserenato della cosa.
La
gente attorno correva, aveva fretta…
Lui
invece, per una volta, sentì la calma albergare dentro.
Non
essendoci abituato, si sentì strano. Ma si lasciò
cullare da quella sensazione,
specie sapendo che presto sarebbe finita.
E
proprio mentre guardava ancora tutte quelle persone che ne vide una
particolarmente irrequieta. Guardava ovunque, correva e poi si
avvicinò al
treno spaventata.
“Certo,
non mi aspettavo che questa ‘quiete’ sarebbe finita
così presto.” Disse mentre
sul suo volto si disegnava un sorriso saccente.
Guardò
Tifa rivolgere domande alle persone e correre perdendo persino di tanto
in
tanto le pantofole.
Rufus,
quando la vide vicina al treno, mentre era intenta a spiare i
passeggeri, si
affacciò aprendo il finestrone.
“Miss
Lockheart! Hai completamente sbagliato direzione.” Le disse
divertito.
Tifa
sobbalzò e lo vide lì, con il suo solito viso
beffardo e lo sguardo altezzoso.
Rufus…
Rimase
paralizzata, incredula di averlo trovato.
Era
lì, ed aveva il volto che ricordava. Finalmente tornato con
quello sguardo saccente
e da cretino che aveva visto spento l’ultima volta.
“Rufus!”
All’improvviso
sbottò la ragazza.
Si
fermò, avendo ancora il fiatone. Aveva difficoltà
a parlare, poi aggiunse.
“E
perché esci fuori solo ora?!”
Rufus
portò le braccia sul finestrone e le incrociò fra
loro.
“E
io che quando sono venuto mi aspettavo di trovarti qui pronta a darmi
un bacio
d’addio. E invece sono proprio l’ultimo dei tuoi
pensieri.” Le disse con un
finto rammarico, generando l’ira di Tifa che invece aveva i
capelli arruffati,
gli occhi gonfi, le gambe stanche e il fiatone ancora terribilmente
insopportabile.
“Vaffanculo!”
gli urlò.
Rufus
rise e trovò inspiegabilmente bello vederla lì,
in quel momento.
Tifa…la
sua odiosissima e amabilissima Tifa Lockeheart.
I
suoi occhi tornarono luminosi, azzurri, come quelli di sempre. Avevano
riacquistato improvvisamente la loro luce.
“Sei
venuta per dirmi questo?” le disse, deridendola come solo lui
sapeva fare.
Tifa
strinse i pugni per farsi coraggio.
“Ovvio
che no! Scendi un secondo, ti devo dire una cosa!”
Rufus
rise di nuovo.
“Ma
il treno sta per partire. E se lo perdo?” disse scherzoso.
“No
che non lo perdi! Scendi un attimo.” Gli ripeté
stanca.
I
loro occhi si incrociarono per qualche istante e in loro
albergò la stessa
sensazione.
Quella
di essere felici di ritrovarsi di nuovo l’uno di fronte
l’altra.
Era
come se di fronte a quella situazione, tutti i problemi fossero
spariti. Come
se non ci fosse più nulla da temere.
Come
se di fronte ad un addio tutto sparisse e subentrasse di nuovo
quell’emozione.
Quella stessa dove Rufus non era più lo Shin-Ra e Tifa non
era più una ribelle
che non poteva credere in lui.
All’improvviso,
però, il treno si mise in moto e
l’annunciò della partenza rimbombò fra
i
binari.
Questa
volta non era più un ritardo.
Il
treno stava partendo per davvero.
“R-Rufus!”
gli urlò lei non sapendo cosa fare.
Tifa
rimase spaesata di fronte quell’improvviso movimento.
Lo
guardò con gli occhi smarriti, rivolgendoli a lui.
Rufus,
dal suo canto, ritornò serio e prese anche lui a guardarsi
intorno. Si rese
conto che era fatta. Il treno si stava preparando per la partenza.
“Dai,
muoviti, Tifa!” le disse. “Anche una cosa carina,
falla ora!” provò ad
aggiungere, ironizzando la situazione.
Ma
Tifa sentì il sangue gelarsi nuovamente.
Non
poteva urlarli in quel modo tutto quello che voleva rinfacciargli e
dichiarargli.
Non
potevano parlare così.
Semplicemente…non
aveva fatto in tempo?
Si
sentì pervasa da una sensazione di vuoto e Rufus se ne
accorse, al che si alzò.
“Il
treno diretto a
Junon è in partenza. Ci scusiamo con i passeggeri per il
ritardo. Il treno
diretto a Junon è in partenza. Ci scusiamo con i passeggeri
per il ritardo.”
“Cosa…cosa
devo fare?” disse Tifa a sé stessa.
Non
poteva fare granché.
Aveva
fatto in tempo a vederlo, ma non a parlargli.
Indietreggiò
appena, mentre vedeva il treno mettersi in moto. Aveva
l’ansia addosso, sentiva
che non era così che dovevano andare le cose.
Provò
tanta rabbia nei suoi confronti, perché era stata una
stupida.
Una
stupida piena d’orgoglio.
Se
non fosse stata così orgogliosa, non sarebbe andata a casa
di Rufus per dire
quelle bugie.
Non
avrebbe perso tempo. Un tempo che non sarebbe ritornato.
“Ehi
Tifa!”
Sentì
all’improvviso una voce urlare. Sbandò
nell’udirla e, girandosi attorno, vide
Rufus sul portellone del treno.
Subito
corse in sua direzione e lo guardò sbigottita.
“Cosa…cosa
ti salta in mente di fare? Il treno sta per partire!” gli
disse.
“Meglio
vederci così, che io affacciato dalla mia postazione,
no?” le sorrise.
Tifa
si rese conto che Rufus era di fronte a lei.
Li,
proprio come sperava di vederlo.
Si
sentì così felice che di colpo fu costretta a
girare lo sguardo lontano dal suo
per non lasciarsi tradire dalle emozioni.
“Certo
che tu…ne fai di cose strane!” gli disse
leggermente tremolante.
“Senti
chi parla. Poi mi dovrai spiegare quale buon senso, che dici di aveva
più
spiccato di me, ti ha spinta a venire così conciata in una
stazione.” Rise per
spezzare il ghiaccio.
Tifa
strinse le spalle e arrossì appena.
“Avevo
fretta.”
Ai
due si avvicinò il capotreno.
“Il
treno deve partire, chiuda la porta.” Disse.
Rufus
tentennò, poi guardò Tifa.
“Ho
bisogno di parlare con questa donna un attimo.” Disse.
Tifa
rimase a guardarlo.
“Devo
chiudere, mi spiace. Scelga se rimanere o uscire.” Detto
questo, si allontanò
per controllare anche gli altri portelloni.
A
quel punto Rufus, con disinvoltura, scese dal treno.
“R-Rufus!”
gli disse sgomentata Tifa.
Rufus
la guardò serio, come se trovasse assurdo quello sguardo.
Il
biondo scosse appena la testa e attirò
l’attenzione della ragazza sui suoi
occhi.
Perché
avevano ora e in quel momento bisogno di parlare.
“Tu
hai sempre avuto bisogno delle mie dimostrazioni per sapere quanto io
ci tenga
a te. È per questo…”
Si
bloccò nel parlare. Il treno chiuse tutte le porte e un
assordante fischio
avvisò la sua partenza. Quella definitiva.
Il
treno cominciò lentamente a muoversi e prese ad allontanarsi
dai due.
Solo
quando i rumori meccanici terminarono, che Rufus continuò la
frase.
“…che
sono qui, adesso.”
Tifa
sgranò gli occhi e rimase a guardarlo come sotto shock.
“Il
treno! Rufus! Avvisali! Guarda che lo stai perdendo!No…lo
hai perso!!”
Urlò
lei all’improvviso.
Il
treno prese velocità e in pochi attimi fu fuori dalla loro
portata.
Tifa
gli si rivolse di nuovo, non capendo.
Non
comprendeva nemmeno perché Rufus fosse così
serio, per nulla esterrefatto.
Rimasero
poi di fronte. A guardarsi.
Rufus…
Gli era bastato vederla per
cambiare
completamente i suoi piani?
Lei
che non lo meritava affatto?
Sentì
una morsa al cuore che le strozzò le parole in bocca.
Il
suo volto si fece turbato e non poté fare a meno di
guardarlo senza riuscire in
alcun modo a distogliere lo sguardo da lui.
“Tu…”
disse con voce velata, ma Rufus la interruppe.
Si
portò vicino a lei sempre di più.
“Cosa
dovevi dirmi?” le chiese con una soavità che Tifa
non sapeva potesse
appartenergli.
Rufus
aveva lasciato il treno per Junon a causa sua e non sapeva nemmeno cosa
dirgli.
Non
trovava la forza per ragionare e non trovava il coraggio per agire.
Lui
era lì, a guardarla, e rimase in silenzio in attesa di una
risposta che in
realtà non aveva bisogno di parole.
Tifa
sentì il cuore battere e per quanto si sforzasse non
riuscì a fare altro che
balbettare.
“Io…ehm…”
disse specchiandosi nei suoi occhi, incapace di fare altro.
Rufus
a quel punto addolcì lo sguardo, che divenne più
penetrante. Portò una mano sul
viso di lei e la sfiorò appena.
L’avvicinò
al suo viso e continuò a guardarla. Era quello il momento in
cui aveva bisogno
di sentirla. Di sentire la sua Tifa più vicina che mai.
“Tu
pensi che io abbia sbagliato a scendere?” le chiese.
“Io non me lo chiedo
affatto. Perché so che non lo è.”
Tifa
socchiuse gli occhi e si sentì completamente scossa da
quelle emozioni che
riusciva a stento a contenere. Rufus le si avvicinò sempre
di più.
“Perché
lo sai anche tu, vero? Che mi vuoi. Che se ti bacio ora, non te ne
pentirai.”
Tifa
annuì appena, schiudendo le labbra e assecondando il suo bel
presidente, che premette
la bocca contro la sua.
Solo
allora Tifa si lasciò completamente alle spalle ogni
incertezza per
abbandonarsi a quella dolce sensazione.
Trovo
ironico pensare che, forse, non aveva mai avuto bisogno di altro.
Non
credeva lo avrebbe baciato di nuovo, non credeva che avrebbero di nuovo
raggiunto quell’intesa.
Gli
portò le mani sulle spalle e lo assecondò ancora,
presa da quel momento e
sentendosi sempre più alienata da ogni cosa che li
circondasse.
Rufus,
a quel tocco, strinse entrambe le braccia su di lei.
La
tenne così stretta che Tifa poté sentire
nitidamente la sua passione.
L’ardore
che in quel momento pervadeva anche lui.
La
paura di aver rischiato di perderla per sempre.
Tifa
sentì di poter entrare nella sua mente e sentire attraverso
quel bacio, che da
delicato, si fece sempre più intenso e passionale, quanto
anche lui avesse
sperato di trovarsi di nuovo lì, con lei.
Riuscì
a percepire la sua anima infelice e spezzata, ora ricomposta grazie a
lei.
Anche
lui…non aveva che desiderato altro.
La
sua ambizione più grande era stata lei.
La
felicità tanto ambita, altro non era che il desiderio di
essere amato. E questo
era successo grazie a lei…Tifa.
Essere
di nuovo un tutt’uno con lei…
Solo
allora si rese conto della sciocchezza che avrebbe fatto ad andare via.
Al
disastro al quale sarebbe andato incontro lasciandola, rovinando la sua
vita
per sempre, senza di lei.
Perché
senza di lei nulla avrebbe avuto più lo stesso senso.
Lui
stesso, non sarebbe più stato nessuno, e sarebbe rimasto
accecato solo da falsi
ideali… quando l’unica cosa che desiderava era
solo questa.
Tifa
lo strinse forte, condividendo quei suoi sentimenti.
Era
stata accecata da lui, ma era anche stata quella stessa
cecità a farle, invece,
vedere cose che non aveva mai visto.
Aveva
visto delle cose che in Rufus non avrebbe mai creduto di poter vedere.
Cose
che l’oblio che contrassegnava il loro rapporto
l’aveva sempre fatta scappare.
E
alla fine, aveva avuto un’esperienza indimenticabile.
Era
riuscita ad aiutare quei bambini.
Aveva
almeno dato loro un posto dove stare.
Aveva
lavorato con i suoi ex-nemici, ricredendosi persino su di loro.
Si
era divertita molto a scontrarsi con Rufus e alla fine, quasi come un
curioso
scherzo del destino, si era persino innamorata.
In
quel tempo stesso anche molte cose della sua vita erano cambiate.
Nonostante
molti pilastri fossero crollati, Tifa era stata completamente coinvolta
nella
vita del ragazzo.
E
nonostante i mille sensi di colpa, questi andavano a svanire quando
erano loro
due, assieme.
…E
anche se quei sensi di colpa fossero tornati… oramai aveva
compreso che ne
aveva bisogno più di qualunque altra cosa.
Perché
erano così, Rufus e Tifa.
Tifa
si allontanò e lo guardò, sentendo i suoi occhi
brillare, finalmente.
“Ma
ora come farai con i tuoi affari a Junon?” gli chiese.
Rufus,
per la prima volta, le rivolse un sorriso. Un sorriso diverso. Per
nulla
saccente, per nulla irritante.
Era
il vero sorriso di Rufus.
Ed
era stupendo.
“Oh,
non lo so. Penso che Tseng mi riporterà i bagagli e
Darkie.” Rise appena. “Sarà
entusiasta.”
Tifa
gli sorrise, e Rufus la ricambiò, rivolgendole la faccia
saccente di sempre.
“Come
pensi che andrà a finire?”
“Dipende
da come la prende il tuo papà, e anche quell’altro
tuo papà. Adesso che mi
credevano fuori gioco.” Rispose scherzosamente, ma nemmeno
troppo.
Tifa
rise, non capendo molto bene, ma non riuscì a trattenere
quella sensazione che
non sperava più di poter provare.
Rufus
all’improvviso sfilò la giacca bianca e la mise
sulle spalle di lei.
“Prenderai
freddo. Andiamo su.” Le disse.
Tifa
strinse la giacca attorno a se e si affiancò a lui.
Lo
prese per mano e lo guardò felice.
Rufus
la ricambiò, rimanendo sorpreso di quel gesto.
“Che
hai così all’improvviso?” le chiese. Non
era abituato a vedere nei suoi occhi
quella felicità.
Tifa
gli sorrise ancora.
Rufus…era
qui per lei.
Anche
se in quel momento aveva perso tutto. Anche se una parte di lui, forse,
non
l’avrebbe mai perdonata.
Rufus…
Rufus
aveva in tutto questo fatto una scelta davanti ai suoi occhi, e questo
le
sarebbe bastato tutta la vita.
“Ti
volevo dire che…ti amo.” Disse esitante, ma poi
sentì il coraggio giusto.
Lo
amava.
Doveva
dirglielo.
Almeno
una volta.
E
ora era finalmente pronta ad ammetterlo.
Rufus
rimase senza parole a guardarla, poi corrucciò il viso e
distolse lo sguardo
come non aveva mai fatto.
Tifa
si sorprese che…sì.
Rufus
stava proprio arrossendo.
“Ti
sei fatto rosso!” gli disse indicando il suo viso, scioccata.
“Si, si! Sei
rosso! Chi l’avrebbe detto che proprio tu, che fai tanto il
saccente, invece
ora sei in imbarazzo! Non l’avrei mai creduto! E se me lo
avessero rac..AHIA!!”
si interruppe dopo che Rufus le tirò appena un capello per
dispetto.
“Togli
quella faccia, Lockheart. Guarda che riprenderemo a discutere molto
presto e a
lasciarci una continuazione. Siamo pur sempre un avalanche e uno
Shinra, no?”
Rufus
dapprima la guardò facendo l’offeso, poi le
sorrise e velocemente serrò di
nuovo le labbra sulle sue.
Tifa
sbarrò gli occhi per quell’improvviso gesto, poi
comprese.
Comprese
che quella era la sua risposta.
La
loro storia non sarebbe stata facile.
Non
era stata facile prima ancora di cominciare, figuriamoci cosa sarebbe
accaduto
ora che erano di nuovo, finalmente, assieme.
Tuttavia
in quel momento erano immersi nella folla della stazione, e le loro
figure
andarono lentamente a confondersi con quelle degli altri.
Non
erano soltanto un ex-membro AVALANCHE e un ex-presidente della Shinra
inc.
In
quel momento la loro stessa immagine, di amanti che si baciavano nella
folla,
faceva comprendere al mondo quanto loro non fossero delle icone opposte
e
inconciliabili.
Inconciliabili
per convenzioni e pregiudizi.
Erano
lì, e l’essere immersi in quella parte di mondo,
mentre tutto scorreva, faceva
comprendere quanto nessuno fosse poi tanto diverso, quando era
l’amore a
unirli.
Perché
si deve ascoltare il proprio cuore, quando esso ti chiama.
Perché
si deve ascoltare il proprio cuore, quando non si sa cosa fare.
Perché
non si deve mai dire addio, senza prima ascoltare il proprio cuore.
Oblio
-Dimenticanza, abbandono da parte del pensiero ma anche da
parte dei sentimenti e degli affetti. Annullare il proprio pensiero o
la
propria attività in qualcuno o in qualcosa. –
Annullare
ogni arroganza, pregiudizio, contesto…
E
credere che almeno in quell’istante…
…. sia possibile.
….Sia
possibile amare, comprendersi, sperare, sognare…
Dimenticarsi
di tutto e di tutti in un mondo pieno di convenzioni
e trappole pronte a scattare a qualsiasi errore. Pronte a farci crede
che
esistano cose giuste e sbagliate. Pronte a farci credere che esiste chi
perde e
chi vince.
Abbandonarsi
e credere che ci sia qualcosa di meno grande di quel
che sembra…
Che
ci sia un posto dove semplicemente sia possibile…
E
alla fine ritrovarsi a pensare che quella sia stata davvero la
scelta giusta.
-FINE-
Signori
e Signore…
Alla
fine, dopo tre
anni dalla pubblicazione del primo capitolo di
“Oblivion”, siamo finalmente
giunti alla fine.
Un
finale atteso
prima di tutto da me stessa, poiché questa è
stata la coppia che per più tempo
mi ha fatto fantasticare nella mia vita ‘virtuale’,
diciamo.
Sembrerà
strano a
dirsi (ma anche no), ma il mio amore per Rufus e Tifa è
rimasto vivo per anni,
e ha fatto nascere
in me il desiderio di
far conoscere ad altri utenti quanto una coppia del genere potesse
comunicare.
Oggi posso dire con
soddisfazione di
essere riuscita nel mio intento, e al di la di tutto, sono orgogliosa
di poter
dire che al mondo, in Italia, esiste una fanfic su di loro scritta da
me.^^
Una
fanfic nella
quale ho messo amore, ma anche tanta razionalità.
Perché volevo rappresentare
loro, e non solo la mia passione di vederli assieme.
Il
mio intento era
entrare nelle menti dei due protagonisti e mostrare come potesse
muoversi una
storia su di loro, costruendo dei presupposti ed elaborando sempre con
coerenza
e meditazione le loro rispettive azioni.
Perché
la storia
uscisse quanto più possibile verosimile. Perché
ripeto…volevo rappresentare
Rufus e Tifa. La loro storia.
O
almeno la
possibile storia che si potrebbe verificare seguendo gli eventi di
Final
Fanatsy VII Advent Children, un periodo che fornisce degli interessanti
spunti
per elaborare il futuro dei nostri protagonisti.
E
adesso che ho
finito…quanti ricordi…e quante persone nella mia
mente che mi hanno
accompagnata.
Mi
sento commossa
davvero.
Essendo
una fanfic
su un crack pairing, ovvero una coppia inusuale che non ha grossi
presupposti
nell’opera originale, non mi aspettavo tutto questo, quando cominciai a
scrivere.
E’
doveroso per me,
arrivata a questo punto, fare
un tributo
a tutti voi che mi avete seguita e sostenuta.
Uno
special thanks…
A
coloro che hanno
aggiunto questa storia fra le loro preferite:
Aranel Yukino
ChiyoChan8
Kasdeya
Krisma
Lady_Moony
Malbethy
Marie16
Morpheus
nightfox
OrihimeInoue
SheryPon
shining
leviathan
Soundofsilence
stuck93
the one
winged angel
Tifa_heart
Tifa_Lockheart
Valy1090
yukino_lang08
___Chocolate
A
chi l’ha aggiunta
fra le seguite:
Aerithuccia
animalcrossing94
Black_Thunder
ChiyoChan8
La Lady
Natsuko91
RoyalCanadianB
shining
leviathan
Soundofsilence
Valy1090
A
Chihiro che l’ha messa nelle ricordate.
E
infine… un GRAZIE
VERAMENTE SPECIALE, e a cui devo tutto, è a chi
calorosamente mi ha recensita.
Ricordate…se
ho deciso di portare a termine la storia…è stato PER VOI.
Per
voi specialmente.
Perché
dopo tante opinioni scambiate, tante affettuose parole, e anche
critiche, non
sono riuscita ad essere indifferente.
Mi
avete colpita nel profondo con il vostro affetto e la vostra presenza.
La
maggior parte di voi non è mai venuta a mancare, anche dopo
i miei scarsi
aggiornamenti, e ho potuto sentire dalle vostre parole quanto avete
amato
questa storia e questa coppia, come me.
La
cosa mi ha trasmesso una gioia e un entusiasmo che non
dimenticherò mai.
E’
a voi che dedico questo finale.
the one winged angel
Marie16
shining leviathan
Un
posticino a parte per loro, che mi hanno seguita fino alla
pubblicazione dell’ultimo capitolo, quando oramai non mi
aspettavo che dopo un
anno qualcuno mi seguisse ancora realmente^^
GRAZIE
DI VERO CUORE!!!! Vi Adoro!
Tifa_heart
yurinoa
Morpheus
Natsuko91
Black_Thunder
thembra
Coloro
le cui recensioni sono state fra le più costanti! Grazie
davvero! Spero che avrete modo di leggere il continuo della storia e
sapere che
siete stati fondamentali per l’ultimazione della fanfic! Un
bacione anche a
voi!
Tifa_Lockheart
RoyalCanadianB
Aranel Yukino
OrihimeInoue
La Lady
animalcrossing94
Valy1090
piichan
stuck93
Isarith
Shuriken
Erenwen
V a l y
Grazie
anche a voi,
che mi avete accompagnata in questa “avventura”!!
Grazie mille per il vostro
caloroso sostegno!
Con questo…il
sipario si chiude.
Grazie
per questa
bellissima esperienza.
Un
Kiss
Fiammah_Grace
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